Capitolo 53
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Hopelessly Devoted To You - Olivia Newton-John
Canzone consigliata per questo capitolo
PdV: Eva
Calore. Un battito ritmato. Il profumo del mio shampoo alla violetta. Cotone morbido a contatto con la pelle.
Apro gli occhi e incontro due braccia forti che mi stringono.
Mi allungo contro il petto di Damiano e sprofondo il viso dentro al suo collo.
Nuovamente appisolati sul divano, abbiamo passato la mattinata a dormire e il pomeriggio tra film, cibo d'asporto e sessioni olimpiche di sesso sfrenato. Sorrido contro la sua pelle.
Nefertiti si risveglia a sua volta, srotolando la posizione a ciambella in cui si era assopita vicino ai nostri piedi e, una volta che ci ha intercettati, comincia a fare le fusa. Si alza e zampetta lenta sopra le nostre pance, totalmente incurante del suo peso.
Sale sul petto di Damiano, avvicinando il proprio muso al volto ancora addormentato di lui. Infine, si ferma e lo guarda fisso. Senza sbattere le palpebre. Inquietante.
Dopo pochi attimi, come se l'avesse chiamato dal mondo dei sogni, Damiano apre gli occhi. Sbatte un paio di volte le ciglia finché, alla vista così ravvicinata di Nef, non le sbarra definitivamente.
"Cazzo, che ansia sto gatto." sbuffa, rovinando la poetica del momento.
Nefertiti, infischiandosene altamente del suo fastidio, prende a farsi le unghie sulla sua felpa.
Damiano le afferra le zampe anteriori con le mani per staccarla, ma lei risponde mordendolo per gioco.
"Mi bastano i morsi e i graffi della tua padrona, Nef."
Ma!
Gli rifilo un pugno sul bicipite.
Ridacchia. "Mi sono appena svegliato e sto già subendo violenza domestica."
Mi alzo dal divano per accorgermi che fuori è buio inoltrato. Abbiamo completamente perso la cognizione del tempo.
Le sue braccia mi raggiungono in fretta, cingendomi da dietro. Questa volta, è lui a seppellire la testa dentro al mio collo.
"Usciamo." sussurra.
"Ora?"
Sarà quasi mezzanotte e domani è lunedì.
"Sì."
"E dove andiamo?"
Si stacca e va a prendere un pezzo di torta avanzata dall'asporto sopra al top della cucina, che condisce con l'ultimo bicchiere di vino bianco rimasto, per giunta fuori dal frigo e quindi caldo.
"A festeggiare il tuo compleanno." sorride.
La sensazione di lusinga è sostituita in fretta dai ricordi delle nostre passate avventure: sequestrare una moto, scavalcare un campo di calcio, mandare in cortocircuito l'elettricità del palazzo in cui i miei genitori avevano organizzato una festa, irrompere in un teatro durante un concerto, fare dei tatuaggi da ubriachi e senza licenza...
"Non ti preoccupare...", provo ad articolare, terrorizzata, "... va bene così... per me l'importante è stare con..."
Damiano afferra la mia mano e mi porta in camera, dove mi fa indossare un pesante felpone.
Immagino di aver perso in partenza.
Rassegnata all'inevitabile, mi preparo e vesto una tuta comoda, ma spessa, seguendo le sue indicazioni. Una volta pronti, infiliamo la porta e usciamo nel freddo di questa notte invernale.
Procediamo a piedi per le strade della città, camminando lenti, i corpi vicini, sempre a contatto.
"Dove stiamo andando?" chiedo di nuovo.
Mi risponde con uno dei suoi sorrisi spontanei, distesi. Quelli che riserva solo a me.
"A fare una cosa."
Lascio passare un momento di silenzio.
"Quanto è legale questa cosa?"
Ridacchia. "Poco."
E figurati.
Sospiro. "Mi devo preoccupare?"
Intreccia le sue dita con le mie. "Mai." sussurra.
Sento le farfalle nello stomaco. Non posso non ammettere che in tutte le occasioni passate io mi sia sempre divertita.
Passano altri minuti di silenzio, in cui ho la sensazione che Damiano voglia dirmi qualcosa, ma faccia fatica a trovare le parole. Infine, fissa il suo sguardo sul cemento scuro del marciapiede.
