1 pt. 2
La lunga veste bianca della regina frusciava sul pavimento di quercia al movimento dei suoi passi. Avanti e indietro, Amidia sembrava non darsi pace.
«L'attuale re non è come il suo predecessore. È avaro, ignorante e non ama la natura.»
La voce cristallina ma sicura della regina risuonava nell'ampia stanza delle riunioni. «Mie care sorelle, ci troviamo in una situazione alquanto delicata temo. Dovremmo porre attenzione a ogni loro spostamento.»
«Ma questo non andrà contro l'accordo?» Savanna si alzò in piedi, si mosse leggiadra verso la regina.
«Sì, andrà contro l'accordo, ma almeno sapremo se intendono andare contro di noi» rispose Sibilla.
Amidia sbuffò. Caila conosceva bene il suo fastidio quando qualcuno rispondeva al suo posto, ma era il difetto della cara Sibilla, la più forte e determinata tra le sorelle maggiori.
«Mie care sorelle, Sibilla ha ragione. L'unico modo che abbiamo per tenere sotto controllo il nuovo re degli umani è di spiarlo, per quanto possa apparire sconveniente.»
Le altre fate riunite attorno al grande tavolo rimasero in silenzio. Caila accarezzava il legno grezzo, vivo, dell'albero che dava la forma a quel tavolo e il cui tronco capeggiava al centro della lastra di legno. Qualunque umano non sarebbe stato in grado di avere un'ampia visuale su tutti i presenti attorno al tavolo con quella grande quercia nel mezzo, invece loro, essendo creature della natura, vi vedevano attraverso.
«Io non sono d'accordo mia regina.» Flaubella si alzò in piedi e con passo leggero quanto Savanna, che nel frattempo era tornata al suo posto, si avvicinò ad Amidia e le posò una delicata mano pallida su un braccio. La sua veste lilla incantava gli occhi di Caila, che si sentiva vestiva male a confronto con il suo vestitino di uno smorto giallino. Eppure era quella la sua natura, era nata con quelle vesti e quelle avrebbe dovuto indossare per tutta la sua eterna vita.
«Parla, sorella» disse Amidia sorridendo quieta.
«Rompere le regole dell'accordo ci mette in serio pericolo. Se gli umani se ne accorgessero saremmo state noi a spingerli a rivoltarsi. Noi, traditrici.»
«Sciocchezze Flaubella» favellò Narvenia, una delle sorelle anziane, che tuttavia aveva conservato alla perfezione l'incantevole bellezza di una fata ventenne. «Gli umani non saranno in grado di accorgersiene. Sono ignoranti e stupidi di fronte alla nostra magia.»
«Sempre che la natura ce lo consenta poi>> si difese Flaubella.
«La natura segue I buoni propositi e il nostro lo è. In fondo vogliamo solo proteggerci» disse Rubenia.
«Non siamo traditrici, siamo le protettrici della foresta» incalzò Sibilla. «Il bosco sentirà e agirà di conseguenza donandoci i poteri di cui abbiamo bisogno.»
Nessuna ebbe il coraggio di ribattere.
Amidia ne approfittò per riprendere la parola: «Sorelle, andrà come madre natura vorrà. Ma noi faremo ciò che è necessario per proteggere noi stesse e la foresta delle ninfe. Questa è la mia decisione.»
La riunione si sciolse.
Le fate, leggiadre, volarono via come piume al vento,e Caila le guardò incantata. Non sarebbe mai stata in grado di acquisire la loro eleganza,nessuno poteva. Loro erano le sorelle anziane,incarnazione stessa della natura.
«Caila, fermati devo parlarti.» Amidia scivolò verso di lei, le posò una mano su una spalla. In quel momento Caila seppe che lei sapeva. Aveva sperato che quella scappatella fuggisse al suo sguardo, per una volta, che un colpo di fortuna volgesse dalla sua parte, ma Caila non era mai stata la prediletta del bosco come Aily. Qualcosa in lei non piaceva a madre natura, tanto da condannarla ogni volta che faceva quel che voleva.
«Io lo amo, sorella» cominciò a prendere le proprie difese, senza aspettare che l'altra parlasse. Tanto già sapeva cos'avrebbe detto.
«Lo so, Caila cara. Lo so.» Amidia le appoggiò anche l'altra mano sull'altra spalla. Strinse leggermente la presa, ma si contenne per non farle male. Se avesse liberato tutta la sua forza, le sue ossa si sarebbero sbriciolate sotto le sue pallide e graziose mani allungate.
«E che cosa debbo fare, sorella Amidia? Dimmelo, te ne prego, perché io senza di lui non posso vivere. Se vuoi costringimi all'esilio, esilia anche lui, staremo insieme al di fuori di questo sacro bosco, ma ti prego... non allontanarci.»
«Questo è un discorso che abbiamo già fatto, Caila.» Lo sguardo perso nel vuoto, Amidia alzò di poco la voce sottile. «Purtroppo sai che ho le mani legate. Non ho potere di farvi stare insieme, come non posso benedire la vostra unione e non posso nemmeno far finta di nulla ancora a lungo. L'unione tra fate e umani non è consentita.»
«Ma Lugar non è un umano, non è vero? Lui è speciale, e tu lo sai. L'ho sentito, Amidia.»
«Non dire queste cose!» Amidia si staccò da lei, come fosse stata colpita da un fulmine. «Non osare tradire la mia fiducia un'altra volta, Caila. E non osare pormi certe domande. Lugar è quel che è, ma non è una fata e non può unirsi a te. Tu sei una fata, sorella delle anziane e devi esserne orgogliosa. Rispetta le regole.»
Caila stava per piangere. Sentiva le lacrime premere per sfogarsi, in un fiume pieno di malinconia e ingiustizie. «Mi dispiace, Amidia, non posso.»
Amidia sollevò una mano e si coprì gli occhi, poi la bocca, in un gesto sorpreso e oltraggiato, ma anche angosciato: «Allora aspettati un destino incerto, sorella.»
«Sempre meglio che stare senza Lugar.»
«Come vuoi.»
Caila si volse, per non vedere più il suo volto soffrire per qualcosa che nemmeno conosceva. Le anziane non poteva amare, non potevano soffrire, non potevano provare sentimenti mortali. Quindi prese il volo, sperando che l'immagine di Amidia fintamente preoccupata per lei sfumasse in mezzo alle chiome degli alberi.
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