Capitolo 12
TW:
-descrizione di violenza fisica
-uso di sostante stupefacenti
Se non ti senti a tuo agio con questo tipo di narrazione, salta la seconda parte del capitolo<3
//
Niente canzoni d'amore - Marracash
Canzone consigliata per questo capitolo
La cena finisce senza accoltellamenti.
Dopo un paio di bottiglie di vino, il gruppo sembra sciogliersi un po' e diventano tutti più loquaci. Addirittura, Teresa accenna una risata dopo svariati tentativi di Viola nel coinvolgerla in racconti sui compagni di scuola.
Lo stronzo non tenta altri approcci nei confronti di Eva, ma vedo che la sua sedia è sempre più distante da quella di lui. E sempre più vicina alla mia. Ci urtiamo il gomito un paio di volte, lei si scusa con quegli occhi innocenti che mi guardano dal basso.
Dopo cena, facciamo un giro per il centro, anche se nessuno è realmente interessato alle attrazioni della città. Eccetto la Gioeni, che pare aver studiato ogni particolare storico di ogni edificio e non perde tempo a illustrarceli scendendo nei minimi dettagli. Anche Olivetti fatica a darle retta.
Individuiamo un pub con musica ad un livello tollerabile. Io e Viola ci guardiamo e, nello stesso momento, ci chiediamo: "Shot?" Un cenno di assenso da parte di entrambi: "Shot!" Come due gemelli siamesi, ci dirigiamo verso il bancone.
Buttiamo giù tre giri di vodka liscia, in fretta e senza battere ciglio.
"Bleah, che schifo! Ma come fate a bere così?" Ignoriamo la vocetta fastidiosa di Giuditta e andiamo avanti con il quarto giro. Lei si tira indietro Teresa e se ne va, per grazia divina.
Mi giro a cercare con lo sguardo Eva e finalmente la individuo, di schiena, dall'altra parte del locale. La faccia da cazzo è davanti a lei e le sta troppo vicino. Come prova ad indietreggiare, lui le si addossa ancora di più. Il nervosismo che provo a reprimere da tutto il giorno sale nuovamente, e questa volta, non ho intenzione di ignorarlo.
Mollo Viola al bancone e mi dirigo verso di loro. Nel frattempo, lui le appoggia una mano sul fianco e si avvicina al suo viso. Lei prova a scostargli il braccio, con evidente fastidio. Non ci vedo più.
Passo di fianco a loro e gli mollo una spallata così forte che il pezzente rovina all'indietro.
"Ops." Gli dico, con tono fintamente innocente.
"Ma che cazzo fai?" Mi urla addosso, appena si riprende e realizza la situazione. Eva si volta verso di me, confusa.
Lo stronzo assume un'espressione carica di violenza che rivela la sua vera natura e prova a sferrarmi un pugno con tutta la sua forza.
Lo blocco senza difficoltà e fermo il suo pugno con la mia mano. E inizio a stringere. E stringere. Stringo con con così tanta forza da sentire le sue ossa scricchiolare. Comincio a distendermi.
Eva si riprende dalla confusione iniziale e interviene immediatamente. Mi spinge per farmi allontanare.
La sua mano sul mio petto.
Le sue dita aperte all'altezza del mio bicipite.
I suoi occhi spaventati nei miei.
Mollo la presa.
Lei si gira verso il collega. "Ma che cazzo fai?" Gli urla. "Alzi le mani su uno studente? Sei fuori di testa?"
Prende le mie parti.
"Non hai visto che mi è venuto addosso di proposito?" Anche lui urla, mentre si avvicina al petto la mano lesa. "Guarda che cazzo mi ha fatto alla mano!!" Prova ad aprire le dita, senza riuscirci.
"Pasquale, hai provato a tirargli un pugno! Ma ti rendi conto della gravità?"
Gli rivolgo un sorriso sadico. Nessuno può giurare che gli sia andato addosso apposta, tutti possono giurare che lui abbia tentato di colpirmi.
"Ma guarda come cazzo mi fissa! Non lo vedi che è uno squilibrato??" L'odio che mostrava prima, ora è misto alla paura.
Eva si allontana da lui e ora viene vicino a me. "Stai bene?" Mi chiede, preoccupata.
Per un attimo, mi sento in colpa. Certo, non nei confronti del pezzente dietro di lei. Ma nei suoi.
Annuisco, il piacere che stavo iniziando a provare, ora è del tutto sparito.
"Forza, torniamo in hotel."
Attorno a noi, si è formato un cerchio di persone a guardare la scena. Seguo Eva, e assieme a noi tornano anche tutti gli altri. Con passo deciso e in totale silenzio, torniamo all'albergo. Nessuno guarda se Gallo ci segua.
