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Fedele al quartiere.

Un anno dopo.

Alice.

Insapono i capelli per poi risciacquarli accuratamente sotto il getto d'acqua calda, sto per mettere il balsamo ma un tonfo alla porta blocca le mie intenzioni.

«Sbrigati, stiamo facendo tardi, il bagno serve anche a me» Alzo gli occhi al cielo non appena la voce del mio ragazzo arriva squillante alle mie orecchie, ma non gli do retta, continuo con il mio rituale.

«Che cazzo Alice!» Chiudo il rubinetto e esco dalla doccia, dirigendomi verso la porta, prima che venga buttata giù a terra.

«Eccomi, quanta fretta» Sbuffo infastidita.

«Finalmente! Stavi finendo l'acqua calda, potevamo farla insieme la doccia, così evitavamo di essere in ritardo anche oggi»

«Colpa tua, potevi evitare di farmi arrabbiare»
Dico risoluta sorpassandolo, lui mi segue.

«Andiamo, sono dei vestiti sul pavimento, davvero te la sei presa per così poco? È una
settimana che mi ignori»

«Si, davvero, e continuerò a farlo» Gracchio camminando verso l'armadio, con l'intento di scegliere qualcosa da indossare.

È passato un anno da quel giorno al museo e da allora sono cambiate molte cose, ho ricevuto un contratto di lavoro come fotografa in uno degli studi più rinomati di Milano, e sono andata a vivere insieme ad Amine nella sua vecchia palazzina arancione, quella di San Siro. Ammetto che convivere con lui è difficile, abbiamo lo stesso carattere, siamo due teste calde, non facciamo altro che scontrarci, ma per la prima volta nella mia vita non sento il bisogno di prendere le valigie e fuggire lontano, perché so che la mia casa è qui, con lui e in nessun altro posto.

«Non credo che questo vestito sia adatto per un barbecue sotto al palazzo» Mi indica, lo fulmino con lo sguardo.

«Aspetta, ti aiuto» Afferma vedendomi in difficoltà con la zip del vestito, che proprio non ne vuole sapere di stare su, con passo lento si avvicina al mio corpo, poggia le mani sulle mie spalle, mi accarezza la schiena e infine tira su la zip, rabbrividisco, sono giorni che non ci tocchiamo e d'istinto ritorno con la mente a qualche settimana fa.

«Sono venuti bene i lavori no?» Mi domanda affiancandomi nella visita della nostra nuova casa, finalmente conclusa, acconsento.

«Si, siete stati bravi, possiamo mettere qualche quadro? Magari una nostra foto, dietro al divano del salone che ne pensi?» Lo vedo sbuffare per poi sorridere.

«Vuoi tappezzare casa con le tue foto, ammettilo» Afferma puntandomi un dito contro, scuoto la testa, avvicinandomi al suo petto.

«Le mie foto ritraggono solo te, non dovresti lamentarti» Gli sussurro dolcemente accarezzandogli il viso, sentendo un leggero accenno di barba.

Come fa a farmi impazzire anche senza fare niente?

«Hai visto la camera da letto?» Domanda cercando di smorzare la situazione, staccandosi da me, lo seguo a ruota nella stanza.

«Hai fatto mettere la cabina armadio» Osservo mordendomi il labbro inferiore, acconsente.

«Non guardarmi così» Ammicca sorridendo colpevole, poggiando entrambe le mani sui miei fianchi.

«Come ti starei guardando?» Lo provoco.

«Non sfidarmi, Alice» Sottolinea il mio nome mentre le sue mani scendendo più giù, sui miei glutei e insieme indietreggiamo, finendo contro il muro della nostra camera.

«E tu non temporeggiare, Ezza» Lo vedo alzare un sopracciglio con disappunto e afferrarmi per le gambe, di botto mi ritrovo catapultata sul letto matrimoniale, il nostro letto matrimoniale, che profuma di pulito, con il suo corpo sul mio.