"Avrei veramente voluto stare con te ieri..."
Per un attimo, sembra che stia per aggiungere altro, ma non lo fa.
"Non fa niente." provo a sciogliere la tensione. Ieri ero arrabbiata, ora non lo sono più. "Passare la serata con Pasquale è stato uno spasso."
Le sue antenne si drizzano all'istante, aumenta la presa sulla mia mano.
Cavolo, lui non sa della cena!
"Si è auto-invitato alla serata che avevo organizzato con Sara," comincio a spiegare, "portando con sé alcuni colleghi. Mi ha tormentata tutto il tempo, un po' come fa a scuola."
Damiano non dice nulla, ma mi ascolta con attenzione. Gli racconto qualche episodio successo a lavoro e delle frecciatine che mi ha lanciato durante la cena.
"Ha alluso al fatto che tra me e te ci sia qualcosa..."
"Ah sì, eh?" mormora tra i denti.
"Non credo che ci abbia visti, altrimenti a quest'ora mi avrebbe già segnalata al preside, ma secondo te potrebbe avere dei sospetti?"
"Da quanto tempo ti rompe i coglioni?" risponde con un'altra domanda.
"Successivamente al primo concorso... quello in cui tra te e lui..."
Perché mi sembra ancora un argomento delicato?
"Come mai non me l'hai detto prima?"
Scrollo le spalle, avvertendo una sferzata d'aria fredda diffondersi nelle membra.
"Nessun motivo particolare. Sono abituata a risolvere i miei problemi da sola."
Una lampo di consapevolezza saetta tra i miei pensieri. "Damiano, promettimi che non farai niente."
Mi lancia una rapida occhiata.
"Te ne ho parlato perché mi fido di te, non per spingerti a vendicarmi. Come ho detto, i miei problemi li risolvo da sola."
Mi piazzo di fronte a lui, costringendolo a fermarsi. Con entrambe le mani appoggiate sui fianchi, in una posizione così tipica di Sara, aggiungo: "Promettimelo."
Fa una smorfia. "Prometto di non ammazzarlo di botte."
Cammina in avanti, costringendomi a procedere all'indietro.
"E questo cosa dovrebbe significare?"
"Che sarà ancora parzialmente cosciente, anche se in coma."
"Damiano, non sto scherzando."
Lascia scivolare un braccio intorno al mio collo e mi deposita un leggero bacio sulle labbra. Le ali delle farfalle sbattono più che mai.
"Neanche io."
Rumori di urla, fischi e schiamazzi ci raggiungono da lontano. Arriviamo in un ampio spiazzo nella periferia della città, scarsamente illuminato, in cui un numeroso gruppo di ragazzi spara musica rap a tutto volume. Alcuni sono in sella a moto sportive, vestiti di chiodi in pelle e tatuaggi in faccia.
Sicuro è un posto che non raggiungerei mai da sola, tanto meno di notte...
Damiano, totalmente a suo agio, saluta alcune persone con cenni del capo e sorrisi sghembi.
Mi accosto al suo fianco, sentendomi un pesce fuor d'acqua. So che non dovrei avere paura visto che lui è qui accanto a me, eppure le mie viscere si stanno contorcendo lo stesso.
"Bella, Dam. Chi ci hai portato?" un ragazzo alto e allampanato, poco distante da noi, attira la nostra attenzione.
L'amico accanto a lui, più basso e ben piazzato, ha un'aria vagamente familiare. Dove l'ho già visto? Rispolvero vecchi ricordi dalla memoria.
Ci sono! È il proprietario dello studio in cui Damiano ha tatuato me e le mie amiche!
Mi metteva i brividi allora e me li mette tutt'ora.
Dietro di lui, appoggiato contro una moto, Alex mi sorride senza mostrare i denti. È l'unico ad avere un aspetto più o meno rassicurante.
Rispondo al sorriso, alzando timidamente la mano in segno di saluto. Contraccambia senza provare ad avvicinarsi.
In tutto questo, Damiano non si perde nemmeno un dettaglio.
Si accosta al gruppo, mentre io resto in disparte, indecisa su come comportarmi. Qualcosa mi dice che allungare la mano e presentarmi non sia la mossa giusta.
