Capitolo 58
Enemy - Imagine Dragons
Canzone consigliata per questo capitolo
Francesco sbatte ripetutamente la lametta sul tavolo. La polvere si lascia tagliare con la stessa leggerezza della neve. Bianca, quasi traslucida, mi chiama.
Fra vi preme un mignolo sopra e scopre i denti. Si strofina la sostanza sui molari e richiude la labbra. Nonostante io sia a qualche metro da lui e la musica avvolga il locale, posso sentire lo schiocco della lingua sul palato.
Un po' della polvere scivola dal suo mignolo e si deposita al lato del mento, come se fosse lo zucchero a velo di una cazzo di merendina.
Uno strattone al braccio mi sfila la birra di mano. La testolina riccia di Jessica entra nel mio campo visivo e, senza distogliere nemmeno per un attimo lo sguardo dal mio, si scola il resto della bottiglia in una lunga e lenta sorsata.
Non appena finito, si pulisce la bocca con il dorso della mano e mi restituisce la bottiglia.
Intorno a noi, la gente beve, si muove. Esiste.
"Ci degna della sua presenza, Riga?" Jessica tira fuori il suo tono più petulante.
Ricordati che è una ragazza.
"O è solo che la tua fidanzatina è impegnata in un convegno internazionale sull'importanza del cucito?" sfotte.
Ricordati che è una ragazza.
"O magari preferisce il lavoro a oncinetto! Hai chiesto il suo permesso prima di uscire?" cerca di addolcire falsamente i tratti del viso.
Mi appoggio a una colonnina del bar e lascio il telefono, che non mi ero accorto di aver tirato fuori, dentro alla tasca dei jeans.
"Si dice uncinetto."
Le sue narici si dilatano uno sproposito, mentre inspira d'un colpo tutta l'aria viziata dell'Alfredo.
"Perché non te lo ficchi su per il culo, l'uncinetto?!" i suoi tentativi di mantenere un tono controllato vanno in fumo.
E io dovrei essere l'unica persona che lei ascolta?
"Senti Je," appoggio la bottiglia vuota su uno dei numerosi tavolini disseminati per l'ambiente, sotto le luci basse e calde del locale, "hai due opzioni."
Ci sono talmente tante sensazioni contro le quali sto lottando in questo momento che non so nemmeno cosa sto per dire.
La cocaina è ancora sparpagliata davanti a Francesco, mentre lui ne offre un po' a un ragazzo che non ho mai visto prima.
Jessica mi osserva con le braccia incrociate, in attesa.
"O ti togli l'uncinetto che evidentemente sei tu ad avere nel culo da un po' e vieni a farti un giro con me," il suo volto si scurisce, "oppure te ne vai a fanculo nella direzione opposta."
È comunque un'offerta di pace, no?
"A fanculo dovresti andarci tu, e per sempre anche!" alza letteralmente i tacchi vertiginosi e sbatte i capelli oltre le spalle, mentre se ne va verso una ragazza dal rossetto rosso acceso che sono sicuro di aver già visto da qualche parte. O lei, o quel rossetto.
L'amico di Fra si arrotola una banconota e si abbassa sul tavolo.
Sbuffo.
Il telefono indica solo l'ora e nemmeno un messaggio. Eva ha avuto la geniale idea di trascorrere la serata con i nostri rispettivi amici, perché "l'amicizia è importante, bisogna coltivarla e annaffiarla spesso quanto una pianta di Mary Jane."
Vabbè, forse la parte della Mary Jane non l'ha detta. Ma è vero che la Mary vada annaffiata spesso.
Seduto su un tavolino leggermente in disparte rispetto agli altri, Alex digita rapido sullo schermo del telefono, un mezzo sorriso a dipingergli il volto.
Immagino che con Sara sia andata bene. Almeno lei ai messaggi risponde...
Mi stacco dal muro. Devo darmi un contegno o sarò a un passo dal raggiungere Fra e reggere la candela a lui e al tizio la cui mano è pericolosamente vicina al suo cazzo.
Mi siedo allo sgabello del bar e ordino l'ennesima birra da quattro soldi ad Alfredo. Il cinquantenne stempiato dal viso ricoperto di cicatrici mi serve senza farmi aspettare.
"Ehi."
La ragazza dal rossetto rosso si materializza di fianco a me, i denti dritti e bianchi sfilano in contrasto con le labbra. "Come va?"
La osservo senza rispondere. Se la conosco, non lo ricordo.
Si morde il labbro inferiore, in attesa, e allunga la mano verso Alfredo per ordinare qualcosa. L'uomo la ignora, impegnato a servire un gruppo di coglioni che vedo spesso alle corse clandestine.