Solo la Gioeni comincia a bofonchiare cose tra sé e sé, come "L'avevo detto io!" e "Gli studenti dovrebbero restare chiusi nelle loro camere!", ma nessuno le dà ascolto.
Olivetti raggiunge Eva, in testa a tutti noi, e le porge il braccio. Lei accetta con un sospiro, grata della sua presenza.
"Non ti preoccupare, cara." Le dice sottovoce, ma sono abbastanza vicino da sentire. "Non è successo niente. I due giovani domani chiariranno e sarà tutto a posto. A volte, noi uomini sappiamo ragionare solo con le mani." Tenta di consolarla.
"Pasquale non è un giovane qualunque. E Damiano avrà un temperamento irruente, ma è sotto la nostra responsabilità, e noi dovremmo essere in grado di dare a lui, come ad ogni nostro studente, l'esempio."
"Lo so, cara. Pasquale, con le donne, ha dei modi un po'..." Il professore si interrompe.
Lei lo guarda intensamente, senza dire cosa realmente pensa.
"Comunque, stai tranquilla. Stanotte ci dormiranno su e domani sarà tutto a posto."
Lei si stringe con più forza al suo braccio e lui la accoglie con fare paterno.
Arriviamo davanti all'hotel e ognuno si dirige verso la propria camera.
"Ti va una canna?" Chiedo a Viola, prima che entri in camera con le altre.
"Cazzo, sì." Mi risponde, e la invito da me, sotto lo sguardo sconvolto di Giuditta.
"E che palle, ma hai anche il balcone? Io, oltre a dover condividere, mi tocca pure il letto a castello." Viola esclama sconsolata una volta dentro alla stanza, e si dirige verso il balcone.
Prendo tutto l'occorrente per preparare la canna e la seguo fuori. C'è un tavolino con un paio di sedie.
Infilo l'erba nel grinder e comincio a tritare.
"Hai fatto bene ad andargli addosso." Viola mi guarda come una che la sa lunga.
"Lo so."
Mi passa il suo tabacco che mischio insieme all'erba. "Ci sono delle voci davvero disgustose su di lui, a scuola." Prepara il filtro con un pezzo di cartoncino sottile.
"Preferisco non saperle." Taglio corto. Compongo la canna con le cartine lunghe, Viola mi passa il filtro.
"Lo sai che è stata la professoressa Lai ad insistere a far partire questa storia dei concorsi?" Passo la canna pronta a lei per prima. "Olivetti è da tutta la sua carriera che prova a far partire iniziative del genere e finalmente ha trovato una della sua stessa forza." Ridacchia.
"Il mio fidanzato mi ha rotto un sacco il cazzo quando ha saputo che avrei aderito. È un tipo pesantemente geloso." Viola è diventata improvvisamente loquace.
"Comunque, il prof. Gallo deve infilarsi dappertutto per prendersi meriti che non ha. Solo la mia è una strega che non ha voglia di fare un cazzo." Alza gli occhi al cielo.
"E com'è che sai tutte queste cose sui professori?" Le chiedo, quando mi passa la canna.
"Tutti sanno tutto sui professori."
"Io non so niente."
"Perché non ti interessa sapere niente." Mi ricorda un po' Jessica, sempre con la risposta pronta. Le sorrido.
"La Lai sembra essere una tipa molto corretta. Un po' fissata con il lavoro, ma corretta."
"Già." Dove vuole andare a parare?
C'è qualche attimo di silenzio, sembra esitare quando mi dice: "Lei non ti guarda come la guardi tu."
Mi irrigidisco visibilmente prima di risponderle. "E come la guarderei io?"
"Non hai bisogno che te lo spieghi."
"Non ho neanche bisogno che infili il naso nei miei affari." Comincio ad incazzarmi.
"Non lo sto facendo. Volevo solo dirtelo."
"E tu che cosa ne sai?"
"Sono un'attenta osservatrice e ti voglio solo avvisare: qualunque intenzione tu abbia con lei, non funzionerà."
Stringo i denti. "Non ho nessuna intenzione particolare con lei."
Viola sembra lasciar perdere. "Okay." Mi dice senza credermi, e punta gli occhi verso l'esterno.
Poche macchine attraversano strade desolate. È una notte fredda e senza stelle. Ho bisogno di un'altra canna e ricomincio il rito di preparazione.
"Alla fine, non mi dispiacerebbe se dovessimo partecipare al prossimo concorso." Questa volta mi sorride, non c'è risentimento nella sua voce.
