1.1
In quel momento sembrava che la situazione si fosse congelata: Emma pareva assomigliare tanto a sua madre con quegli occhi che le brillavano.
Non sembrava neanche lei, sempre disinteressata alle questioni di cuore, con le sue occhiatacce ben piazzate e le smorfie di disgusto quando io e sua madre provavamo a dimostrarci innocente affetto davanti ai nostri figli.
"Oh tesoro è una splendida notizia" commentò Mary Margaret sorridendo, mentre io mantenevo il mio sguardo composto non troppo entusiasta, anzi che peggiorava ogni frase di più.
Il mio cervello si rifiutava di elaborare la notizia.
La mia bambina era innamorata? La stessa piccola bambolina dai riccioli d'oro che si dondolava sull'altalena e l'unica cosa che desiderasse al mondo erano il gelato e la pizza? Non poteva essere vero.
Quel dolce cucciolo nella sua salopette azzurra e il cappello da baseball, i cui occhioni color smeraldo non cercavano altro che il mio sguardo per sentirsi al sicuro?
"È una cosa seria quindi?" chiese la madre, facendosi travolgere dal suo entusiasmo.
Emma sembrava essere davvero al settimo cielo.
Tremava tutta, tesa ma così impaziente di rivelare la notizia.
"Più che seria.... noi... noi abbiamo deciso di sposarci."
Mary Margaret la fissava con la bocca ormai spalancata travolta dalle emozioni, mentre io quasi mi affogai con il boccone.
Non avevo davvero sentito quell'affermazione, doveva per forza essere un crudele scherzo.
Aveva la minima idea di cosa significasse la parola matrimonio?
Un passo talmente importante ed impegnativo richiedeva una gran dose di giudizio e conoscenza reciproca ed in soli quattro mesi era decisamente impossibile.
"Cosa?" sussurrò mia moglie guardandomi.
"Ciò significa che sono fidanzata." completò Emma non riuscendo a contenere la sua gioia e zittendo la tavolata.
Se sua prima uscita non era stata abbastanza scioccante, sentirselo ripetere era ancora peggio.
Il silenzio era tombale. E non aveva nemmeno ancora detto il resto.
"Io sono fidanzata. Mi sposo, ci sposiamo." ripeté gridando emozionata come una pazza isterica per cercare di uscire da quella imbarazzante situazione.
Sembrava un urlo catartico, come se si fosse liberata da un grande peso, ma che non diede l'effetto sperato.
Deglutì con una faccia seria.
Mary Margaret mi guardò e poi rivolse la sua attenzione ad Emma travolta delle emozioni.
"Congratulazioni" commentò Neal tranquillo, decisamente in un'età in cui non gli importava effettivamente di quello che stesse accadendo.
"Oh mio Dio... oh mio... oh mamma mia." Mary Margaret ridacchiò tentando di realizzare, ma non si scompose poi troppo.
Non diteglielo, ma uno dei difetti della perla di donna che ho l'onore di chiamare moglie è il suo livello di romanticismo.
Il nostro rapporto l'ha talmente stravolta da credere che qualunque storia d'amore sia una fiaba con uno smielato lieto fine.
In fondo esiste un solo principe azzurro e se lo ha sposato lei non penso ci sia così tanta scelta ormai.
Solo a guardare la nostra bambina negli occhi si era subito convinta che avesse trovato la sua dolce metà, senza nemmeno prendersi la briga di conoscerla.
Non l'avevamo mai vista così, la mia Emma non era mai stata così. In quel momento il mio cervello si spense. Matrimonio? Emma e matrimonio nella stessa frase? Che diavolo era successo in quattro mesi per farle prendere una decisione così affrettata?
Mary Margaret sorrise dolcemente alla figlia, ignorandomi totalmente, per poi guardare la sua mano, cambiando argomento.
"Oh mio Dio e...e quello è l'anello di fidanzamento?"
"Si. È l'anello della sua famiglia. Dice che deve avere almeno cento anni" sorrise lei orgogliosa, portandosi la mano vicino al viso.
Era davvero cotta.
Neal le strinse la mano sorridendole. "Wow" commentò.
"Sono felice per te" affermò solo, mentre Emma gli scompigliò i capelli.
"Papà smettila, di qualcosa" sbottò Emma sorridendo, impaziente.
"Papà?" chiese, impaziente di sapere cosa ne pensassi.
"Come dici scusa?" mormorai, mentre iniziai a vedere al posto di mia figlia, una bambina di sette anni con le treccine e la sua salopette azzurra.
"Ho conosciuto qualcuno a Roma papà, è brillante e gentile e intelligente e... e ci vogliamo sposare" ripeté, con la sua vocina dolce, stringendo il suo cigno di peluche.
Deglutì a fatica, battendo più volte le palpebre.