Alcune delle poche ragazze presenti mi stanno facendo una radiografia completa, scannerizzandomi dalla testa ai piedi. Una di loro, in particolare, ha un'aria davvero scandalizzata.
Certo, immagino che con la mia tuta e la giacca oversize, insieme alla coda scompigliata e la faccia struccata post sonno più coito, io abbia un aspetto molto minaccioso...
"Devo prendere in prestito la tua moto." la voce di Damiano richiama la mia attenzione.
Il tatuatore possiede una moto sportiva dalla carrozzeria verde di cui sembra essere piuttosto protettivo. Nonostante il buio, riesco a distinguere la scritta Kawasaki vicino alla pedana.
"Per fare che?" mantiene la posizione da duro, ma dalla voce trapela un lieve tremore.
Senza aspettare il suo assenso, Damiano rimuove il cavalletto e sposta la moto. "Mi serve per la gara."
Gara? Quale gara?
"Tengo più a quella moto che alla mia vita." il tatuatore ha già ceduto.
Damiano gli molla un paio di pacche sulla spalla e torna da me.
"A quale gara parteciperai?" bisbiglio e non so perché.
"Parteciperemo." mi corregge.
"Che?!"
Il fischio di una tromba annuncia l'allineamento dei mezzi. Un ragazzo grosso con un'ampia cicatrice che gli percorre la guancia destra richiama l'attenzione dei presenti, dando inizio ad un conto alla rovescia. Accanto a lui, una bella ragazza dai capelli lunghissimi e scuri si muove al centro della linea di partenza, tenendo una bandana tra le dita.
Damiano afferra la mia mano e mi guida in mezzo alla gente che si fa largo per lasciarci passare.
"Dami, io non la faccio sta cosa, okay?!"
Di tutta risposta, lui mi guida fino al punto di partenza.
Ho paura di seguirlo esattamente come ho paura di stare qui in mezzo da sola.
"Come no?" mi sorride a trentadue denti, "Festeggiamo il tuo compleanno."
"Ah già, era proprio quello che desideravo..."
"Ti ricordi la prima volta che abbiamo veramente parlato? Fuori dal Caveau."
Come dimenticare. Ero ubriaca e mi sono lasciata fin troppo andare.
"Sì..."
"Hai detto che sono talmente poco originale da avere idee da Tre Metri Sopra il Cielo."
"Non ho proprio detto così..."
"Beh," mi fa spazio per permettermi di salire sul veicolo, "volevo confermarti che è vero."
Scoppio a ridere davanti alla sua espressione ironicamente fiera, rilasciando un po' di tensione.
"Ma non c'è nessun'altra coppia."
Saranno circa sei ragazzi, Damiano incluso, a essere allineati, ognuno pronto sulla sua moto.
"Saremo gli unici." mi sorride ancora.
È bello da togliere il fiato.
"E dove sono i caschi?"
I ragazzi di fianco a noi, che evidentemente stanno seguendo la nostra interazione, si mettono a ridere di me. Damiano si unisce. Stronzo.
"Okay, niente caschi..." borbotto.
Il conto alla rovescia è quasi finito, ma Dami mi osserva senza mettermi alcuna fretta.
Faccio un respiro profondo. Se non sono morta finora, non finirò male proprio stasera, giusto?
Rassegnata, salgo su, mentre lui mi aiuta. Poi, a tradimento, mi spinge in avanti sul sellino e sale dietro di me.
"Hey! Col cavolo! Passa davanti!" mi agito.
Mi cinge i fianchi e fa aderire i nostri corpi. "Ti ho insegnato a guidare la volta scorsa."
"Damiano, ti fai portare dalla ragazza?" un tizio accanto a noi, ci prende in giro e scoppia a ridere insieme agli altri.
Voglio sprofondare.
Anche Dami se la ride. Pare divertirsi un mondo. Qua l'unica che ha pensieri felici come la morte imminente sembro essere solo io.
Come diavolo si guida questo arnese? Non ricordo minimamente come avessi fatto la volta scorsa, anzi avevo paura di schiantarmi da un momento all'altro.
Afferro le manopole senza sapere quale sia la differenza tra le due. La mano scivola indietro, mentre la moto sobbalza in avanti scappando dal mio controllo. Damiano, i riflessi pronti, la ferma di botto, facendo sollevare leggermente la ruota posteriore.