«Non mi sembra che io lo stia facendo» Afferma divertito alzandomi il vestito, con i polpastrelli sfiora il bordo delle mie mutandine per poi sfilarle, bacia il mio interno coscia soffermandosi con la lingua sulla mia intimità, a quel contatto la mia schiena si inarca e d'istinto porto le mani tra i suoi capelli, sto per emettere un sospiro di piacere quando ad un tratto lo sento scostarsi dalla mia figura, infastidita mi alzo sui gomiti, ma prima che possa chiedere spiegazioni affonda dentro di me, facendomi tremare.

«Mettiamo tutti i quadri che vuoi» Pronuncia affannato, aumentando con le spinte, il mio cuore sobbalza alla sua confessione, lo sento palpitare ad un ritmo sempre più veloce, quasi come volesse uscire dal petto, mi aggrappo alle sue spalle sentendomi prossima all'orgasmo, lui in tutta risposta emette un grugnito per poi ricadere esausto sul mio corpo.

Schiarisco la voce cercando di ricompormi.

«Ci vediamo di sotto» Dico fredda, staccandomi bruscamente dal suo tocco.



Alex.

Parcheggio la macchina davanti al palazzo per poi scendere e aspettare il mio accompagnatore.

«Sei sicuro che se parcheggio qui non mi rigano la macchina? Insomma, sai quanto mi è costata?» Domando serio mentre lui se la ride, facendomi sentire su un'altro pianeta.

«Stai tranquillo, non le succederà niente» È così bello, anche nella sua semplicità, la solita tuta grigia lo fascia perfettamente, mettendo in risalto il suo corpo un po' asciutto, troppo sportivo, avrei pensato se lo avessi visto di sfuggita per strada, ma so che dietro a questa sua semplicità si nasconde una delle poche persone che riesce a farmi sentire me stesso, dopo Alice ovviamente.

«Ehi Ezza, dov'è la mia amica?» Chiedo non appena lo vedo seduto sul bordo del marciapiede, insieme ad altri ragazzi, tutti impegnati a giocare alla play.

«Da qualche parte qui intorno, chiamala, magari con te ci parla» Sorrido, non fanno altro che bisticciare e provocarsi ma so che il loro amore è puro, un po' come quello che provo io per Ivan.

«Cos'è successo questa volta fra?» Domanda quest'ultimo, guardandolo divertito.

«Il solito, vivere con lei è un'impresa» Come se Alice avesse sentito questa frase si precipita da noi, salutandoci.

«Ragazzi! Come state? È da tanto che non ci vediamo, una volta dovete passare per un caffè»

«Non sai fare il caffè» La provoca Amine.

«Perché non continui a fare quello che stavi facendo?»

«Sei tu che ci hai interrotto, parlavano con me»

«Non ricominciate, vi prego» Afferma lamentoso qualcuno tra i ragazzi.

«Oh ma davvero? Tu hai interrotto la mia doccia» Gli punta un dito contro.

«Non è colpa mia se ci metti ore» Apre le braccia sconfitto.

«D'accordo, allora se ci metto tutto questo tempo e a te non va bene trovati un'altro posto dove stare» Sputa acida.

«Ti ricordo che la casa è mia» Controbatte Amine, lei si zittisce di colpo.

«Alex, questa sera dormo da te» Pronuncia ferita dirigendosi verso il palazzo.

«Vado io» Dico flebile guardando gli altri, per poi raggiungerla dentro l'edificio e sedermi accanto a lei, sulle scale in marmo.

«Che sta succedendo tra voi due?» Le chiedo accarezzandole dolcemente la schiena.

«Non lo so nemmeno io, non facciamo altro che litigare, anche per cazzate»

«In un rapporto è normale litigare, anzi, credo proprio che se non si litiga non avrebbe senso stare insieme, vedrai che tutto andrà per il meglio, stai tranquilla» La vedo acconsentire.

«Te invece? Come va con Ivan? Sono rimasta alla vostra vacanza romantica a Tenerife»

«Era un viaggio di lavoro» Provo a difendermi.

«Si certo, malfidato» Rido.

«Okay, ci siamo baciati e potrebbe essere successo anche altro» Vuoto il sacco.

