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PROLOGUE

«Innamorarsi è stupendo. Finché non accade a tua figlia.»

Prima pensavo che il matrimonio fosse una cosa semplice. Due persone che si incontrano e si innamorano: si compra l'anello, l'abito e dicono il si.
Sbagliavo di grosso.
Quello è sposarsi, il matrimonio è una faccenda completamente diversa.
Io lo so, perché ci sono appena passato.
Non dal mio, da quello di mia figlia: Emma Ruth Swan-Mills.
È il suo nome da sposata, Swan-Mills.
Sarò sincero con voi: comprare questa casa diciassette anni fa mi costò meno di questo fausto evento nel quale Emma Swan è diventata Emma Swan-Mills.
Si dice che un giorno guarderò indietro a tutto questo con enorme dolcezza e nostalgia... io me lo auguro.
Solo voi padri potete capirmi: tu hai una tua bambina, un'adorabile creatura tutta amore per te che ti ammira in un modo in cui tu non avresti mai immaginato.
Io ricordo come stringeva quella sua manina attaccata alla mia, come le piaceva starmi sulle ginocchia con le testolina appoggiata sul petto, diceva che io ero il suo eroe.
Poi un giorno, vuole farsi i buchi negli orecchi e vuole che la scarichi di macchina a cinquanta metri prima di un cinema. Da un giorno all'altro mette l'ombretto sugli occhi e ha i tacchi alti (almeno per gli standard di una bambina che ha sempre amato giocare a baseball e a basket e indossava sempre le scarpe da ginnastica) e in quel momento ti trovi in un costante stato di panico.
Ti preoccupa che lei possa uscire con dei mascalzoni, con quei ragazzi che vogliono una cosa sola e tu sai benissimo cos'è quella cosa, perché è la stessa cosa che volevi tu alla loro età.
E poi lei diventa un po' più grande e smetti di preoccuparti dell'incontro col mascalzone e ti preoccupa che possa incontrare la persona giusta.
Quella é la più grande delle paure, perché lì davvero la perdi.
E da un momento all'altro ti trovi tutto solo in casa con del riso addosso, chiedendoti cosa ne sarà della tua vita.
Appena sei mesi fa questo è accaduto proprio qui.
Sei mesi fa scoppiò il temporale.

Emma dopo la laurea in architettura aveva conseguito un dottorato di ricerca a Roma.
Ricordo che ero al lavoro: ho una fabbrichetta che produce calzature atletiche.
Quel giorno ero molto occupato e preoccupato:
Emma non era mai stata tanto a lungo e tanto lontano da casa, non vedevo l'ora di rivederla la mia bambina.
"È atterrata" affermò la segretaria.
Sorrisi sollevato, iniziando con passo accelerato a dirigermi verso l'uscita.
"Mia figlia era a studiare a Roma, ha fatto undici ore di volo. Non mi piace saperla per aria. Tu hai figli no? Molto meglio quando sono al suolo" mi giustificai con i dipendenti che mi guardavano con aria divertita a causa della mia reazione...ma cosa ne possono sapere loro.
Sono sempre stato un genitore in ansia; sono fissato per le cinture di sicurezza in macchina, per l'ora di andare a letto, per l'ora del rientro, telefonami quando arrivi, non correre con le forbici in mano.
Che posso farci... sono un padre, condizione di allarme permanente.
"È andata Mary Margaret a prenderla all'aeroporto?" chiese Blue.
È la miglior segretaria del mondo, sempre disponibile ed attenta.
In un'altra vita sarebbe stata sicuramente una vera e propria fata madrina.
"Si. Le vado incontro" replicai, prendendo velocemente le chiavi, mentre mi aiutava ad infilare al volo la giacca.
Ero uscito prima perché dovevo ritirare una cosetta per il ritorno a casa di Emma.
Viviamo in una piccola città nel Maine che si chiama Storybrooke.
Amo questa città, non solo perché la gente qua riesce ancora a sorridersi, ma anche perché non è molto cambiata negli ultimi ventotto anni e dato che io non sono un patito per i cambiamenti, questa città mi sta come un guanto.

