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6 - Alla scuola di Venere

Parte 1

Il silenzio di Mr.Widemouth era come l'oro per un morto: inutile.
Il piccolo mostriciattolo raccontò a Stella ed Ade che Lady Chrone aveva pagato perché lui tacesse che lei e Master Caos erano diretti a Las Vegas per ottenere dei cuori umani dalla dea dell'amore e che non avendo ne Ade ne l'acqua del pozzo avrebbero optato per un piano B colpendo Venere.
Un piano B?
Che avevano in mente?

L'arrivo a Las Vegas non fu dei migliori. Ade sedeva sul cocchio della dannazione con Stella al suo fianco.
Le tre tassinare tacevano per paura del giudizio di Ade. Sapevano chi egli fosse e lo temevano.
Al loro arrivo un ragazzo con i linementi perfetti si accostò a Stella, lei ne rimase affascinata. Occhi di ghiaccio, capelli bianchi e sulla pelle i tatuaggi corrispondenti alle ossa. Era un angelo, un angelo scheletrico.
-Ci tieni al tuo cuore?- chiese il ragazzo a Stella, che a solo guardarlo era affascinata.
Il ragazzo che era alto circa quanto e lei aveva un jeans logori, strapparti all'altezza del polpaccio, ed una felpa. Era bellissimo ed inquietante per quanto fiero e bellissimo agli occhi di Stella appariva il ragazzo.
Ade si avvicinò pericolosamente al ragazzo che sotto l'ombra del dio greco mostrava una pelle argentea.
-Tu tieni al tuo cuore?- gli disse Ade.
Il ragazzo ad appena pochi centimetri da terra faricava a respirare. Il grande e logoro felpone del ragazzo dava l'impressione che il ragazzo fosse esile e quindi Ade dopo pochi secondi, colto quasi da pietà, lo prese, ma quando tentò di prendergli il cuore non riuscì. Era chiaramente interessato a verificare qualcosa ma cosa?
-Non ho un cuore, non più almeno...- disse il ragazzo con un filo di tristezza.
-Questo lo avevo capito. Ma chi sei?- chiese Ade al giovane. I suoi occhi di ghiaccio erano su Stella, il ragazzo la trovava effettivamente molto carina.
-Tra i miei simili mi chiamano Hobo Heart, e voi?- chiese il ragazzo che si avvicinò a Stella per un baciamano molto elegante.
Stella si fece rossa in volto.
Prima di partire dal SudAfrica si era abbeverata al pozzo magico che le aveva concesso, dopo una piccola benedizione di due dei, di essere umana senza problemi, anche se in cuor suo Stella sentiva che anche questo non aveva funzionato.
Da allora semtiva il cuore batterle in petto, sentiva dolore e piacere, odio e qualcosa di più bello, profondo e misterioso.
Ora che Hobo le stava facendo il baciamano lei era più rossa. Era, nonostante gli inquietanti tatuaggi, molto affascinante e galante.

Ade li fissava un po' geloso.
Non si fidava di Hobo Heart e quindi lo teneva sotto stretta supervisione.
-Sai dove si trova questo posto?- chiese Ade separando i due giovani bruscamente con un biglietto da visita.
Hobo prese il bigliettino che Ade gli aveva passato dopo averli divisi. Lo guardò e studiò il bigliettino come fosse una cosa mai vista prima e crucciando il volto.
-Voi siete matti... io li non vi porto.- dice Hobo quasi indispettito.
-Sicuro?- gli chiese Stella con che c'era rimasta parecchio male.
Hobo la guardò. Stella fissò Hobo.
Sembravano due adolescenti alla loro prima cotta seria.
-Se volete vi porto ma non entro.- disse alla fine il ragazzo. -Odio trovarmi al cospetto di Venere!- aggiunse poi come a dimostrare che non era una buona idea presentarsi al cospetto della dea senza essere invitati.
-E non ci sarai... io e lei abbiamo una faccenda di cui discutere. Tu potrai stare con lei se vorrai.- gli disse Ade. -Ma falle del male e ti mando al Tartaro senza morire e fidati fa male, molto male.- lo minacciò poi.
Stella si fece rossa.
Ade era Ade. Il suo Ade, qualsiasi cosa egli fosse per lei.
Hobo al contrario aveva molto attirato le attenzioni fisiche di Stella, che da quando Ade li aveva allontanati per quei brevi ed interminabili minuti, lei lo aveva mangiato e rimangiato con gli occhi. Stella era attratta come magneticamente dagli occhi di ghiaccio di lui, bellissimi e profondi ma carichi anche di altrettanta profonda tristezza che sembravano perdersi nel proprio volto come un sasso in uno stagno.

