Prologo
Una mattina come le altre, in quella solita camera che, pur essendo grande e accogliente, per lui emanava solo tristezza e solitudine. Un altro anno era iniziato, il primo Settembre era finalmente arrivato e lui non avrebbe messo piede per dieci mesi in quella dimora così scomoda. Quante volte da piccolo aveva chiesto a sua madre un fratello, quante volte aveva desiderato essere coccolato come i suoi compagni alle scuole elementari, quante volte aveva desiderato morire piuttosto che svegliarsi ancora e vedere quella faccia davanti.
Barty Crouch jr aprì gli occhi in modo molto svogliato, e lentamente si liberò dalle coperte che lo avvolgevano, che anche se profumavano ed erano appena state cambiate dall'elfa domestica Winky, per lui sembrava di essere schiacciato da una montagna.
Si alzò e raggiunse la sala da pranzo per la colazione, dove sua madre Madeline e suo padre Bartemius, da cui prendeva il nome, erano già seduti a bere dalle loro tazze. Bartemius leggeva il giornale, la Gazzetta del Profeta, come da abitudine, e borbottava tra sé e sé commentando gli ultimi avvenimenti. Barty non si stupì affatto, per suo malgrado, di non essere nemmeno degnato di uno sguardo da suo padre mentre lo aveva salutato con un distratto buongiorno, quando almeno sua madre gli aveva sorriso. Si sedette già con l'amaro in bocca, tanto che perfino il delizioso caffelatte, che adorava sorseggiare guardando il sole spuntare gli dava in bocca un gusto nauseante.
"Guarda Madeline, guarda tu che fecce" Disse Bartemius passando alla moglie il giornale indicando la prima pagina. La foto in grande mostrava un piccolo paesino raso a fuoco e fiamme dai Mangiamorte. Li ritraeva con le loro maschere, mentre mostravano bacchette e coltelli come pronti ad uccidere ancora. Anche se era solo un'immagine, erano davvero inquietanti. Eppure Barty da un po' di tempo li trovava... Affascinanti, il loro atteggiamento borderline nei confronti del sistema politico magico lo attiravano particolarmente. Aveva sempre sperato di poter essere allo stesso modo almeno con suo padre, di potersi far sentire anche solo per un buongiorno come si deve.
"Non pensarci caro, in fondo sono solo una cerchia ristretta di maghi; niente di così tanto preoccupante" Madeline cercò di calmare suo marito appoggiando una mano sul suo braccio, risvegliando il figlio dai suoi pensieri (fortuna che nessuno era legilimens); "Tu non puoi sapere quanti siano Madeline, potrebbero essere cinque, dieci, venti, cento forse!" protestò Bartemius sicuro che quello fosse il problema maggiore. Era davvero incredibile come riuscisse a parlare di lavoro ovunque andasse: a casa? Lavoro. Al parco? Lavoro. Da Florian? Lavoro. Così, come un disco rotto, come se l'unica cosa davvero importante fosse il lavoro al Ministero della Magia, e tralasciamo che passava addirittura notti dimenticandosi di moglie e figlio che si facevano venire i crampi allo stomaco pur di aspettarlo a cena. "Ma caro, non è compito del Ministero tenere l'ordine? Come hai visto non hanno ancora organizzato un colpo di stato, sono certa che sia tutto sotto controllo" disse la signora Crouch, più per convincere sé stessa che il marito. A differenza sua, lei aveva molta paura dei tempi che correvano, ma più di tutti la preoccupava la salute del suo unico figlio (non che avesse avuto problemi che le avessero impedito di concepire ancora, almeno salutarmente): aveva cercato di convincere più e più volte il marito a guardarlo con più prudenza, e se gli fosse successo qualcosa? E se lo avessero rapito? Erano una famiglia molto stimata al Ministero e soprattutto nell'ufficio Auror, tutti i requisiti per correre pericoli.
"Quindi tu mi stai dicendo che la cosa non ti preoccupa minimamente?" chiese Bartemius alzando un sopracciglio, e il figlio non ebbe difficoltà a notare che in tutta quella discussione non avevano ancora avuto l'idea di coinvolgerlo; "Certo che no Bartemius, ma sto solo dicendo che, con tutti gli Auror veterani e nuovi, non abbiamo di che preoccuparci in caso di un attacco. Giusto?" disse Madeline, e quell'ultima parola la rivolse a Barty (finalmente!). Lo guardò come se si stesse aspettando un consenso, una cosa tipo: certo madre, avete proprio ragione; oppure non dovete preoccuparvi, mio padre sa sicuramente cosa fare; o ancora Alastor Moody ha tutto sotto controllo insieme a Dorcas e agli altri, perché essere inquieti? Ma di tutte le possibili opzioni, a Barty non venne in mente altro che uno svogliato cenno con il capo seguito da un 'mmh' poco convinto. Tra tutte le domande che poteva fargli, tra tutti gli argomenti su cui potevano discutere mamma e figlio, proprio la politica? L'insula politica che a Barty non interessava minimamente? Se fosse stata una domanda come sei pronto per il tuo quarto anno ad Hogwarts? Oppure come te la cavi a quidditch? Il capitano ti ha dato un ruolo migliore? O ancora sei contento di rivedere tutti i tuoi amici?