Qualcuno bussa alla porta della mia camera. Butto la prima canna ormai finita e vado ad aprire. Davanti a me, vedo l'ultima persona che mi aspettavo di trovare.
Eva.
Il peso che mi avevano caricato gli eventi di poco fa insieme alle parole di Viola, in questo momento, davanti ai suoi occhi innocenti, scompare.
"Scusami Damiano, non volevo disturbarti. Ti posso parlare?"
Viola sbuca dietro di me.
"Ehm, prof, buonasera. Ero solo venuta a salutare Damiano..." Prova ad articolare, imbarazzata.
Eva le sorride in modo comprensivo. "Non ti preoccupare, non volevo interrompervi." E fa per andarsene.
Il peso torna di nuovo.
"No, no, ci mancherebbe! Tanto abbiamo finito. Ehm, buonanotte Damiano, a domani!" Ed esce rapidamente dalla porta, non senza voltarsi un'ultima volta verso di me e strizzarmi l'occhio.
"Dov'è Nefertiti?" Cerco di trattenerla, nella speranza che non torni davvero in camera sua.
Mi sorride, pensandola con affetto. "Nella mia stanza che dorme. Tu le piaci. Nefertiti non si lascia avvicinare così facilmente da nessuno." Torna rapidamente in sé, probabilmente ricordandosi il motivo per cui è venuta.
"Ti va di uscire un momento?" Mi chiede.
"Vuole venire sul mio balcone?"
Lei resta indecisa per un momento, forse chiedendosi se sia il caso, ma alla fine si convince che si può fidare.
Si siede al posto in cui era Viola qualche attimo fa. Sembra in ansia per qualcosa.
Prendo la canna che ho girato prima e la accendo, tirando un paio di colpi.
Non mi dice niente, non mi giudica, non mi chiede da dove arriva, non mi ordina di spegnerla.
Gliela passo.
La prende.
"Il mio ex fidanzato doveva per forza farsi una canna tutte le sere prima di andare a dormire." Dice, trasognata.
Avverto una punta di fastidio. Stasera tutte mi nominano i loro fidanzati, che cazzo sono diventato, la Posta del Cuore?
Faccio un sospiro pesante che la ridesta da qualunque ricordo in cui sia finita.
Prende un tiro e tossisce leggermente. "Non sono più abituata." Mi dice, quasi in imbarazzo. Le si colorano le guance e la tosse le scuote il sottile corpo. Forse è la prima volta che la vedo per ciò che è: una giovane donna. Che prova a fare del suo meglio per tenere insieme i pezzi e mostrarsi sicura davanti alle persone che si affidano a lei.
"Che cosa mi voleva dire?" Le chiedo, distogliendo lo sguardo, perché in questo momento vorrei solo attirarla a me.
Lei torna nel presente. "Volevo chiederti scusa."
Lei chiedere scusa a me?
"Mi dispiace per ciò che è successo prima al pub. So che non è stato facile per te scegliere di venire qui, né tanto meno passare la giornata con noi. Credo che nessuno di voi studenti volesse veramente passare la giornata con noi..." Scuote la testa. "Però so che tu eri particolarmente incerto e mi dispiace che le cose siano degenerate così. Il professor Gallo non aveva alcun diritto di provare ad aggredirti." Ora parla in fretta, sembra un fiume in piena. "Noi dovremmo prenderci cura di voi, davvero sono mortificata."
Il pugno che non mi è arrivato prima, lo sento ora. Dritto nello stomaco.
"Non fa niente." La interrompo. "Non me ne frega un cazzo di Gallo." Ora la guardo intensamente, voglio che smetta di scusarsi.
Lei fa una pausa. "Lui dice che l'hai fatto apposta." Fa una pausa. "È vero?"
Non sono mai stato un vigliacco, uno che non ammette le proprie colpe, ma in questo momento, davanti a quegli occhi che sperano che io dica di no, vacillo.
"Ho visto che le si buttava addosso da tutto il giorno." In parte, è una risposta.
"Il professor Gallo è una persona dai modi un po' espansivi, ma non è cattivo..." Prova a difenderlo e la cosa mi fa imbestialire. Non mi sono sognato il disagio che provava ogni volta che lui allungava le mani.
"Ah, adesso prendi anche le sue parti?" Passo a darle del tu. "Dovresti assumere una posizione, qualcuno dovrà pur fare la parte del cattivo."
Il suo sguardo diventa duro, quando avvicina il suo viso al mio. "E vorresti farla tu, la parte del cattivo?"
Scuoto la testa, mi sale una risata amara. "Certo, chi altri se non io?"
"Non provare a fare la vittima." Ora si sta arrabbiando. "Alzare le mani non è mai una risposta."
