Capitolo 42
More Than a Woman - Bee Gees
Canzone consigliata per questo capitolo
"Ahi!"
Un lamento strozzato mi fa aprire gli occhi. L'immagine delle lenzuola bianche illuminate dalla luce artificiale, però, mi costringe a richiuderli immediatamente. Sbatto le palpebre un paio di volte.
Eva non è qui.
Mi volto dalla parte opposta del letto per ritrovarla intenta a stringere a due mani l'alluce del piede, mentre saltella sul posto con l'altro, il viso contratto in una smorfia di dolore.
"Cosa stai facendo?" Biascico.
Si ferma per un momento senza smettere di tenersi il piede. "Scusa, non volevo svegliarti."
E prova a camminare zoppicando verso la cucina, da cui ritorna con quello che presumo sia ghiaccio avvolto nella carta. Si siede sul bordo del letto e lo appoggia sopra all'alluce già rosso e gonfio.
Mi viene da sorridere. "Hai sbattuto contro il mobile?"
"No, il mobile ha sbattuto contro di me." Borbotta in tono lamentoso.
Ridacchio. "Quanto sei imbranata."
Strabuzza gli occhi. Fingendo di sistemare il ghiaccio, ne tira fuori un cubetto e me lo lancia addosso.
"Ben svegliato anche a te." Ironizza.
Afferro il cubetto ridendo e mi sollevo per agguantarle la caviglia. Con uno strattone, la tiro verso di me. Eva si aggrappa alle lenzuola per non scivolare all'indietro. Quando il tallone raggiunge il mio petto, la guardo dritto negli occhi e vi deposito un bacio leggero.
La sua gamba si irrigidisce, mentre trattiene il respiro. Mi risponde con un sorriso timido.
Comincio a premere il cubetto sulla parte arrossata, registrando in questo momento il resto dei dettagli della camera. Le calze di Eva sono appoggiate sulla cassapanca al fondo del letto, accanto alla mia giacca e al coltello che ho lasciato dopo essere entrato qui. Osservo la finestra socchiusa, ormai rotta a causa del mio passaggio. Le persiane sono serrate per non lasciar entrare troppo freddo.
Infine, un borsone è lasciato aperto vicino all'armadio, al suo interno alcuni abiti.
Noto ora che Eva è vestita e truccata, pronta per uscire.
Questa volta sono io a irrigidirmi.
"Ho bisogno di un favore." Eva intuisce la direzione dei miei pensieri e mi precede.
Esito per qualche secondo. "Che favore?"
"Sto per andare a un corso di aggiornamento per la scuola. Starò via solo questa notte e tornerò domani prima di pranzo. Potresti tenere tu Nefertiti?"
"Certo. Nella camera d'hotel accanto alla tua."
Sbuffa. "Te lo sto chiedendo per non doverla portare con me. La lascerei a Sara, ma parteciperà anche lei, e visto che tu e Nef andate d'accordo, potreste stare qui insieme." Mi sorride sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia.
Non mi dispiace restare con Nefertiti, ma avrei preferito passare la notte con Eva.
Congiunge le mani davanti a quel meraviglioso seno. "Ti prego. E poi me lo devi dopo la scenata da coglione che hai fatto oggi al bar."
Sorrido. "Gli insulti sono un condimento della supplica?"
"Un rafforzativo. Tra l'altro, dobbiamo parlare di ciò che è successo oggi."
"Sì, dobbiamo parlare di ciò che è successo sul ripiano della tua cucina." Sorrido lascivo, immaginando il suo bel culo rosso e le cosce strette dalla cintura. Una scossa mi arriva dritta al cazzo nel ricordare che fino a poche ore fa ero dentro di lei.
Purtroppo però, so perfettamente che non si riferisce a questo, e sul resto non c'è un cazzo da dire. Con Alex, invece, è un altro paio di maniche. Di quelle di forza. Con lui me la vedrò più tardi.