"Papà... va tutto bene?" chiese Emma e la sua voce da adulta mi riportò alla realtà.
"Mamma Cos'ha papà?" commentò poi preoccupata.
"David... David" mi chiamò Mary Margaret come a volermi svegliare dal mio stato di trance, mentre Neal aveva un ghigno divertito sul viso.
"Cosa c'è?" chiese, mentre i miei occhi sembravano uscire fuori dalle orbite.
In quel momento l'unico istinto sensato che attraversò la mia mente fu quello di ridere: scoppiai a ridere ed una risata isterica invase la stanza.
Emma mi guardava attenta accennando un piccolo sorriso confusa, in attesa del mio riscontro.
"Questo... questo.... Ma questo è semplicemente ridicolo" affermai passando dalla risata, alla più totale furia.
Emma spalancò gli occhi delusa.
"Tu....Sei... sei troppo giovane per sposarti." commentai all'improvviso con un tono completamente diverso, cercando di mantenere la calma, il sorriso scomparso totalmente dal mio viso, lasciando posto ad un cipiglio arrabbiato e terrorizzato da quella situazione.
"Troppo giovane? Papà ho ventidue anni. Se non mi sbaglio un anno più della mamma quando ha sposato te" controbatté Emma decisa.
"Non è vero nel modo più assoluto" replicai risoluto.
Mary Margaret ridacchiò alzando gli occhi al cielo. "No...Tesoro ti sbagli"
Spalancai gli occhi leggermente.
"Avevi la sua età quando ti ho sposata?" chiesi gesticolando.
"No, ero più giovane. Avevo la sua età quando è nata lei" mi fece notare Mary Margaret, indicandola.
Emma incrociò le braccia e conoscevo bene quello sguardo: gongolava per la vittoria, come quando mi stracciava a poker in modo del tutto leale.
Iniziai ad annaspare. Le due donne della mia vita si erano schierate contro di me.
"Que...questo Non... non importa. Erano altri tempi. Tua madre era... matura. E i ventidue di oggi non sono... come allora. Accendete il condizionatore fa un caldo" commentai poi sbottonandomi il colletto della camicia.
Neal sospirò, alzandosi per accenderlo. Povero ragazzo, sembrava invaso dai matti quel giorno.
"E poi non dicevi di non volerti mai sposare perché avresti perso la tua identità?" le ricordai cercando di dissuaderla.
Emma mi guardava attenta.
"Pensavo non credessi nel matrimonio, o che volessi trovare un lavoro prima di legarti, per avere una tua indipendenza economica" tentai.
"Ascolta papà...non credevo nel matrimonio finché non mi sono innamorata. È una persona diversa da chiunque altro abbia mai conosciuto, con cui voglio passare il resto della mia vita" affermò con gli occhi che le brillavano.
Mary Margaret la guarda con le mani unite sognante, riuscendo a percepire l'amore spruzzarle da tutti i pori.
"E non perderò la mia identità, perché non è come tutti quelli che ho incontrato. Insomma é come te papà" disse cercando di convincermi sorridendo.
La ascoltai non troppo entusiasta, però incuriosito da quel ritratto.
Erano rare qualità e, considerato il fatto che sono il suo modello, doveva essere qualcuno di davvero speciale per paragonarci.
"Solo che è brillante" precisò sognante, mentre inarcai un sopracciglio e la madre trattenne una risata, inumidendosi le labbra.
Era come me, ma brillante. Cioè migliore del suo eroe? La faccenda si faceva sempre più seria.
"È entusiasta del fatto che sono architetto. Vuole che progetti io la casa in cui vivremo e dice che si trasferirà ovunque avrò un lavoro."
Emma abbassò lo sguardo per poi sorridere.
"Dammi un po' di fiducia, David"
Spalancai gli occhi a quella frase. Che diavolo era questa novità?
"Non sposerò un bovino che mi vorrà in reggicalze e grembiulino. È un genio, è così dolce ed io provo dei sentimenti che prima non avrei mai immaginato di poter sentire" spiegò Emma calma.
Mary Margaret annuì al suo discorso, curiosa di conoscere altri dettagli su questo misterioso amore. "E che lavoro fa?" chiese.
"Consulente indipendente di comunicazioni elettroniche." rispose prontamente Emma.
Era così disponibile a fornire nuove informazioni che mettessero in luce la sua carriera o le sue qualità alquanto nascoste.
"Indipendente?" commentai, mentre la folle figlia annuì.
"Si" confermo, mentre la fissavo con un sopracciglio inarcato.
Sospirai sbottando. "Si...In codice sta per disoccupato"
Emma mi guardò sbuffando infastidita.
Le stavo facendo notare un terribile errore e questo ogni volta la mandava su tutte le furie.
Dovevo rimetterla con i piedi per terra e farle capire che le sue fantasie l'avessero trascinata troppo oltre, lasciandosi travolgere dalle emozioni.
