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Capitolo 4

Il suono della sveglia mi desta dallo stato di torpore. Tiro una manata in direzione da cui proviene il trillo mentre sbuffo ancora assonnato.
L'aggeggio continua a trillare: mi volto dall'altra parte, sistemando la coperta leggera e svogliatamente interrompo quel suono assordante.
A tentoni tasto il lato dove dorme Jasmine. Tocco il lenzuolo invece del suo corpo, e a questo punto, comprendo che si è svegliata prima.

Mi alzo dal letto. Sbadigliando assonnato, mi gratto la testa un po' confuso. «Jasmine, amore sei qui?», domando, vagando per le stanze in boxer ma, niente, di lei nessuna traccia.
Sul tavolino della cucina noto un foglietto con scritto:
Buongiorno amore, ben svegliato, sono a lavoro. Ti ho preparato la colazione. Baci, ti amo.
Jasmine.

Leggendo quel messaggio sulle mie labbra si allarga un sorriso.

Mi dirigo in bagno e faccio una doccia veloce. Dopo essermi preparato e aver degustato i waffle al cioccolato, preparati accuratamente dalla mia fidanzata, mi sono messo in viaggio per raggiungere la mia postazione di lavoro.

Percorro il centro cittadino: gli edifici, le strade affollate. Mi fermo al semaforo, osservando i pedoni che proseguono sulle strisce. Un leggero venticello che filtra dal finestrino abbassato mi scompiglia i capelli. Si sentono alcuni clacson e gli schiamazzi dei ragazzi che salgono sul bus diretti a scuola.

Proseguo per la 1120 SW 3rd Avenue ed entro nel parcheggio del quartier generale.
Scendo e mi avvio all'ascensore. Mentre digito il tasto per l'undicesimo piano dove ci sono il mio ufficio e quelli dei miei colleghi, vedo una sagoma maschile venirmi incontro, è mio fratello, Matthew, la mia copia spiccata. Stessi capelli castano chiaro, occhi cerulei. Siamo pressoché identici essendo gemelli. Lavora anche lui nel reparto investigativo, ma nella sezione ricerca persone scomparse.

Entra frettolosamente nell'ascensore e le porte si chiudono poco dopo. 
«Ehi, bro, come va? Devo parlarti. Ti raggiungo nel tuo ufficio.», noto che ha in mano un mucchio di scartoffie che lo ingombrano. 
«Ehi, Matt, tutto bene, serve una mano?»
«No, lascia stare, faccio da solo, allora a dopo!», dice sbuffando e frettoloso mi saluta con un cenno della testa uscendo dalle porte dell'ascensore.
Mi gratto la nuca confuso, e alzando gli occhi al cielo sospiro rassegnato.

Eh, già, credo che si sia svegliato con la luna storta, come al solito.

Resto per un attimo indietro. Lo vedo entrare nel suo ufficio accanto al mio con la targhetta con scritto: Nathan Dennisov.
Deciso apro la porta ed entro.

Avanzo verso la scrivania e mi siedo sulla sedia girevole. 
Do uno sguardo ad alcune foto di famiglia tra le quali una che mi ritrae insieme a mio fratello e ai miei genitori.
Osservo con malinconia il sorriso vivace di mio fratello. In effetti non c'è più quel rapporto in simbiosi del passato, eravamo inseparabili, ma poi con il tempo crescendo Matthew è cambiato. Tra di noi non si crea un discorso se non a interesse lavorativo e, da parte sua, c'è un inspiegabile distacco. E questo mi delude.

In passato lavoravamo insieme nella polizia stradale, eravamo culo e camicia, ma poi accadde quell'incidente stradale sotto un diluvio: ero alla guida e lui sedeva accanto a me; stavamo inseguendo un malvivente che aveva commesso una rapina in una banca e ci eravamo spinti all'inseguimento. Poi tutto accadde in un attimo. Le immagini sono confuse, ricordo il suono dello schianto, poi un dolore acuto all'addome, come se mi avessero pugnalato, e prima di perdere i sensi, vidi la sagoma sfocata di mio fratello uscire dall'auto e fu tutto buio... Sentii le sirene dell'ambulanza. Quando mi svegliai in ospedale il mattino seguente, Matthew non volle più lavorare in coppia con me.

Lavorare di nuovo con lui mi piacerebbe molto, anzi sarebbe divertente ma dubito che accadrà. Il suo carattere scontroso e sempre con quell'espressione corrucciata mi dà sui nervi. 

Gli voglio un bene dell'anima, ma vorrei solo che tra di noi tornasse tutto come prima: le uscite insieme, le chiacchierate al pub, le serate in discoteca. Insomma, mi manca proprio quell'armonia che condividevo con lui. 

