Capitolo 59
La prima parte di questo capitolo si trova in quello precedente, non perdetevelo<3
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Bring it Back - Travis Porter
Canzone consigliata per questo capitolo
Mi tolgo le scarpe e recupero alcune fasce da legare intorno alle nocche.
"Io... non posso." Brando solleva il braccio con la fasciatura.
"Non è una lezione di ginnastica in cui chiedi un permesso perché hai il ciclo. Muovi il culo e sali."
A passo incerto, si incammina verso il ring. Toglie la giacca e le scarpe, come mi ha visto fare, e sale.
Ha proprio un fisichetto gracile e malaticcio. Se va bene, mi arriva alle spalle.
Arrotolo la fascia attorno alle nocche della sua mano destra, ancora arrossata per il pugno sfigato di prima.
"Io so come tirare un destro." ribatte.
"Ho notato."
Si offende. "Lui ha indietreggiato, per questo io..."
"Mettiti in posizione." taglio corto.
Sbianca per un momento, gli occhi sbarrati. "Per fare cosa?"
"Per tirarmi un pugno."
Non è ovvio?
Se possibile, perde ancora più colore. Sembra che si stia per cagare addosso.
"Non faremo a botte. Devi solo farmi vedere come tiri un pugno."
"Non voglio farti male."
Mi trattengo dal ridere. "Correrò il rischio."
Rilascia un sospiro di tensione e alza le braccia, dritto e molle come un baccalà.
"Forza, colpisci."
"Dove?" bofonchia.
"Dove vuoi, non importa."
"Ma io..."
"Colpisci! Più forte che puoi!"
Prova ad assumere un'espressione vagamente aggressiva per entrare meglio nella parte, con scarsi risultati.
Mi sto spazientendo. "Colpisci!"
Finalmente, stringe le mani a pugno e alza il braccio destro in alto, troppo in alto rispetto a lui, perché raggiunge il mio pettorale. Non mi smuovo di un millimetro, mentre percepisco a malapena il colpo.
Brando, invece, salta all'indietro e quasi inciampa sui suoi stessi piedi. Scuote ripetutamente la mano, trattenendo un grido di dolore.
Alzo gli occhi al cielo. "È stato patetico."
Sgrana i suoi. "Che cosa?! È solo perché te l'aspettavi e..."
"Quando stai per colpire qualcuno," lo interrompo, "devi assicurarti di essere nella posizione giusta."
"Ero nella posizione giusta!"
Ora è lui a interrompere me. Sta per partirmi l'embolo.
"Zitto."
Si sgonfia subito.
"Se fossi stato nella posizione giusta, non saresti inciampato sui tuoi piedi."
"Io non-"
Gli basta un'occhiata per ricordarsi di tacere.
"Devi tenere i piedi leggermente distanziati e le ginocchia piegate. In questo modo, le gambe saranno pronte per scattare, in avanti o indietro che sia. Se lo spazio tra i piedi è troppo largo, sarai più lento a spostarti. Se troppo stretto, inciamperai."
Annuisce, mentre ascolta delle indicazioni che non so perché gli sto dando.
"La prima regola è quella di cercare in ogni modo di non prendere colpi. Ma se proprio succede, devi proteggere la parte più delicata e importante."
Aggrotta le sopracciglia.
"Qual è, Brando?"
Il suo sguardo vaga per terra, finché non risale per un breve attimo verso il suo pacco.
"È... il..." borbotta per svariati secondi. "il... l..."
Decido di mettere fine alla sua agonia. "La testa."
"La testa! Certo... stavo per dirlo."
Cristo, ma questo da dove esce?
"Se sei in una situazione di pericolo, in cui è un gruppo di tre o quattro persone ad attaccarti," continuo, mentre avverto il suo imbarazzo congiunto al desiderio di apprendere, "la prima cosa che puoi fare è una."
I suoi occhi si fanno grandi per l'interesse.
"Scappare."
"Che-cosa?!"
