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Capitolo 32

TW:
- menzione ad attività sessuali

Tender - Blur
Canzone consigliata per questo capitolo

PdV: Eva

Con gli occhi ancora semi chiusi,  avverto due braccia forti strette intorno a me. Immersi nel buio della camera e accoccolati sotto alle coperte, Damiano si muove pigramente contro la mia schiena, facendomi intuire che si è appena svegliato.

Stanotte ha guidato per ore fino a raggiungere casa mia. Mi ha mostrato come intrufolarsi dentro senza usare le chiavi, dal momento che sono rimaste alla residenza dei miei genitori, insieme a tutte le mie cose.

È stato inquietante constatare quanto fosse facile entrare senza essere notati. Inoltra, a causa sua, ormai i serramenti sono del tutto scassati.

A pensarci mi viene quasi da ridere. Se non fosse che d'ora in poi avrò più paura che mai dei ladri.

Damiano seppellisce la testa ancora più a fondo dentro al mio collo, inspirando profondamente. È diventato un gesto talmente familiare che non posso fare a meno di allungarmi leggermente, per consentirgli un maggiore accesso. Percepisco la piega della sua bocca distendersi.

Il primo bacio mi fa richiudere gli occhi.

Il secondo, accorciare il respiro.

Faccio scivolare le dita lungo le sue braccia, la presa ancora salda intorno a me. Una mano si muove lenta verso il mio seno, lo massaggia. L'altra scende giù, cerca l'elastico dei pantaloni. La sua bocca continua l'assalto al mio collo.

E poi, un ronzio mi fa sussultare. È un telefono che vibra.

Non può essere il mio, perché l'ho lasciato alla festa.

Damiano si ferma per un momento, intuendo che si tratti del suo. Ma sembra risolvere in fretta di volerlo ignorare. Dopo poco, la chiamata si interrompe.

Lui riprende la sua avanzata entrando dentro ai pantaloni. Io mi spingo ancora di più verso il suo petto, le gambe intrecciante, la sua erezione già evidente che preme contro di me.

Il respiro comincia a farmisi pesante, mentre lo sento mordermi dolcemente la spalla.

E il telefono riprende nuovamente a ronzare.

Damiano emetto un verso a metà tra uno sbuffo e un ringhio. Prova a ignorarlo anche questa volta, ma la vibrazione si fa sempre più insistente.

Si stacca rapidamente da me, procurandomi un gemito di protesta. Allunga un braccio verso i suoi pantaloni stesi a terra ed estrae il telefono dalla tasca. Senza nemmeno guardare il mittente, lo scaraventa fuori dalla porta.

Ma...

Come se niente fosse, torna su di me, baciando e succhiando con maggiore avidità. Si infila in mezzo alle mie gambe.

Distendo le braccia lungo il suo petto già nudo, le faccio scorrere dietro alla schiena. Avverto la sensazione della pelle, liscia in alcuni punti, percorsa da ferite in altri. Mi muovo con delicatezza, non voglio fargli male.

Per una maledetta coincidenza astrale, il telefono deve aver raggiunto la ciotola in legno composto da piccole biglie, posto sopra al mobile della tv, perché la vibrazione che si sente ora arriva ancora più forte che se fosse rimasto in camera.

Damiano appoggia la testa sul mio seno, scuotendola esasperato. Gli accarezzo i capelli, mentre un piccolo sorriso divertito mi spunta sulle labbra.

Si solleva controvoglia dal letto e va a pescare l'oggetto della nostra frustrazione in salotto.

"Fra, ti giuro che se non stai per morire, ti ammazzo io."

Ridacchio contro al cuscino, ancora annebbiata dal sonno e da cosa stava per succedere. Il suo odore già impresso tra le lenzuola. Mi premo ulteriormente contro di loro.

Lo sento staccare la chiamata con un sospiro di fastidio e attendere qualche secondo prima di raggiungermi.

Per la prima volta, le sue fughe misteriose mi procurano una sensazione spiacevole in fondo allo stomaco. Una sensazione che non saprei definire. Inquietudine, forse. Ansia.

Mi alzo e vado ad aprire le persiane. La luce del giorno mi investe gli occhi costringendomi a strizzarli per riuscire a vedere. Non credevo che fosse così tardi.

Damiano mi osserva appoggiato allo stipite della porta.

"Devo andare." Una piccola esitazione nella voce.

La sensazione si espande.

Deglutisco, prima di tirare fuori il mio solito sorriso, quello di sempre. "Okay."

