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Città

La città in qualche modo, alle sette del mattino era già sveglia.
Ora, non che non ci fosse abituato, il suo paese si svegliava alle cinque , lui lo sapeva, solo si chiedeva quando Enna si svegliasse, perché, davvero, non era una di quelle città"che non dorme mai". Oh eccome se Enna dormiva, e per un po' le strade restavano vuote.
Pochi ragazzi, restavano fuori fino alla suddetta alba, ma comunque sia, il resto della città restava chiusa in se stessa, come se avesse avuto paura delle conseguenze dell' uscire di casa.
Enna, era essenzialmente una città vecchia, e non si riferiva ai palazzi baronali, ne alle mille chiese antiche , ne ai palazzoni degli anni sessanta.
Enna era vecchia nella mentalità e nei modi. Lo era nelle occhiate stranite che gli erano arrivate nelle poche volte che che si era truccato.
Enna era una città vecchia, piena di smog e di ragazzi che camminavano, forse perché era la provincia e i licei, in gran parte, erano concentrati li.
Marco, non si era mai considerato un ragazzo troppo fuori dagli standard, ma i pochi ragazzi che sapevano il suo segreto, lo avevano sempre sostenuto.
Aveva paura della gente, degli sguardi perché no, non era sicuro di sé stesso.
Si strinse nel cappotto. Erano le sette di una domenica di febbraio, e il sole era coperto da pesanti nuvoloni, ma il vento era gelido.
Ascoltava "come neve" nei suoi auricolari, e si godeva il gelo dell' aria, sperando di risentire presto quel calore, il suo calore.
Alla fermata della SAIS , c'erano un paio di ragazze che gli avevano già ammiccato un paio di volte, due signori abbastanza anziani che vivevano a pochi passi da casa sua, e un gruppetto di ragazzi di primo, alcuni del suo liceo, altri no.
E mannaggia a Giorgio quando aveva deciso di fare l'Erasmus e abbandonarlo in quel posto chiuso totalmente da solo.
Perché si, la rovina era che Giorgio, era in primis il suo migliore amico.
Era fermo lì, attendeva, il vento lo avvolgeva, e lui sentiva la morbosa necessità di accendersi una Malboro.
Non lo avrebbe fatto.

-allora, com'é l'Irlanda?-
-Bella ma vuota.-
-Vuota?-
-Manchi tu.-

Anche la Sicilia, Anche Enna era stata vuota senza Gio.
Era negativa, triste, senza cuffiette condivise, abbracci, l'odore di quel ragazzo, e le loro stupide attività pomeridiane.
Era vuota, e non avrebbe detto gelido solo perché in effetti amava il gelo.
Ma neanche il vento sul tetto del condominio era tanto bello senza lui a dirgli si levarsi, che era troppo vicino al cornicione, che era in un equilibrio precario, che non avrebbe rischiato di perderlo per una bella vista e una folata di vento.
Gli erano mancate le loro chiacchiere, quelle dal vivo.
L'autobus era lì.
Cioé, non era precisamente li, era in fondo alla strada, ma era quello, con cinque minuti di Ritardo ma era lì.
Era li.
Dieci.
Nove .
Otto.
Sette.
Sei.
No macchina, non girare adesso!
Ok.
Nove, allora.
Otto .
Sette.
Sei.
Cinque.
Notifica.
Afferrò il cellulare dalla tasca, solo perché sapeva che era lui dalla notifica personalizzata.
"Ti vedo."
Sorrise.
"Io vedo solo il pulman."
Tre.
Due.
Uno.
Il pulman si fermò a pochi metri dalla sua panchina.
Era li. Era li, lo vedeva il ciuffo chiaro, e stava scendendo la scaletta.
Sapeva che avrebbe anche potuto solo abbracciarlo.
Sapeva che lui avrebbe aspettato.
Ma no, non aveva paura. Era insicuro di sé stesso non di Giò.
Si avvicinò veloce, lasciando lo zaino sulla panchina, e andò veloce, dritto sulle sue labbra.
Gio sapeva di buono, sapeva di vita e profumava di bosco. Eccolo quel calore, che gli faceva venire i brividi, che lo irradiava da dentro.
Una folata di vento ed era libero.
Libero da tutto, e non gli importava se alcune ragazze applaudivano, se alcuni liceali li fissavano inorriditi, ne se i suoi vicini di casa non capivano.
Gio era lì.
Gio era tornato da lui.
-Bentornato.- sussurrò sulle sue labbra e l'altro rise dal naso.
-Buon coming out. Ora posso baciarti in pubblico, se mi va?-
Prese la sua mano.
- Non mi interessa niente del coming out. Sei tornato. Puoi baciami quando ti pare, come ti pare e perché ti pare.-
Sapeva di buono, come sei mesi prima, e come due anni prima, al loro primo bacio.
Sapeva di buono.
E anche Enna sapeva di buono quel giorno, ma per la prima volta, quel giorno, non gli importava.
Non gli importava degli sguardi straniti, ne dei sorrisi dolci dei passanti, ne delle occhiatacce schifate.
Gli importava delle loro mani intrecciate per le strade di una vecchia città, su per le strade del condominio.
Gli importava delle loro labbra,e della colazione sul tetto, accucciati, otto il plaid.
Gli importava di lui, perché, per quel giorno (e per sempre) lui era bello, reale, presente, vivo. Lui era "casa" ed Enna e i suoi pettegolezzi, e la sua mentalità, sarebbe restata solo una bella vista.
Enna, e i suoi orari, e i suoi casini,sarebbe rimasta solo il quadro di una città.

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