Spero che un giorno possa tornare il vecchio Matthew, il mio migliore amico e fratello di cui sono orgoglioso, con i suoi pregi e difetti.

Sorrido da solo nel riflettere e ricordare le partite ai videogame e le volte che giocavamo a basket: a Wallace Park.

Noto una foto che mi ritrae insieme a Caleb, mio fratello maggiore. Fatta eccezione per i capelli neri, mi somiglia anche lui: come me e Matthew ha gli occhi azzurri.

Mi manca così tanto, chissà adesso dove sarà.

Se ne andò via lasciandoci una lettera in cui diceva che sarebbe tornato da noi dopo essersi pentito degli errori che aveva commesso. Per me resta sempre mio fratello. Anche se la dipendenza dagli stupefacenti lo ha reso una persona diversa, continuo a volergli bene, sperando che un giorno le nostre strade si possano incrociare, per potergli dare un'altra chance, una possibilità di tornare a essere mio fratello.

Osservo quell'immagine con il cuore colmo di tristezza, percepisco gli occhi pizzicare. Trattengo le lacrime. Non voglio piangere, non posso, devo essere forte. 

Mi chiedo se mi avrà dimenticato. In fondo, ormai, sono trascorsi anni dal suo allontanamento. Eppure, spesso non faccio a meno di pensare a lui mi manca così tanto, vorrei rivederlo.

Vedo sulla scrivania un fascicolo con scritto: indagini caso Samantha Donovan. Probabilmente me li avrà lasciati Matthew.

Continuo a indagare e ispezionando i fascicoli vecchi spunta un testimone: sembra sia un clochard che afferma di aver visto Samantha la notte della sua scomparsa. Un certo Hans Fletcher di origini Tedesche. Mi gratto il mento pensieroso.

E se questo Hans dicesse la verità? Forse è il caso di fargli una visita.

Il bussare alla porta interrompe i miei pensieri e la mia ricerca. «Avanti», dico guardando la porta che in questo momento si spalanca e vedo entrare mio fratello.

Si siede sulla poltrona di pelle rossa che mi è di fronte. Mi osserva con il suo solito cipiglio e accavalla la gamba destra sulla sinistra.
Mi guarda negli occhi con uno sguardo serio. «Dunque di cosa dovevi parlarmi?», domando guardandolo negli occhi.
«Ho saputo che hai chiesto di occuparti del caso della scomparsa di Samantha. Papà mi ha riferito che inizieremo a indagare insieme, dunque sono costretto a lavorare con te a questo caso.» 
Alza gli occhi al soffitto incrociando le braccia al petto contrariato.

Non ha gradito che sarò il suo partner durante questa indagine! Iniziamo bene.
«Comunque mi chiedo, perché hai chiesto di lavorare a questo caso?»
«Perché vorrei fare luce sulla scomparsa della mia migliore amica?», gli lancio un'occhiata.
Scuote la testa, sbuffando. «Siamo a un punto morto, è scomparsa da due anni e non si hanno più notizie. Non è un rapimento con riscatto, capisci? È sparita nel nulla. Sicuramente non sarà più in vita. Avrà incontrato qualche malintenzionato che le avrà fatto del male, e...», non riesce a termine la frase.

Quelle ipotesi mi fanno male, è chiaro che mio fratello mi stia spronando a desistere per evitare che possa assistere al ritrovamento del cadavere della mia amica. Non voglio accettare che lei sia morta. È strano, eppure sento che lei è ancora viva, il mio istinto mi dice che è da qualche parte, non so dove, ma è viva.

«È doloroso, ma dovresti prepararti al peggio, nel caso in cui trovassimo il suo cadavere sarebbe un duro colpo. So che ci tenevi molto a lei e mi dispiace tanto per ciò che è successo con la sua scomparsa, ma sei sicuro di poter essere in grado di prendere parte a questo caso?», incalza con un'espressione severa in volto.

Evito di guardarlo negli occhi, e subito dopo, punto lo sguardo su di lui, che intanto picchietta nervosamente le dita sul bracciolo.

«Intendo risolvere questo caso, anche se giungere alla verità dovesse rivelarsi doloroso. Samantha è scomparsa da due anni è vero, non si hanno più sue notizie. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Ecco la mia ipotesi: credo che sia ancora viva, qualcuno potrebbe averla rapita e segregata da qualche parte.», deduco convinto.

