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Chapter 31: Save You Tonight

Che Luke sia bello ormai è un dato di fatto, ma vederlo vestito bene con tanto di camicia e pantaloni eleganti mi fa comunque un certo effetto, nonostante non sia la prima volta.

Rimango ad osservarlo qualche istante quasi imbambolata prima di rinsavire, immaginandomi lo sguardo minaccioso che mi rivolgerebbe Claire in questo momento, e senza pensarci due volte apro maggiormente la porta.

"Prego, prego, accomodati" sorrido nervosamente, notando solo adesso un pacchetto marrone con tanto di fiocco che tiene in mano.

"Visto che non bevi alcolici, ho pensato che un dolce sarebbe stato più gradito" spiega subito, porgendomi poi il pacchetto, "ti piace il cioccolato, vero?".

Quasi mi intenerisce la sua ingenua certezza che dopo la mia signora carbonara avremo ancora fame.

"Lo adoro... E lo adorerà anche Arba".

"Arba? La tua amica?".

"E dirimpettaia" aggiungo, non nascondendo il sorriso sulle mie labbra, "si professa studentessa in crisi sia isterica che economica, motivo per cui viene da me a depredare frigorifero e dispensa".

Luke annuisce, piuttosto divertito: "non so dire se siano più strane le tue amiche o sia più strana tu. Di sicuro siete un trio particolare".

"Credimi, io sono la più normale" gli assicuro controllando la pasta, tirando su qualche spaghetto per assaggiarlo.

Luke mi osserva portare alle labbra uno spaghetto per capire la cottura, riprendendo poi il discorso: "non ne sono ancora completamente sicuro, ma sono due giorni che non sento parlare d'altro che non sia Claire, quindi...".

"Ashton?".

"E Calum" aggiunge, "okay che siamo amici, ma non gli ho mai sentito dire cose del genere su una ragazza. Per non parlare di Ashton".

"Beh, sinceramente mi fa piacere che parliate, specie dopo la piazzata che avevi fatto quando mi ha chiesto d'uscire" confesso, notando il disagio di Luke, ma trovo sia un argomento di cui è giusto parlare, almeno per scongiurare il ripetersi di certi avvenimenti.

Si è fatto perdonare, è vero, ma quelle parole così rudi e grezze mi hanno comunque toccato nel profondo, e mentirei se dicessi che le ho dimenticate.

"Diana" sussurra, avvicinandosi quanto basta per prendermi le guance tra le mani e guardarmi negli occhi, "lo sai che non le pensavo".

"No, Luke, non è vero. In quel momento le pensavi e le hai dette nel modo sbagliato, inutile mentire. Adesso credo che tu abbia cambiato idea, spero che tu abbia cambiato idea perchè io non sono l'ennesimo trofeo o l'ennesimo nome sulla tua lista, ma in quel momento eri arrabbiato e volevo ferirmi... E ci sei riuscito".

Luke mi guarda senza parole, aprendo e richiudendo più volte le labbra come se fosse sempre sul punto di dire qualcosa che alla fine non dice, e solo dopo qualche istante vedo i suoi occhi farsi lucidi.

"Scusa" sussurra, ma la sua voce è spezzata, e prima che possa dire qualcosa la sua testa finisce sulla mia spalla, alcuni singhiozzi a scuotergli le spalle.

La sua reazione è imprevista, l'ultima che mi sarei aspettata, ma senza pensarci due volte avvolgo le braccia attorno a lui, abbracciandolo stretto e sussurrando parole dolci nel suo orecchio nel tentativo di farlo calmare, ripetendo più volte che mi dispiace.

"No" dice dopo qualche minuto, sollevando la testa e asciugandosi gli occhi, "non devi dispiacerti. Non è colpa tua, io... Dio, mi dispiace che tu mi abbia visto piangere. Sono un uomo, cazzo".

Un piccolo sorriso compare sulle mie labbra mentre porto una mano sulla sua guancia ispida, accarezzandola piano: "e i veri uomini piangono perché non hanno paura di mostrare la loro debolezza. Non volevo farti piangere, Luke, davvero".

Luke mi guarda, scuotendo poi piano la testa: "non sei stata tu a farmi piangere, ma io... Devo dirti una cosa, credo sia meglio che tu ti sieda".

Guardo per un istante Luke confusa, ma vedendo la serietà sul suo viso annuisco, portandolo verso il divano e prendendo posto.