Amici. Come se ne avesse. Quidditch. Come se potesse vantare di un talento unico. Ma almeno un argomento per lui, ALMENO. Invece no, tutto quello che era riuscita a chiedergli era se suo padre avesse ragione o meno.
Ma la sua vita era questa, era opprimente: si sentiva stretto in una casa fin troppo grande per tre persone; si sentiva solo anche se circondato da quadri chiacchieroni e ospiti inattesi; si sentiva estraneo anche se tutti, vedendolo, se ne uscivano con frasi tipo Ehi guarda: abbiamo il figlio di Crouch; è arrivato il figlio di Crouch; figlio di Crouch, figlio di Crouch, figlio di Crouch. La sua vita era questa, possibile che la sua intera esistenza dipendeva da suo padre, che qualsiasi cosa pensassero le persone si collegavano sempre a quell'uomo? Insomma: anche lui era qualcuno in fondo! Era tra i primi studenti di Hogwarts del suo anno, era bravo a volare e a lanciare incantesimi, addirittura al club dei duellanti l'insegnante diceva che dovevano prendere esempio da lui! Non era un'ombra! Guardò di nuovo la foto in prima pagina della Gazzetta del Profeta, uno dei Mangiamorte sembrava fargli l'occhiolino da dietro la maschera argentata, come se avesse intuito i suoi pensieri e gli stesse dando un segnale.
"Be' ora devo proprio andare, il lavoro chiama" fece alla fine Bartemius schiarendosi la voce e alzandosi; "E non saluti la tua famiglia?" disse Madeline seguendolo con lo sguardo. Bartemius fece dietrofront e stampò un bacio sulle labbra della moglie e diede una lieve carezza a suo figlio, poi si smaterializzò e la casa piombò nel silenzio. Ora che Crouch senior se n'era finalmente andato, l'aria si fece più rilassata, quella presenza tanto pesante non era più presente e parve che pure le pareti respirassero. A quel punto Barty sospirò e solo a quel punto Madeline si rese conto di avere suo figlio a tavola e non un ente del Ministero come suo marito: "Che cosa ti turba Barty caro? Sei preoccupato per il tuo nuovo anno?" chiese dolce; "Non è questo" disse lui continuando a guardare la foto sul giornale "È che... Questa la potete definire famiglia?"
"Ti stai riferendo ancora a tuo padre, vero?" chiese lei intuendo dove Barty volesse arrivare. Lui fece spallucce: "Non potete seriamente pensare che lo faccia per il nostro bene, non potete difenderlo ogni volta"
Madeline capì al volo il nesso, ogni mattina era la stessa storia: suo marito se ne andava e suo figlio faceva i capricci. Non era una scena nuova né tanto meno strana, ormai era abituata a discutere con Barty per cose trascurabili: "Tuo padre è sempre impegnato per mantenerci, lo fa per noi tesoro"
"Madre!" disse lui contrariato "Ma non lo avete visto? Se non lo aveste detto voi, non si sarebbe nemmeno fermato a salutarci, non se ne sarebbe nemmeno fatto il problema!"
"Insomma Barty, ma ti scandalizzò per un semplice ciao?" fece lei mantenendo la calma. Lui la guardò storto: "Ma... E vi pare poco?!" ma come poteva sua madre essere felice anche così? Come poteva accontentarsi di essere messa in secondo piano dall'uomo della sua vita? Perché non voleva aprire gli occhi, perché essere così cechi e sordi? "Sono quelle piccolezze che almeno ti fanno sentire importante per qualcuno! È mai venuto ad una partita di quidditch quando gliel'avevo chiesto? Ha mai guardato una mia pagella? Ha mai chiesto un colloquio per vedere se SUO FIGLIO avesse problemi?! Io da piccolo ti avevo chiesto un fratellino per avere un po' di compagnia, nemmeno questo ha voluto esaudire!" poteva comprendere che quelli fossero per lui più sfizzi di poco conto, ma erano quegli sfizzi che ti davano certezze chiare, anche solo un minimo; durante una partita, dove avrebbe potuto scorgere suo padre, lo avrebbe fatto sentire completo.