"Ottimo, hai pescato un disoccupato brillante, non bovino, geniale che io mi troverò sul gobbo. Immagino che dovrò assumere lui e licenziare qualche bravo lavoratore con tre figli, perché il mio generuccio, il consulente indipendente di elettroniche non si sa che... non trova lavoro in nessun altro posto. Lo credo che si trasferisce dovunque lavori tu" dissi gesticolando arrabbiato.
"Papà credimi ti stai sbagliando di grosso" affermò Emma decisa.
"E chi sposerai sentiamo? Il classico bravo ragazzo che ci ruberà tutto, anche le mutande, per poi scappare in Messico? Oppure che ti metterà incinta per poi frodare di tutto il frodabile?!" dissi sarcasticamente.
Poi un lampo mi colpì a mezzogiorno: forse c'era una logica in tutto quel caos che Emma aveva portato nella nostra casa.
"Non sarai mica incinta?" chiesi con un fil di voce, terrorizzato dal solo pronunciare quella domanda.
In fondo aveva senso, perché mai sposarsi con tanta fretta?
"No!" sbottò Emma inorridita.
"Credi davvero che mi sposerei per quello? Che avrei mai potuto nascondervi una cosa del genere?!" esclamò stupita dalla mia affermazione.
Certo, lei poteva arrivare qui, sganciare una bomba e avere l'audacia di arrabbiarsi per delle ipotesi sensate per fare questa follia. Fantastico.
"Innanzitutto non avrai un genero"
Bomba numero due. Sperai per un attimo di aver capito male.
"La mia futura moglie si chiama Regina Mills. È una donna meravigliosa, bellissima, regale, gentile, educata e... semplicemente perfetta. Ed io la amo."
Buio a mezzogiorno.
Strabuzzai leggermente gli occhi, sorpreso da quest'ultima affermazione.
"Una... una donna?" chiesi confuso.
"Si" disse Emma, a disagio da questo mio tentennamento.
"Sono stata io a chiederglielo, quindi non dare di matto. La colpa è mia, se ci troviamo in procinto delle nozze. Ho agito d'istinto, come mi hai sempre detto tu"
Ah era stata lei a fare tutto questo disastro? Era decisamente una delle sue reazioni eccessive.
"Tutto questo è assolutamente ridicolo. Una moglie, questa è pura follia" commentai scoppiando a ridere nuovamente per il nervoso.
Emma mi guardò con le lacrime agli occhi, ferita.
Ok, ok forse avrei dovuto iniziare meglio il mio discorso. Decisamente aveva frainteso a cosa mi stessi riferendo.
"Tu non ti sposi, fine del discorso" affermai sicuro.
Emma scosse la testa, tenendo lo sguardo basso, mentre Mary Margaret la guardava preoccupata.
"Dio papà credevo saresti stato almeno un po' felice per me... capisco la sorpresa, la confusione ma questo?! Mi scoppi a ridere in faccia, mentre ti mostro i miei progetti? Pensavo fossi diverso" commentò delusa, lasciando la tavolata camminando velocemente.
Mary Margaret mi guardò arrabbiata, per poi tirarmi un pugnetto sul braccio.
La guardai per poi notare la sua espressione.
"Vuoi dirmi che sei contenta di questa cosa?" commentò.
"David, smettila di comportarti come un padre pazzoide! Vai fuori e parlale, prima che lei fugga da quella porta, sposi quella ragazza e non la vediamo mai più" affermò Mary Margaret preoccupata.
Sospirai sussurrando un "va bene" ed mi alzai, posando il tovagliolo sul tavolo.
"Ragazza? Chi l'ha detto che è una ragazza? Potrebbe anche essere una donna di cinquantacinque anni" precisai, mentre Neal sospirò roteando gli occhi.
Mary Margaret prese un bicchiere di vino, guardandomi scuotendo la testa con un piccolo sorriso sul viso.
Certe persone non cambiano davvero mai.
Emma camminava avanti e indietro nella piccola veranda, per poi vedere l'orribile padre avvicinarsi a lei palleggiando con un palla da basket.
Emma iniziò la conversazione parlando velocemente arrabbiata.
"Consulente di comunicazioni elettroniche non significa essere bovini inabili al lavoro. Si da il caso che Regina sia un genio del computer. Le compagnie la mandano in tutto il mondo ad istallare impianti complessi e parlare alle conferenze stampa; grandi banche la mandano a Tokyo, in Brasile, a Ginevra. È un vero genio" spiegò Emma entusiasta nel raccontare il suo lavoro, per poi calmarsi nel corso della conversazione.
Accennai un sorriso. "Questo l'abbiamo già detto" puntualizzai ridacchiando.