Si passa una mano tra i capelli. Addosso solo i boxer, e un telefono spaccato in talmente tanti punti che mi stupisce riesca a emettere un ronzio tanto potente.

È talmente bello da farmi seccare la bocca.

Si riveste con una lentezza decisamente in contrasto con l'urgenza della chiamata.

"Ci vediamo stasera." Gli esce quasi come una domanda, anche se so che non voleva porla come tale.

Comincio a sentirmi improvvisamente a disagio. "Va bene."

Quando è pronto, mi si avvicina e osserva per alcuni istanti senza dire niente. Infine, mi lascia un bacio leggero sulla guancia. Qualsiasi sia il miscuglio di sentimenti che si agita nel mio stomaco, ora è stretto in una morsa.

"Ciao Eva."

Quando se ne va, lascio andare il respiro che non mi ero accorta stessi trattenendo.

Ma che cavolo mi prende?

Mi infilo sotto alla doccia e chiudo gli occhi, sentendo l'acqua bollente scorrermi addosso e confortarmi dal casino che mi sta crescendo in testa.

La notte è fatta per fare ciò che non oseresti fare di giorno.

E ora, che è giorno, non posso credere di essere andata a letto con Damiano e che stessi per rifarlo solo pochi minuti fa. Ma cosa mi sta succedendo?

La sensazione di disagio che ha cominciato a farsi spazio dentro di me dopo la telefonata non fa che aumentare. Per ciò che è successo, per averlo permesso. Per il fatto che se ne sia andato e non so nemmeno dove.

Okay, devo mantenere la calma.

Esco dalla doccia e mi preparo per andare da Sara. Non posso chiamare per avvertirla, ma sa che oggi sarei tornata a casa mia e che sarei passata a riprendere Nefertiti. Una volta da lei, potrò chiederle il doppione delle mie chiavi che le ho lasciato per sicurezza e, con non so ancora quale coraggio, telefonare a mio padre nella speranza che spedisca qui le mie cose.

Quando sono pronta, esco di casa e salgo in macchina per raggiungere il suo appartamento. Durante il tragitto, continui flash della scorsa notte mi passano davanti agli occhi.

Sono ancora sbalordita dal fatto che Damiano abbia guidato fino alla festa organizzata dai miei genitori e mi abbia salvata da una serata orribile. Una serata che sarebbe stata solo l'epilogo di quattro giorno infernali, di costanti critiche e umiliazioni da parte di mia madre.

Mia madre, che mi avrebbe buttata tra gli artigli di Andrea nonostante ciò che mi ha fatto, mi avrebbe usata come merce di scambio, come un fastidio da togliersi dai piedi.

Damiano mi ha aiutata, mi ha protetta più di quanto non abbiano mai fatto loro.

E la canzone, il ballo, il nostro bacio... Scuoto la testa, mentre piccoli brividi iniziano a percorrermi il corpo.

Il fatto è che sono stata incredibilmente bene con lui, come non sono mai stata con nessuno prima d'ora. Eppure, mi sento così in colpa, così sporca. Sento di star facendo la cosa sbagliata, di essere andata contro tutti i miei principi.

Un macigno si deposita all'altezza del mio cuore e scende fino a schiacciarmi il grembo.

Parcheggio sotto casa di Sara e suono il campanello. Quando apre il portone, salgo freneticamente le scale del palazzo, ho assolutamente bisogno di confidarmi con lei. Quando la trovo ferma sull'uscio, mi accorgo di essermi messa a correre.

"Ciao Eva! Non ti aspettavo così pr..."

"Sono andata a letto con Damiano."

Okay. Forse potevo aspettare prima di urlarlo nel corridoio.

Sara sbatte le ciglia un paio di volte. "Cosa?"

"Cosa?" Mi mordo il labbro superiore e aggrotto le sopracciglia.

"No, tu cosa!"

"Io cosa?"

"Entra subito dentro!" Mi tira per la mano e richiude pesantemente la porta.

"Hai fatto sesso con Damiano?!" Ripete.

Nefertiti mi viene incontro e miagola ai miei piedi, facendomi gli occhi dolci. La prendo in braccio e le do un bacio sulla testolina senza peli. Lei risponde con le fusa.

"Anche tu mi sei mancata." La mia amorevole quanto altezzosa gattina.