Strattona via dalla mia presa il piede e si alza dal letto per terminare i preparativi. Sull'orologio a parete leggo l'ora: sono da poco passate le sei di sera. Fuori è già buio.
"Dai, vieni. Devo farti vedere tutto ciò che c'è da fare."
"È un gatto, Eva." Mi infilo solo un paio di pantaloni e la seguo in cucina. "Si guarda da solo."
"Nel caso non te ne fossi accorto, è un gatto di razza. Ha bisogno di cure particolari."
Alzo gli occhi al cielo, mentre lo spirito da maestrina rompicazzo prende il possesso di lei. Apre il frigorifero e tira fuori un generoso pezzo di salmone crudo.
"Nefertiti ha uno stomaco molto fragile, quindi mangia solo cibo di qualità preparato da me. Tu sai cucinare?"
No.
Mi appoggio contro l'isola. "Certo."
"Bene, allora basta che lo cuoci su una padella per pochi minuti..."
Eva comincia a elencare una serie di raccomandazioni inutili che a malapena registro, mentre osservo Nef dormire beatamente sul divano incurante dell'atteggiamento paranoico e apprensivo della padrona.
"... mi raccomando, Damiano, niente cibi raffinati o potrebbe..."
Le gratto una delle sue enormi orecchie, lei sbarra un occhione blu e lo rivolge verso di me, mostrando di non essere realmente addormentata.
"... oggi è il giorno del bagnetto per lei. Vieni di là, ti faccio vedere..."
"È sempre un gatto," la interrompo "non deve fare il bagno."
"Non lo vedi che è senza peli? Le mancano anche le ciglia e i peli delle orecchie, bisogna lavarle tutto altrimenti..."
Una rompicazzo. Un'attraente, irresistibile rompicazzo.
Prendo Nefertiti in braccio e la porto con me.
"Qui ci sono tutti i suoi prodotti specifici. Basta che riempi leggermente la vasca d'acqua, non troppa, deve poter toccare il fondo con le zampe. Non deve assolutamente prendere freddo. Stai attento perché all'inizio potrebbe fare un po' di storie..."
Nef osserva la vasca con indifferenza e torna a chiudere gli occhi.
È paranoica. L'ho detto.
"... Damiano? Mi stai ascoltando?"
No.
"Signorsì."
"Qui ci sono tutte le cose che ti serviranno, ti chiedo per favore di pulirle bene gli occhi e le orecchie per tutti i motivi che ti ho appena spiegato. Se poi vedi che non riesci, lascia perdere e domani ci penserò io, ok?"
"Comandi." Porto la mano alla testa, in segno militare.
"Visto che sarai qui con Nef, mi aspetto che stanotte tu non mi segua." Mi punzecchia.
Abbandono la posa e mi appoggio contro il muro. "Allora voglio il tuo numero."
Si ferma per pensarci, indecisa.
Le ho letteralmente scopato via l'anima poche ore fa, e ora è indecisa per il numero di telefono?
"D'accordo..." concede "ma puoi contattarmi solo per le emergenze, chiaro?"
Le sorrido senza rispondere.
Scuote piano la testa e va a recuperare le sue cose. Indossa stivali e cappotto ed è pronta per uscire.
"Fate i bravi." sussurra sulla testolina della gatta e le lascia un bacio.
Poi, si avvicina a me. "Soprattutto tu."
Mi osserva per un po', mordendosi il labbro inferiore, incerta se baciarmi oppure no.
La tolgo dall'impiccio avventandomi sulla sua bocca. Dolce. Morbida. Cerco la sua lingua.
Eva mi risponde con traporto, alzandosi sulle punte, afferrando i fianchi nudi. La sento rilassarsi, mentre le dita percorrono la mia pelle.
In mezzo a noi, Nefertiti emette un verso di fastidio sentendosi schiacciata dai nostri corpi.
Ridiamo entrambi, mentre Eva si allontana.