Hobo condusse Ade e Stella dinanzi ad un collegio.
Ade non credeva ai suoi occhi.
Stella, invece, non capiva che senso avesse che la dea romana dell'amore vivesse in un collegio del genere.
-Ade sai perché siamo qui?- chiese Stella.
-Per ragionare da bambino devi essere bambino...- disse la divinità greca.
"Per ragionare da bambino devi essere bambino..." dove l'aveva gia sentita una cosa simile. Aveva un suono famigliare e molto antico, quasi profetico, quasi divino.
-Questo vuol dire che per ragionare da romano devi essere romano. Con Plutone ho filing particolare tanto che siamo gli unici ad andare d'accordo. Io lo conosco e lui conosce me.- dice con semplicità Ade riprendendo un antico discorso che richiuse altrettanto velocemente. Ade, infatti, non era solito parlare dei romani, ne consultarli se non fosse strettamentenecessari. Eppure rispettava la faida celeste tra Zeus e Giove, ma senza schierarsi ne con l'uno ne con l'altro.
Stella ed Ade seguirono Hobo Heart lungo un corridoio pieno di gabbie e di celle piene di scheletri e ossa di varie forme.
Stella era vicinissima ad Ade per la paura. Da che l'acqua del pozzo l'aveva resa umana riusciva a provare sentimenti ed emozioni, ed ora era spaventata ma emozionata perché quel posto era inquietante ma Hobo aveva un fascino tutto suo da cui Stella non riusciva a staccare gli occhi.
Hobo condusse i due per quasi mezzo chilometro di corridoi.
-Eccoci qui.- disse Hobo indicando un portone di pietra rossa.
-Andate...- rispose Ade entrando. -...e non disturbateci- aggiunse poi chiudendosi la porta alle spalle dando come l'impressione di avere questioni personali in sospeso con la dea di Las Vegas.

Ade come prima cosa cambiò i suoi vestiti. Indossò un tunica rosso sangue con una toga nera fissata sulla tunica con una spilla a forma di teschio sulla spalla sinistra. Sempre alla sua sinistra spiccava un bastone nero alto poco più di lui e con un teschio di vetro in cima. L'aria al suo passaggio passava da fresca e frizzante a gelida e mogia mentre il profumo di fiori andava sparendo. Un corridoio di una ventina di metri faceva da ingresso verso una seduta di diamante e quarzo rosa. I tappeti rossi e oro, davano l'impressione di essere ad Hollywood.
-Non andare oltre!- disse una voce femminile. Ed Ade si fermò.
-Mostrati Venere, so che sei qui.- rispose Ade.
Il buio della stanza si rischiarò mostrando uomini di ogni etnia con bava alla bocca e coperti solo da una mutanda di pelle nera, sguardi bestali e pieni di odio gli uni per gli altri. Erano incatenati come belve.
Lo spettacolo gli ricordava le orge che la dea preparava per lei e Persefone nell'antica Roma. Bestie curate e pronte ad obbedire solo per andare a letto con Venere.
-Mostrati...- ruggì Ade sbattendo in terra il bastone che risuonò come un gong nella stanza.
Dal trono, prima vuoto, una giovane con un velo davanti al volto e vestita con un attillato completo intimo nero si muoveva verso lui con fare da modella su stivali che le arrivavano a metà coscia.
-Sono qui.- rispose la dea romana fermamdosi a mezzo centimetro da Ade.
-Copriti e seguimi, dobbiamo parlare, per amoreggiare ci sarà tempo poi se ciò che voglio sapere mi sarà detto.- disse Ade freddo e discatto. Non era chiaramente interessato alla dea per soddisfare i propri desideri carnali, anzi, la dea sembra in qualche modo disgustarlo come se non fosse la dea dell'amore e della passione e ciò alla dea era sin troppo noto.