Giro lo sguardo verso Sara che mi osserva ancora allibita. Andiamo in salotto, dove mi butto pesantemente a sedere e mi premo un cuscino sulla faccia, Nefertiti comodamente acciambellata sulle mie cosce.

"Stanotte." Rispondo con voce soffocata, e le racconto brevemente quanto successo, l'eccitazione ormai totalmente oppressa dalla vergogna.

"Oh mio Dio..." Sussurra Sara.

"Già."

"Pure tu sei riuscita a scopare e io no..."

Che?!

"Ma Sara!"

"Scusa, scusa. Sono in astinenza e, se pure tu che fai la vita da suora monaca riesci ad andare a letto con qualcuno, non mi resta che suicidarmi."

Scoppio a ridere, di una risata improvvisa, rilasciando la tensione che ho accumulato finora. "Sei una cretina! È tutto ciò che hai da dire dopo quanto ti ho raccontato?!"

"No, ne ho molte altre. Prima tra tutte, brindiamo. A te che hai finalmente perso la tua seconda verginità! La quale, per la cronaca, si era ripristinata vista la vita da sfigata che conduci."

Ah, l'amicizia.

"Sara! Mi sono appena svegliata! Non ho ancora mangiato niente e poi ti sembra l'ora?!"

Fa un gesto di stizza con la mano. "Lo sai come si dice: è l'ora dell'aperitivo da qualche parte nel mondo. Ci uniamo a loro, forza."

Senza accogliere nessuna delle mie proteste, stappa una bottiglia di vino bianco e mi porge il calice. Poi, fa tintinnare i nostri bicchieri.

"Sara, ho fatto una cazzata."

"Non cominciare."

"Dico davvero. Mi sento malissimo."

Scuote la testa in segno di disaccordo. "Tu pensi troppo. Passi un sacco di tempo a rimuginare sulle conseguenze e non riesci a goderti cosa ti succede nel presente."

"Qualcuno ci deve pur pensare alle conseguenze! E poi non è che parliamo di una sbandata qualunque. Dio, se venisse fuori a scuola..."

"Una sbandata che farebbe arrivare lui fino in capo al mondo per te." La mia amica mi guarda con la sua solita aria maliziosa, unita all'affetto sincero di una vita condivisa insieme.

"Eva, fai sempre sembrare le cose più gravi di quelle che sono. Damiano è un adulto e tu sei una donna libera, ma che ti frega del resto?" Prende un sorso del suo vino. "Sappiamo che ci sono professori schifosi che fanno cose schifose, sotto gli occhi di tutti e restando impuniti. Quindi, finché non corrompi Damiano in cambio di prestazioni sessuali, puoi star fresca."

"La fai sempre facile tu..."

"Sei tu che le fai troppo difficile. E poi pensa all'eccitazione della scoperta." Alza le sopracciglia in segno eloquente.

Vedendomi poco convinta, mi attira sulla sua spalla. "Dai, non prenderla male. Se questa cosa ti mette a disagio, lascia perdere subito. Sai che non sei costretta a fare niente."

Mi accarezza la testa per un po', mentre io mi sento sempre più combattuta.

"Senti, cambiamo discorso. Ho una notizia bellissima." Mi annuncia, l'eccitazione è palpabile nella sua voce.

Mi tiro su. "Quale?"

"Ieri mi hanno contattata dalla segreteria della scuola. A quanto pare la tua collega Minerva Gioeni è caduta mentre faceva la spesa. Sembra si sia impigliata in una cassetta delle verdure appoggiata per terra, e la sua giacca si sia agganciata a una delle retine del carrello. È inciampata sulla cassetta, ha battuto la caviglia ed è caduta per terra portandosi dietro il carrello. Questo le ha rovesciato tutta la roba addosso e una rotella ha urtato proprio quella caviglia."

Non fa ridere. Non fa ridere. È una cosa seria.

"Pare abbia una frattura e debba stare a casa fino alla fine dell'anno. Ha già annunciato che vuole fare causa a tutto il supermercato."

Mi tengo la bocca.

"Ma la bella notizia deve ancora arrivare. Indovina chi la sostituirà?"

"Non ci credo!" Le salto addosso prima ancora che abbia il tempo di dire "io".

Finalmente avrò una faccia amica in quell'istituto! Il professor Gallo, da dopo il primo concorso, ha reso la mia vita lavorativa un inferno.

"Sono troppo felice! Inizi già domani? Oh mio Dio, saremo insieme! Finalmente! Non ci posso credere!"

La mia amica ride con me. So che l'incarico precedente non la entusiasmava molto.