«Oh mio dio Alex, ma è fantastico, quindi ora state insieme?» Scuoto la testa amareggiato, mentre una delle giornate più belle passate insieme a lui in vacanza si fa spazio nella mia mente.

«È la prima volta che vedo un'alba» Afferma
sincero sedendosi accanto a me, sul telo mare,
finalmente dopo giorni di silenzio e occhiatine
furtive è riuscito a parlarmi, porto lo sguardo verso la sua figura, il rosa dei primi raggi del sole lo illumina, andando ad evidenziare le numerose goccioline di sudore sulla sua fronte, i capelli sono scompigliati e tra le mani tiene una bottiglietta d'acqua mezza vuota, probabilmente è andato a correre, ormai lo fa tutte le mattine.

«Io la prima volta che l'ho vista è stata a Ostia»
Pronuncio a voce bassa, portando lo sguardo verso l'orizzonte.

«Ti manca Roma?» Interrompe il silenzio, chiudo per qualche istante gli occhi, cercando di intrappolare le lacrime, nessuno me lo aveva mai chiesto prima d'ora, sospiro.

«Certi giorni più di altri» Rispondo asciutto per poi sentire una sua mano accarezzare la mia coscia, come a darmi conforto.

«Un giorno ci andiamo insieme, te lo prometto, voglio mangiare la vera carbonara e poi devi farmi da guida, quando sono andato con i ragazzi non c'abbiamo capito un cazzo» Lo guardo divertito, acconsentendo.

Te lo prometto.

Porta l'altra mano, quella libera, sulla mia guancia, asciugando così qualche lacrima sfuggita al mio autocontrollo, la stringo nella mia, accarezzandogliela.

I nostri sguardi sono ancora impigliati, lo prego con tutto me stesso di far combaciare ancora una volta le nostre labbra, ho bisogno di sentirle, più di quanto io abbia bisogno di respirare, sposta la mano dal ginocchio al mio fianco destro, avvicinandomi, prendo coraggio e mi siedo sulle sue gambe, deglutisce.

«Ti da fastidio se sto qui?» Scuote la testa, sto provando in tutti i modi a metterlo a suo agio, a rassicurarlo, ma è più difficile di quanto pensassi, è la prima volta che mi sento così, felice e invincibile, mi avvicino ancora di più al suo busto, annullando così ogni distanza, le nostre labbra si muovono veloci, in una danza ritmica, le mie mani finiscono prima tra i suoi capelli, poi sulla sua maglietta elasticizzata, che gli mette in risalto il petto e infine sull'elastico dei suoi pantaloncini sportivi.

«Torniamo in hotel» Mi implora affannato tra un bacio e l'altro, lasciandomi spiazzato, così, impazienti di sfiorarci, ci alziamo dalla sabbia,
varchiamo la porta scorrevole dell'hotel mano nella mano, quasi correndo, ad ogni scalino il mio battito cardiaco aumenta, così come la mia voglia di baciarlo.

Dalla tasca dei pantaloncini afferra le chiavi della camera e le inserisce nella toppa della porta, entrando prima di me, improvvisamente un colpo d'ansia mi assale ma il suo sguardo impaziente fa cessare ogni mia paranoia, così prendo coraggio ed entro, richiudendo con un calcio deciso la porta dietro di me, mi avvicino alla sua figura riprendendo a baciarlo, porto le dita sul bordo della sua maglietta azzurra, sfilandogliela, accarezzo prima le spalle poi scendo sull'addome, sfilando anche i pantaloncini, mi spoglio anche io, ora siamo entrambi in intimo, lo afferro per un braccio facendolo stendere insieme a me sul materasso, sotto la mia figura, le mie mani si muovono esperte sul suo corpo, lo sento sospirare e poi mugugnare in preda all'eccitazione qualche parola incomprensibile.

«Vuoi che continui?» Domando bloccando ogni movimento, in risposta apre gli occhi, riportando la sua completa attenzione sul mio viso, silenzio.

«Se non te la senti non dobbiamo per forza andare avanti, lo sai vero?» Insisto non ricevendo alcuna risposta, scuote la testa, sorridendomi dolcemente.