Mio fratello mi guarda con il suo solito cipiglio, subito dopo scoppia a ridere. «Complimenti, ma resta solo un'ipotesi. Nathan, non abbiamo un cazzo di indizio. Niente colpevole, nessun sospetto niente di niente! È come cercare un ago in un pagliaio!», sbotta passandosi le mani tra i capelli con un'espressione turbata.
«È vero, non abbiamo nessun indizio, ma sono certo che con il mio intuito possiamo riuscire a fare luce su questo astruso caso. Vuoi aiutarmi a risolverlo, sì o no? Ascoltami, ti prego, credimi. Insieme ci riusciremo!», concludo serio, guardandolo negli occhi e lui sospira profondamente.

«Hai trovato qualcosa d'interessante fra i fascicoli delle precedenti indagini?»
«I nostri colleghi dedussero che si trattasse di un allontanamento volontario, ma sinceramente, questa ipotesi non mi convince per niente, se fosse davvero un allontanamento volontario, Samantha alla fine avrebbe contattato i suoi genitori per rassicurarli, non ti pare? C'è qualcos'altro dietro.»
«In effetti... Be', scartiamo l'allontanamento volontario, oltre questo cosa abbiamo, niente!»
«Ehi, non essere pessimista, qualcosa d'interessante l'ho trovato, analizzando i fascicoli dell'indagine precedente dei nostri colleghi ho scoperto questo!», affermo mostrando il DVD e lo inserisco nel lettore.
«Ah, e a cosa ci servirebbe?»
«Guarda attentamente questo filmato, noti qualcosa d'insolito?», domando cliccando play facendo partire il video.
Matthew è accanto a me con la mano poggiata sullo schienale della poltrona. «Aspetta! Adesso che ci penso, questo tipo non mi sembra affatto convincente!» 

«Giusto, sembra che stia recitando un copione la parte del ragazzo disperato... Riflettendoci credo sia una buona idea indagare su di lui, che ne pensi?»
«Non credo sia una pessima idea, magari scopriremo qualcosa.», ribatte grattandosi il mento pensieroso.

Estraggo il disco dal lettore e lo inserisco nella custodia e lo ripongo nella ventiquattrore. «A proposito, c'è un testimone: Hans Fletcher, un senzatetto che afferma di aver visto Samantha la notte della sua scomparsa. Che dici se andiamo a interrogarlo?»

«L'unico testimone è un clochard? Bene, andiamo proprio bene...»
«Sei scettico, smettila di protestare sempre. Cosa facciamo? Andiamo a cercare questo testimone, sì o no?», ribatto incrociando le braccia al petto.

«Va bene andiamo.»
«Matt, ho un'idea: indagheremo riguardo Lucas Reed, ma per adesso andremo alla ricerca di questo Hans, poi andremo a casa di Samantha per interrogare i genitori. Vorrei ispezionare la sua stanza. Potremmo trovare un indizio sfuggito ai nostri colleghi. Cosa ne pensi?», enuncio guardandolo negli occhi mentre mi accingo a prendere dal cassetto il taccuino ormai pronto per iniziare l'indagine.

«Non è male come idea, chissà, vedremo. Bene, andiamo, che l'indagine abbia inizio!»
Usciamo dall'ufficio e oltre le vetrate, vedo i miei colleghi indaffarati nei loro uffici. Mi affretto a raggiungere il parcheggio sotterraneo dove con Matthew giungiamo alla mia auto: una Land Rover nera. 
Ho un'idea: contatto direttamente Chloe che dovrebbe essere in ufficio, uno due squilli e finalmente risponde. «Ciao Nathan, buongiorno, è successo qualcosa?» 
«No, niente, stai tranquilla, è solo che avremo bisogno di un favore... Gentilmente potresti cercare Hans Fletcher? È l'unico testimone sul caso a cui stiamo lavorando. Se potresti cercare la zona in cui bazzica abitualmente? Ci faresti un grosso favore.»
«Ah, d'accordo aspetta un attimo, Hans Fletcher hai detto? Bene vado a cercare nell'archivio, resta in linea.»
«D'accordo, aspetto con calma», allontano il cellulare dall'orecchio per poi guardare mio fratello. «Chloe sta cercando notizie su Hans, aspettiamo un po'.»
«Nathan sei ancora in linea?», domanda lei dall'altro lato.
«Certo, dimmi tutto, novità?», chiedo grattandomi la testa incuriosito.
«Allora, Hans Fletcher vive in strada nei pressi del locale Splash lounge bar. Al 904 NW Couch St. Serve altro aiuto?», domanda con fare professionale.

