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Capitolo 5

Stargirl Interlude - The Weeknd ft. Lana Del Rey
Canzone consigliata per questo capitolo

PdV: Eva

Entro nel bar che si trova a pochi metri dal lavoro per fare colazione.

Il locale non è particolarmente grande, ma è stato sistemato in modo tale da farci stare il maggior numero di studenti possibile. Ci sono tavoli di vari colori e dimensioni, molto ravvicinati tra loro. Mi accomodo davanti ad una grande finestra, la quale dà sulla piazza. Per fortuna, a quest'ora, c'è ancora poca gente.

Mi sono svegliata all'alba con il dolce suono delle fusa della mia piccola Nefertiti, che si è acciambellata sulla mia pancia. È una Sphynx di colore rosa chiaro e dagli occhioni blu. L'ho trovata nel cortile del mio condominio pochi anni fa, incinta di gattini meticci e abbandonata. Dopo svariate ricerche dei suoi padroni, l'ho adottata io e da allora siamo inseparabili. Stamattina le ho fatto un po' di coccole prima di lasciarla.

Sono emozionata. Non è mai facile tornare al lavoro dopo le vacanze estive, ma finisco sempre col non vedere l'ora di ricominciare.

Ho scelto di indossare una lunga gonna in seta color avorio, un maglione beige stretto in vita da una cintura, e un paio di Mary Jane nude. Ho lasciato i capelli leggermente ondulati e sciolti, un trucco naturale.

Forse avrei dovuto vestirmi in maniera più professionale? Sono rimasta indecisa per un po' davanti allo specchio a contemplare la mia figura. Alla fine, ho deciso di fregarmene.

Ora, comincia ad esserci un po' di gente che si affretta per le strade e la città prende vita. Osservo le persone passare, mentre sorseggio lentamente il mio cappuccino e penso alla giornata che verrà.

"Ti piace il panorama?"

Sussulto sulla sedia e mi cade qualche goccia della bevanda sulle mani. Mi affretto a prendere un fazzoletto, non vorrei macchiarmi i vestiti. Mi volto e vedo un ragazzo che si è seduto sulla sedia accanto alla mia, senza che me ne accorgessi.

"Ci conosciamo?" Gli chiedo, mentre aggrotto le sopracciglia, mi ha spaventata.

Sorride lentamente, mostrando una fila di denti bianchi e regolari, e piega leggermente la testa di lato. Ha due occhi verdi dal colore molto intenso, una massa di capelli corti, scuri e disordinati, la mascella affilata, un accenno di barba. È quasi interamente vestito di nero: una t-shirt con l'album di una band che non riesco a riconoscere, jeans e stivali interamente dello stesso colore, giacca in pelle e maniche tirate su, da dove spuntano tatuaggi che arrivano fino alle mani.

"Va bene." Mi risponde, prendendomi in giro, senza smettere di sorridere.

Deve avere qualche anno in meno di me, a occhio e croce forse 5, anche se dall'aspetto direi che vuole sembrare più grande, ma i tratti leggermente delicati lo tradiscono.

In un altro contesto riderei, ma ora ho ben altro per la testa. Quindi, gli sorrido gentilmente e torno a guardare fuori, è quasi ora di andarmene.

"Come ti chiami?" Mi chiede ancora, una sfumatura lievemente stupita nella voce, come se fosse sorpreso da qualcosa.

"Non lo sai che è maleducazione fare domande prima di presentarsi?" Rispondo con un'altra domanda, mentre inizio a mettere via le mie cose.

"Sono Damiano, piacere." Suona divertito, mi tende la mano.

Lo osservo, poi punto gli occhi nei suoi, quando gli dico: "Bene Damiano, tra le tante cose che mi danno fastidio c'è chi ci prova alle 7 di mattina." Mi alzo e prendo la borsa.

"Beh, allora meno male che sono quasi le 8." Il sorriso è sempre più ampio, mentre mi fissa dal basso, senza interrompere il contatto visivo.

Anche io gli sorrido, perché non voglio essere troppo scortese, d'altronde non è stato inopportuno. Esco dal locale subito, visto che per fortuna ho pagato quando ho ordinato e mi reco al lavoro.

//

PdV: Damiano

Il telefono ronza ininterrottamente da secoli, cazzo, ma chi è?

Me lo porto all'orecchio senza guardare il nome sul display: "Chi sei e che cazzo vuoi?" borbotto con la faccia contro il cuscino.

"Svegliati idiota, dobbiamo iniziare la missione." La voce di Francesco dall'altra parte mi riporta alla realtà.

Cristo, ma che ora è? Alzo finalmente la testa e guardo l'ora sul telefono: le 7.15. Quando è stata l'ultima volta che mi sono svegliato così presto? Che due coglioni.

"Troviamoci al bar tra 20 minuti. Muoviti." Neanche Fra dimostra la solita allegria.

Mi butto sotto la doccia, acqua ghiacciata. Mi è sempre piaciuto lavarmi con l'acqua fredda, mi rigenera. Indosso i soliti vestiti ed esco.