Rossetto Rosso aspetta con l'aria di chi, in realtà, non ha proprio niente da ordinare.
Faccio cenno ad Alfredo di avvicinarsi e prendere l'ordinazione della ragazza. Lei arrossisce leggermente e comincia a boccheggiare.
La cosa che più preferisco di Alfredo è che non spiccica mezza parola. Comunica con la stessa espressione impassibile da almeno vent'anni.
"Prendo ciò che ha preso lui." Rossetto Rosso improvvisa, indicando me.
Dall'altezza dello sgabello, posso notare un tatuaggio sbucare dalla scollatura sul seno. La testa di un'arpia.
Sì. Ho decisamente già visto quel tatuaggio.
La ragazza si porta il bicchiere alle labbra e sorseggia lentamente, la macchia del rossetto già evidente sui bordi.
"Grazie..."
Oltre le sue spalle, la porta del locale si apre ed entra l'ultima persona che mi sarei aspettato di vedere qui, nonché l'ultima che dovrebbe stare qui: Brando.
Con una camicia a pois abbottonata fino al collo e una giacca scura ridicolmente elegante si muove verso il bancone. Dal braccio sinistro spunta una fasciatura che coinvolge la mano, la si vede oscillare, mentre cammina con passo falsamente disinvolto.
Si è laccato tutti i capelli all'indietro e sembra che abbia scordato di togliersi il dentifricio dalle pustole. Inqualificabile.
I coglioni delle corse lo notano e si lanciano occhiate derisorie. Brando cerca con lo sguardo un posto in cui seder... è un cazzo di fazzoletto quello che spunta dal taschino della giacca?!
Mi passo una mano sugli occhi. È senza speranze.
"Tutto bene?" Rossetto Rosso posa le lunghe dita bianche sul mio braccio.
Ma questa sta ancora qui?
Ruoto sullo sgabello, attirando l'attenzione di Brando. Non appena mi riconosce, raddrizza le spalle come per darsi un tono e va a sedersi di fianco ai coglioni.
È un gruppetto di quattro colossi. Uno tira una gomitata all'altro, scambiandosi gesti eloquenti di sfottimento.
Qua finisce male.
Brando allunga la mano verso Alfredo che gli risponde con mezza alzata di capo.
"Per piacere, potrei avere..."
Il gruppo sghignazza. Lui si schiarisce la gola. "Voglio un Sex on The Beach." fa il tono grosso, ma sottovoce aggiunge: "Per favore."
Cristo.
Alfredo ovviamente non risponde. Ma ci pensano gli altri per lui.
"Qui non si beve roba da fighetta. Ma possiamo darti noi qualcosa da bere." gli altri scoppiano a ridere.
Brando corruga le sopracciglia, incerto sul significato. Però, sa perfettamente cosa vuol dire essere preso per il culo.
Tira fuori un'espressione strafottente e si rivolge di nuovo ad Alfredo: "Allora portami ciò che beve la gente non fighetta."
Un coro di esclamazioni divertite si solleva dal gruppo.
Cerco Alex e Francesco con lo sguardo. Entrambi hanno smesso di fare ciò che stavano facendo, le antenne perfettamente tese. Anche Jessica è in ascolto, attenta allo scambio.
Se saranno loro a spezzargli le ossa, è solo un lavoro in meno per noi, no?
No?
Che palle, cazzo.
I miei amici si alzano, fingendo di muoversi in modo casuale, ma si stanno solo avvicinando alla scena.
Alfredo posa davanti a Brando un bicchiere del suo whiskey peggiore. Non appena il ragazzino se lo porta alle labbra, uno dei coglioni gli blocca la testa e spinge tutto il liquido in gola.
Mentre gli altri ridono, Brando spintona via l'uomo e si alza dallo sgabello. Intercetta il mio sguardo e soffoca ogni colpo di tosse che di sicuro gli sta salendo. Le sue narici si allargano quando stringe i pugni.
Prova di nuovo a darsi un tono. Alza la testa, drizza le spalle. E, come se mi chiedesse l'approvazione, rifila il più sfigato dei pugni sulla mascella del coglione.
Sarà una lunga notte.
Tiro fuori il telefono. È appena l'una.
Quando sollevo la testa, il gruppo è in piedi davanti a Brando. Il più basso di loro lo sovrasta di almeno trenta centimetri.
Non riesco più a distinguere le loro facce, quindi scendo malvolentieri dallo sgabello sorpassando Rossetto Rosso e raggiungo la scena. Brando si sta cagando addosso. E fa bene.
