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Capitolo 38

TW:
- menzione a temi sensibili, quali violenza, abbandono, uso di sostanze stupefacenti, atti illeciti che coinvolgono minori.

Se non ti senti a tuo agio con questo tipo di narrazione, salta l'ultima parte del capitolo e prenditi cura di te<3

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Intro - The XX
Canzone consigliata per questo capitolo

Dita.

Polpastrelli che risalgono delicatamente il mio braccio, su, fino a raggiungere la spalla, disegnano un piccolo cerchio e poi riprendono il percorso, giù, attraverso le scapole, la colonna vertebrale, il fianco.

Apro gli occhi verso le prime, deboli luci dell'alba che filtrano attraverso la finestra, le persiane dimenticate aperte dalla sera precedente. Dietro di me, avverto la presenza del corpo di Eva.

Giro lentamente la testa verso di lei che nasconde rapida la mano, portandosela sotto al mento.

Mi viene da sorridere.

"Buongiorno." Mormoro.

Eva sembra diventare improvvisamente timida e si allontana di qualche centimetro da me, ampliando la distanza tra i nostri corpi.

"Buongiorno." Bofonchia.

L'ultima volta che ci siamo svegliati insieme stavamo per cominciare una di quelle scopate epiche da memoriale, se non fosse stato per quel coglione di Francesco. E la sera, quando sono tornato da lei, mi ha praticamente mandato a fanculo.

Chissà questa mattina cosa ha in serbo per me.

Rimuovo il cuscino che si è interposto tra noi e mi avvicino a lei, cercando di colmare la piccola distanza che si è creata. Di tutta risposta, Eva indietreggia ancora un po'.

Ottimo. E adesso che cazzo c'ha?

"Vieni qui."

Si morde dolcemente il labbro inferiore, tentando di reprimere un piccolo sorriso.

"Vieni tu."

Sbatte ripetutamente le lunghe ciglia, in modo provocante, e allarga il sorriso.

Mi sollevo sui gomiti per raggiungerla e tendere un braccio a toccare il suo corpo.

Lei arretra bruscamente per evitare di essere afferrata, finché non la vedo strabuzzare gli occhi, mentre la testa e il corpo scivolano all'indietro portando con loro il lenzuolo, le gambe sollevate per aria, finisce per sbattere col culo per terra.

"Porca puttana!" Scoppio a ridere premendo il volto contro il piumino.

"Ahia..."

Si alza borbottando e massaggiandosi la testa, il lenzuolo a coprirle il corpo, e si sdraia di nuovo sul letto.

"Addirittura?" continuo a ridere "Pur di non starmi vicina?"

Eva prende il cuscino e lo schiaccia sul viso per nascondersi. "Volevo fare quella provocante." Borbotta in tono lamentoso.

Mi metto a ridere più forte.

"Che figura di merda."

Senza smettere di ridere, la afferro per la vita e la attiro verso di me. Lei rotola su un fianco, continuando a nascondersi.

"Quando ti ho conosciuta non sembravi così imbranata."

Con uno scatto, sbatte via il cuscino e mi fissa a bocca aperta. "Cosa mi hai detto?" Sibila.

È davvero buffa.

"Com'è sconveniente trovarmi a casa di tuo padre," scimmiotto la sua espressione di ieri, quando eravamo soli in salotto, "sembra che mi piacciano le cose sconvenienti."

Si butta nuovamente contro il cuscino, scuotendo la testa e bofonchiando parole sconnesse. Di contro, io non riesco a smettere di ridere di lei.

Le bacio il collo, la spalla nuda, inspiro il suo profumo.

"Sei provocante anche da imbranata."

Non si volta, ma la sento sorridere.

"Sono stati solo un paio di incidenti." Brontola.

"Aha. Vogliamo parlare delle scuse accampate solo per parlarmi?"

Questa volta si gira, le sopracciglia sollevate, gli occhi semichiusi, in segno di spregio. "Cos'è, te le segni sul bloc-notes?"

Scoppio a ridere di nuovo, sorprendendomi a cercare un ricordo in cui io mi sia svegliato sentendomi così bene.

La stringo un po' più forte, il naso premuto tra i suoi capelli, le gambe intrecciante. Eva accarezza le mie braccia, nonostante faccia la finta sostenuta.

"Preparo un bagno." Sussurra dopo pochi minuti.

Le bacio la schiena prima di lasciarla andare. "Okay."