«Grazie di cuore, ci hai fatto un grosso favore. Ci si rivede buon lavoro.»
«Ma di che, figurati collega, è un piacere, ciao.» 
Sorrido chiudendo la chiamata. 
«Matthew, dobbiamo andare a 904 NW Couch St. Troveremo Hans.»
«Va bene, cambio di rotta», ribatte attivando il navigatore e in mezz'ora siamo finalmente arrivati al luogo prestabilito. Parcheggio l'auto e, in questo istante, scendiamo e guardandoci intorno iniziamo a perlustrare la strada in cerca di Hans. Ci sono persone che camminano sui marciapiedi, niente non c'è traccia di questo Hans, dalla foto è un uomo che può avere circa trent'anni, capelli rossicci, e occhi verdi. 

«Nathan credo che questo Hans non sia qui, magari è andato a mendicare in qualche altra strada. Andiamo, ci sta portando via tempo prezioso.»
Mi fermo all'improvviso notando un tipo dall'aspetto trasandato che suona l'armonica seduto su una panchina. «È lui, Matt lo abbiamo trovato!», esclamo, avvicinandomi all'uomo.
«Mi scusi lei è Hans Fletcher?», chiedo guardando l'uomo che voltandosi verso di me aggrotta la fronte perplesso. 
«Sì, sono io, e voi chi siete e cosa vi porta qui? È successo qualcosa?»
«Sono l'agente Nathan Dennisov e lui è il mio collega Matthew», dico mostrando i nostri distintivi. «Stiamo indagando sul caso della scomparsa di Samantha, lei ha affermato di averla vista la sera della sua scomparsa. Mi dica, cosa ricorda?» Gli mostro la foto della ragazza che osserva con attenzione.

Inarcando un sopracciglio, si avvicina la mano al mento grattandosi la folta barba con fare pensieroso. «Ricordo di averla vista in strada, fumavo una sigaretta... Mi offrì delle monete dopo che suonai l'armonica e poi svoltò l'angolo.»
«Dunque è tutto qui... Non ricorda o ha visto qualcos'altro?», domando osservandolo.
«Ricordo che ero incuriosito nel vedere una ragazza sola girovagare in strada a quell'ora di notte, così l'avevo seguita. Svoltato l'angolo vidi da lontano un ragazzo biondo purtroppo non riuscii a vederlo in viso perché era di spalle, lui spintonò la ragazza con la forza, lei si dimenava ma la caricò di peso su un'Audi nera... Questo è tutto ciò che ho visto.» 
«Un ragazzo biondo? Che sia Lucas Reed? È possibile... Grazie, Hans questo è per le informazioni. Le auguriamo buona giornata.» Sfilo dal portafogli cinquanta dollari che lui accetta riconoscente e mentre mi stringe la mano con l'altra conserva il denaro nella logora tasca del giubbotto.

«La ringrazio di cuore!» 
«Di nulla, arrivederci.», e con un sorriso lo salutiamo e ci avviamo all'auto.
«E bravo, ricapitolando: Hans ha detto di aver visto un ragazzo biondo, che costringeva Samantha a salire in auto, giusto? E se costui fosse proprio Lucas?» 
«È quello che mi chiedo anch'io, be' penso proprio che dovremmo fare una capatina da questo tipo. Adesso andiamo a fare visita ai genitori di Samantha.» 

Una volta saliti a bordo metto in moto, accendo il navigatore satellitare con l'indirizzo 1102 Lovejoy Street. Mentre guido con il finestrino abbassato, percepisco la leggera brezza che mi scompiglia i capelli donandomi una sensazione di benessere, ma a un tratto percepisco un forte odore di fumo, mio fratello si è appena acceso una sigaretta.

«Matt, ma che cavolo! Non fumare in auto!», protesto tossendo.
Di mattina non fumo e mi provoca fastidio l'odore.
Mi dà sui nervi il fatto che non ascolti i miei consigli, mi preoccupo per la sua salute.

Per tutto il tragitto ho dovuto battibeccare con lui che non vuole proprio saperne di smettere di fumare.
È il classico fumatore incallito, in effetti anch'io fumo, ma diversamente da lui ne ho bisogno solo quando sono stressato.

Il navigatore satellitare ci avvisa che siamo giunti a destinazione. Parcheggio vicino allo Starbucks e scendo dall'auto. «Okay, adesso la spengo», ribatte scendendo e gettando la cicca sul marciapiede. La spegne con un pestone del sinistro.
«Siamo arrivati, è qui dove abitava Samantha, andiamo?», chiedo mentre suono al citofono dove poco dopo sento una voce maschile. «Chi è?», risponde il padre della ragazza.
«Polizia di Portland, siamo qui per parlare di Samantha Donovan.»

Si sente subito il suono elettronico del portone aprirsi. «Salite, prendete l'ascensore al nono piano, in fondo a sinistra», risponde l'uomo cordiale.

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