I ragazzi intorno a noi scoppiano a ridere di nuovo.
È una fortuna che io stia per partecipare a questa gara, perché ora voglio solo morire.
Il tizio che faceva il conto alla rovescia si piazza davanti a me. "Ansiosa di cominciare eh, gattina?"
Gattina?
La moto scatta di nuovo in avanti, come a volerlo investire, ma questa volta giuro che non sono stata io.
Damiano fa rombare il veicolo, come una minaccia verso l'uomo, che in risposta alza le mani e si allontana.
Riusciamo a tornare al punto di partenza.
La ragazza dai capelli lunghi solleva la bandana in aria.
Oddio. Sta per succedere.
Beh, posso sempre andare ai venti all'ora. Mica voglio vincere. Che mi frega di fare la figura di nonna papera?
Damiano stringe le sue braccia intorno al mio corpo e mi sfiora un orecchio con le labbra. "Così non puoi scapparmi."
I brividi di piacere si uniscono a quelli dell'adrenalina che comincia a scorrermi nelle vene.
Un fischio.
La bandana scende giù.
Le moto partono a tutta velocità seguendo il rettilineo illuminato solo dai fari dei veicoli, rombando come cannoni.
Miracolosamente, anche io riesco a lanciare il mio mezzo, ma non ne ho il minimo controllo. La moto balza in avanti e si ferma per ben tre volte consecutive e Damiano non sembra avere alcuna intenzione di aiutarmi.
"Perché non va?!"
"Devi lasciar andare il freno, bambina." il suo tono è tanto accondiscendente quanto divertito.
Giusto...
Sono talmente tesa da essermi aggrappata alle manopole come se fossero l'unica mia possibilità di salvezza. Nonostante il freddo, sto letteralmente sudando.
Una volta partiti, la moto scatta da sola. Sembra essere fatta per correre, come se mi stesse chiedendo di andare più veloce.
Ovviamente, siamo gli ultimi e tutti gli altri hanno già frapposto una certa distanza tra noi.
Appena mi sento un po' più stabile e sicura di me, accelero quanto riesco. La strada per ora è tutta dritta, quindi dovrei farcela.
L'aria mi accarezza il viso, i capelli volano al vento, l'ossigeno mi riempie i polmoni. Sento il corpo perfettamente rilassato di Damiano dietro di me, come una sicurezza che non mi permetterà di farmi male.
Piano piano, mi rilasso anche io abbandonandomi alla sensazione di libertà che correre mi sta facendo provare. Sembra di volare.
Accelero ulteriormente. In effetti, devo ammettere che non è male.
Anzi. È proprio figo.
Damiano mi bacia dolcemente la spalla. Non mi mette alcuna fretta. Non sembra importargli poi molto della gara.
Ammetto che non sarebbe male se almeno raggiungessi gli altri...
Accelero. Non guardo il tachimetro perché so benissimo che mi farei condizionare dalla paura dei numeri che salgono.
La strada rimane dritta, però diventa via via sempre più stretta, l'illuminazione è ancora del tutto assente.
"Se ci stiamo per schiantare, riusciresti a impedirlo?" urlo contro il vento.
Damiano sorride sul mio collo e annuisce piano.
Okay. Posso farcela.
Accelero al massimo. Finora non ci sono stati ostacoli e mi fido di Dami.
La moto sta letteralmente volando e l'euforia mi fa sentire invincibile.
Dami appoggia le mani sopra alle mie, segno che qualcosa non va.
"Che c'è?"
Prima che lui abbia il tempo di rispondere, individuo uno dei motociclisti riverso a terra e il suo veicolo ribaltato.
Di riflesso, stringo le manopole per la paura e, se non ci fossero le sue sopra alle mie, ci avrei fatti sicuramente sbandare.
"Ma cos'è successo?" urlo ancora.
Si sarà fatto male, dobbiamo fermarci!
La voce di Damiano mi arriva fin troppo calma. "È parte del gioco."
"Cosa?!"
Dritto di fronte a noi, altri tre del nostro gruppo sono allineati. L'ultimo si avvicina pericolosamente a quello davanti e tenta ripetutamente di farlo sbandare.