Alla fine, capendo che non avrebbe parato da nessuna parte, sospirò: "Vado a preparare le mie cose"
Entrò in camera sua, chiudendo la porta dietro di lui e assicurandosi che nessuno potesse vederlo. Ma non fece in tempo ad arrivare al letto che già dai suoi occhi sgorgarono lacrime grosse come cascate e dovette soffocare i singhiozzi per non farsi sentire di sotto. Si sedette e mise il volto tra le mani, ora che era in camera sua poteva sfogare tutta la sua rabbia, tutta la sua tristezza, tutta la sua frustrazione. Diede anche dei pugni al suo cuscino e subito dopo ci affondò dentro la faccia. Voleva sparire, voleva andarsene via. In quel momento avrebbe anche accettato essere rapito da uno di quei Mangiamorte, avrebbe desiderato che venissero di notte a portarlo via. Meglio prigioniero ma trattato bene che a casa ad occupare spazio. Perché non poteva avere una famiglia normale come gli altri? Perché non poteva godere anche lui sotto i discorsi sui genitori? Era importante e non era nessuno allo stesso tempo.
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I campi verdi che passavano attraverso il finestrino dell'Hogwarts Express sembravano masse deformi tutte omogenee, perfino quei prati immobili riuscivano a metterlo di malumore. Ovvio: aveva appena visto una coppia con i bambini giocare allegri in un campo. Barty ebbe quasi la tentazione di dare un pugno al vetro, se solo non si fosse trovato in un treno che brulicava di studenti di tutte le età.
In mano stringeva la foto dei Mangiamorte, quella stessa foto del giornale, dove gli era parso di essere visto in modo diverso, come capito. Magari quel Mangiamorte che gli aveva fatto l'occhiolino potesse uscire dalla foto e portarlo via, con una pacca sulla spalla e due chiacchiere di futili passioni e cazzate da ragazzini; ma almeno che lo considerasse. Si sentiva stupido ad accontentarsi di una foto per sentirsi apprezzato, come se sul treno non ci fossero volti a sufficienza con cui parlare.
Ora stai esagerando, gli aveva detto sua madre, non te la prendere, non è il caso di fare così. Ma al diavolo! Pensò Barty stropicciando la faccia in una smorfia disgustata, al diavolo l'essere bravo e buono, ad aspettare quello come un cagnolino fedele, ma chi lo vuole rivedere! "Perché, perché non posso essere come gli altri?!" disse alla foto, e subito dopo sospirò sentendosi un idiota per aver fatto una domanda ad un pezzo di carta che non avrebbe mai potuto rispondere.
Poi sentì la porta della cabina aprirsi e nascose in fretta la foto. Ma avrebbe voluto non vedere chi era appena entrato: tre ragazzi del sesto anno. Tre spilungoni pieni di muscoli che ridevano e scherzavano rumorosamente, come se l'intero treno fosse vuoto. E tra quei tre, un secondo dopo, apparve lui: Regulus Black, il capitano della squadra di quidditch di Serpeverde e anche uno degli studenti più ammirati della scuola. Quante volte Barty aveva provato a farsi notare durante gli allenamenti, cercando di non mettersi in fondo al gruppo come suo solito, ma Regulus sembrava inarrivabile.
Barty distolse subito lo sguardo, non aveva voglia di essere messo in mezzo tra quelli, né tanto meno diventare bersaglio dei loro scherni, fece finta di non sentire quello che dicevano, anche se era molto difficile considerando il tono di voce. Vide con la coda dell'occhio che Regulus si sedette di fronte a lui (giusto per fargli capire che, anche con tutti gli sforzi possibili, doveva rassegnarsi a capire che non era da solo) e si sentì fissare da lui con i suoi occhi penetranti, che lo misero terribilmente a disagio. In un altro momento lo avrebbe mandato a quel paese, ci avrebbe provato almeno, ma con altri tre spettatori non era proprio il caso.
"Guardate, non siamo soli" disse a un certo punto uno dei ragazzi "C'é Crouch!"
No, per favore, merda, pensò Barty, capendo di essere finito dritto dritto dentro il loro mirino. Ma perché quando voleva stare da solo, ogni persona sembrava notarlo?
"Che ti succede? Tuo padre ha fatto una nuova legge e non vuoi dirlo?" chiese il primo ragazzo; "No aspetta, ha paura che lo sgamino mentre cerca di trasgredire le regole, pensa che notiziona sul giornale!" fece il secondo ragazzo; "No, sai cosa? Ha paura di essere sbattuto fuori dalla squadra" fece il terzo. E continuarono così per una buona mezz'ora che per Barty sembrò infinita, battutine su battutine e Regulus che continuava a fissarlo serio, con gli occhi ridotti a due fessure, sembravano scavare dentro la sua carne per vederne l'anima. E quella forse era la cosa che più lo infastidiva, almeno agli scherni, essendoci abituato, non era così esposto.