Si alza dal letto continuando a stringere il lenzuolo intorno al corpo per coprirsi. Facendo attenzione a non farmi notare, ne afferro un lembo e, quando si muove in direzione del bagno, lo tiro via con forza, lasciandola nuda.

Eva emette un verso scandalizzato.

"Non so se te ne sei accorta," le accarezzo ogni lembo di pelle con gli occhi, "ma ieri avevo la testa precisamente in mezzo alle tue gambe. E non c'era un lenzuolo a dividerci."

Si copre il viso con le mani. "Oh mio dio..."

"Certo," riprendo a ridere di gusto, "se non te ne fossi accorta, sarebbe un bel problema per me."

"Sai che c'è? Il bagno te lo fai da solo." Così dicendo, se ne va chiudendosi in fretta la porta alle spalle.

Resto ancora qualche minuto nel letto, mentre sento l'acqua scorrere, a fissare nella mente questo spazio di tempo. Con la paura che tutto possa essere stravolto da un momento all'altro, cerco di imprimere il riflesso della luce del mattino che proietta giochi di ombre sul muro. La sensazione delle coperte di Eva a contatto con la mia pelle. Il loro profumo, che è il suo profumo. I nostri vestiti sparsi ovunque. Nefertiti sdraiata per terra, accanto alla porta, silenziosa giudice e ascoltatrice del sesso di stanotte, delle risate di stamattina.

Mi ci vuole parecchia forza per riuscire ad alzarmi.

Quando apro la porta del bagno, Eva è seduta sul bordo della vasca a controllare la temperatura dell'acqua. Mi sorride con quegli occhioni da cerbiatta e versa un po' di bagnoschiuma.

Afferro il suo spazzolino e comincio a lavarmi i denti.

"Prego, fai pure." Ironizza.

"L'ho usato tutte le volte che ho dormito con te." Biascico con il dentifricio in bocca.

Ridacchia scuotendo la testa. Osservo il suo riflesso nello specchio, mentre mi squadra da capo a piedi.

Quando ho finito di sciacquare anche il viso, le prendo la mano ed entro nella vasca, attirandola in mezzo alle mie gambe, la sua schiena appoggiata al mio petto. Avvolta tra le mie braccia, riprendo a baciarle il collo. Eva si abbandona completamente contro di me, chiudendo gli occhi.

"Allora?" Si volta dolcemente, "Me lo dici che ci facevi a casa di mio padre?"

Mi guarda a lungo negli occhi, i nostri nasi che si sfiorano, prima di rispondere.

"Volevo sentirmi di nuovo vicina a te. Mi sei mancato tanto." mi accarezza il petto e ci appoggia la testa, "Giuro che non mi sono scassata la macchina da sola, è stato un caso che fossi nei paraggi dell'officina di tuo padre. Quando l'ho visto, ti ho riconosciuto subito in lui."

Eva solleva il capo, probabilmente accorgendosi della tensione che hanno scaturito le sue ultime parole.

Addolcisce la voce. "Credo che inconsciamente sperassi di vederti, nonostante negli ultimi tempi tu sia stato piuttosto stronzo." Mi sorride.

Non appena mi concentro sul suo viso, sui suoi occhi, mi sento di nuovo rilassato.

Eva appoggia la testa sulla mia spalla questa volta, le labbra a contatto col mio collo.

"Anche tu mi sei mancata." Mormoro.

Percorro il suo corpo con la punta delle dita, la stringo a me. "Sono perso senza di te."

Nello stesso momento in cui si solleva per venirmi incontro, mi abbasso per raggiungere la sua posizione, e le nostre labbra si toccano, per la prima volta oggi. Si assaggiano a vicenda, le lingue che si scontrano fameliche, i nostri ansimi che scappano tra un sospiro e l'altro, le mani che corrono dappertutto.

Non sono ancora abituato alle sensazioni che mi procurano i nostri baci, come di un qualcosa che si agita nello stomaco. Ci stacchiamo senza essere completamente sazi.

"Dami?"

Sorrido. Credo che sia l'unica ad abbreviare il mio nome così. Per tutti gli altri al massimo è Dam.

"Posso chiederti una cosa?"

Le prendo il mento tra indice e pollice. "Dimmi."

Si morde il labbro inferiore ed esita un attimo prima di parlare. "Come mai non vai d'accordo con tuo padre?"