"Il mio numero è appeso al frigorifero. È solo per le emergenze." sottolinea quel solo "Ci vediamo domani." Infila la porta ed esce.
Prendo una birra dal frigo e vado a sedermi sul divano con Nefertiti ancora in braccio.
"Comincia la festa."
Mentre le gratto il mento, Nef abbassa le orecchie in segno di apprezzamento e comincia a fare rumorosamente le fusa. Con l'altra mano afferro il collo della bottiglia e la stappo con i molari. Ne prendo un lungo sorso.
"Tu lo sai come si prepara il salmone?"
Lei borbotta sommessamente.
"Già, neanche io."
Prendo un altro sorso di birra.
"Ma sì, che ci vuole. Eva ha solo detto di metterlo in padella, no?"
Sposto Nefertiti sul divano e mi alzo per prendere la porzione talmente generosa di salmone che immagino sia destinato a entrambi. Afferro la padella già adagiata sul piano cottura e apro l'involucro contenente il pesce. Poi, ce lo butto dentro.
È normale che la pelle resti sopra? O lo devo girare?
Dopo qualche attimo di indecisione, risolvo che è uguale. Accendo il fornello e lo lascio lì.
Nell'attesa, vado verso lo studio di Eva e cerco un nuovo libro da poter leggere. Possiede una raccolta davvero stupefacente. Questa resta indubbiamente la stanza che più preferisco. Dopo la camera da letto, ovviamente.
Comincio a sfogliare alcuni grandi classici, finché non afferro "1984" di Orwell, quello che mi ispira di più, e mi vado a sedere sulla poltrona in mezzo alla sala.
La lettura mi assorbe talmente tanto che non mi accorgo di Nef che zampetta fin da me miagolando ininterrottamente.
Le sfioro il muso. "Che c'è?"
Sollevo lo sguardo verso la porta e vedo una pesante nuvola di fumo invadere l'ambiente.
"Cazzo! Il salmone!"
Corro in cucina a spegnere il fuoco, tentando di diradare il fumo con le braccia, senza successo.
La pentola sembra essersi fusa e ciò che c'è al suo interno è un ammasso scuro e puzzolente di bruciato. Apro tutte le finestre e la porta d'ingresso per lasciar uscire il casino che ho combinato.
Trasporto il fu Salmone dentro ad un piatto, per cercare di recuperare il recuperabile. Gratto via parte della bruciatura, finché non esce fuori un po' del suo colore originario.
Cazzo, posso darle da mangiare questa roba?
Per un attimo sono tentato di chiamare Eva per chiederle cosa fare. Cristo, non posso. Le ho detto che sapevo cucinare. E poi capirebbe che non ho ascoltato una parola di quello che ha detto.
Inaspettatamente, sento il telefono ronzare. Spero sia lei, spero sia lei...
Francesco.
Alzo gli occhi al cielo e apro la chiamata. Il rumore della musica alta e di tante voci che parlano insieme mi investe.
"Oh."
"Bella bro, che fai?"
Magari lui sa come si cucina un cazzo di salmone.
"Mi sto occupando di una gattina."
Ride. "Zozzone che non sei altro! E chi sarebbe questa gattina, eh?!"
"Senti, tu sai come si cucina il salmone dopo averlo bruciato?"
"Che??" urla.
"O come si fa a far uscire il fumo da una casa?"
"Oh, ma che cazzo stai dicendo?!"
"Niente, lascia perdere." E stacco la chiamata.
Inutile come sempre.
Taglio un pezzo del pesce e lo infilo dentro alla ciotola di Nefertiti che finora mi ha osservato restando composta vicino ai miei piedi. La avvicino al suo muso. Di tutta risposta, lei non si degna nemmeno di guardarla.
La afferro e gliela metto sotto al naso. "Dai su, è buono."
Lei annusa e gira il muso dall'altra parte come a dire che non ha nessuna intenzione di assaggiare questa robaccia.
Sbuffo. "Figurati, non può essere così male. È che Eva ti vizia."