"Puoi dirmi qualsiasi cosa, lo sai, vero?".

Un sorriso compare sulle labbra di Luke prima che scuota la testa: "sei una donna troppo in gamba per uno come me, Diana".

"Lo so, e so che tu non ti dai abbastanza credito" ribatto, guardando Luke osservarmi con occhi dolci.

"Tu... Sai cos'è il disturbo borderline della personalità?" Domanda piano, talmente piano che per un attimo penso di aver sentito male, ma a giudicare dalla sua espressione non mi sono sbagliata.

"Non esattamente, no" rispondo cautamente, sentendo la pelle d'oca formarmisi sulle braccia nell'intuire dove voglia andare a parare.

Luke annuisce, quasi si aspettasse questa risposta: "è un disturbo di personalità, il mio ex psicoterapeuta diceva che comprendeva paura del rifiuto e dell'abbandono e instabilità delle relazioni con gli altri... In pratica, a volte dico cose che non penso davvero e sembra che cambi umore molto facilmente. Pensavano fossi bipolare, ma alla fine, a quindici anni, hanno capito cosa davvero non andasse in me".

Rimango in silenzio a quelle parole, non sapendo nemmeno cosa dire, limitandomi a guardare Luke che si lascia sfuggire una risata amara: "la cosa più bella è che il mio strizzacervelli non capiva cosa lo avesse causato, perchè in genere è una conseguenza del disturbo post traumatico da stress e lui pensava non ne avessi subito alcuno... Ma lui non sapeva, nessuno sapeva".

"Tua mamma" sussurro, collegando le due cose, e lui annuisce per un secondo prima di scrollare le spalle.

"È facile dare la colpa a lei, quindi ho sempre pensato che il suo segreto fosse il motivo del mio disturbo, ma chi lo sa. Magari sono solo fatto così" risponde, guardandomi poi nuovamente negli occhi, "non seguo la psicoterapia da anni, ma prendo degli stabilizzatori dell'umore... Peccato che ultimamente non facciano più molto effetto, come puoi notare".

Senza pensarci due volte allungo la mano per prendere la sua, intrecciando le nostre dita e prendendomi qualche istante prima di parlare: "e non vorresti tornare in terapia? Voglio dire, sembra una cosa da tenere sotto controllo, no?".

A quelle parole Luke sorride amaramente: "per cosa dovrei tornare? Per sentirmi dire che sono matto? Che non c'è una cura ma solo un modo per farmi stare meglio? Hanno provato a darmi anche gli antipsicotici per quando è una giornata particolarmente no, ma i farmaci rendono tutto così noioso e grigio e... Ovattato. Non voglio vivere in quel modo, Diana".

"E lo capisco, davvero" annuisco, "ma forse se ne parlassi con uno psicoterapeuta lui potrebbe aiutarti a trovare un equilibrio e a trovare una terapia migliore".

Luke sorride piano, prendendo poi le nostre mani e baciandole: "vorrei che fosse così semplice".

"Lo è" sussurro, avvicinandomi a lui finchè non sono quasi sul suo grembo, "è semplice. Grazie per averlo condiviso con me".

"È il minimo, te lo devo... Se voglio fare quello che voglio fare".

La mia espressione si fa confusa, ma prima che possa dire qualsiasi cosa Luke mi attira a sè baciandomi profondamente, portandomi su di lui finchè le mie gambe non sono ai due lati delle sue.

Le mie dita s'infilano tra i suoi capelli morbidi, attirandolo maggiormente a me mentre le sue mani percorrono la mia schiena, fermandosi prima ai miei fianchi e poi al mio sedere, e senza preavviso si alza, sollevandomi con sè come se non pesassi affatto.

"La tua camera da letto?" Domanda staccandosi appena dalle mie labbra, il suo respiro vicino al mio, ed io stringo le mani al suo collo.

"La porta a destra", e queste indicazioni sono sufficienti per Luke per riprendere a baciarmi.

È un sacrilegio dimenticare la carbonara, ma forse questa volta posso lasciar correre.





Hold my croissant mentre vi dico che:

1. Mi sono documentata da prima di iniziare a postare questa storia sul disturbo di Luke quindi non sono informazioni campate per aria;

2. Ho seminato indizi per tutta la storia, ve l'aspettavate?

3. Ci saranno diversi capitoli in cui se ne parlerà quindi state serene, andremo più a fondo della faccenda.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Grazie mille come sempre!

Amore e biscotti per tutte,

Chiara.

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