«Lo so Alex, stai tranquillo, me la sento»
Annuisco alzandomi dal letto, afferrando dalla tasca della valigia un profilattico.

«Mi farà male?» Mi domanda in un sussurro non appena apro la bustina argentata.

«Dipende da quanto sei eccitato, ma ti prometto che farò tutto il possibile per non farti sentire dolore» Lo rassicuro infilandomi il condom.

Do l'ultima spinta per poi rotolare esausto sul materasso, affianco al suo corpo, stringendolo in un abbraccio.

«Torni a dormire qua?» Gli chiedo senza pensarci su, con il respiro ancora irregolare, è da quando c'è stato il nostro primo bacio che mi evita, torna tardi la sera e esce presto la mattina, lui non lo sa ma l'ho visto dormire sui divanetti della sala comunale dell'hotel, lo sento sbuffare e subito dopo alzarsi dal letto, afferra i suoi vestiti dal pavimento e in poco tempo si riveste, prende computer e cuffiette dalla scrivania dirigendosi poi verso la porta, ma lo blocco.

«Potresti rispondere? Si tratta di educazione, dove stai andando?»

«Non lo so se torno a dormire qui Alex, non lo so, smettila di starmi addosso, abbiamo scopato, non ci siamo messi insieme, ora vado che ho da fare, non posso perdere altro tempo» E prima che possa ribattere, la porta si chiude, lasciandomi da solo, con mille domande nella testa.

«Credo sia complicato, per lui tutto questo è una novità, ha paura e cerca di allontanarmi in ogni modo, ma non sa che facendo così fa solo del male a se stesso e soprattutto a me, vorrei sapere cosa gli passa per la testa, cosa ha provato dopo averlo fatto, perché continua a scappare da me, ma ho paura di rovinare tutto» Ammetto ritornando alla realtà.

«Beh se ha ricambiato il tuo bacio e se è successo quello che è successo un motivo ci sarà no? Dagli tempo» Mi fa l'occhiolino.



Amine.

Prendo un sospiro cercando di mantenere la calma, sono stato uno stronzo prima, questa è anche casa sua, non riesco ad immaginarmela
lontana da qui, lontana da me. A passo svelto raggiungo l'entrata del palazzo, salgo le scale e li vedo, seduti sui gradini a parlare.

«Io vado» Afferma Alex lanciandole uno sguardo d'incoraggiamento, la guardo, ha lo sguardo basso, puntato sulle sue scarpe bianche, la affianco sedendomi anche io su quelle scale che, in un modo o nell'altro, mi hanno visto crescere.

«Ti sta bene questo vestito» Spezzo il silenzio.

«Ma davvero? Perché fino a un'ora fa non la pensavi così» Sorride amaramente.

«Alice, sono stato un coglione a dirti quelle cose prima, questa è anche casa tua, non vorrei vederti in nessun altro posto se non qui, scusami» Dico d'istinto, lei finalmente alza lo sguardo.

«Perché non ammetti semplicemente che sono sbagliata per uno come te»

«Perché sarebbe una cazzata»

«Sono stanca di litigare Amine, sono stanca di non vedere più le tue braccia attorno ai miei fianchi quando mi sveglio la mattina, sono stanca di non parlare più con te quando torno da una giornata di lavoro, sono stanca perfino di non sentire più le basi di Nico rimbombare per tutta casa» Afferma con voce spezzata, sorrido debolmente per poi afferrare il suo braccio, attirandola a me, sul mio petto.

«Mi sei mancata anche tu» Le sussurro.

«È un babyshower un po' strano» Ride, una melodia che potrei sentire ad ogni ora, non mi stancherei mai, mi basterebbe solo questo per vivere, niente acqua, niente cibo, solo lei.

«In effetti avremmo dovuto farlo in un posto più adatto» Scuote la testa, lanciandomi uno sguardo.

«No, qui è perfetto, sei cresciuto in questo posto,
Fedele al quartiere»

«È dedicata a te» Dico a pochi centimetri dalle sue labbra.

«Lo avevo intuito» Mi bacia, porto le mani sulla sua pancia, accarezzandola dolcemente.

«Ancora non ci credo che stiamo per diventare genitori, lo sai che i ragazzi hanno fatto una scommessa sul bambino»

«Non ci credo, davvero scommettono su queste cose?»

«A quanto pare. Vale ha scommesso venti euro che è maschio mentre mio cugino Abi ne ha scommessi quaranta che è una femmina»

«E tu? Che hai scommesso?» Ammicca maliziosa, ora la riconosco.

«Beh io un po' di tempo fa avevo scommesso su una ragazza, molto sicura di se e a volte anche parecchio fastidiosa» Sorride divertita.

«Allora non è stata una grande scommessa»

«È stata la migliore» Affermo tornando con i pensieri a quel giorno, quando l'ho vista entrare per la prima volta nella sala comunale dell'ufficio.

«Wow, quello stronzo mica ci aveva mica detto che era una bomba» Afferma stupito Sami, continuando a guardare dalla vetrata il corridoio, dove accompagnata da Davide una ragazza mora, con un vestitino fiorato e delle decoltè nere fa il suo ingresso verso di noi, sbuffo annoiato, non abbiamo bisogno di un'altro fotografo.

«Un po' di contegno fra, che schifo, tieniti i tuoi pensieri per te» Controbatte Vale, poco dopo la porta di vetro si apre e un profumo dolce, quasi vanigliato invade la stanza, continuo a guardarla, scoprendo ad ogni occhiata nuovi dettagli.

«Allora ragazzi, lei è Alice, prima nel mio ufficio ho visto i suoi scatti e devo dire che ne sono rimasto veramente colpito, l'ho portata qui perché vorrei anche un vostro parere» Annuncia per poi aprire una cartellina celeste, facendo spuntare delle foto in bianco e nero.

«Piacere» Si presenta a tutti, alzando una mano in aria, imbarazzata. Ingoio rumorosamente per poi mettermi seduto meglio sulla sedia non appena rimaniamo da soli nella stanza.

«Fanno così schifo?» Mi domanda risvegliandomi dai miei pensieri.

«Eh? Cosa?»

«Le mie foto, non hai detto niente, ti ho chiesto se fanno schifo» Rido, è così convinta di se stessa.

«Che cazzo ti ridi?» Continua, scuoto la testa divertito per poi zittirmi, non appena i ragazzi fanno rientro nella stanza.

«Allora Alice ti faremo sapere in settimana, grazie per essere passata»

«Fra in realtà potremmo assumerla già da oggi, le sue foto mi piacciono e poi piacciono anche agli altri dico bene?» Tutti acconsentono, sul suo volto si forma un piccolo sorriso, è così bella.



Ivan.

Mi siedo sul muretto accanto al palazzo per poi afferrare dalla tasca della tuta il mio pacchetto di sigarette, estraendone una, porto lo sguardo verso le scale vedendo la sua figura scendere e d'istinto ritorno con la mente al nostro viaggio.

«Non ero mai stato qui, Alice mi invidierà non appena vedrà tutte le foto che sto facendo» Mi volto verso la sua figura, tiene il cellulare in mano, intento ad immortalare ogni secondo, quasi rimango incantato dalla sua felicità che accende qualcosa in me, un sentimento che non avevo mai provato prima d'ora.

Forse amore? No, impossibile.

Siamo stati tutto il pomeriggio a girovagare per il posto, come due veri e propri turisti, poi ci siamo divisi, lui al negozietto dei souvenir vicino al porto mentre io in un locale a fumare, cercando di scacciare via quella strana sensazione dallo stomaco, la sua presenza mi rende vulnerabile, mi distrae dal vero motivo per cui sono qui e non posso permettermelo.

Quando entro nella nostra stanza d'hotel è tutto buio, mi muovo a tentoni e poco esperto, cercando di trovare l'interruttore della luce, senza fare troppo rumore.

«Sei tornato ora?» D'improvviso la luce che cercavo si accende e il suo volto assonnato mi squadra, acconsento.

«Si, ho avuto un po' da fare» Dico sedendomi sul mio letto, sfilando i pantaloni.

«Immagino» Afferma amaramente.