Hobo, nel frattempo, aveva portato Stella in giro per la struttura tenendola a braccetto. Lei si era fatta rossa completamente.
-Ma dove siamo di preciso?- chiede Stella con molto dubbio. Non aveva proprio capito che dove fossero. Ade lo sapeva, anche Hobo lo sapeva e lei?
Lo avrebbe saputo? O meglio lo avrebbe voluto sapere?
Domande su domande le ronzavano in mente da che erano li, a molte delle quali Stella temeva di ricevere risposta a causa del sentimento che stava covando per Hobo.
-Siamo alla scuola di dominazione della dea Venere.- rispose lui.
-Cosa significa?- chiede di nuovo la ragazza con molta confusione ma anche ingenuità.
-Venere tratta questi ragazzi come belve. Li cura, li coccola e li fa lottare all'ultimo sangue per lei. È un mostro.- dice Hobo girandosi per non far vedere le sue lacrime alla ragazza. Egli si vergognava, infatti, di ammettere qualcosa che avrebbe potuto allontanare Stella da lui.
Hobo, di fatto, stava già provando qualcosa per Stella ma vedeva che Ade ne era molto geloso di lei e ciò gli incuteva un gran timore e grande paura di ferire la pupilla di un dio come Ade.
Stella dal canto suo, invece, era molto confusa.
-E perché sei qui tu?- gli chiese lei dolcemente.
-Io devo solo trovare i ragazzi e portare a lei. In cambio posso essere immune alla sua bellezza. Io le porto i ragazzi e lei in mia presenza tiene un velo sul volto.-rispose lui in lacrime spiegando che la dea prende in presenza degli uomini e delle donne l'aspetto della donna più desiderabile che brama il loro cuore, e Hobo detestava la dea per quanto abusasse del potere che aveva.
-Mi spiace...- dice lei abbraciandolo.
Entrambi arrosirono. E poi gli occhi di ghiaccio di lui si fissarono con gli zaffiri di lei. Un attimo ed uno soltanto le loro labbra avevano una distanza minima. Un attimo e si baciarono. Non più di un secondo era bastato per farli restare a nudo con i propri sentimenti, che come acqua da una fontana, zampillavano dalle loro labbra che si toccavano

Ade e Venere si fissarono.
Venere, poco prima, aveva mostrato al proprio ospite l'intera struttura che agli occhi di Ade era uno spettacolo a dir poco raccapricciante e quasi vomitevole.
-Così è questo che la spa di Afrodite è diventata, un bordello. Un ignobile bordello che gestisci tu per tuo diletto e lucido desiderio di piacere erotico.- disse Ade palesemente disgustato da quel che aveva visto.
-Quella sgallettata non ha mai avuto il fegato di sfidarmi ed in tremila anni non mi ha mai importunato. Oggi la spa si Las Vegas. Domani tutti i suoi possedimenti.- disse la dea come se non avesse fatto nulla di sbaglio
-Sempre molto determinata vedo. Ma non sono qui per parlare di Afrodite.- riprese Ade.
La romana lo guardò.
-Cosa vuoi sapere caro?- rispose dunque la dea molto civettuola.
-Che ne sai questo?- riprese il greco passandogli un foglio di pergamena scritto in una lingua conosciuta solo agli dei.
Venere studiò il frammento di pergamena. Ne era quasi affascinata.
-Ma Ade dove lo hai preso?- chiese la dea romana sgrando poi gli occhi.
-Prima rispondimi!- gli urlò Ade molto seccato dalla dea che di malgrado il dio greco tollerava e quando lo faceva era sempre per Persefone, la quale, invitava Venere per il thè durante i mesi invernali.
-È un incantesimo per creare un corpo funzionante da un'involucro o un corpo morto.- disse la dea.
-Spiegati meglio donna...- chiese ancora Ade iniziando a scaldarsi per i modi della dea, ma Venere lo fece tacere ponendo un dito sulle labbra della divinità greca.
-Sentimi molto bene, fiammifero ambulante. Sai bene che non do nulla per nulla, quindi ecco l'accordo. Domani uno di questi tremila uomini gareggerano per avermi prima di morire. Vinci e saprai tutto, perdi e bye bye...- disse Venere piuttosto scocciata dei modi molto scocciati e prevenuti del suo ospite, che ormai era più un fa stidio che un ospite. Poi facendo un cenno con la mano e la dea indicò un uomo e gli ordinò di scortare Ade alla sua cella, ma Ade rifiutò ed aggiunse che non voleva una bestia come scorta.
Infatti a quel gesto il dio dei morti divenne furibondo. Quale divinità o quale uomo aveva mai paragonato un essere divino ad una bestia.
-Non ho bisogno di questi giochini. Ma se proprio insisti giocherò, ma non aspettarti che perda.- aggiunse poi per dirigersi nella prima stanza vuota libera.

