Capitolo 67
CAPITOLO LEGGEMENTE VARIATO RISPETTO ALL'INIZIO. SE VOLETE POTETE SKIPPARE, CI VEDIAMO DI LA'<3
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TW:
- descrizioni esplicite di cuori che si spezzano
Se non ti senti a tuo agio con questo tipo di narrazione... non puoi saltare il capitolo!
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Idontwannabeyouanymore - Billie Eilish
Canzone consigliata per questo capitolo
È buio. Ho freddo.
Il sangue che impregna i miei vestiti mi si appiccica addosso. Stringo le braccia attorno alle ginocchia e aderisco con la schiena alla credenza di Eva.
Il ticchettio dell'orologio rimbomba nell'oscurità e scandisce un tempo che non saprei quantificare. Da quanto sono qui? Perché sono corso da lei?
C'è sempre stato un orologio?
I pensieri si affollano nella testa, ho la nausea. Cosa penserà Eva quando mi vedrà così?
Distinguo alcuni passi nel cortile interno raggiungere l'ingresso delle scale. Lenti, salgono i gradini e arrivano al pianerottolo.
La porta si apre. La luce si accende. Ma io non riesco a muovermi.
I suoi occhi rilevano prima un'ombra e poi me. E un'ombra, forse, è ciò che sono.
Fa un passo indietro, seguito da un sospiro di sollievo.
"Damiano! Ma che cazzo!"
Richiude la porta dietro di sé. "Devi proprio stare al buio? Mi hai fatto prendere un colpo! E poi non dovresti nemmeno essere qui!"
Esce di nuovo per afferrare la gabbietta di Nefertiti e lasciarla libera di zampettare per la stanza.
Non mi guarda in faccia, ma io non riesco a staccare gli occhi dalla sua.
"Ti ho detto che non abbiamo più niente da dirci, almeno finché..."
I suoi occhi si posano su di me e si spalancano di botto. Corrono veloci lungo la mia figura. Il viso, la felpa e i jeans sono ricoperti dal sangue di mio padre.
Porta una mano a coprirsi la bocca e, piano, si avvicina. "Che cosa è successo..."
Le sue guance e il suo naso sono leggermente arrossati.
La vedo, e mi sembra quasi di uscire dal torpore che mi pervade.
Deglutisco il groppo che mi serra la gola. "Ti sei abbronzata." mormoro.
In pochi passi, mi raggiunge. I suoi occhi mi percorrono frenetici.
Allunga una mano per raggiungere il mio volto. "Dami, cos'è successo?"
Nel momento in cui mi tocca, mi sento spezzare in due.
Appoggio la fronte sulla sua spalla e mi lascio completamente andare addosso al suo piccolo corpo.
"È tuo questo sangue?" sussurra.
Scuoto la testa senza staccarmi da lei. Le parole non escono, mentre le piccole dita raggiungono la mia schiena e si muovono su e giù, in movimenti lenti, dolci. Chiudo gli occhi.
"Non sei ferito?" si accerta.
La scuoto di nuovo.
Rilascia un piccolo sospiro. "Allora di chi è questo sangue?"
Qualcosa in me si frantuma.
"Di mio padre."
Le dita si fermano.
"Cosa?"
Affondo la testa dentro al suo collo. Il sangue addosso ai miei vestiti si appiccica ai suoi, amplificando la sensazione di bagnato.
"Damiano, cosa è successo a tuo padre?"
"Mi dispiace essere qui, ma non sapevo dove andare..."
"Damiano," il suo corpo si irrigidisce, "cosa è successo a tuo padre?" ripete, il tono di voce leggermente più acuto.
"Mi dispiace, davvero..."
"Damiano."
Prova a staccarsi da me. Non mi sono reso conto di essermi completamente aggrappato al suo corpo. La lascio andare.
Due occhi preoccupati incontrano i miei.
"Dimmelo, ti prego." implora.
Ricaccio le lacrime.
"È morto."
"Cosa?" si alza, per appoggiarsi al ripiano del tavolo.
"Mi dispiace..." e da ore, non riesco a dire altro.
"Cosa significa che è morto?"
"Mi dispiace..."
"Damiano." alza la voce.
Sussulto e un brivido mi attraversa la schiena.
"L'hanno ucciso."
I suoi occhi si fanno ancora più grandi. "Cosa..."
Mi sollevo. Le gambe mi sorreggono a malapena. Provo ad avvicinarmi, ma lei indietreggia di riflesso, ed è come se morissi anch'io.
"Come è successo?"
Mi passo una mano sul viso, tra i capelli, e li tiro. "Non lo so. L'ho trovato così."
Gli occhi vitrei di mio padre mi riappaiono davanti come se fosse qui.
"Perché?"
"Per farmela pagare."
È questa la verità. È tutta colpa mia.
C'è un momento di silenzio in cui mi scruta. Anche lei, ora, è piena di sangue.