Non è ciò che voleva sentirsi dire.
"È difficile per chiunque riuscire a stendere un gruppo intero."
"Ma tu ci riesci!"
Alcuni flash di ciò che ho subito dagli uomini di Pollo e di tutte quelle che lui chiama prove di resistenza fisica mi scorrono davanti agli occhi. Più che prove erano vere e proprie torture.
"Non sempre. E comunque solo dopo tanti anni di allenamento."
"Quindi mi allenerai?" mi osserva, speranzoso.
Perché sono qui? Ha letteralmente una data di scadenza appesa sopra alla testa.
Devo distogliere lo sguardo dalla sua faccia ingenua e adolescenziale.
"No."
"Ah..." i suoi tratti si abbassano.
"Ti insegno solo un paio di trucchi, così la smetti di rompermi le palle con i tuoi lamenti, quando sono in cortile."
Ma a chi voglio darla a bere?
Brando stringe le labbra e annuisce piano.
A quanto pare, a lui.
"Se invece finisci in uno scontro diretto, devi saper rifilare un vero pugno. Quando stringi le mani, alzale al livello degli occhi, così oltre a essere in una posizione di attacco, proteggi la testa. Ti è chiaro?"
Annuisce e assume la posizione che gli ho indicato. Gli mostro come chiudere le dita e colpire. Mi segue senza obiettare.
Dopo alcuni tentativi in cui si scarica contro il mio bicipite sinistro, comincia a prendere confidenza. La sua espressione diventa comicamente fiera sotto il rossore che ha iniziato a colorargli la faccia.
"Adesso sarò io a colpire te."
Sbianca in un attimo.
"Per finta. Ti mostro come schivare un colpo."
Si rilassa visibilmente. Nello stesso momento, parte la suoneria del suo telefono.
"Posso rispondere?"
Cristo.
"Veloce."
Salta giù dal ring e afferra il telefono che ha lasciato accanto alle scarpe. Mi volta la schiena, mentre tenta di parlare sottovoce.
"Ciao... sì... no... sì... no, non devi ancora venire a prendermi... no..." abbassa ancora un po' la voce, "sì, sono con i miei amici..."
Ho davvero bisogno di quella sigaretta.
"Sì... sì, vai a dormire... tranquillo, nonno... va bene, buonanotte." riattacca.
Si schiarisce la gola e torna sul ring cercando di darsi un tono.
"Scusa, erano alcuni amici."
Certo.
"Non mi interessa. Mettiti in posizione."
Obbedisce e riprendiamo da dove abbiamo interrotto.
Si rivela un combattente pessimo, con zero forza e zero capacità di coordinazione. Sembra che i suoi arti si muovano senza senso e senza logica. Se gli dico di scartare di lato, si sposta da quello sbagliato. Se gli dico di abbassarsi, aspetta che il pugno l'abbia raggiunto per farlo.
"Okay, senti. Simuliamo una scazzottata, d'accordo? Usa tutta la forza che vuoi e colpisci dove ti pare. Il primo che cade a terra, perde."
Madido di sudore, accetta. Io non ho nemmeno il fiato corto.
Brando carica la sua mossa con una lentezza peggiore di un personaggio qualunque di DragonBall.
Corre verso di me, le braccia alzate, rigide tipo corna di bue, e prova a fare non so bene cosa. Scarto di lato di appena cinque centimetri e gli faccio lo sgambetto. Rovina per terra.
"Ahia..."
"Non devi prendere la rincorsa. Diventi troppo prevedibile. Riprova."
La nottata prosegue veloce tra una lezione e l'altra, in cui Brando finisce sempre col culo all'aria.
All'ennesimo tentativo, completamente zuppo di sudore, non si rialza.
"Non ce la farò mai. Gli altri sono sempre o più grossi o più forti di me." mormora, scoraggiato.
"Non è solo una questione di forza."