«Che c'è, non mi credi?»

«No, mi dispiace, purtroppo non ti credo, avevi detto di voler venire qui per trovare ispirazione e non credo che un locale dove si fuma marijwana sia la soluzione» Sputa acido.

«Non sei nessuno per giudicarmi»

«Già infatti, proprio perché non sono nessuno mi chiedo che cosa ci faccia qui» Afferma spazientito spalancando le braccia, alzandosi dal letto.

«Sei qui perché lo volevo io»

«Bella motivazione, ma da quel che vedo la mia presenza qui è inutile»

«Questo lo dici tu» Lo raggiungo piazzandomi davanti a lui, siamo troppo vicini, ma nessuno dei due accenna a spostarsi.

«È quello che mi hai dimostrato questo pomeriggio»

«Io non ti ho dimostrato proprio niente»

«Di cosa hai paura?» Continua cercando di scavare più a fondo, nei miei sentimenti.

«Cosa?»Rido ansioso, facendo finta di non capire.

«Sai benissimo quello che ti ho chiesto, non serve che te lo ripeta, stai cercando in tutti i modi di nascondere una parte di te e lo fai mettendo su la tua corazza, quella da stronzo menefreghista»

«Non sai quello che dici» Affermo puntandogli un dito contro per poi afferrare una bottiglietta d'acqua dal frigobar.

«Beh allora se è così non ti dispiacerà se me ne torno a Milano domani mattina, giusto?» Alzo le spalle al cielo rispondendo con un 'Fai come ti pare', poi mi rimetto a letto, con l'intenzione di dormire ma non ci riesco, pure se sono sdraiato vedo la sua figura muoversi per la stanza, mette frettolosamente e alla rinfusa tutte le sue cose di nuovo in valigia, quindi se ne va davvero, non stava scherzando prima, provo a convincermi che non mi importa niente ma in realtà è una grande cazzata, ingoio rumorosamente sentendo di nuovo quella fastidiosa stretta alla pancia, improvvisamente mi alzo e porto una mano sul suo braccio, facendolo voltare nella mia direzione, bloccando ogni sua azione.

«Non andartene» Affermo timoroso, lui mi guarda con un cipiglio confuso sulla fronte.

«Cinque minuti fa mi hai detto che posso fare come voglio»

«Lo so, ho detto una cazzata»

«Perché?» Lo guardo negli occhi sperando di essere compreso, sono troppo orgoglioso per dire quello che sento.

«Non lo so» Scuote la testa staccandosi dalla mia presa, il suo calore scompare lasciando un vuoto, un vuoto che probabilmente solo lui sa colmare, riprende con la valigia e un senso di impotenza mi assale.

«Ho paura, Alex» Rivelo in un sussurro, lui blocca ogni sua mossa, il suo sguardo cambia, mi guarda quasi con compassione, poi cammina verso di me, facendo cadere ad ogni suo passo un mio muro, ora siamo uno di fronte all'altro, senza maschere, senza filtri, siamo nudi, porta una mano sulla mia guancia sfiorandola appena, il suo tocco mi rilassa, facendomi chiudere per qualche secondo gli occhi, mi sento nel posto giusto al momento giusto.

Poi le sue labbra toccano le mie, in un dolce bacio, che ricambio.

«Come sta?» Chiedo interrompendo i miei pensieri, lui mi raggiunge, piazzandosi davanti alla mia figura.

«Credo bene, stanno risolvendo» Sorride, indicando dietro di se.

«Dovremmo risolvere anche noi» Pronuncio sincero, scuote la testa.

«Non mi sembra né il luogo né il momento adatto»

«Invece lo è, ti ho sentito prima con Alice, se volevi sapere cosa pensavo del bacio o della scopata potevi benissimo chiedermelo» Affermo duro.

«Ah si? E quando? Tu mi hai evitato ogni fottuto giorno Ivan, hai detto che non devo starti addosso, che non siamo niente, scappi da me continuamente»

«Non stavo scappando, sono andato lì per lavorare e lo sai bene» Dico risoluto puntandogli un dito contro.