Prendo una forchettata dal piatto. Ammetto che è un po' duro da tagliare.
Me lo infilo in bocca. Un sapore disgustoso a metà tra cibo avariato e una suola delle scarpe mi invade il palato. Lo sputo fuori.
"Cazzo, che schifo!"
Okay, ho fatto un casino. E ora?
Riapro il frigo per capire se c'è altro che possa darle, ma nonostante sia pieno di roba mi ricordo di un dettaglio importante: non so cucinare un cazzo di niente.
E se le dessi solo del latte? I gatti adorano il latte, giusto?
Prendo la confezione dentro allo scompartimento, ma ci trovo appiccicato un post-it.
SOLO PER UMANI.
NON OSARE DARLO A NEFERTITI.
Mi esce un verso di sdegno.
Saputella, rompi cazzo.
"Okay senti, esco a comprare qualcosa, va bene? Aspettami qui."
Mi vesto in fretta e rifletto sul fatto di lasciare la porta aperta. Eva ha detto qualcosa a riguardo?
Sbuffo. Lei e le sue indicazioni.
Forse ha detto che Nef non deve prendere freddo? E che faccio, la chiudo dentro con la casa piena di fumo?
Che palle.
Accosto le finestre senza chiuderle del tutto e butto una coperta addosso a Nef.
"Non ti muovere. Arrivo subito."
Mi affretto verso l'uscita fino ad arrivare in strada, passando verso vie con negozi di alimentari ormai chiusi. Li supero per raggiungere alcuni ristoranti che stanno prendendo servizio, finché non mi trovo davanti quello cinese.
Qui sicuro ne fanno di salmone.
Sì, ma come cazzo lo fanno? Andrà bene fritto?
Forse no.
Forse hanno dell'altro...
Ma come glielo spiego che è per il gatto?!
Lasciamo perdere va.
Passo oltre, tra hamburgerie, pizzerie e ristoranti tipici.
E poi, un'illuminazione. Di fronte a me, una gastronomia ancora aperta. Corro verso di loro, notando che sta chiudendo in questo esatto momento.
"Avete del salmone?" Chiedo senza salutare.
"Buonasera, siamo in chiusura..." Devo avere un aspetto davvero disperato perché il signore dietro al banco ritratta subito. "... magari qualcosa mi è avanzato."
Tira fuori un trancio cotto, blaterando qualcosa sul vapore.
"Grazie, ma di vapore ne ho già abbastanza a casa."
Pago e percorro rapidamente la strada a ritroso. Ora anche a me è venuta una certa fame.
Al mio ingresso, il fumo e la puzza sono leggermente diminuiti, ma ancora molto invadenti. Camminando verso l'isola, pesto qualcosa di appiccicoso. La ciotola di Nef è capovolta e il salmone bruciato è sparpagliato per tutta la stanza. Uno dei tanti pezzi è diventato una poltiglia sotto la suola della mia scarpa.
Mi prendo il ponte del naso tra indice e pollice e chiudo gli occhi. Sono da solo con Nefertiti da poco più di due ore e ho bruciato la cena, fuso una padella, riempito di fumo la casa e il pavimento è uno schifo. Ci manca solo che le ammazzo il gatto.
Nefertiti sbuca miagolando e mi osserva con le pupille dilatate.
"È inutile che fai quella faccia, guarda che casino che hai combinato."
Risponde con le fusa.
"Vieni a mangiare, ruffiana."
Taglio un pezzo di pesce per lei e uno per me, mettendo il tutto su due piatti che poso sul tavolo della cucina. Prendo ancora della verdura dal frigo e le posate.
Quando mi giro, Nef è seduta sulla sedia davanti al suo piattino. Mi siedo accanto a lei.
"Eva ti fa mangiare al tavolo di solito?"
Di tutta risposta, comincia ad addentare il salmone. Lo prendo per un sì. Scrollo le spalle e ceno insieme a lei, consumando del cibo non solo commestibile, ma anche buono.
