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Capitolo 5


Le labbra mi tremano per il nervoso, per le emozioni e non so esattamente quali, ma è tutto un miscuglio di adrenalina che non riesco a spiegarmi e che non ho neanche la prontezza di affrontare. Il cuore mi martella forte nel petto e sopra i brividi della mia pelle il calore del suo respiro è calmante ma straziante; è così inspiegabile che non faccio niente se non respirare molto profondamente.

"Va tutto bene." Sussurra.

"Mia!" La voce di mia madre esasperata e sicuramente la faccia piena di lascrime non riesce a muovermi neanche di un millimetro.

"Caroline, davvero, penso che per oggi ne abbia avuto abbastanza. Lasciamola sola." Afferma mio padre col suo solito tono accondiscendente.

Sento i loro passi allontanarsi e il pianto isterico di mia madre farsi meno udibile.

"Vieni cone me." Si allontana leggermente dal mio corpo prendendomi la mano. Senza pensare razionalmente lo seguo facendomi trasportare più emotivamente che fisicamente.

"Aggrappati bene a me, okay? Chiede lasciandomi andare e prima che possa realizzare bene cosa voglia dire, sento le sue mani appoggiarsi sotto le mie coscie e sollevarmi facendo incrociare le gambe attorno alla sua vita.

Metto istintivamente le mani attorno al suo collo e mi aggrappo bene. Non so con quale forza ma sento mi sento improvvisamente sollevare in aria e successivamente atterarre di nuovo per terra facendo aumentare la mia adrenalina.

"Hai saltato dal balcone?" Quasi grido ad alta voce.

"Già." Risponde semplicemente, liberando le sue mani dal mio corpo dandomi la possibilità di poggiare i piedi per terra. Molto goffamente tolgo le mie braccia dal suo collo ma lui mi riprende la mano tirandomi velocemente verso di lui.

"Che- che succede?"

"Tuo padre sta guardando dalla finestra. E' il salotto quello lì?" Chiede stupidamente.

"E che ne so io." Affermo con una nota di indignazione.

"Scusa. Andiamo, è rientrato." Afferma prima di riprendere la mia mano e avviarsi portandomi con lui.

Non ho detto una sola parola e lui ha fatto lo stesso per tutto il tragitto. Più avanzo e più mi rendo conto di quanto sia ridicola questa situazione; voglio dire, quale scema se non me, si fiderebbe tranquillamente a farsi portare da una persona che a mala pena conosce? Ero troppo arrabbiata e in quel momento ho sentito davvero il bisogno di aggrapparmi a qualcuno, ma adesso che la ragione sta piano piano tornando in me non sono sicura di quello che sto facendo.

"Cosa c'è?" Mi chiede dopo aver visto che ho ben incollato i piedi per terra con l'intenzione di non proseguire.

"Voglio tornare a casa." Affermo e posso solo immaginare la sua faccia in questo momento.

"Perchè?"

Sospiro. "Non lo so, non mi sento a mio agio. Ho anche dimenticato gli occhiali." Gli occhiali sono davvero l'ultima cosa a cui ho pensato. Bella scusante, Mia.

"Davvero?" Il suo tono è derisorio- "Rinchiusa dentro quelle quattro mura non ti sentivi a tuo agio, fidati." Dice colpendomi in fondo. Cavolo se ha ragione... Mi sono sempre sentita come una schiava da quando ci siamo trasferiti a Chicago per il mio problema, ma come mi sento qua fuori?

Mi mordo il labbro inferiore e alzo la testa. "Dove andiamo?"

"In un posto forte, sono sicuro che ti piacerà." Dice e senza aspettare una mia risposta mi prende la mano trasciandomi con sè.

Dopo cinque minuti ci fermiamo e tolgo la mia mano dalla sua. Non riesco a percepire dove siamo, sento soltanto un po' di freddo e lo struscio di non so cosa alle mie spalle. Improvvisamente sento un forte rumore fare spazio come se stesse spostando qualcosa.

"Dove siamo?" Chiedo un po' terrorizzata. La mia voce fa subito eco e la mia inquietudine sale sempre di più.

Lui ridacchia come se avessi appena raccontanto una barzelletta. "Tranquilla, non ti ho portata qui per stuprarti." Dice guadagnandosi una spallata da parte mia.

"Sei inquietante." Ammetto. "E per niente rassicurante."

"E' una piccola grotta che porta ad un lago."

"Un lago?"

"Si. L'ho scoperto ieri, credo che nessuno sappia dell'esistenza di questo posto. Quell'ammasso enorme era leggermente aperto sennò non avrei potuto mai spostarlo per entrare." Osserva facendomi inarcare le sopracciglia. Un passaggio? Odio non poetr capire dove mi trovo.

"Vieni allora?"

Alzo le spalle. "Ormai mi hai portata qui."

Si allontana leggermente e sento di nuovo il rumore di prima. Perchè sta chiudendo la grotta?

"La terrò semiaperta." Risponde ai miei pensieri.

Si avvicina di nuovo a me e riprende la mia mano. Il rumore dei nostri passi riproducono un eco fin quando non sento la morbidezza dell'erba sotto i miei piedi. L'aria fresca, quella vera che ti colpisce quando sei in mezzo alla natura si fa spazio entrando direttamente nel mio corpo. Il cinguettio di alcuni uccelli e lo struscio delle foglie negli alberi riproducono l'immagine perfetta che in questo momento sto immaginando di questo posto.

"Vorrei poter vedere ora più di ogni altro momento." Confesso respirando l'aria buona di questo posto.

"Lo puoi comunque sentire." Dice togliendo la sua mano.

"Urla, Mia."

"Cosa?" Chiedo voltandomi.

"Non può sentirti nessuno qui, grida forte. Ti farà bene."

"Come lo sai?" Mi morbo il labbro inferiore interdetta sul da farsi.

"L'ho letto da qualche parte, credo. Aiuta a liberarti da ogni frustrazione." Spiega e io continuo a mordermi il labbro.

All'improvviso sento cacciare un urlo facendomi dannatamente sobbalzare sul mio posto e voltarmi verso la sua parte a bocca aperta. Smette per qualche secondo e la sua voce roca si riproduce sempre più forte.

Faccio un respiro profondo e mi unisco alle sue grida sfogando tutta l'ansia, la paura, e il nervoso che mi sono portata alle spalle già da tanto tempo. Non mi rendo conto di non aver smesso di urlare fin quando le mie lacrime si fanno spazio uscendo dagli angoli dei miei occhi per la troppa stanchezza e il troppo accumularsi di eventi che mi hanno portato a tenermi tutto dentro. La mia mente è molto offuscata esattamente come le mie emozioni. A quale occasione ho mai avuto di fare qualcosa che riguardasse quello che sento? Quando? Mi sono esclusivamente preoccupata del mio forte orgoglio, che ammetto di averne troppo.

Smetto di urlare e respiro per riprendere fiato asciugandomi immediatamente le lacrime.

"Meglio?" Chiede dopo qualche minuto di forte intesa fra i nostri respiri.

Ho il fiatone; peggio di una corsa. "Molto."

"Dovremmo andare. Il sole sta già calando." Osserva cambiando argomento.

Annuisco e mi curo di lasciare impressa anche solo con la forza del pensiero questo particolare momento. Perchè sta diventando così presente nella mia vita?


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