"Damiano! Dobbiamo fare qualcosa!"
Lui mantiene solo la distanza dal trio, finché a furia di colpi vicendevoli, quello in testa perde aderenza e scivola a terra, portandosi dietro gli altri due.
Sono scioccata. Ecco perché non aveva fretta che li raggiungessi.
Superiamo i tre ragazzi insieme ai loro veicoli, ritrovandoci a essere secondi in gara.
"Si saranno fatti male?" chiedo ancora.
Damiano scrolla le spalle. "Probabile."
La sua indifferenza mi lascia esterrefatta.
Molla di nuovo la presa dalle manopole, permettendomi di riassumere il controllo. Ora, non mi sembra più così divertente.
"Dove dobbiamo arrivare?" per ora, ho solo seguito il percorso che ho visto fare agli altri.
Damiano non ha il tempo di rispondere che un colpo ci fa sbalzare in avanti.
Il tizio di prima, quello che rideva di me, ci segue a pochissimi metri di distanza.
Davanti a noi, la strada non è più dritta, ma a curve. Stiamo percorrendo una collina.
"Accelera." Damiano ordina.
Cristo, ma io volevo solo guardare Netflix sul divano!
Eseguo, mentre lo sento voltarsi all'indietro e tirare un calcio all'altra moto. Lo sbalzo, congiunto alla curva, mi fa perdere l'equilibrio. La moto si piega di lato. Pochi centimetri e l'asfalto ci gratterà addosso.
Damiano poggia un piede a terra e spinge con forza verso la parte opposta, permettendoci di tornare su.
Ma come cazz...
Il tizio dietro di noi sembra essersi incazzato, perché la sua moto ora romba ancora più forte.
"Accelera ancora un po' se riesci e quando ti dico di frenare, frena, okay?" nonostante la pericolosità del momento, Damiano non è minimamente turbato.
Provo a eseguire, la paura offuscata dall'adrenalina mi regala questa stupida, incosciente sensazione di invincibilità.
"Frena!"
Stringo la leva, pregando di non ribaltarci per la velocità, e vediamo il motociclista sfrecciare in avanti e andare fuori strada.
Il nostro veicolo si ferma un po' per volta, Damiano mi tiene ferma, impedendomi di cadere per il contraccolpo.
Se prima mi sembrava di fluttuare, ora il mezzo sotto di noi assume il peso di un elefante.
Ho il respiro affannato e il corpo che trema.
"Piaciuto?" Damiano mi osserva sorridendo.
Ruoto il busto verso di lui e gli rifilo un pugno sul petto. Ride.
"Sei stata piuttosto brava, devo ammetterlo."
Gliene do un altro. Ride di più.
"Che c'è? Non è stato divertente?"
"Esilarante. Abbiamo lasciato ben cinque persone a terra! Chi andrà ad aiutarli?"
Scrolla le spalle. "Non noi."
Scende dalla moto per mettersi lui davanti, questa volta. "Noi andiamo in un posto."
"A trafugare cadaveri?"
Damiano scoppia a ridere, non so se della mia battuta o a mie spese.
"Quasi."
Riavvia il veicolo e segue un percorso che non conosco, attraverso strade sterrate e in salita. Non so cosa abbia in mente e, a quanto punto, non ho nemmeno più paura di scoprirlo.
Accostiamo un viale alberato, il primo sentiero finalmente illuminato da alcuni faretti. A guardare bene, sembra una proprietà privata.
Damiano spegne il fanale e procede lentamente, nel tentativo di limitare il rumore della moto.
Okay. È decisamente una proprietà privata.
"Dove stiamo andando?" bisbiglio, già in modalità cospirazione.
"Entriamo nel giardino della villa davanti a noi."
Oh-mio-Dio.
"Pure! Damiano, è assurdo! Sei da portare in giro legato!"
"Mmh, potrebbe piacermi."
Se sapessi che i miei pugni gli fanno un minimo male, gliene tirerei un altro.
Nascondiamo la moto dietro alcuni alberi e avanziamo verso un punto che lui sembra conoscere bene, raggiungendo la cassetta di un contatore. La apre senza difficolta e stacca alcuni fili.
"Ma cosa stai facendo!!"
Prende la mia mano e costeggia il muretto in mattoni per svariati metri. Infine, lo scavalca agilmente.