Ma che cazzo ne sanno lei e il suo mondo ovattato, fatto di gente ipocrita e da lupi mascherati da pecore? Almeno io non mi fingo diverso da ciò che sono.
"Gallo è un viscido e se me lo trovassi davanti, lo ammazzerei di botte anche in questo momento." Chiudo il discorso.
"Credi che io voglia questo? Che tu mi difenda con la violenza?"
"Non ha nessuna importanza che cosa vuoi. Lo farei e basta." Un'espressione ferita attraverso il suo viso.
"Ah, non avrebbe importanza?" Alza la voce. "Allora non è per me, ma per gonfiare il tuo ego."
"Non c'entra un cazzo il mio ego." La situazione sta degenerando. "È un coglione che ti ha trattata tutto il giorno come un oggetto e qualcuno lo doveva mettere al suo posto."
"E tu come mi stai trattando, Damiano?" Si alza dalla sedia. "Come un oggetto incapace di difendersi e reagire."
Cristo, l'ultima persona con cui avrei voluto litigare è lei.
Mi fissa incazzata ancora per qualche secondo, poi si dirige verso la mia camera e sbatte la porta che la conduce all'uscita.
Mi prendo la testa tra le mani. Cazzo, non era così che speravo che andasse questa conversazione.
Finisco la canna rimasta sospesa nel vano tentativo di calmarmi e vado a letto furioso e con questi dannati sensi di colpa a cui non sono abituato. Passo la notte a rigirarmi senza trovare pace, tormentato dallo sguardo ferito e arrabbiato di Eva, che non ha assunto nemmeno nei confronti di quel bastardo, ma solo a causa mia.
Mi addormento solo a notte fonde e la testa mi pulsa quando, al mattino, sento bussare in modo insistente alla porta.
"Sveglia, è ora di fare colazione!" Viola alza la voce per farsi sentire attraverso la porta.
Alle 10 dobbiamo recarci di nuovo alla sala Congressi per ricevere i risultati del concorso. Nel casino di ieri, ho quasi dimenticato il motivo per cui siamo qui.
Mi butto sotto l'acqua ghiacciata sperando che possa distendermi i nervi e mi vesto senza fretta. Infilo una felpa con cappuccio, jeans e anfibi neri, poi apro la porta e scendo al piano terra.
Una vasta sala è allestita con un'abbondante colazione a buffet. Prendo un caffè doppio e vado a sedermi al tavolo in cui ci sono Viola e Teresa.
"Buongiorno." Viola mi saluta squadrandomi senza nasconderlo. Faccio un cenno con la testa e bevo il mio caffè, con i suoi occhi puntati addosso.
Anche Teresa bofonchia un timido "ciao", per poi immergere immediatamente la testa nel suo croissant.
"Vedo che hai dormito bene." Viola mi punzecchia ironicamente.
La ignoro. "Dove sono gli altri?" Non me ne frega un cazzo degli altri, ma di una persona in particolare.
"Lai, Gioeni e Olivetti sono usciti presto per fare un giro veloce della città. Giuditta e Gallo non saprei, non li abbiamo visti stamattina. Quando ci siamo svegliate, lei non era in camera." Mi informa.
Non dico niente. Viola mi passa il suo piatto pieno di cose da mangiare e fa per condividere, invitandomi con un sorriso. Accetto la sua offerta.
"I professori ci hanno detto che fino alle 10 siamo liberi, dobbiamo solo trovarci sul posto puntuali, loro saranno già là. Peccato che sia tardi."
"Ieri ci sono stati appiccicati tutto il giorno e stamattina possiamo trovarci sul posto?"
"Beh, le cose sono un po' tese, nel caso non l'avessi capito."
Ecco perché non do confidenza a nessuno. Si prendono delle libertà che mi fanno girare il cazzo.
La incenerisco con la sguardo, ma a lei non sembra fare particolare effetto.
"Dai, andiamo. Finiamo in fretta, così possiamo tornarcene tutti a casa." Mi dice, e finalmente sono d'accordo.
Tutti e tre ci dirigiamo verso la meta nel più totale silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Una volta arrivati notiamo che gli altri sono già presenti. Olivetti ci accoglie con il solito modo caloroso, mentre Gallo mi fissa torvo con la mano fasciata. Cerco Eva con gli occhi, che saluta tutti indistintamente, con educazione e gentilezza. Ma lo so che c'è qualcosa di diverso in lei, lo sento. E riconosco quel qualcosa: è distacco.
Sbuffo, sentendo un macigno sul petto.
"La giuria è pronta per fornire l'elenco di chi ha superato il concorso." Annuncia Gioeni. "Rechiamoci nella sala grande."