Aggiro i quattro e afferro il collo del ragazzino. "Ci penso io."
"Non ce n'è bisogno, ce l'aggiustiamo tra noi."
Anche se li avrò visti centinaia di volte, non saprei distinguere l'uno dall'altro.
Quello più grosso mi dà una pacca sulla spalla, come a dirmi di levarmi dai coglioni.
Io odio essere toccato.
Gli prendo il polso e lo stringo abbastanza da fargli recepire il messaggio. "Insisto."
Cala un silenzio eloquente, in cui tutti ci stiamo chiedendo se è il caso di far scoppiare l'ennesima rissa.
Curare l'amicizia come una piantina, eh?
Lui molla la presa. Io mollo la mia.
Con una mano ancora sul collo di Brando, faccio un cenno ai miei amici ed esco dal locale.
Siamo in culo alla città. Fa freddo, ma non abbastanza per i miei gusti.
Mi incammino diretto non so dove con il rosso ancora sotto tiro. Si allontana con uno strattone.
"Non mi serve il tuo aiuto!" si allontana, incazzato come una biscia. In effetti, sembra proprio una biscia.
"Ah no?" mormoro.
"Potevo farcela benissimo da solo!" Si aggiusta il colletto e la giacca.
Cazzo, quanto vorrei una sigaretta.
"Puoi sempre tornare dentro." lo sfido.
Lui resta in silenzio per un attimo, mentre mi segue pochi passi indietro. "No. Mi stavo annoiando."
Maschero un sorriso. "Certo."
Allunga l'andatura e mi raggiunge, la schiena di nuovo dritta.
Se solo sapesse che i tizi di prima sono comunque meglio di me...
Infila la mano nella tasca interna della giacca, tentando di nascondere un brivido di freddo, e tira fuori un pacchetto di ciò che sto agognando.
Si porta una sigaretta alla bocca e l'accende con uno zippo talmente pacchiano da meritarsi almeno metà delle botte che stava per prendere.
Me ne offre una.
Scuoto la testa.
"Perché no?"
Sbuffo. "Sto cercando di smettere."
Non inspira nemmeno, il fumo gli rimane in bocca ed esce in tortuose nuvole, segno che non ha mai visto una sigaretta in vita sua.
"E perché?"
"Alla mia ragazza non piace l'odore."
Fa un gesto di stizza con la mano. "Pff, le ragazze."
Già, lui dev'essere un esperto.
Poi, come se avesse impiegato un po' a realizzarlo, aggiunge incredulo: "Tu hai la ragazza?"
Ce l'ho?
Temporeggio. "Sì."
"È quella ragazza ricciolina con i tatuaggi in classe con te?"
Jessica.
Sbuffo di nuovo, irritato dalle sue mille domande. "No."
"Quella un po' emo che fa i concorsi allora?"
Mi fermo di brutto. "E tu che cazzo ne sai? Mi spii?"
No. Io spio lui.
Nonostante i lampioni siano pochi, distinguo perfettamente il suo viso diventare dello stesso colore dei capelli. Sgrana gli occhi, come spaventato.
"No, io..."
Almeno non pensa che sia Eva. Riprendo a camminare.
Passano svariati minuti prima che raccolga il coraggio per fare l'ennesima domanda. "Dove stiamo andando?"
"In un posto. Ci siamo quasi."
Quest'area della città è tutto fuorché raccomandabile. Brando sembra realizzare solo ora che sta seguendo uno sconosciuto che è fisicamente il doppio di lui, in piena notte.
Si allontana leggermente, le spalle ora flosce. Mi viene quasi da ridere.
Raggiungiamo l'unico posto in cui mi è venuto in mente di andare. In una viuzza stretta e poco illuminata, mi fermo davanti a una struttura completamente buia. Le alte finestre impolverate non consentono di vedere nulla al loro interno. Rimuovo il catenaccio come ho fatto tante volte negli anni e apro il portone in ferro.
Brando resta fermo sul marciapiede. Non controllo che mi segua, so che lo farà.
Raggiungo l'impianto elettrico e attivo la corrente.
Si tratta di una sala semplice, abbastanza spoglia. Svariate sacche da box sono disseminate lungo il perimetro, insieme a punching ball, bilancieri e pesi, ma quasi tutto lo spazio è occupato dal ring.
"Cosa ci facciamo qui?"
Sapevo che sarebbe rimasto.
"Togliti la giacca."
Trema. "Perché?"
"Perché così ti insegno come si tira un vero destro."
//
Hot.
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