Avevo portato a restaurare la bicicletta di Emma.
Riverniciata, sellino nuovo, gomme nuove. Non vedevo l'ora di fargliela vedere.
Viviamo al 24 di Maple Drive, Emma era in prima elementare quando la comprammo, dopo aver lasciato il piccolo loft in periferia.
Pochi anni dopo abbiamo avuto un pacco a sorpresa, nostro figlio Neal.
Amo questa casa: è qui nel vialetto che ho insegnato ai miei ragazzi ad andare in bici, in questo giardino ho dormito in tenda con loro e qui sulla corteccia dell'albero sul davanti che abbiamo inciso le nostre iniziali.
Una casa calda d'inverno e fresca d'estate ed è uno spettacolo a Natale con tutte le luci colorate, una casa fantastica...non vorrei mai lasciarla.
Tuttavia, la cosa che più mi piace di questa casa sono le voci che sento quando varco la soglia.
"Ciao tesoro" disse baciandomi.
Mia moglie Mary Margaret: ci siamo conosciuti quando eravamo ragazzi. Aveva una gonnellina a scacchi e una camicetta azzurra con il fiocchetto, i capelli arrivavano oltre le scapole e aveva quel sorriso da togliere il fiato.
Aveva quattordici anni quando la incontrai ed io quasi diciassette; diciamo che il nostro primo incontro è stato un po' turbolento.
"Voglio chiedere a Kathrine di fidanzarsi con me" affermai.
Era una biondina dagli occhi azzurri, abbastanza superba all'inizio, fredda, di poche parole, poco più grande di Mary Margaret, ma aveva fatto colpo.
O meglio colpo su mio padre che mi aveva convinto ad avvicinarmi a lei.
Suo padre potremmo davvero definirlo Re Mida, a capo della più grande gioielleria della città.
Così con il cuore in gola avevo deciso di farmi avanti, dopo qualche mese di frequentazione, quando incontrai la più bella ragazzina della scuola.
Intendiamoci all'inizio non è proprio così che la definì.
"Sei una ladra!" esclamai, vedendola provarsi il piccolo anello che avevo comprato a Kathrine.
"Non è vero" protestò lei.
Inavvertitamente feci cadere i libri che aveva appoggiato sulla panchina nel vialetto dove facevamo merenda.
Era ancora ottobre e l'aria non era ancora fredda, così ci era permesso consumare il nostro pranzo fuori.
"David Swan che diavolo stai facendo con i miei libri?" aveva esclamato quando avevo tentato di raccogliergli.
In effetti li avevo un po' sporcati di fango e quel suo visino dolce era diventato improvvisamente una bomba rossiccia pronta ad esplodere.
Diciamo solo che non è finita bene, il mio mento se lo ricorda bene, ma non è mai la prima impressione che conta.
Dopo poco mi resi conto che Kathrine non era quella giusta per me, mi avvicinai senza non poche avventure alla mia piccola ladruncola tutto pepe e diventammo inseparabili: mi definiva il suo principe azzurro.
Bé in realtà ancora adesso, nonostante la gonna a scacchi e la camicetta con il fiocco siano state sostituite da abiti un po' più da signora e i suoi capelli siano ormai corti fino alle orecchie.
Quel giorno in particolare sembrava più felice del solito quando mi accolse alla porta.
"Sei uscito prima?"
Annuì posando la mia cartella con i bozzetti e le chiavi.
"Dov'è Emma?" domandai.
Mary Margaret sospirò. "Sta disfacendo le valige" affermò con il vaso di fiori bianchi e lilla in grembo.
"Vedessi... è favolosa, proprio favolosa" affermò posandolo vicino alla cornice sul tavolino nero accanto al divano.
Ancheggiò leggermente, mentre li sistemava.
Ancora ricordo quella camicia bianca che indossava, forse un pochino elegante per essere in casa con la collana di perle che coronava il petto.
Mi soffermai ad osservare brevemente l'immagine nella cornice d'argento.