Mi posiziono al fondo dell'ambiente, staccandomi dal gruppo. La mia tolleranza, ormai, è del tutto esaurita.
La giuria fa un lungo discorso di ringraziamenti su questa iniziativa, sulla città, sulle scuole che hanno aderito e bla bla, tutte cose che a nessuno interessa sentire, finché non inizia ad annunciare l'elenco. Vengono selezionati venti nomi: gli ultimi dieci, avranno diritto a gareggiare nelle prossime provinciali, in modo tale da competere per le regionali. I primi dieci, vi entreranno di diritto.
Un uomo anziano, pelato e dalla barba bianca comincia a proclamare i nomi, partendo dal ventesimo. Una sfilza di persone si alza per firmare il certificato di qualificazione, quando viene annunciato il loro nome.
Undicesimo posto: Giuditta. Si reca al tavolo mezza scazzata, probabilmente pensava di arrivare prima.
Il giudice prosegue il suo elenco nominando gli effettivi vincitori, che trotterellano contenti e vanno a stringere le mani a tutti.
Gente ridicola.
Settimo posto: Viola. Si alza con calma dalla sua sedia senza tradire particolari emozioni, mentre la Gioeni comincia ad applaudire in modo forsennato e a girarsi da ogni persona accanto a lei a dire: "È la mia studentessa. La mia!"
Viola firma velocemente e quando sta per tornare indietro, punto lo sguardo verso di me e mi strizza l'occhio.
Mi fa piacere per lei.
I nomi successivi non gli ascolto nemmeno. Sto per uscire dalla sala per fumarmi una sigaretta, quando sento dire: "Secondo posto: Riga Damiano."
Mi fermo sul posto, non del tutto sicuro di aver capito bene. Diverse centinaia di persone cominciano a mormorare, vedendo che non si avvicina nessuno al tavolo. Per un attimo, mi sento indeciso se raggiungere la giuria oppure no. Mi volto verso Eva, che mi sta guardando. E poi, mi rivolge un sorriso leggero.
Alla fine, mi muovo. Arrivo al tavolo, firmo, non stringo la mano a nessuno ed esco. Tra i partecipanti, si crea un silenzio generale.
Viene proclamato il primo classificato, ma esco prima di vederlo e vado in hotel. Non ho voglia di parlare con nessuno.
L'autobus è già fuori che ci aspetta. Vado in camera a prendere le mie cose e salgo al fondo del veicolo, con talmente tante sensazioni addosso che non riesco a dare un nome a nessuna di esse.
Gli altri mi raggiungono diversi minuti dopo e, anche se qualcuno prova ad avvicinarsi per farmi i complimenti, il cappuccio in testa e le cuffie a tutto volume, fa capire loro che non sono ben accetti.
Dai loro movimenti, capisco che stanno parlando del concorso e che sono tutti piuttosto orgogliosi che tre su quattro di noi siano riusciti ad arrivare a competere per il prossimo step. Eva sta ben lontana da Gallo, Olivetti sembra dispiaciuto di non poter partecipare al prossimo viaggio, siccome Teresa non si è qualificata.
Spengo la musica e chiudo gli occhi per cercare di dormire un po', ma le mie intenzioni sono interrotte da un frastuono proveniente dai sedili anteriori.
Nefertiti balza fuori dalla gabbia e comincia a saltare sui sedili, recandosi dal conducente, il quale si spaventa e sterza di botto. Eva prova a rincorrerla, ma questa scatta nuovamente via e salta da un posto all'altro. Infine, raggiunge il fondo dell'autobus e mi intercetta annusando l'aria.
Si avvicina lentamente e sale sulle mie gambe, accostando il suo viso al mio e toccandomi il naso.
"Hey." Le dico, iniziando a grattarle la schiena
Eva ci raggiunge e guarda la scena mettendo le mani sui fianchi. Le sfugge un'espressione intenerita, quando sente che Nefertiti sta facendo le fusa.
Appoggia il suo muso sul mio collo e chiude gli occhi, le zampe anteriori sul mio petto, come se mi stesse dando un abbraccio.
"Si pensa che i gatti siano animali egoisti. Invece, avvertono quando qualcuno sta male." Le parole di Eva sono quasi un sussurro. "Si dice che abbiano capacità curative."
Accarezzo Nefertiti con maggior calore. Eva mi rivolge un sorriso triste e se ne va.
//
Questo viaggio è stato piuttosto tranquillo, abbiamo soprattutto visto come funzioneranno le uscite.
I prossimi saranno decisamente più movimentati... Stay tuned <3
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro