Chapter 23: Through The Dark
Claire
Paradossalmente, non sono molte le cose che detesto con tutta me stessa, oserei dire addirittura odio.
Molte cose mi infastidiscono, a partire dalle persone che toccano senza permesso fino ad arrivare a coloro che sono così perse nel loro egocentrismo da arrivare a scordarsi che esiste un mondo e addirittura altre persone oltre a loro, ma non mi verrebbe da usare il termine odio.
Invece, odio i balli.
Non appena sento la musica nella sala da ballo farsi sempre più lontana man mano che mi allontano tiro un sospiro di sollievo, permettendo alla mia schiena di curvarsi.
Non mi fermo, continuando a camminare finchè non arrivo al terrazzo che avevo adocchiato durante una delle mie perlustrazioni e che mi sembrava il posto perfetto per un po' di pace e tranquillità.
Diana non lo sa, ma ultimamente questo continuo stare insieme inizia a pesarmi, non tanto perchè lei sia fastidiosa, anzi, ma per il semplice motivo che io riesco a prendere le persone a piccole dosi e sento la necessità di rimanere da sola.
È per questo che ho preferito rifugiarmi altrove invece che andare da Calum nonostante sappia che lui sarebbe più che capace di tirarmi su di morale.
Purtroppo, però, sembro non essere l'unica ad aver avuto questa idea, e mi fermo sui miei passi nel vedere Ashton seduto sulla poltrona in vimini, un bicchiere in mano e lo sguardo perso nel vuoto.
Il fruscio del mio vestito e il rumore dei tacchi lo fanno girare, e non appena mi vede rimane qualche istante a guardarmi prima di sollevare il bicchiere come se fosse un invito.
"Puoi sederti se vuoi" è tutto ciò che dice, e per un attimo sono tentata di rifiutare e di cercarmi un altro posto, ma d'altra parte Ashton non sembra intenzionato a chiacchierare, e la vista che si ha da qua del mare e del giardino degli Hemmings è a dir poco ineguagliabile.
Ed io sono sempre stata affascinate dalle viste.
Così senza dire nulla mi avvicino, prendendo posto accanto a lui facendo attenzione a non rovinare il prezioso vestito che Grace Hemmings non mi perdonerebbe mai di aver sgualcito, lasciando poi scivolare lo sguardo lungo il panorama.
Le luci sono fioche ma abbastanza luminose da far vedere la schiuma del mare contro la spiaggia, e il rumore delle onde è lontano ma, allo stesso tempo, ancora percepibile.
"Una vista del genere non la trovi ovunque, eh?" Domanda Ashton dopo qualche istante, prendendo un sorso dal suo bicchiere che contiene quello che presumo essere scotch.
Lo osservo di sottecchi, cercando di inquadrarlo come sto cercando di fare da quando siamo arrivate qui, ma ancora una volta non ci riesco.
Ashton Irwin è davvero un punto interrogativo che nemmeno una come me che si ritiene brava a leggere le persone riesce a decifrare.
"Di sicuro non a New York" rispondo piano, guardando l'ombra di un sorriso comparire sulle sue labbra prima che mi porga il suo bicchiere che accetto.
"Ci vai giù pesante" commento storcendo il naso al sapore forte, e Ashton scoppia in una risata riprendendosi il bicchiere.
"Stasera è un'occasione importante".
"Mi sono persa qualcosa? Credevo di essere sintonizzata sul calendario Hemmings".
Ashton sorride, ma il suo è un sorriso amaro, un sorriso che non fa comparire le fossette sulle sue guance: "ma non su quello Irwin. Mio padre mi ha dato un ultimatum".
"Che genere di ultimatum?" Mi ritrovo a domandare contro la mia stessa volontà, ma a quanto pare il mio filtro bocca cervello sembra essersi spento per un attimo, "io... Non sei costretto a rispondermi".
"Perchè no? Magari tu hai un'idea per farmi uscire da questa situazione di merda" ribatte, guardandomi poi negli occhi, "ti hanno mai detto che hai degli occhi bellissimi?".
"Ashton".
"Giusto" continua, scuotendo poi piano la testa, "beh, diciamo che devo scegliere tra essere normale ed ereditare le sue acciaierie oppure essere me stesso e perdere tutto ciò che ho".
"Ma tu sei normale" rispondo, perplessa, "a meno che tu non nasconda un sesto dito a un piede, ovvio".
Un sorriso compare sulle labbra di Ashton alle mie parole, un sorriso vero che però lascia il tempo che trova: "vorrei che anche mio padre mi vedesse in questo modo, che reputasse avere un sesto dito l'unica cosa strana. Invece per lui qualsiasi orientamento sessuale al di fuori dell'eterosessualità è strano, anormale e va eliminato. Ed io sono il figlio sbagliato, il figlio strano, il figlio che sta solo attraversando una fase, come se essere bisessuali fosse una fase. Dio, in un certo senso non sai quanto lo vorrei".
Rimango in silenzio a quelle parole, colta di sorpresa ma non così tanto perchè adesso molte cose prendono senso: le parole che mi ha riferito Diana, le telefonate con il padre che finivano sempre per rabbuiarle e infine la sua conoscenza dei porno di Calum.