Passiamo il resto del pomeriggio a chiacchierare delle giornate trascorse con i nostri rispettivi genitori. Fortunatamente, i suoi sono persone dolcissime e amorevoli che negli anni mi hanno trattata e accolta come una figlia.

Approfitto del telefono di Sara per chiamare mio padre e chiedergli di spedire le mie cose. Non è mai stato opprimente quanto la mamma, solo talmente distante che non saprei dire se abbiamo mai veramente creato un rapporto. È così severo, duro, e austero. Mi hanno sempre detto che ci assomigliano molto.

Quando la chiamata parte, mio padre risponde senza perdersi in particolari fronzoli. Sembra di fretta, impegnato a fare altro, come sempre. Non mi chiede niente sul perché io sia scappata via in quel modo. A quanto pare, non gli interessa abbastanza.

Tuttavia, una domanda me la pone: chi è il ragazzo con cui me ne sono andata.

Per un momento, mi sento gelare. Rispondo vagamente che si tratta di un amico. Tolto questo, dopo pochi minuti, fa partire l'autista. Tra qualche ora dovrebbe essere sotto casa mia.

Non appena comincia a farsi buio, saluto Sara e metto Nefertiti nel trasportino. Poi, salgo in macchina e mi dirigo verso il mio appartamento. L'ansia che torna prepotentemente a farsi sentire.

Non appena sono a casa, preparo le mie cose e la cena per me e la mia gattina. Domani riprende la scuola. Se Damiano non dovesse venire stasera, sicuramente lo incontrerò domattina.

Quando suona il citofono, sussulto. Vado ad aprire con il cuore in gola.

"Chi è?"

"Sono l'autista, signorina Lai. Sono venuto a porgerle i suoi averi."

Sospiro profondamente.

"Scendo subito."

Indosso un giaccone e lascio la porta accostata. Scendo rapidamente le scale e vado prendere la stessa valigia che ho usato all'andata. Sembra esserci tutto. Ringrazio e torno in casa.

Quando sono dentro, la apro subito per cercare il telefono.

"Non dovresti lasciare la porta aperta."

Sussulto, mentre un urlo strozzato mi rimane fermo in gola.

"Non lo sai che c'è della brutta gente in giro?"

Due occhi brillanti, che nascondono un'ombra scura, mi fissano intensamente, il loro magnetismo che mi attrae senza che io abbia scelta. Il solito sorriso strafottente a colorare quelle labbra di cui non potrò più scordare il sapore.

Mi tiro su e faccio un passo indietro, distogliendo lo sguardo.

"Ciao Damiano."

Anche se non lo vedo, so che mi sta scrutando nei minimi particolari.

"Ciao." Si muove lentamente verso di me.

Io rispondo arretrando.

"Allora, era una questione di vita o di morte?" Quella che dovrebbe essere una battuta per stemperare l'ansia, mi esce quasi come una domanda accusatoria.

Non dice niente, ma arresta la sua avanzata. Intuisce che c'è qualcosa che non va, e il solo fatto di saperlo lì, fermo a osservarmi, mi fa tremare le ginocchia.

"Senti Damiano, devo parlarti." Decido di tagliare corto. È inutile tirarla per le lunghe.

Lui continua a non dire nulla. Io continuo a non osare guardarlo.

Improvvisamente, mi mancano le parole. "Il fatto è che... ci ho pensato e..." prendo un profondo respiro "e non so, insomma..."

Mi passo le mani sul volto, mentre sento la bocca asciutta.

Forse sto facendo una cazzata. Forse Sara ha ragione.

No, no, non ha ragione. Ho sbagliato e devo rimediare. Non è giusto.

"Credo... cioè non credo..."

Passerà una ragazza diversa ogni sera, non capisco perché sia così difficile. Sicuramente non può fargli particolare effetto.

La canzone. Il bacio.

Correre da me.

Fare l'amore.

"Io..."

È sbagliato. Sto sbagliando. Non dovrei nemmeno...

"Guardami." La sua voce mi arriva bassa, minacciosa.

Alzo lo sguardo.

Trovo due occhi che mi fissano torvi, rabbiosi, oscurati da un qualcosa che non gli ho mai visto prima. Tristezza.

"Ho commesso uno sbaglio." Sussurro piano.

Ciò che vedo dopo è solo la sua schiena e una porta che sbatte.

//

💔

Cattiva Eva... pure il panino gli aveva mangiato.

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