Si entusiasmava sempre quando parlava delle cose che le interessavano: abbiamo passato ore a discutere delle dinamiche e delle teorie di Star Wars.
Era sempre arrabbiata quando puntualizzava qualcosa su cui gli altri non erano d'accordo e si animava di determinazione per far capire il suo punto di vista.
In quel momento questa famosa fidanzata era diventata la sua Anakin Skywalker.
Va bene, direi che sia il caso di cambiare metafora.
"E quanti anni ha questo genio?" chiesi calmo, lanciandole il pallone da basket.
"Ventisei. E non cinquantacinque" rispose Emma, rilanciandomelo con più forza.
Più o meno come me e sua madre.
Sorrisi appena sentì nominare la parola cinquantacinque. "Ci hai sentiti eh?"
Emma annuì. "Vi sento quando siete nella stanza accanto" commentò con un piccolo sorriso.
Si nascondeva sempre vicino alle scale per spiare cosa facevamo quando fossimo da soli, se stessimo parlando di lei discutendo su darle il permesso o meno, le nostre chiacchierate leggere notturne prima di dormire, i nostri piccoli battibecchi che terminavano sempre con teneri baci leggermente più appassionati.
Mary Margaret mi toccava sempre leggermente la spalla indicando la nostra piccolina dai riccioli d'oro che ci fissava dal suo nascondiglio segreto.
Annuì, raccogliendo le parole giuste.
Emma era una ragazza giudiziosa, meritava decisamente almeno un'occasione.
"Se le vuoi tanto bene tu, sento già che gliene vorrò anch'io"
Emma sorrise grata, abbracciandomi dolcemente.
La strinsi a me, accarezzandole i capelli biondi profumati. "Regina...?"
"Mills." rispose.
"Smanio per conoscerla" commentai, posando una mano sul suo viso con fare affettuoso.
"Bene. Perché fra un'ora verrà per conoscere voi" rispose Emma.
Accennai un sorriso, annuendo.
"Va bene, va bene. Allora conosciamo questa, come hai detto che si chiama?"
"Regina, Regina Mills" rispose Emma seccata per averlo ripetuto almeno quattro volte.
Assunsi un'espressione pensierosa. "Nome altezzoso" commentai poi riflettendoci.
Emma annuì. "Si lo so, può sembrare superba, ma è solo apparenza. Credimi è speciale"
La guardai accarezzandole il viso.
"Sei sicura di questa scelta?"
Emma abbassò lo sguardo. "So di averla appena conosciuta, ma io la amo e voglio passare il resto della mia vita con lei. Dico sul serio"
Sembrava davvero sicura di sé oppure troppo ubriaca d'amore per rendersi conto di quello che stesse facendo, così decisi di cambiare direzione.
"Bene basta parlare di matrimonio" affermai.
"Piccolo singolare, forza" dissi lanciandole la palla, che prese al volo.
"Papà ho i tacchi alti" protestò Emma, dispiaciuta.
"A scarpe c'è da scegliere" le ricordai, inarcando un sopracciglio.
Emma fece un sorrisetto di sfida annuendo.
Pochi attimi dopo aveva già le scarpe da ginnastica ai piedi, una felpa extra large, i pantaloni di tuta e i capelli legati in una crocchia disordinata.
Assomigliava molto di più alla Emma che conoscevo.
Palleggiava concentrata, mentre difendevo il canestro.
Ne fece molti quella sera, nonostante non giocasse da un bel po'.
Mi difesi anch'io bene, precisiamo.
"Forza forza" la incitavo scherzosamente.
Emma guardava il pallone concentrata, quando all'improvviso feci canestro lanciandola da dietro, con una mossa alquanto buffa ma precisa.
"Accidenti" commentò arricciando il naso.
Feci un balletto di vittoria, per poi riprendere a giocare.
Quella sera tuttavia non era molto concentrato sulla partita.
Guardavo la mia bambina che si scostava i capelli dal viso, che aveva lo stesso profilo di sua madre, che assomigliava così tanto alla donna che amavo.
Con maestria si difendeva da tutte le mie mosse e, nonostante l'avessi bloccata anche "contro le regole", era riuscita a fare un canestro perfetto.
Per un attimo al posto suo vidi quella bambina di cinque anni che mi pregava di prenderla in braccio per fare canestro, troppo alto per la sua piccola altezza.
Poi Emma di appena dieci anni che riusciva da sola a centrarlo al contrario.
La guardai orgoglioso, mentre accettavo la sconfitta di buon grado.
"Ho vinto!" esclamò Emma battendomi il cinque entusiasta.
"Va Bene, va bene, andiamoci a cambiare" ammisi, stringendola a me.
Emma posò la testa sul mio petto affettuosamente.
"Non ti sposerai davvero?" chiesi per sicurezza.
"Papà... smettila" rise lei, dandomi un dolce bacio sulla guancia.
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