Sono andato a dormire qualcosa come tre ore fa, dover avere a che fare con altri esseri umani dopo una pausa così breve è davvero troppo per me.

In tempo record, sono in macchina che parcheggio vicino al bar della scuola. Francesco è già fuori che fuma, faccia scazzata che fa da specchio alla mia.

"Mi ricordi perché lo stiamo facendo?" Gli chiedo, mentre mi avvicino a lui.

"Perché altrimenti Pollo ci spezza le gambe."

Tiro fuori una sigaretta anche io, la nicotina pervade immediatamente le mie vie respiratorie.

"Io ho già mangiato, mi ero rotto i coglioni di aspettarti." Mi informa, mentre si siede ai tavolini fuori dall'ingresso.

In quell'istante, qualcosa cattura la mia attenzione. O meglio, qualcuno.

Seduta davanti alla finestra, vedo la ragazza che avevo notato diverse sera fa da Alfredo. Quella che volevo avvicinare, ma che se n'era andata prima che ne avessi il tempo.

Sta osservando fuori, mentre fa colazione, totalmente immersa nei suoi pensieri e quasi in posa, come se qualcuno la stesse fotografando o come se fosse in un quadro.

"Ooooh? Mi senti??" Mi chiede Fra con tono scocciato, aveva iniziato a parlare di qualcosa. "Terra chiama coglione."

Lo ignoro ed entro nel locale. Francesco mi guarda a bocca aperta e bofonchia un: "Bah, fanculo."

Quando entro, ne approfitto per osservarla di schiena. Sta leggermente curva, spalle chiuse, si muove poco e piano.

In quel momento, una cameriera molto giovane mi si avvicina per darmi il benvenuto e chiedere se mi voglia sedere. Mi guarda, leggermente rossa in faccia.

"Sono a posto, mi aspettavano." E indico con il mento nella direzione della ragazza. La cameriera se ne va, con un'aria delusa.

Mi incammino lentamente e mi siedo vicino a lei, ma è talmente assorta che nemmeno si accorge di me. Mi prendo del tempo prima di parlare, sarebbe divertente se si spaventasse.

E infatti si spaventa.

Spalanca gli occhi grandi, le sopracciglia alte, le labbra formano una seducente O. Guarda dritto negli occhi quando parla, tiene il mento in fuori, ha un'ombra di sorriso sempre presente.

E mi ignora.

Sembra immediatamente riprendersi dall'iniziale spavento, e pare che la mia presenza non le faccia il benché minimo effetto. Ha un tono di voce talmente basso che se non le stessi fissando le labbra, a malapena capirei cosa dice. Non che mi dica molto. E con la stessa leggerezza con cui è apparsa, se ne va.

Io resto lì seduto, a chiedermi chi sia e come mai non l'abbia mai vista prima. Deve essere di queste parti, se l'ho incontrata per due volte in questo buco di città.

Francesco mi spunta accanto e con lo stesso tono scazzato di prima, mi dice che dobbiamo andare a scuola. Mi riprendo dalla pausa nello spazio-tempo in cui ero finito e torno alla realtà.

Che palle.

Entriamo nell'edificio più brutto e anonimo della storia, pieno di studenti che si accalcano nel cortile e per i corridoi. Alcuni sono talmente giovani che sembrano dei bambini e mi fissano con gli occhi sbarrati, come se fossi l'uomo nero. Ah già, lo sono.

Per qualche motivo che non mi interessa conoscere, Fra sa quale sia la nostra classe. Si trova nell'ala nuova della scuola, vicino a quelli dell'ultimo anno. Quando entriamo nella nostra, ci sono già una quindicina di persone, tra cui Jessica che sta parlando con altre ragazze. Appena ci vede, ci saluta con la mano.

La ignoro completamente ancora incazzato con lei e vado a sedermi in fondo all'aula. Francesco mi segue poco dopo.

"Tu hai visto il ragazzino?" Mi chiede poi. Noto in questo momento che dovrei avere uno zaino o qualcosa del genere.

"Ho visto molti ragazzini." Metto la testa sul banco, magari posso già addormentarmi.

"Dico Brando o Bubu o come cazzo si chiama."

Ah già. Ecco cosa siamo venuti a fare. Che rottura di palle.

"No." Rispondo, mentre mi passo una mano sulla faccia e poi tra i capelli.

"Dopo lo dobbiamo cercare. Avremmo dovuto farlo già stamattina, ma a causa tua eravamo appena in orario."

"Già grazie che sia venuto." Dico con uno sbadiglio.

In quell'istante, la vedo entrare. Con la stessa aria calma di poco fa, cammina silenziosamente in classe, la cartella in una mano, il pc nell'altra. Bella, tranquilla, indisturbata.

Non posso credere di avere così tanta fortuna che sia una studentessa di questo stupido corso anche lei. E infatti non ce l'ho.

Tutti smettono di parlare e si vanno a sedere, mentre lei si dirige alla cattedra, dove posa pc e cartella, e si volta verso il gruppo per esclamare: "Buongiorno a tutti."

Merda.

//

Miao

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