Era la foto di quando era piccola seduta sulla neve, aveva appena tre anni e i riccioli dorati spuntavano fuori dal cappellino grigio di lana.
"È cambiata comunque" precisò a denti stretti.
Istintivamente mi voltai verso di lei, mentre spostava qualcuno dei fiori per rendere la composizione armoniosa.
"Freme per rivederti" disse poi con un sorriso.
Quel sorrisetto non prometteva nulla di buono, era quello che sfoggiava quando dovevo preoccuparmi.
"Cambiata?" chiesi, cambiando tono.
Mary Margaret stette per rispondere quando un'altra famigliare voce attirò la nostra attenzione.
"Hey pa, Emma mi ha portato questa cioccolata fin qua da Roma" commentò entusiasta Neal, entrando correndo in salotto con la tavoletta in mano e il muso leggermente impasticciato.
Mi ricordava tanto Emma quando era piccola, quel piccolo campione.
Un'energia incredibile, il migliore della sua classe e una leggerissima tendenza all'essere disordinato.
"Che non arrivi anche sui divani americani eh?" lo avvertì Mary Margaret con tono scherzoso, ma anche deciso, spingendolo nella sala da pranzo.
"Hey Neal le scarpette alte" annunciai, attirando la sua attenzione e lanciandogliele.
Il bambino le prese al volo sorridendo. "Hey grazie"
"Di niente campione" commentai, sorridendo e aprendo le braccia.
"Che intendi per cambiata?" ripetei poi curioso abbassando leggermente la voce e anche un po' preoccupato.
Mary Margaret strinse leggermente i denti in una smorfia che parlava da sola: abbassò lo sguardo e le sue gote si colorarono leggermente di rosa.
Pessimo segno. Lo faceva sempre quando non voleva spiegarsi, ma allo stesso tempo aveva così tanta voglia di dirmelo. Una delle qualità di mia moglie non è certo la bravura nel tenere i segreti.
Le paranoie iniziarono a fare capolino nella mia testa.
Non sono un patito per i cambiamenti ricordate?
Borbottò un "ehm" per poi voltarsi verso la scalinata.
"Ciao baby"
Quasi come se mi avesse sentito, ecco che l'oggetto della nostra conversazione attirò la mia attenzione.
Avrei riconosciuto quella voce tra mille, anzi miliardi di persone.
Quel tono deciso, ma anche dolce, che nascondeva un pizzico di timidezza ben celata.
"Emma" commentai sorridendo.
La mia bambina fece capolino sulle scale, senza occhiali da vista, in un abito rosa che sembrava costare molto e persino un paio di scarpe con i tacchi, seppur basse.
Aveva un sorriso luminoso e sembrava rinata.
Rimasi incantato nel vederla, non solo perché mi era mancata da morire, ma anche perché era semplicemente una magnolia a maggio.
Non l'avevo mai vista così sicura di sé, così radiosa.
"Oh mio Dio chi sei tu e che hai fatto della mia Emma?" chiesi con fare teatrale.
Emma si lanciò dalla scale sedendosi sul corrimano e lasciandosi scivolare ridendo, per poi abbracciarmi fortissimo, buttandomi le braccia al collo.
Era ancora la mia piccola Emma in fondo, spericolata e per nulla composta.
"Ecco la mia bambina" affermai sicuro riempiendola di baci.
L'amore della mia vita. Sua madre, Emma e il piccolo campione occupavano tutto lo spazio del mio cuore.
Emma, la mia prima figlia, che senza neanche una lacrima aveva fatto capolino nella nostra vita una piovosa notte di fine ottobre, aveva il sorriso di sua madre, i miei occhi e sicuramente la forza di volontà dei Swan.
Neal era identico a sua madre, ma Emma era il mio ritratto, nonostante avesse ereditato il suo profilo e il suo mento.
"E questo vestito?" affermai.
L'unico abito che le avevo visto indossare era quello del suo diciottesimo compleanno, per far contenta Mary Margaret. Emma era sportiva, si era sempre vestita di giacche di pelle e jeans e vederla in quell'abito rosa era molto "non- Emma Swan".
