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Per l'arcivescovo Claude Frollo quella era una delle sue consuete notti insonni, in cui l'aria gelida di fine Febbraio sembrava essere ancora più fredda a contatto col suo corpo in preda ai bollori.
L'aveva fatto di nuovo, seppur non consciamente: aveva sognato la zingarella.
A quella gitana dalle origini egiziane non bastava perseguitarlo durante il giorno girovagando liberamente fuori e dentro la Signora di Parigi con quella sua gonna rosso amaranto, no, ora aveva deciso di tormentarlo anche durante la notte.
Era per caso una punizione, quella che stava patendo?
Una prova di fede impartitagli dal Signore?
Premette il pollice e l'indice contro le palpebre, come se quel gesto potesse scacciare da davanti ai suoi occhi la figura delle gambe ambrate di quella bambina venire scoperte sempre di più, fino all'indecenza.
Non poteva andare avanti così.
Nei suoi molteplici anni di studio su decine e decine di manoscritti, così come in tutto il suo percorso clericale, aveva potuto apprendere che Dio non affidava a nessuno un peso più grande di quello che era in grado di portare.
Eppure, per quell'uomo di fede, quel peso sembrava essergli stato legato al collo, talmente pesante da trascinarlo sino all'inferno, in mezzo a milioni di uomini inetti e corrotti.
Uomini come lui.
Non poteva accettarlo.
Lui, lui che aveva dedicato tutta la sua vita al Signore ed ai bisognosi in cerca di conforto spirituale.
Si tirò a sedere, una mano ora a strofinarsi la tempia sinistra.
Il fuoco scoppiettava dentro al camino a diversi metri da lui, seppur, dal canto suo, si sentisse letteralmente ingoiato da quelle stesse fiamme.
Forse stava delirando.
Lo sguardo venne catturato dal foulard blu di persia posto esattamente ai piedi del letto.
Era lo stesso utilizzato dalla piccola Esmeralda -si accaldava anche solo a pensarlo, quel nome- il giorno della "festa dei folli".
Una giornata goliardica, pittoresca, in cui il popolo parigino si spogliava di ogni tipo di inibizione per mostrare con baldanza la sua vera natura, non importava quanto stramba.
E lei era forse la creatura più bella che avesse mai potuto scorgere, sopra quel sagrato.
Con una sconvolgente padronanza dei movimenti aveva iniziato a deliziare la folla con la sua danza, facendo girare la gonna, senza timore che questa mostrasse a centinaia e centinaia di uomini i suoi piedi nudi e le sue gambe.
Era consapevolmente attraente.
Era deliziata dalla lussuria che la circondava, come fosse un osso circondato da cani affamati.
Ed anzi, era stata proprio la vista dell'espressione indignata del prete, che l'aveva ammaliata.
Talmente tanto da avvicinarvisi, cingergli il collo col suo foulard profumato.
Dopodiché, soddisfatta del mutamento di espressione di lui, aveva terminato la sua esibizione fra concitati applausi.
Che fosse un talismano zingaresco?
Che fosse quell'oggetto insulso a gettarlo nei meandri della perversione?
Un maleficio?
Un sortilegio?
Doveva liberarsene.
No, come poteva liberarsene?
Era l'unica cosa tangibile che lo avvicinasse almeno un po' alla pelle di quella ragazza maledetta.
Afferrò l'oggetto incriminato, portandoselo immediatamente al naso.
Ancora conservava il suo profumo e lo inebriava come il più spregevole dei peccatori.
Aveva bisogno di pregare, avvicinarsi a Dio e alla Madonna.
Chiedere a loro di dargli la forza per superare questa prova.
O perdonarlo, perché certamente non ne sarebbe stato in grado.
Si inginocchiò esattamente davanti al caminetto, le ginocchia a contatto con la pietra e le mani congiunte mentre ancora trattenevano fra le dita quell'oggetto sacrilego.
Quelle dita affusolate, lunghe, che da sempre avevano stretto solo rosari mentre invocavano la benedizione di Cristo, ora immaginavano solo di posarsi sulle carni morbide e fresche di quella bambina cresciuta sin troppo presto.
Chinò il capo in segno di rispetto, prima di parlare.
Di supplicare.
Gli occhi, umidi di vergogna.
"Beata Maria, conosci bene la diligenza che il mio animo ed il mio cuore hanno sempre dimostrato a te ed alla chiesa.
Ho dedicato la mia intera vita allo studio delle scritture.
Sono sempre stato puro ai tuoi occhi. Dunque, vergine, dimmi, perché proprio a me deve bruciare l'anima anche al suo solo pensiero?
La vedo in sogno e da desto, la sento costantemente perseguitare la mia mente.