«Bene, allora illuminami, ora non hai più scuse, non c'è più il lavoro a disturbarti, puoi sputarmi in faccia tutta la verità, puoi dire quanto ti abbia fatto schifo venire a letto con me l'altro giorno, non ti fare problemi, accetto qualsiasi critica»

«Smettila di dire cazzate e non urlare»

"Io starei dicendo cazzate? Io dico solo quello che vedo, una persona che prima mi chiede di andare in stanza e poi mi scarica come se fossi un sacco dell' immondizia, solo perché non ha le palle di dirmi la verità"

«Certo e quindi pensi che le tue considerazioni siano giuste?» Chiedo ridendo amaramente.

«Tu mi fai pensare che sono giuste, con i tuoi comportamenti del cazzo»

«Quella che hai visto non è la cazzo di verità»
Sbraito, non mi interessa se abbiamo gli occhi di tutti puntati addosso.

«E quale sarebbe, ti ascolto»

«Lascia stare, non capiresti, mi sono stancato di stare a discutere, me ne torno a casa»

«Vedi come fai, scappi dal problema, da me, perché non mi affronti?» Punto lo sguardo sui suoi occhi.

«Perché ho paura, paura di quello che mi fai provare e venire a letto con te è stato il culmine, ho sentito mille emozioni contrastanti, alcune nemmeno pensavo di poterle provare, ho cercato in tutti i modi di reprimerle, ho corso, fumato, ti ho ignorato, ma niente ha funzionato, l'immagine di noi due nel letto ritornava in maniera sempre più frequente nella mia mente, riportando a galla la verità. Quel giorno ho goduto e mi sono sentito appagato, ma non pensare mai che io l'abbia fatto solo per svuotarmi le palle, l'ho fatto perché sentivo e sento ancora qualcosa di forte, ma avevo bisogno di metabolizzare, con te smetto di essere il solito stronzo menefreghista, quello freddo e distaccato che non prova mai niente, tu Alex, tiri fuori una parte di me che nessuno conosce, che nemmeno io conosco e questo mi fa maledettamente paura»

«Apprezzo quello che stai dicendo ed è norma-»Prima che possa dire altro lo blocco, parlandogli sopra.

«Voglio che mi baci, Alex» Quasi lo prego.

«Baciami tu, sei tu che ti devi scusare, non io»
Pronuncia stizzito.

«Ma sei stato tu a baciarmi per primo, quindi è giusto che inizi tu» Controbatto, lui mi guarda scioccato.

«Sei serio? Vuoi continuare a litigare?»

«Ho risposto con la tua stessa moneta» Alzo le spalle con indifferenza.

«Allora puoi scordarti un mio bacio, non faccio mai quello che mi viene imposto» Afferma puntando il naso al cielo.

«Peccato, perché avevo prenotato in un bel ristorante sul lago di Como, vorrà dire che sarò costretto a chiedere a qualcun altro» Il suo sguardo cambia.

«Non credo che qui in mezzo troverai qualcuno che bacia meglio di me» Dice risoluto, sorrido.

Si, è amore.

«Ho un vuoto, non riesco proprio a ricordare come baci, perché non mi rinfreschi la memoria?Sai, giusto per vedere se quello che dici è vero»
Ora siamo vicini, troppo vicini, al punto che pronuncio queste parole nel suo orecchio, facendolo rabbrividire, porto le mani sui suoi fianchi, trasportandolo sul mio bacino, deglutisce, è da Tenerife che non ci sfioriamo, le nostre labbra si toccano, temporeggio mettendolo sempre più in difficoltà, poi mi bacia, cadendo nella mia trappola.

«Ma tu non eri quello che non prendeva ordini?»Chiedo divertito, riprendendo fiato.

«Infatti non ho preso ordini da te, l'ho fatto solo perché voglio andare a cena in quel ristorante» Si giustifica.

«Certo, non sei per niente bravo a mentire»

«Nemmeno tu, cosa posso ordinare lì?» Sorrido.

«Tutto quello che vuoi, devo ancora farmi perdonare»

«Allora credo proprio che ordinerò il piatto più costoso» Lo bacio.

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