Capitolo 3
TW:
-menzione ad uso di sostanze stupefacenti
Se non ti senti a tuo agio con questo tipo di narrazione, salta il capitolo<3
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Zombie - The Cranberries
Canzone consigliata per questo capitolo
Sono nato l'11 Settembre del 2001, durante l'attentato alle Torri Gemelle, come buon augurio per l'inizio di una vita tragica.
Mio padre ha scelto di chiamarmi Damiano, come il padre di mia madre. "Gli farà piacere." Le ha detto. "Con la sua nascita riuscirai a riallacciare i rapporti con i tuoi genitori". Peccato che mia madre, i rapporti, non li volesse nemmeno con me.
Entrambi tossici, in una malaugurata notte invernale hanno concepito me. Mia madre avrebbe abortito subito. Mio padre cercava una via di uscita dalla vita miserabile che stavano conducendo. Quindi, usare un figlio come ragione per rimettere in piedi le cose gli è sembrata una gran bella idea. Peccato che loro, in piedi, non ci siano mai stati.
Si sono conosciuti in uno dei numerosi centri di recupero della città, non hanno mai smesso di farsi. Sono andati a vivere insieme subito, lavoravano poco, rubavano molto, ed erano entrambi soli.
"Non siamo in grado di occuparci di noi stessi, figurati di un bambino." Mia madre si è accorta di essere incinta molto in là con la gravidanza. Nausee e ciclo irregolare erano già normali per lei.
"Allora smettiamo questa vita di merda e mettiamoci a posto una buona volta." Mio padre era convinto. O forse, semplicemente, non c'era più la possibilità di abortire, solo l'adozione. Chissà se dandomi via sarebbe potuta andare peggio di così.
Mi risveglio madido di sudore e con un mal di testa allucinante.
Dove cazzo sono?
La luce filtra da una finestra che non è la mia e sento la presenza di altre persone nel letto. Mi giro sull'altro fianco e vedo la ragazza bionda di ieri sera addormentata accanto a me, dall'altra parte Giulia con il braccio attorno alla vita dell'altra.
Flash della nottata appena trascorsa mi scorrono davanti agli occhi. Loro nude che fanno balletti provocanti e cominciano a toccarsi a vicenda. Fiumi di alcol che scorrono dentro e fuori i loro corpi.
Mi passo una mano sulla fronte, le tempie che pulsano. Me ne voglio andare in fretta da qui.
Salto giù dal letto e mi metto in piedi, ma si rivela una pessima idea. Mi gira subito la testa.
Porca Eva quanto detesto addormentarmi a casa d'altri.
Infilo i pantaloni e le scarpe, ma non trovo la mia maglietta. La cerco ovunque senza successo, finché non mi ricordo di averla tolta al piano di sotto. Ormai, sarà diventata parte della spazzatura. In compenso, trovo un paio di occhiali da sole su una scrivania. Li indosso ed esco così, a torso nudo.
Fuori una giornata nuvolosa, è fine estate e comincia a fare fresco. Mi incammino verso casa mia, che non è troppo distante da qui. Sento il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni. È Alex.
"Oh." Che cazzo vuole già a quest'ora del mattino?
"Bella, dove sei?" Chiede allegramente.
"Che ti frega?" Sono le 10, magari ho ancora tempo di dormire un po' prima dell'appuntamento.
"Non dirmi che sei rimasto a dormire dove abbiamo fatto festa ieri sera? E con chi, maialone?" E ride da solo.
Ma perché non posso vivere su un'isola deserta e mangiare sabbia tutto il giorno, invece di sopportare tutti questi idioti?
"Riattacco." Sposto il telefono dall'orecchio, la testa mi scoppia.
"Aspetta, aspetta, aspetta..." Sento prima di mettere giù, riporto il telefono vicino. "Dobbiamo vederci ora, stanno per arrivare i leccaculo di Pollo. Io e Fra siamo già alla Congiura."
"Ma l'appuntamento non era fissato per questo pomeriggio?" Cazzo.
"Cambio dei piani."
Metto giù la telefonata e mi dirigo verso la nostra base. Ci metterò un pezzo ad arrivare, ma me ne frego. L'aria fresca finalmente inizia a schiarirmi un po' le idee.
Mia madre se n'è andata quando avevo 5 anni. La ricordo appena, sempre di schiena, capelli lunghi, scuri, sciolti, ossa sottili, corpo magro. Espressione assente, che non volgeva mai verso di me.
Il ruolo di madre le stava stretto. A dirla tutta, qualsiasi ruolo le stava stretto. Credo che l'unico impulso di vita l'abbia provato grazie a mio padre, ma la mia nascita le ha tolto pure quello.
Le persone mi guardano mentre cammino sul marciapiede pieno di crepe e di pipì di cane, un po' barcollo. Però ho un gran paio di occhiali da sole.
Ora, io lo so che lo schema prevede che i figli dei tossici diventino tossici, ma io non lo sono. Lo giuro. È che ciò che mi circonda è talmente stupido, irritante e privo di significato, che le droghe rendono solo il tutto un pochino più sopportabile. A volte, è addirittura divertente.
Sono arrivato talmente spesso a sfiorare la morte, che non riesco a tenerne il conto.
Una volta, strafatti di coca, facevamo a gara a chi saltava in mare dalla scogliera più alta. Dopo qualche tuffo, sono salito su un punto fino a oltre venti metri dall'acqua. Mi sono buttato giù senza pensarci due volte. Quando mi sono schiantato in acqua, tutto ha smesso di battere. Il cuore, i polmoni e finalmente il cervello. Per qualche attimo, c'è stato solo il nulla.
E poi, ha battuto di nuovo.
Sono finalmente davanti alla Congiura. Vedo un furgone nero parcheggiato, oltre al nostro Dodge. Loro sono già qui.
Entro senza mettermi la minima fretta. Alex e Fra sono seduti al tavolo. Di fronte a loro, Scemo+Scemo sono vestiti in giacca e cravatta e stanno in piedi come due stoccafissi, sembrano incazzati.
"Signorine, buongiorno." Esordisco al mio ingresso e mi dirigo verso il mini frigo. Ho una sete da cani. Prendo una bottiglietta d'acqua e me la scolo con poche lunghe sorsate.
"Ciao coglione, finalmente. Cosa fai con quegli occhiali da sole?" Mi chiede Francesco, senza scomporsi in maniera particolare. Alex è decisamente più agitato.
"Quali occhiali da sole?" Rispondo sarcastico. Trovo una scatola con dei vestiti di scorta e mi infilo una maglietta nera uguale a tutte le altre.
Senza rendermene conto, Scemo1 mi è arrivato dietro alla schiena. Appena mi giro, mi tira un pugno dritto nello stomaco. Mi piego in avanti a causa del colpo.
Ahi. Non il giorno giusto.
"Un vero cavaliere non colpisce alle spalle." Riesco ad ironizzare, il fiato mozzo.
"Finiscila con le minchiate e mettiti seduto. Abbiamo del lavoro per voi." Dice in tono monocorde Scemo2.
Uno di questi giorni ficco ad entrambi una pallottola in testa.
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