"Che vuol dire per fartela pagare, Damiano?"
Respiro pesantemente. "Eva..."
"No!" alza di nuovo la voce, ma trova qualcosa nel mio volto che gliela fa abbassare subito, "Ti prego, io devo sapere."
Scuoto piano la testa. "Non c'è bisogno che tu sappia."
"Damiano, cazzo! Ti trovo qui, zuppo di sangue, mi dici che tuo padre è stato ucciso e pretendi che io non ti faccia domande?"
Con una mano posata sulla fronte, riacquista in fretta il controllo di sé, e colma la distanza. Mi accarezza una guancia.
"Non avrei mai voluto coinvolgerti in tutto questo."
"Devi dirmi tutto, ti sto supplicando. Io devo sapere." il suo mento comincia a tremare, gli occhi diventano lucidi, "Ti prego."
Chiudo i miei e, questa volta, è come se le palpebre pesassero tonnellate.
"Lavoro per un boss mafioso della zona." inizio, senza guardarla in faccia.
"Cosa fai per lui?" il tono non è stupito.
Un senso di angoscia mi si diffonde nello stomaco. Sento il fiato corto.
"Rubo."
Le sue sopracciglia si aggrottano, la mano si stacca dal mio viso. "Rubi?"
"Sì. Opere d'arte. Libri, quadri, gioielli antichi. Roba che, oltre a un valore economico, ha soprattutto un valore simbolico."
La sua mente va in direzioni lontane. "A volte, al telegiornale ci sono alcune notizie di opere prestigiose scomparse..."
"Già."
"Perché?"
Fatico a restare concentrato. Sento i suoni ovattati come se fossi sott'acqua.
"Cosa perché?"
"Perché lo fai?"
Perché non so fare altro. Perché non pensavo sarebbe finita così.
Sospiro, e mi costa fatica. "Ho cominciato quando ero un bambino, con piccoli lavori. Ma la cosa è... cresciuta."
Segue un'altra pausa, in cui sembra faccia fatica a formulare una domanda. Alla fine, decide. "Ti piace?"
Il mio cuore batte più forte, il respiro non segue il tempo.
"Non più."
"Perché se la prendono con te? Non rubi più per loro?" cerca di dare un senso alle mie risposte evasive.
Rifuggo di nuovo il suo sguardo.
Potrei mentirle. Potrei dirle che sì, è questo, voglio uscire, ma non so come. Che sono solo un povero coglione che vorrebbe fare meglio.
"No, non è per questo." mi abbandono contro il tavolo di fianco a me, "Le cose sono diventate più pesanti, siamo sempre più incastrati, è sempre più diff-"
"Siamo?" si blocca con la bocca mezza aperta.
"Io, Francesco e Alex. Nell'ultima missione, anche Jessica." butto fuori con il poco fiato che mi è rimasto in gola.
Sbatte le ciglia come se faticasse a tenere gli occhi aperti. "Ah."
Ho bisogno di sedermi.
"È per questo che siete a scuola?" mi interrompe con aria severa.
"Eva, non è come-"
"Cristo, Damiano! Dimmi la verità!" infila le mani tra i capelli e scuote la testa.
Non vuole sentire le mie scuse. Vuole conoscere tutti i fatti.
È arrivato il momento. Non posso più tirarmi indietro.
"Devo uccidere una persona."
E salvare almeno te.
"C-cosa?"
Afferra il bordo del tavolo con la mano, come se cercasse un sostegno. "Fai sul serio?"
"Eva..."
"Chi?"
Non ho la forza di oppormi. "Brando, il ragazzino del secondo anno."
Un lampo di consapevolezza le attraversa lo sguardo.
"È il figlio di uno dei boss rivali. Siamo a scuola sotto copertura. Inizialmente, dovevamo solo tenerlo d'occhio... installare telecamere nell'edificio."
Si allontana con il corpo. Ogni sua particella sembra voler chiedere di non stare più qui.
"Telecamere?"
Il piccolo mento trema, mentre la prima lacrima le attraversa il viso. Vorrei toccarla.
"Eva, guardami."
Il suo sguardo è assente, fisso nel vuoto.
"Ci hanno visti?" sussurra.
Ciò che resta del mio cuore si assottiglia al ricordo di quel video. "Sì."
Chiude gli occhi e posso sentire il suo dolore come se fosse il mio.
"Eva, lo so che ti chiedo tanto, ma ti prego, cerca di capire..."
Provo ad avvicinarmi a lei, ma non l'ho mai sentita tanto lontana.
"Lo so che ho fatto un casino. Io voglio solo... non lo so, spiegarti che... è per questo che a volte sparisco, che faccio tardi, che non rispondo ai messaggi... devo completare queste maledette missioni, eseguire i loro ordini... e ti giuro, io te lo giuro, faccio sempre tutto ciò che posso per correre il prima possibile da te."
Tento di colmare la distanza, ma è impossibile. È come se lo spazio si allungasse e restringesse allo stesso tempo. Fatico a pensare lucidamente.
"Eva, sono stato stupido, non ho pensato che avrei dovuto cercare prima un modo per... per..."
"Per cosa? Per non dover uccidere un ragazzo innocente? Per evitare che tuo padre..." distoglie lo sguardo.
Serro la mascella. Ho la gola secca, la testa pulsa. Non entra più aria dentro ai miei polmoni.
"Hanno ucciso mio padre per darmi una lezione. Perché non obbedisco, e non vengo più a scuola... Per proteggere te."
Mi rivolge uno sguardo scettico. "Me?"
"Sì."
Si asciuga il viso con il dorso della mano e mi rivolge uno sguardo duro. "Ti sei avvicinato a me solo per usarmi."
"C-cosa? No!"
"Dal primo giorno, mi è sembrato strano che voi tre vi foste trasferiti insieme. E lo è stato ancora di più scoprire che pure il tecnico della scuola fosse una tua conoscenza. Mi avete girato entrambi intorno per arrivare a qualcosa?"
Mi stacco dal tavolo, le mani tremano. "Eva, no! Stai fraintendendo..."
Lei fa un passo indietro come se le gambe le stessero cedendo.
"Eva, ascoltami-"
"Beh, è una bella coincidenza, no? Che cosa ti serve? Così ci aggiustiamo subito e non dobbiamo andare avanti oltre."
"Non ti ho usata! Non lo farei mai! Ciò che è successo tra noi è stato solo un incidente..."
"Un incidente?" sottolinea.
"No, cazzo! Aspetta, non in quel senso! Intendo dire che non l'avevo previsto! Io mi sono avvicinato a te perché, perché..."
Mi volta le spalle e solleva un braccio all'altezza del petto. "Mi dispiace per tuo padre. Posso aiutarti a chiamare la polizia."
Sta cercando di liquidarmi, di mandarmi via.
Afferro il polso sollevato e la faccio girare. Tento disperatamente di riordinare i pensieri. "Questa storia non c'entra niente con te. Te lo giurerei sulla cosa più cara che ho, ma non posso, perché quella sei tu."
Non mandarmi via. Non mi resta niente, senza di te.
Il suo corpo diventa rigido sotto il mio tocco.
"Mi dispiace, Damiano. Mi dispiace davvero... ma devi andartene."
Non c'è più aria, le mura mi si chiudono addosso.
"Non so cosa tu abbia sperato di ottenere da me, non so nemmeno se l'hai ottenuto..."
Il cuore va a mille. Tutto trema.
"Non voglio essere complice di..."
La sua voce mi arriva distante, attutita. Fragile.
Non mi lasciare.
E non so se lo dico ad alta voce o lo penso solo. L'unica cosa che distinguo salire dal fondo delle viscere è terrore.
"Io ho davvero creduto che... che tu..."
La voce è rotta.
"... che ci fosse qualcosa tra me e te. Che tu mi... insomma, dopo tutto questo tempo... insieme... io..." tira su col naso, "Basta, te ne devi andare."
Si volta di nuovo e cammina verso la camera da letto. La seguo, perché non posso fare altro. Provo ad afferrarle una mano, ma la strappa via.
"Non mi lasciare."
"Mi dispiace per tutto... ma non posso farcela..."
Mi aggrappo al suo corpo, la abbraccio da dietro e lei non può fare altro che fermarsi. Tenta di divincolarsi, di sciogliere la mia stretta, ma non glielo permetto.
"Lasciami, Damiano."
"Eva, ti prego. Ho bisogno di te." supplico.
Percepisco il suo cuore battere attraverso il petto, affannato.
"Devi lasciarmi andare. È finita tra noi. Ti sei approfittato di me." non trattiene più il pianto.
"N-no-no, non è così." balbetto.
"Brando è poco più di un bambino..."
"Non c'è niente e nessuno che non sacrificherei per te." sussurro, e sembra solo farle più male.
Non mi sono mai sentito tanto impotente.
"Lasciami..."
Voglio spiegarle, farle capire, ma non mi basta l'aria.
"Eva..." appoggio la testa sul suo collo, "non lasciarmi. Ti prego."
Vorrei davvero affondare nel suo corpo, entrare sotto la sua pelle, per mischiarmi a lei e non uscire più.
"Io ti amo."
La sua schiena scuote il mio petto attraverso i singhiozzi.
"È finita."
Scioglie le mie mani e non ho più forza per poterla trattenere.
La lascio andare, come ho sempre saputo di dover fare.
Solo. Sono completamente solo.
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Chiedo perdono per l'attesa del nuovo capitolo. Questo non mi ha mai soddisfatta e ci sbatto la testa contro da quando l'ho iniziato. Il prossimo è in progress lo giurooooo
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