Decisamente avrei subito dovuto accorgermene che quello non era il suo gusto che l'aveva scelto.
"Dio hai un nuovo profumo anche" notai poi.
L'unico profumo che Emma si portava dietro era quello dello shampoo che le compravo sempre e della cannella che metteva sempre sulla cioccolata calda.
Se ti avvicinavi un po' di più potevi sentire il leggero odore di fragola del dentifricio che era ed è solita usare.
"Ti piace?" chiese Emma, rivolgendosi con gli occhioni pieni di emozione, mentre mi avvicinava il polso per sentirlo meglio.
"Sono regali" puntualizzò poi.
"Wow" commentò Mary Margaret.
Quale amico ti regala un profumo da seicento dollari e un vestito di alta moda?
Sono un uomo abbastanza oculato e il mio campanello d'allarme aveva iniziato a suonare all'impazzata alla parola regali.
"Sembri tutta illuminata dentro" le feci eco sorridendo.
Ero felice del suo ritorno, certo, ma quel sorriso nascondeva anche agitazione.
Il mio sesto senso di padre non aveva mai sbagliato e credetemi se vi dico che non aveva sbagliato nemmeno quel giorno.
"Perché sono tutta illuminata dentro" replicò Emma subito, non riuscendo a nascondere le sue emozioni.
"Dobbiamo andare a Roma per qualche mese anche noi" propose poi mia moglie, stringendomi il braccio.
"Voi due l'adorereste. È la città più romantica di questa terra" affermò sicura Emma con un piccolo sorriso, mordendosi leggermente il labbro.
"Romantica? Questa è nuova" commentai ridacchiando.
Romantica. La mia bambina aveva appena detto la parola romantica. Con un vestito costoso addosso. E un profumo di mele e cannella.
Mary Margaret guardò la figlia e le bastò quello per capire, glielo si leggeva negli occhi.
"Da non crederci come sta, quasi non la riconoscevo, te l'ho detto" commentò Mary Margaret con un sorriso, avvicinandosi a lei ed accarezzandole la schiena.
"Forza la cena è sul fuoco" precisò poi accompagnandola nella sala da pranzo, mentre si voltò a guardarmi con un sorriso.
Eppure io quel giorno mi ero posto un muro mentale per non vedere cosa fosse effettivamente accaduto al mio scricciolo i mesi in cui era fuggita dalla mia ala.
"Cosa hai fatto in questi mesi?" chiese Emma.
"Oh io niente... piuttosto è successo qualcosa?" chiese Mary Margaret indagando con un sorrisetto.
Neal guardò la sorella curioso, mentre Emma si rivolse alla madre. "Ecco si" confessò, facendomi sobbalzare seppur chiacchierassero a bassa voce.
Cambiamento in arrivo.
Non potevo tuttavia minimamente immaginato che sarebbe stato di proporzioni titaniche.

Mary Margaret la prese sotto braccio amorevolmente.
"Sono così tesa... competere con la cucina italiana" commentò poi, come se Emma non avesse detto nulla di così straordinario.
Emma ridacchiò, poggiando la testa sulla spalla di Mary Margaret.
Le guardavo da lontano vicino all'uscio della porta della stanza, eppure non sembrava una cosa da niente quello che Emma volesse raccontarci.
Abbassai lo sguardo pensieroso, avvicinandomi alla piccola tavolata, mentre Emma si sedette composta. Non l'avevo mai vista così agitata.
Stava raccogliendo le parole esatte per dirlo, come quando aveva rotto il tostapane o aveva preso C- al compito di fisica per il quale il giorno prima, invece di studiare, era andata ad una festa.
Eppure non doveva essere una cattiva notizia per renderla così felice.
Spostò la sedia, accomodandosi insieme al resto della famiglia, mentre aiutavo Mary Margaret a servire la cena.
Il leggero silenzio che si era creato dopo il brindisi venne rapidamente riempito dal mio elenco di cose da fare per la settimana.