Stella ed Hobo si stavano baciando come due innamorati da tempo.
Quando Miku aveva detto a Stella che gli uomini erani gli unici che potevano dar piacere ad una donna, Stella, sembrava scettica eppure i baci di Hobo erano più che piacevoli. La facevano sentire bene.
E Hobo, da gran cavaliere, l'aveva portata in camera sua così che la ragazza non si sentisse a disagio a baciarlo per i corridoi di quel posto insolito.

Ade passeggiava tra i corridoi quando una ragazza dai capelli corvini ed un lungo abito attirò la sua attenzione. Lui insonne per la rabbia che provava verso Venere, credeva di avere un miraggio.
Ragazze nella casa degli orrori sessuali di Venere? Impossibile. Eppure Ade non era convinto. Conosceva quel modo di attirare l'attenzione. Era Afrodite. Che fosse venuta in cerca di vendetta? Impossibile anche questo Afrodite non sarebbe stata ingrado di vendicarsi su Venere. Non era, secondo Ade, sufficientemente sicura di sé.
Ade la seguì.
Ed ecco la ragazza dai capelli corvini si girò. Indossava una veste azzurra e lunga con dei grandi maniconi. Indossava occhialida sole nero pece.
-Afridite sei tu?- chiese cautamente Ade.
La ragazza annuì.
Questa dea, a differenza di Venere, incarnava un amore più puro e per ciò agli occhi di Ade rivodava una delle sue figlie, figlia che gli ricordava molto Stella.
-Posso aiutarti?- la interrogò Ade.
-Liberami...- disse la ragazza che si era fatta vedere più marcatamente e che come un fantasma era finita dietro un muro. Ade non capiva ma poi iniziò a toccare a tastoni il muro scoprendo un muro con un ritratto. Era Stella!
Ora Ade capiva da dove Efesto avesse avuto l'idea.
"La donna genererà il semidio perfetto, il cyborg la imiterà ma rimando sterile".
Ade iniziò a lacrimare. Sapeva a quale donna alludeva la profezie sul quadro. Aveva letto molti libri in materia, ma la vera domanda era perché Afrodite o il suo fantasma volevano tenere celato il quadro o perché dovevano tenerlo? Era strano.
Ade si soffermò sul dipinto.
Ogni pennelata, ogni dettaglio ogni sfumatura, ogni cosa ricordava Stella. Non capiva come ma lo avevano fatto. Una donna vestita di azzurro lo aveva portato li, e lui sapeva chi era. Non era Afrodite. Afrodite non avrebbe mai messo un abito azzurro come quello. Era un'altra donna. Ed Ade ora non sapeva chi. Un dettaglio prese la sua attenzione. Una luna incisa in una spilla della donna. Ora che Ade la osservava meglio era una donna, molto giovane.
Chi era dunque?
Ade si recò a riposare. Non credeva a quanto aveva visto. Il quadro era stato un duro colpo per lui. Poi però iniziò a riflettere a lungo. Com'era possibile che Venere sapesse tanto? E com'è finito li il quadro?
Ade capì che aveva già visto la donna nel quadro, come ora che ci pensava, avesse già visto in passato Stella. Non era un robot come tutti potevano pensare. Era una dea, l'ultima della sua stirpe, l'ultima dei figli divini di Efesto e la madre di tutti i robot. Era Robota, la dea degli androidi. Ma lo era davvero?

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