Qualsiasi sia l'espressione che io abbia rimandato, si affretta subito ad aggiungere: "Solo se ti va di parlarne, naturalmente. Non sei costretto a dirmelo."

Sospiro pesantemente, riversando la testa all'indietro e guardando il soffitto. "È complicato."

"Lo è sempre." Bisbiglia, depositandomi un piccolo bacio sulle labbra. "Le cose che ci fanno male possiamo sussurrarle."

Osservo la ragazza per cui mi sono totalmente fottuto il cervello, il suo sguardo da bambina, pieno di speranza. E risolvo di potermi fidare.

"Non è sempre stato la larva d'uomo che vedi adesso." mi passo una mano sugli occhi, "No aspetta, forse una volta era ancora più larva di ora.

Per farla breve, mia madre e mio padre si sono conosciuti in un centro di recupero, di quelli che servono solo per fare altri affari sottobanco. Da cosa so, lei era stata costretta a iscriversi dai suoi genitori, e lui le vendeva la roba. Insomma, erano la coppia dell'anno.

Sono andati a vivere insieme, se stare per le strade o in case abusive può definirsi vivere insieme. Lei è rimasta incinta dopo pochi mesi, ma ha continuato a farsi anche durante la gravidanza."

Faccio una breve pausa, in cui sospiro e mi siedo meglio.

"Dev'essere stata una gravidanza complessa e un parto anche peggiore. Sono nato prematuramente, ci sono state delle complicanze a causa degli effetti delle droghe e, a quanto pare, ero un neonato facilmente irritabile. Direi che la cosa con gli anni non è migliorata.

Mia madre non era particolarmente tollerante, a meno che non fosse fatta assieme a mio padre. In tal caso, erano completamente andati entrambi.

A volte mi chiudeva nello sgabuzzino per giornate intere, senza passarmi nemmeno un bicchiere d'acqua. Altre volte, mi legava al lettino con una calza in bocca per non sentire le mie urla o i miei pianti.

Uno degli ultimi ricordi che ho di lei è quello delle sue mani premute con forza sopra al cuscino con cui ha tentato di soffocarmi.

Ovviamente ho sempre pensato che fosse colpa mia se era sempre incazzata, se non mi guardava nemmeno per sbaglio, nemmeno per assicurarsi di prendere la mira quando mi lanciava addosso piatti, coltelli.

Potevo essere il bambino più docile e silenzioso del mondo, ma il vero problema era, molto semplicemente, il fatto che esistessi."

Mi sfrego il viso, gli occhi ancora rivolti al soffitto.

"Mi chiedi di mio padre? Beh, non ha mai fatto un cazzo, era ancora più fuso di lei. Pensare che è stata sua l'idea di tenermi, credeva che avrebbero cambiato vita avendo un figlio.

La lasciava fare il cazzo che voleva con me, finché non se ne è andata, mollandoci entrambi. Lui è caduto in depressione, ha perso i pochi lavori saltuari che faceva, e si è totalmente dimenticato di me, quindi ho dovuto imparare in fretta a cavarmela da solo. È così che ho conosciuto Fra e gli altri.

Alcuni anni fa si è rimesso in piedi, ha smesso definitivamente con le droghe e ha aperto l'officina, ma fino ad allora io sono stato praticamente sempre per le strade, a rubare per fame, vandalizzare per rabbia e, pochi anni dopo, a spacciare per soldi."

Abbasso finalmente gli occhi su Eva, trovando i suoi sbarrati per la compassione. Compassione che, onestamente, mi dà un certo fastidio.

"Non mi serve la tua pietà, Eva." Dico fin troppo duramente.

I tratti del suo viso si piegano all'ingiù. "Non è pietà, Dami." Il suo mento si muove ritmicamente, quasi a trattenere un pianto. "Ti sto ascoltando. E sono qui per te."

Abbasso completamente le mie difese, mentre cerco le sue labbra, le sue braccia, il suo corpo, per perdermi completamente nel loro calore.

Il resto della mia vita è ancora più incasinato del suo esordio, ma non c'è bisogno che lei lo sappia. Mi fermo qui, non voglio sconvolgerla oltre, dirle le schifezze che ho dovuto fare per restare a galla.

Voglio proteggerla da tutto. Anche da me, quando ce ne sarà bisogno.

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Un inizio leggero, un finale pesante.

Io faccio ancora il tifo per loro. Spero anche voi<3

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