"Allora ora che siamo tutti sotto lo stesso tetto abbiamo temi fondamentali da discutere. Primo nella lista: giovedì chi viene all'incontro di basket?" chiesi cercando di darle il tempo di calmarsi.
"Io sicuramente si" affermò Neal con un sorriso.
La nostra famiglia non ha mai perso una partita: i nostri venerdì sera sono sempre stati descritti dalla tv a tutto volume, i miei due cuccioli accanto a fissare incantati l'azione e la mia splendida moglie che con la sua angelica voce ci invita a non urlare come pazzi.
"Però con tutti gli impegni che hai" scherzai.
Emma teneva la testa fissa sul piatto, facendo quasi finta di mangiare.
Il suo appetito è una costante della sua personalità e non vederla mangiare era l'ennesimo campanello d'allarme.
"Caro no, io ho l'inventario giovedì" conversò Mary Margaret, addentando una fresina con il formaggio.
Annuì per poi rivolgere lo sguardo ad Emma.
"Giovedì certo, assolutamente" rispose Emma, deglutendo a vuoto e tornando a giocare con il cibo.
"Neal potresti usare la forchetta?" lo rimproverò Mary Margaret con fare delicato.
Il piccolo alzò leggermente gli occhi al cielo, ma obbedì, mentre Emma mise una mano sull'altra con fare pensieroso.
Tamburellò le dita sulla mano destra, mentre Mary Margaret la guardava con un piccolo sorriso.
"Numero due: Bon Simon da un concerto al forum e forse posso avere degli ottimi posti"
Mary Margaret spalancò leggermente gli occhi con fare sorpreso.
"Oh... si certo" disse Emma sorridendo.
Mary Margaret inarcò un sopracciglio continuando a fissarla con un sorrisetto.
"Allora per Bon Simon un oh si certo" commentai guardando Mary Margaret.
La moglie ridacchiò, abbassando lo sguardo scuotendo leggermente la testa.
"Si potrà tradurre con si?" chiesi poi.
Emma accennò solo un sorriso.
"Va bene telefono al tizio" segnai, mentre Mary Margaret tamburellava con l'indice sul mio braccio.
"Mh caro..." commentò con la bocca leggermente piena. "Mi prendi quella bottiglia di vino nel frigo?"
"Ma certo" replicai.
Emma prese coraggio, alzando leggermente il tono ed attirando la nostra attenzione.
Mary Margaret le sorrise curiosa.
"Aspetta io non... non lo so"
"Non ti va di sentire Bon Simon?" chiesi, alzandomi per andare a prendere il vino.
"No mi va è solo che..."
"Cosa c'è?" chiese Mary Margaret con l'espressione che teneva dall'inizio del pranzo.
"È successo qualcosa?"
"Si" annuì Emma entusiasta. "Si infatti mamma" precisò poi con tono un po' evasivo.
Si inumidì le labbra, facendo per parlare.
"Dio com'è difficile a dirlo dei genitori, specialmente quando sono i miei." mormorò. "Oddio" commentò poi alzando la voce.
Mary Margaret si fece attenta rivolgendole un dolce sorriso, seppur curiosa e confusa, cercava di esprimerle il suo supporto.
"Tesoro dillo, che sarà mai" commentai tranquillo, cercando di rassicurarla, mentre versavo il vino nel bicchiere e portavo la bottiglia a tavola.
"Si dillo" le fece eco Neal
"Okay..." disse Emma imbarazzata mentre si grattava leggermente la testa e prendendo coraggio.
Prese un respiro profondo giocherellando con le sue mani.
"Ho incontrato qualcuno a Roma, viene da Los Angeles..."
Mary Margaret si pulì leggermente la bocca con il tovagliolo, ascoltandola interessata.
"Abbiamo cominciato a vederci, parecchio, e....e mi sono innamorata. È eccezionale, incredibile e dolce... è veramente successo" disse emozionata, mentre Mary Margaret continuava a mangiare tranquilla seppur con quella dannata espressione per poi spalancare la bocca.
Qualcuno. A Roma. Innamorata.
Decisamente non ero preparato a quello che sarebbe accaduto dopo.

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