Quella gitana annienta ogni mio tipo di controllo, facendomi restare completamente impotente davanti alla sua bellezza fanciullesca."
Non si era mai rivolto con simili termini alla madre di Dio, come non si era mai permesso di stringere come un ossesso un oggetto così profano durante la preghiera.
Come se tentasse di soffocarlo, di soffocare il suo amore per lei.
Lo avvicinava al corpo e se lo portava al petto, prima di tornare a respirarne l'odore.
Voleva sentirlo ovunque.
Come può essere un peccato, un'emozione così forte?
"Non so più che fare, Maria, non è stata mia volontà che quella zingara si insinuasse così all'interno del mio cuore intorpidito, scaldandolo del mio primo amore carnale.
Non posso competere con la volontà del Signore, se questo volle che io non resista al desiderio di farla mia."
Riconobbe la gravità di quelle parole.
Incolpare Dio per quella sua passione bruciante era al limite dell'eresia.
Della blasfemia.
Dio non affidava a nessuno un peso più grande di quello che era in grado di portare.
Dopo anni, potè smentire queste parole.
Avrebbe anche bruciato all'inferno, se questo avesse significato bruciare assieme a lei.
Con lei, la dannazione eterna non sembrava poi così sgradevole.
Strinse i denti dalla frustrazione, finendo col poggiare gli stessi pugni contro il pavimento di pietra, la fronte poggiata contro di essi.
"Perdonami, Maria".
Era quasi un sussurro, quasi stesse parlando a se stesso, vergognandosi anche solo a domandarlo, il perdono.
Quella gitana lo aveva distrutto, gettandolo nell'abisso di un pensiero fisso.
E non c'era nulla che lui potesse fare per impedirlo.
Alzò il pugno, quello in cui teneva stretto il suo foulard.
Doveva bruciare, doveva sbarazzarsene.
Ma era fin troppo codardo anche solo per gettarlo fra le fiamme di quel caminetto, unico spettatore del suo delirio.
La voleva troppo.
Riportò dunque quello stesso pugno contro il proprio petto, stringendolo a se.
Se proprio non ne poteva fare a meno, tanto valeva godersene appieno.
Le gote arrossate del prete -solitamente bianco cadaverico- erano rigate da delle lacrime, mentre si tirava nuovamente in posizione eretta.
Forse esternare tutti i suoi pensieri attraverso un foglio e dell'inchiostro lo avrebbe fatto sentire meglio.
Posto al centro della stanza vi era il suo scrittoio in legno su cui poggiavano diversi libri versi, appunti, alcuni di essi perfettamente puliti.
Avrebbe utilizzato uno di quelli.
E mentre le dita componevano quella prosa con una grafia frettolosa e disordinata -probabilmente dovuta all'impeto- poteva già sentire le proprie membra rilassarsi, come se il peccato si fosse incanalato nell'inchiostro ed all'interno di quelle parole, abbandonando il suo corpo.
<<Bella. E' il demonio che si è incarnato in lei, per strapparmi gli occhi via da dio.
Lei, che ha messo la passione ed il desiderio in me, facendo comprendere alla mia carne il paradiso che è lei.
C'è in me il dolore di un amore che fa male, e non mi importa se divento un criminale.
Lei, che passa come la bellezza più profana.
Lei, che porta il peso di un'atroce croce umana.
O Notre Dame, per una volta io vorrei
per la sua porta, come in chiesa, entrare in lei>>
Provò come una liberazione dei sensi, una volta riposto l'inchiostro al suo posto.
Rilesse quelle poche righe più e più volte.
L'essenziale, la bellezza di quella fanciulla non andava eccessivamente disturbata.
Nascose quel foglio fra altri documenti, non potendosi permettere di lasciarlo in bella vista sulla scrivania, nell'evenienza che Quasimodo o una guardia fossero entrati nel suo studio senza le dovute maniere.
La sua bellissima Esmeralda.
Ripose nuovamente il foulard ai piedi del letto, lisciandolo con attenzione e devozione.
La mano indugiò sul tessuto parecchio tempo, come se stesse carezzando lei.
Dopodiché, si rimise a letto.
La testa più leggera, il cuore sempre piu pesante.
Esisteva uomo più vile dell'uomo che tradiva i suoi stessi ideali?
Non sa darsi una risposta, troppo impegnato a serrare le palpebre ed a perdersi di nuovo fra le balze della gonna della gitana.
L'indomani mattina, avrebbe tenuto messa come di consueto.
Alcuni fedeli, preoccupati dell'aria stanca ed affaticata del prete gli domandarono se fosse malato.
Lui, non si era mai sentito più sano di allora.
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