Capitolo 69
Drink Before the War - Sinéad O'Connor
Canzone consigliata per questo capitolo
PdV: Damiano
"O', Dam!"
Avverto della luce attraverso le palpebre chiuse.
"Dam, sveglia. Che ci fai qui?"
"È sangue quello che ha sui vestiti? Guarda."
Percepisco delle mani addosso. Le testa pulsa, ogni vertebra del mio corpo si lamenta. Non voglio aprire gli occhi.
"Cazzo, sì... Dam, svegliati. Svegliati!"
"Forse è sotto effetto di qualcosa. Tiriamolo su."
Mi sento scuotere più forte, ma non ho alcuna forza per oppormi. Due paia di braccia mi costringono a mettermi seduto e tastano varie parti del mio corpo. Il cuore batte veloce.
"Non mi sembra ferito."
Le voci arrivano lontane, come se facessero parte di un sogno.
"Neanche a me, magari non è sangue."
"Che cazzo dici, Fra? Anche l'odore è inconfondibile."
"Che abbia ucciso...?"
Torna il silenzio.
"No. Non l'avrebbe mai fatto."
Continuano a borbottare con maggiore frenesia. Apro gli occhi anche se non ne ho alcuna voglia. La forte luce proveniente dall'esterno mi costringe a richiuderli immediatamente.
"Dam, sei sveglio? Stai male?"
Riacquisto via via maggiore consapevolezza del mio corpo, del posto in cui sono. Di ciò che è successo.
La testa pulsa più violentemente.
Riapro un occhio per abituarmi lentamente alla luce che sembra voler ferire a tutti i costi le mie pupille. Eppure il sole sta già tramontando.
Tento di mettermi in piedi, ma le gambe non mi reggono. La scorsa notte ho corso talmente tanto che la suola degli anfibi si è staccata.
Osservo il resto del mio corpo. Le braccia scoperte sono piene di graffi e lividi, i vestiti incrostati dell'ultima cosa che mi lega a mio padre: il suo sangue.
"È ancora lì." mormoro.
I miei amici si scambiano sguardi confuse.
"Chi? Cosa? Cosa è ancora lì?"
Francesco è talmente vicino, eppure a malapena percepisco il suo corpo.
"Mio padre."
"Tuo padre?" interviene Alex. Sono entrambi seduti di fianco a me, sul divano giallo su cui devo essere svenuto.
Mi stringo le tempie con entrambe le mani. Devo vomitare.
Con uno sforzo sovrumano, mi sfilo le scarpe e costringo a mettermi in piedi. Ho bisogno di acqua.
"Cos'è successo a tuo padre?" la voce di Alex, per un momento, si sovrappone a quella di Eva e il mio cuore accelera più forte.
"Devo ammazzare Pollo."
Apro il frigobar e mi scolo un'intera bottiglia in una volta, avvertendo di nuovo il sangue circolare alla testa. Era da tanto che non mi facevo di coca. E che non mi facevo così pesantemente.
Prendo i soliti vestiti neri che lasciamo alla Congiura e comincio a spogliarmi. Dovrò farmi bastare il lavandino del piccolo bagno per rimuovere tutto lo schifo che ho addosso.
Solo quando ho finito mi rendo conto che i miei amici stanno borbottando tra loro.
"Beh?"
Mi fissano senza dire niente.
"Sì, l'hanno ucciso. Sì, stanotte ero strafatto. E no, non c'è un cazzo da dire. Voglio ammazzare Pollo, così come ogni succhiacazzi che gli gira intorno."
Torno a sedermi sul divano con la bottiglia di vetro in mano, tentando di nascondere una stanchezza micidiale.
"Dam-" comincia Fra.
"Non mi frega." lo interrompo, "Sono qui perché non sapevo dove andare." mi pento subito dell'ultima frase.
Intercetto i miei amici scambiarsi un altro sguardo eloquente e sono tentato di sboccargli addosso.