Il silenzio cala tra di noi, e proprio mentre Ashton sta per prendere l'ennesimo sorso lo interrompo, incapace di frenare la lingua.
"Scegli te stesso. Sei tutto ciò che avrai per tutta la vita. Le persone vanno e vengono, i soldi vanno e vengono, ma tu dovrai convivere con te stesso per il resto della vita. Non calpestarti in questo modo, se accettassi una 'normalità' imposta finiresti solo per perdere il rispetto in te stesso, e questa è la tua priorità".
Ashton mi guarda con un certo stupore, come se non si aspettasse certe parole da me: "sembri parlare per esperienza".
Stavolta il sorriso amaro fa capolino sulle mie labbra, e senza dire nulla gli sfilo il bicchiere dalle mani, finendolo in un sorso.
Una confessione per una confessione, come è giusto che sia.
"Odio i balli" comincio, posando il bicchiere vuoto sul tavolino davanti a noi, "ma non è sempre stato così, c'è un motivo se adesso non riesco nemmeno a stare di là in un angolino. E il motivo è il ballo di fine anno del liceo".
"Claire..." interviene Ashton, ma io lo interrompo.
"No, è giusto che tu sappia. Se ti sei aperto con me, è solo giusto che io faccia lo stesso" spiego piano, e non appena lo vedo annuire continuo, "non ho bevuto, sapevo che avrebbero versato dell'alcol nel punch, era una sorta di tradizione. Non ho bevuto, non ho assunto droghe, non ho fumato, il mio vestito era accollato, aveva solo un po' di scollatura sulla schiena, ma nulla di che. La mia scuola era molto severa sul dress code, non ci avrebbero mai permesso di mettere qualcosa di indecoroso. Per questo non ho pensato potesse capitarmi nulla. Sono andata al ballo con il mio gruppo di amiche e abbiamo ballato, abbiamo ballato tantissimo. Ancora sento il dolore ai piedi per quelle ore trascorse a saltare sui tacchi, ma ero felice. Felice come sei solo a diciassette anni, quando la scuola sta per finire e stai per iniziare un altro capitolo della tua vita".
La mia voce si spezza all'improvviso, e la cosa non sfugge ad Ashton che mi prende la mano senza pensarci due volte, guardandomi preoccupato, ma prima che possa dire qualcosa continuo.
"Lui era nella squadra di football, era forte, muscoloso, alto e soprattutto, ubriaco. A un certo punto le mie amiche si sono trovate tutte qualcuno, chi un'amica con cui chiacchierare e chi un ragazzo con cui pomiciare, ed io sono rimasta da sola a ballare, finchè non l'ho sentito dietro di me iniziare a toccarmi. Sapevo chi fosse e sentivo l'odore dell'alcol nel suo alito, perciò ho provato a scrollarmelo di dosso, ma non ci sono riuscita. Ho continuato, ma nulla. Ho provato, Ash, te lo giuro... E quando finalmente pensavo di esserci riuscita, ha approfittato del casino generale per trascinarmi verso i bagni dei ragazzi. I corridoi erano vuoti, erano tutti dentro, e per quanto io cercassi di divincolarmi, io... Non ci sono riuscita".
I miei occhi incrociano quelli di Ashton per un istante, e a stento ricaccio giù un singhiozzo, guardandolo per farmi forza: "stava per succedere. Per quanto mi dimenassi, dicessi di no e tentassi di urlare contro la sua mano che mi zittiva, stava per succedere. E se fosse successo, la gente avrebbe dato la colpa al mio vestito, al modo in cui ballavo, alla forza che non ho avuto di spingerlo via. Ma non è successo. È accaduto in un secondo, mi ha strappato la bretella del vestito e subito dopo sono entrati dei ragazzi che nemmeno conoscevo che me l'hanno tolto di dosso. Stava per succedere, ma non è successo. Eppure dopo quell'episodio, ho perso tutto il rispetto che avevo per me stessa. Razionalmente sapevo che non era colpa mia, ma il mio inconscio ragionava diversamente. Ho perso rispetto per me che gli avevo permesso di toccarmi, di portarmi via, di fare quello che voleva con il mio corpo. Ho perso rispetto per me stessa e mi odiavo per averlo perso. Per questo ti dico di scegliere te. Sono due scenari completamente diversi, ma ci siamo noi in mezzo a tutto, siamo noi i protagonisti. Non permettere che nessuno ti dica chi sei e cosa fai del tuo corpo, con chi lo fai e tutto il resto. Neanche il più grande tesoro del mondo vale qualcosa se perdi te stesso".
La mano di Ashton stringe la mia più forte, ed io lascio che lo faccia perchè mi dà uno strano senso di protezione, e istintivamente mi avvicino a lui, superando i braccioli e posando la testa sulla sua spalla.
"Mi dispiace, Claire" è tutto ciò che sussurra, ed io non freno il sorriso sulle mie labbra.
"Mi dispiace, Ash".
Non è mai colpa della vittima. Mai. Ricordatelo sempre.
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