Mi stringo il ponte del naso tra indice e pollice e scuoto la testa.
"Dai, vieni!"
A questo punto è evidente che quella veramente sconsiderata sono io, visto che continuo ad assecondarlo.
Eseguo quest'ennesima richiesta e salto oltre il muretto.
Davanti a noi, si presenta una piccola, ma bellissima piscina in pietra da cui esce del vapore. Acqua termale.
I faretti che la circondano indicano che solitamente è illuminata, ma Damiano deve aver fatto saltare le luci.
Faccio appena in tempo a vedere che si sta spogliando quando si immerge dentro.
Porto una mano a coprirmi la bocca. Mi viene da ridere.
"Guarda che ci scoprono."
"Eva, smettila di preoccuparti di tutto. Chi se ne frega e vieni dentro."
Ora mi prendo tutto il viso con le mani e scuoto la testa.
Sono più sconsiderata io, l'ho detto.
Il livello dell'acqua è piuttosto basso, arriva appena ai fianchi di Damiano. C'è spazio per circa quattro persone.
Basta, non ci devo pensare.
Mi spoglio in fretta, avvertendo i i brividi del gelo e mi infilo in acqua. Il contrasto tra il freddo fuori e il caldo dentro è bellissimo.
Damiano mi osserva con un sorriso e mi invita a sedermi in mezzo alle sue gambe, così l'acqua mi copre fino alle spalle.
Mi appoggio contro il suo petto e mi lascio andare alle sue carezze delicate. Nello stesso momento, una pioggerellina sottile comincia a scendere dal cielo.
Damiano lascia scorrere la punta del suo naso sulla mia spalla. "Ti ricordi l'ultima volta che eravamo insieme sotto la pioggia?" mormora contro la pelle, facendomi venire la pelle d'oca.
La prima volta che siamo stati insieme.
"Certo." sussurro.
Sorride, perso nei ricordi.
"Ricordo anche che quella sera mi hai cantato una canzone." continuo.
Si ritrae leggermente, forse in imbarazzo. "Già."
"Mi era piaciuto molto."
"Sì?" chiede, poco convinto.
"Sì. Me ne canti un'altra?"
Rilascia un risolino che mi conferma un lieve imbarazzo, così insolito in lui.
Gli concedo qualche attimo per decidere, mentre mi lascio cullare dall'acqua e dal suo petto.
"But baby, can't you see..."
Mormora sorridendo.
"There's nothing else for me to do..."
Mi è familiare, ma non riesco a ricordare che canzone sia.
"I'm hopelessly devoted to you."
Sussurra ancora più piano.
"I'm hopelessly devoted to you..."
Grease! Mi metto a ridere, mentre comincia a drammatizzare i versi.
"My head is saying: Fool, forget him!
My heart is saying: Don't let go..."
Ora interpreta la parte della ragazza che si strugge per amore. Mi copro la bocca per non farmi sentire, ma non posso fare a meno di unirmi a lui.
"Hold on to the end, that's what I intend to do
I'm hopelessly devoted to you..."
Andiamo avanti insieme, con un tono fin troppo alto per due persone che si sono illegalmente introdotte nella piscina di qualcuno. La pioggia si fa leggermente più insistente, rendendo il tutto solo più memorabile.
Stringendomi a sé, nonostante la comicità del momento, Damiano mi osserva con una luce negli occhi che vorrei non si offuscasse mai.
Ora di nuovo piano, di nuovo vicino a me, sussurra:
"I'm hopelessly devoted to you."
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Lo so, lo so, sono di nuovo in ritardo con la pubblicazione.
Non è colpa mia! È che Damiano ha preso vita propria e, a questo giro, ha pensato bene di non rispettare minimamente la scaletta che avevo impostato.
Poi, che si mettesse a fornirci la sua personale versione della canzone di Olivia Newton-John in Grease proprio non è una cosa avevo premeditato... ma a questo punto della storia ormai lo conoscete: fa un po' ciò che gli pare.
Comunque, visti gli ultimi sviluppi, mi sento in dovere di rilanciare un hashtag che una lettrice gli ha giustamente rifilato: #SOOTTOOOONEEE
Ah! Questo è il capitolo più lungo pubblicato finora<3
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