"Ti possiamo aiutare con... il corpo."
La parte razionale di Alex mi solleva dal fastidio di avere due paia di occhi impietositi che mi rimbalzano sulla pelle. Ed è il primo vero aiuto che ricevo. Annuisco senza guardarlo.
"Me la deve pagare." mormoro.
Per mio padre, e per...
"E come pensi di fare, eh? Se provi anche solo ad avvicinarti a lui, ti saranno addosso in tremila."
Francesco non mi è mai sembrato tanto ansioso.
"Mi basta un proiettile ben piazzato. Del resto non mi importa."
"Sì, certo. Il tuo piano è un suicidio, fantastico." ironizza, Alex.
"Non vi ho chiesto di unirvi."
"E tu pensi che ti lasceremmo andare da solo?" interviene Fra.
"Sì, perché non è una cazzo di richiesta." mi sto scaldando.
"Non deve esserlo. Abbiamo cominciato insieme e insieme la finiremo. Se vai a farti ammazzare, io verrò con te."
C'è stato un tempo in cui non mi importava di rimetterci le penne. In qualsiasi cosa facessi, volevo sfiorare la morte, chiamarla a me. Poi ho conosciuto Eva, e ho smesso.
"Possiamo contemplare anche dei piani in cui nessuno si fa ammazzare, per favore?" Alex sbuffa, spazientito.
"Perché, ne hai uno già pronto?"
I miei amici si mettono a discutere, lasciandomi a tutto il senso di vuoto e perdita che comincia a salire in superficie. Non avere Eva significa non avere nessuno per cui lottare.
Tento di relegarlo a un angolo della mia mente. Ora, ho solo bisogno di vendetta.
I miei sensi diventano via via più attenti, perché avverto il tacchettio di scarpe eleganti da uomo calpestare il pavimento esterno.
Scatto in piedi per lanciarmi contro i bastardi che mi hanno tolto l'unica cosa che assomigliasse a una famiglia, ma un senso di vertigine mi costringe ad aggrapparmi al tavolo. Per qualche secondo, vedo solo nero.
I miei amici si posizionano davanti a me, se per difendermi o fermarmi non saprei dirlo.
"Buonasera. Che piacere trovarvi tutti e tre già qui."
Stringo la presa intorno al bordo, il mio respiro si fa pesante, mentre riacquisto lentamente la vista.
"No, il ragazzino non è ancora morto. Via dai coglioni." Francesco mi afferra un braccio.
"Non siamo venuti per questo."
Lo stronzo con cui ho i conti in sospeso mi fissa con espressione sadicamente soddisfatta, mentre il suo amico parla. La stessa faccia che ha avuto fuori dall'Alfredo, quando abbiamo protetto Brando.
È stato lui.
Lo so che è stato lui.
"C'è un'aggiunta al piano originale..."
Il coglione parla, ma le mie orecchie fischiano troppo forte per cogliere altro.
Sgancio la presa di Francesco e afferro la bottiglia di prima. Con ogni residuo di energia che mi è rimasta in corpo, sorpasso il mio amico e punto alla testa dell'uomo in nero. Non ha il tempo di capire cosa stia succedendo e difendersi.
Prova a scartare di lato, ma io sono più veloce. Sbatto violentemente il vetro contro il suo cranio.
Il materiale si frantuma in mille pezzi, conficcandosi nella mia e nella sua carne. In un attimo, sono di nuovo pieno di schizzi di sangue addosso.
Lo stronzo lancia un urlo di dolore e rovina a terra. Il suo amico tira fuori la pistola e me la punta alla testa, ma Alex e Francesco lo imitano immediatamente, direzionando le loro contro la sua.
Come in un cazzo di film di azione di serie zeta, ci ritroviamo con armi cariche pronti a un irreversibile effetto domino.
L'assassino di mio padre urla disperato e io sento solo il desiderio di infierire.