"Sì, invece!" alza la voce. "È sempre una questione di forza! Perché se la prendono sempre con me, se no? Peso appena sessanta chili! Come dovrei difendermi da solo?"
"Ci vogliono solo tre chili per sfracellare i coglioni di un uomo. Con una ginocchiata ben assestata sei a posto."
Sorride lentamente. "Ma non è contro il nostro codice d'onore?"
"Non esiste nessun codice d'onore quando devi sopravvivere."
Allungo la mano verso di lui per aiutarlo a rimettersi in piedi. La afferra. Mentre lui si alza, dalle finestre cominciano a penetrare le prime luci del mattino.
"Direi che è ora di andare."
La mia parte l'ho fatta e spero che quella cazzo di vocina che mi spinge ad aiutarlo adesso la smetterà di rompermi le palle.
"Va bene..."
Richiudo la struttura come d'abitudine e, pochi minuti, dopo siamo in strada. Il blu della notte sta schiarendo lentamente. L'aria è abbastanza fredda da pungere la pelle.
"Io abito da questa parte." Brando mi osserva, voltato verso la direzione opposta alla mia.
Tanto meglio. Finalmente posso tornare da Eva.
"È che..."
Sbuffo.
"Solo perché è un po' lontano..."
"E allora?"
"Non è che potresti..."
No.
No.
"Cristo."
Faccio dietrofront.
"Grazie."
Brando cammina guardando i suoi piedi, mentre cerca di nascondere i brividi di freddo.
Dopo svariati minuti, rompe il silenzio. "Sei sicuro di non volerla quella sigaretta?"
Tira fuori un pacchetto di Merit e lo zippo e me li mette sotto al naso.
Fanculo.
Sono talmente disperato da accettare pure una Merit.
La sfilo dal pacchetto e me l'accendo. Il fumo pervade in fretta la mia bocca, e poi in gola, giù, fin dove può fare più danno.
Brando mi imita. A modo suo.
"Devi aspirare."
Mi osserva, per l'ennesima volta stanotte, confuso.
"Se non aspiri, non stai fumando. Il fumo ti rimane solo in bocca."
"Ah." se non fosse già rosso, lo diventerebbe.
Prende un tiro e prova a metterlo in pratica, senza successo.
"Quando il fumo è in bocca, inspira."
Esegue e comincia a tossire selvaggiamente. Si ferma in mezzo alla strada, piegato in avanti, mentre io proseguo a camminare dritto.
"Cazzo, fumare fa schifo!" boccheggia.
Sorrido tra me e me. Già.
"Siamo quasi arrivati. Spero che i miei nonni non mi abbiano aspettato tutta la notte svegli."
Sembra pentirsi quasi subito di averlo detto. Per aggiustare il tiro, aggiunge: "Sono dei gran rompi palle." ma non c'è convinzione nella sua voce.
So che è cresciuto con loro e che hanno un bel rapporto. Eva mi ha raccontato che ogni giorno lo portano a scuola e lo vengono a riprendere. E a quanto pare, stanotte avrebbero fatto lo stesso.
Hanno trovato il loro modo di essere una famiglia.
Una mano invisibile mi stringe sulla bocca dello stomaco.
"I tuoi ti stanno tanto addosso?" tenta.
Lo fulmino con lo sguardo.
"Come non detto."
Raggiungiamo un quartiere periferico pieno di case piccole e modeste. Oltre una staccionata blu, un breve tratto di giardino dà su una casetta gialla dal portone scrostato, con i davanzali delle finestre usurate pieni di vasi con i fiori.
Una debole luce proveniente dall'interno segnala che sì, sono rimasti svegli ad aspettarlo.
"Grazie Damiano." Brando mi rivolge un debole sorriso.
La mano invisibile stringe più forte.
"Chiamami se hai bisogno." mi pento subito di averlo detto.
Il suo sorriso si fa più spontaneo.
Alzo i tacchi e torno indietro, fingendo di non sentire le voci preoccupate di due anziani che restano sulla soglia ad abbracciare il nipote.
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