Poi sentì una pallina di carta colpirgli la testa: "Basta" mormorò a quel punto Regulus, con la sua voce bassa e calda. Il silenzio piombò nella cabina e per diversi secondi nessuno osò più parlare. Regulus tornò a fissare Barty e dopo poco si rivolse agli altri ragazzi: "Lasciatemi solo con lui, vorrei parlargli in privato"
"Ok capo, ma cerca di non farlo piangere" scherzò uno dei tre, che solo in quel momento Barty notò essere un compagno della squadra. Li vide uscire e chiudere la porta, ed ebbe l'impulso di drizzarsi sulla schiena. Ora l'atmosfera era ancora più disagiata di prima: trovarsi con Regulus nella cabina insieme ad altri ragazzi in conforto non era così orribile dopotutto.
"Senti Crouch" cominciò Regulus "Posso farti una domanda?"
"Sì..." disse Barty con un filo di voce, si stava aspettando letteralmente di tutto: un insulto, una battuta sarcastica, uno scherno di qualsiasi genere, un'esclusione, tutto. Invece no, niente di tutto questo venne pronunciato: "Non sei stanco di essere trattato così?" chiese invece Regulus. Barty per un po' rimase come sorpreso da quella domanda. Certo che era stanco, anzi: stufo marcio di essere trattato così. Annuì con la testa.
"Bene" disse Regulus sorridendo "Perché pensavo di aiutarti. Immagino che questo modo che hanno gli altri di atteggiarsi con te ti stia molto stretto: i tuoi compagni, la tua famiglia, il resto del mondo... Deve essere terribile essere messo da parte così" la sua voce era così persuasiva mentre pronunciava quelle parole, come se anche lui, come la foto, riuscisse a capire i pensieri del ragazzo. Poi Regulus guardò la foto che sbucava fuori dalla tasca di Barty: "Vedo che già rifletti sull'idea"
"Cosa?" chiese Barty confuso, poi vide la foto "No, non è come sembra..."
"Invece credo proprio di sì" disse Regulus sporgendosi di più verso di lui "Io credo che tu voglia la stessa cosa che voglio io e che vogliono loro" indicò la foto. Rimasero ancora un po' in silenzio, come se dovessero riflettere sulla domanda di Regulus. Be', in fondo non aveva tutti i torti, Barty desiderava essere rispettato da suo padre più di qualunque altra cosa, non voleva rendere vane tutte le lacrime che puntualmente versava al mattino quando restava da solo.
"Dimmi Crouch, o meglio, Barty" disse poi Regulus "Cosa sei disposto a fare per ottenere quello che vuoi?"
Cosa era disposto a fare Barty? Tutto, tutto pur di essere finalmente messo nel posto giusto, tutto pur di non essere più una schifosa ombra in quel fottuto mondo, tutto pur di essere BARTY CROUCH e non IL FIGLIO DI CROUCH. Non sarebbe rimasto a guardare come sempre. Per qualche secondo, guardò di nuovo la foto, poi Regulus, poi ancora la foto. Forse quell'occasione, che Barty tanto sperava, si era finalmente presentata: "Sono disposto a fare qualunque cosa"
"Ottimo" disse Regulus quasi gongolando "Era proprio quello che volevo sentire. Ora che parliamo la stessa lingua, ti voglio portare in un posto appena ci porteranno ad Hogsmeade. Nessuno ci vedrà, farò in modo di farci passare inosservati. Ma la gita ad Hogsmeade coincidenze con un giorno molto importante" la sua voce si fece più bassa e più accattivante "Non te ne pentirai, se vuoi raggiungere i tuoi scopi"
Poi Regulus si alzò e uscì dalla cabina, ma prima di chiudere la porta, si rivolse ancora una volta a Barty: "Mi raccomando Barty" disse "Non una parola con nessuno. È il nostro piccolo segreto"
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Buongiorno a tutti lettori! Vi sareste mai aspettati una storia così? Credo di avervi stupiti.
Ho pensato di scrivete questa storia parallela, in realtà volevo farlo come ulteriore sequel dopo la saga, ma non avevo voglia di aspettare così tanto.
Come ho scritto nella trama, è tutto parallelo ma senza riscrivere le informazioni nella saga, quindi non avrete spoiler di nessun genere, anche perché se dovessi arrivare a punti della saga, nella storia principale sarei già andata oltre.
Be' spero vi piaccia. Tengo a precisare che il carattere e i pensieri di Barty sono inediti, non credo fosse così morbido, ma credo che anche così il personaggio possa essere apprezzato.
Bene, allora ci vediamo al prossimo capitolo o alla prossima storia!
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