"Non ti conviene, bro. Abbassa la pistola." Francesco sghignazza, "Anzi no, tienila. È la prima volta che comincio a divertirmi da mesi. Dam, avevi ragione. Forse è l'ora di pareggiare i conti."
L'amico respira forte, le narici si allargano, ma mantiene la sua compostezza. "Non vi conviene. Potete ucciderci ora, ma noi siamo molti di più. Sarebbe una questione di ore prima che vengano a prendervi."
"Ammazzali, cazzo!" lo stronzo strilla come un maiale sgozzato di merda.
Approfitto della distrazione per disarmare l'altro, ma lui, al contrario mio, non è totalmente privo di sonno, pieno di cocaina in corpo ancora da smaltire, e con due persone che l'hanno abbandonato nell'arco di ventiquattr'ore. Blocca il mio colpo e si allontana di qualche passo.
"Hai una data di scadenza appesa al collo." sputo sull'uomo a terra e mi vado a sedere sul divano, senza più curarmi degli altri. Ho esaurito anche l'ultima goccia di energia.
L'altro mantiene il solito tono neutrale. "Calma, d'accordo? Siamo venuti per comunicarvi che Pollo è scontento di voi. Di tutti voi."
Guarda solo me, le pistole sono ancora spianate. "C'è un'aggiunta al piano originale: il ragazzino deve essere ucciso a scuola. Ci sarà un'evento la prossima settimana, quella organizzata dalla vostra cara professoressa."
Fa una pausa e io ho un fremito. Stringo il tessuto del divano.
"Dovrà accadere quel pomeriggio. È la vostra occasione per dimostrare se avete la stoffa per far parte della nostra grande casa, oppure no. Pollo non si fida più, quindi saremo presenti anche noi. E saremo in tanti." l'ombra di un sorriso gli attraversa il viso.
Il pezzente si rimette in piede tenendosi la testa.
"E se non ce ne fregasse più un cazzo?" aggiunge Fra.
Il sorriso diventa aperto. "Sapete chi altri pagherà, insieme a voi. Tu hai ancora una madre, giusto Francesco? Anche se è una puttana."
Il mio amico stringe il manico della pistola e stende ulteriormente il braccio.
"E tu nerd, hai un figlio? Il piccolo Michael."
Alex resta fermo. Ha sempre saputo che il bambino sarebbe stato il perno su cui avrebbero fatto ruotare tutte le loro minacce.
"E tu." torna a guardare me "Abbiamo conficcato un coltello nel cuore di tuo padre in meno di cinque minuti. Quanto credi che ci voglia con la professoressa che ti scopi davanti agli occhi di tutti noi?"
Ora lo ammazzo.
Scatto di nuovo in piedi e, anche se vedo solo buio, carico un colpo che non arriva. I miei amici mi trattengono. Mi dimeno, senza successo.
L'uomo sghignazza e, insieme all'altro, esce dal garage senza guardarsi indietro.
"Lasciatemi andare, cazzo!"
"Fermati prima che ti facciano la pelle! Devi riposare." Alex mi ributta di nuovo sul divano.
La testa mi scoppia. Non ce la faccio più.
L'adrenalina abbandona totalmente il mio corpo, ma non la sete di vendetta.
Non possono toccarla. Per nessuna cazzo di ragione al mondo. Anche se non mi vuole più. Anche se non sarà più mia. Nessuno può toccarla.
Mi lascio andare contro lo schienale del divano e prendo la testa tra le mani.
Avverto solo la vibrazione di un telefono.
Né Alex, né Francesco tirano fuori il loro. Cerco il mio tra le pieghe della stoffa e lo afferro.
Nel momento in cui ce l'ho in mano, la vibrazione cessa.
Una chiamata persa.
Trattengo il fiato.
Eva.
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Devo annunciare che nei prossimi capitoli non ci sarà mai pace, mi disp.
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