Spazzoliamo via tutto in due minuti e mezzo netti. Pensare che ci ho messo più di due ore a metterlo insieme...
"Va bene signorina, ora è il momento del bagno."
Lascio tutto apparecchiato ancora sul tavolo e vado a riempire la vasca. Non ho la minima idea di cosa dovrei mettere dentro all'acqua, quindi apro l'armadietto che mi ha indicato Eva. Al suo interno trovo dei prodotti da gatto che, a occhio e croce, saranno circa cinquantasette diversi.
Mi sbatto una mano sulla faccia.
"Ora mi sono rotto il cazzo."
Ne prendo un paio a caso e verso parte del liquido in acqua.
"Nef, vieni qui." La chiamo ad alta voce.
Quando torno in cucina, non la trovo più al tavolo. La cerco sotto alle sedie e sul divano, sollevo le coperte, niente. Giro per tutto l'ambiente principale senza trovarla da nessuna parte. Mi dirigo nello studio di Eva, ma eccetto per la libreria, la scrivania e la poltrona, la sala è spoglia. Non può nascondersi qui.
"Nefe? Dove sei?"
Vado in camera da letto, scosto le coperte, sollevo la cassapanca, apro l'armadio, niente. Guardo il mobile da trucco di Eva e, attraverso lo specchio, intercetto il riflesso di due faretti che si spengono con la stessa velocità con cui si sono aperti.
Nascosta tra l'appendiabiti e il peluche fermaporta, c'è una pallina rosa raggomitolata su se stessa per non farsi notare. Tra il nervosismo e il fastidio, mi scappa una mezza risata.
Fingo di non averla vista per non farla scappare e, quando sono vicino, la acchiappo al volo. Di tutta risposta, si mette a miagolare e soffiare affannosamente.
"Calmati, ti porto solo a fare il bagno."
Manco la stessi strozzando, sferra gli artigli e me li pianta sul braccio.
Non so se lancio più maledizioni a lei o a Eva per avermi rifilato questa situazione, ma sta di fatto che tutto il mio braccio destro riceve tre strisce rosse abbastanza profonde da sentirle bruciare.
"Di solito non è così che mi piace essere graffiato."
Non appena vede l'acqua, Nefertiti si aggrappa con tutte le zampe, unghie annesse, alla mia spalla, facendo a brandelli la maglietta.
"Eva, ti giuro che questa me la paghi." Borbotto tra me e me.
Me la stacco di dosso non senza poca difficoltà e la infilo in acqua. Lei si dimena come una bestia assatanata, schizzando dappertutto e lasciandomi una serie infinita di incisioni sulle braccia.
"Anche secondo me i gatti si lavano da soli, ma che cazzo ti devo dire."
Prendo una spugnetta e mi metto a lavarle la testa, mentre lei continua a soffiare incazzata come una biscia.
Dopo qualche minuto, finalmente si accorge che tocca il fondo della vasca con le zampe e si calma un po' alla volta.
Tiro un sospiro di sollievo e la lavo con più facilità. In realtà, non so che cazzo sto facendo. Le passo solo sta benedetta spugna dove riesco, occhi e orecchie incluse. Se lo sto facendo bene, non lo so e non me ne frega un cazzo.
"Ho un po' di cose da dire alla tua padroncina."
Nefertiti nel frattempo si è tranquillizzata e si lascia lavare con l'aspetto imperturbabile e altezzoso di sempre.
Quando mi sono rotto le palle, prendo un asciugamano e la tiro su, sfregandola nel tentativo di scaldarla.
"Ma se il bagno lo fai spesso, mi spieghi perché hai dovuto fare tutte quelle scene?"
Parlo alla gatta come se potesse rispondermi. Poi, la adagio sul letto e mi ci stendo sopra anche io, la faccia schiacciata contro il materasso.
Esausto. Mi sento esausto.
È proprio il caso di chiamare Eva.
//
I'm baaaaack.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro