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Capitolo 14

Rivivere un momento come quello di adesso è come sperimentare una nuova scoperta. Sono andata un sacco di volte a mangiare al Mc Donald's e altre schifezze varie con i miei amici, ma è come se fosse per la prima volta.

La mia vita è diventata talmente monotona che neanche penso a cosa potrei fare nei giorni successivi o peggio, della mia vita in generale. Mi sembra di vivere solo perché non posso fare altrimenti ed essere qui, con Harry, che mi parla della sua vecchia vita in modo totalmente naturale come si fa per conoscerci, mi fa riflettere su quanto a volte non bastano i limiti contro la nostra natura a fermare ciò che c'è di bello nella vita.

Mi fa pensare che a volte la vita è veramente stupenda e che in modo molto probabile sono io che mi sottopongo ai miei stessi limiti.

"Harry... ti prego dimmi che non ci sono i sottaceti in questo hamburger." Lo supplico, sentendo qualcosa di acido sulla mia lingua.

"No no." Lo sento ridacchiare; chiara risposta alla mia domanda.

Metto il panino sul vassoio con la faccia disgustata e prendo un sorso dalla coca cola per mandare via quel disgustoso sapore dalla mia lingua. Mi chiedo come facciano a piacere a molte persone.

"Te ne prendo un altro?" Suggerisce.

Scuoto la testa. "Mi è passata la fame." Alzo le spalle. "Mi accontento delle patatine." Sorrido.

"Chi è quella ragazza che ti accompagna sempre?" Mi chiede all'improvviso.

Aggrotto la fronte. "Chi?"

"La tipa che è sempre con te, dai..."

Si starà sicuramente riferendo a Sav.

"E' Savannah, mio padre l'ha ingaggiata per farmi da occhi viventi, perché?" Chiedo infilando una patatina in bocca.

"Curiosità." Risponde semplicemente.

"Com'è lei?" Gli chiedo. "Intendo esteticamente..."

"Normale." Risponde a bocca piena.

Che cavolo di risposta è?

"E' una ragazza carina." Aggiunge. "Ti interessa conoscere i particolari?" Mi chiede con una punta di ironia.

Mi mordo il labbro inferiore, alzando un sopracciglio. "Sì, mi interessa conoscere i particolari." Rispondo allo stesso tono.

"E' bionda come te, è alta, i suoi occhi sono marroni e ha un bel culo." Esordia la sua descrizione facendomi fare una smorfia.

Wow, fantastico. "Ah e anche un bel paio di tette." Aggiunge ironicamente e ho come l'impressione che stia fissando il petto per c'entrare il punto della situazione.

Sì, come madre natura mi ha voluta, non ho una quinta di seno e ora che il mio peso è pure calato, diciamo che se parlo di seconda è come parlare di fantascienza.

"Wow, ti metti a fissare e valutare le parti intime altrui?"

"Mi cade l'occhio come a qualsiasi essere umano." Si giustifica.

"Come no." Sorrido.

Passa un lungo minuto di silenzio, mi sta guardando e ho questa percezione forte che lo fa in modo anche insistente.

"Posso farti una domanda? Perché hai buttato via i tuoi quadri?" Mi chiede senza darmi la possibilità di tirarmi indietro.

Una fitta nello stomaco si fa sentire nel ricordare quel momento in cui ho iniziato a romperli e buttarli ovunque come se avessi la visione in tempo reale. Ero arrabbiata. confusa, ma non sono pentita per niente. Averli fisicamente nella stanza era come sentire come ogni mio sogno e ogni mia passione fosse lì a ricordarmi che ho perso tutto e io non volevo.

"Ho voluto la perfezione e ho rovinato quello che andava bene." Recito una delle mie frasi preferite di Claude Monet.

Questo rispecchia pienamente quello che ho passato e le conseguenze di quella che sono oggi. Ho sognato in grande quando mi è stata offerta la possibilità su un piatto d'argento ma se ci penso bene, io ero felice solo esprimendo me stessa su una tela bianca.

"La loro presenza non mi faceva sentire bene, semplicemente questo." Sorvolo su tutto perché non ho voglia di raccontare la mia storia ora.

"Allora hai fatto la scelta giusta." Dice, stupendomi.

"Beh, grazie, sei il primo che me lo dice." Affermo.

"Io correvo con le macchine, a volte partecipavo anche a gare clandestine, ma dopo aver quasi rischiato la vita ho lasciato totalmente quel mondo. Se ci penso mi serviva come valvola da sfogo ma non ero esattamente felice di farlo." Ammette, regalandomi una perla in più della sua vita.

Sospiro. "A me però la pittura sì che mi faceva felice, mi ha sempre fatto felice, ma ho ricordi negativi legati a questo che ho solo bisogno di abbandonare quel mondo anche mentalmente." Gli dico.

"Non puoi dirlo se non ci riprovi da capo."

Scuoto la testa. La conversazione ha preso una piega pesante e intensa che non ho ancora il coraggio di affrontare.

"Andiamo?" Domando. "Se i miei non mi trovano in casa è la volta buona che mi ammazzano." Ridacchio per non piangere.

La situazione con papà è già da prendere con calma.

Usciamo dal nauseante odore di panini e fritto e con la macchina, ritorniamo a casa. Mi rendo conto che il tragitto è corto, ad esagerare cinque minuti di tempo.

"Fammi capire? Tu per un tragitto così corto hai preso la macchina?"

"Ehm.. sì perché?" Mi accompagna alla porta.

"Potevamo benissimo andare a piedi. La situazione ambientale è già in bilico così com'è, non puoi contribuire alla tua stessa morte." Gli ricordo.

"Quando rischieremo veramente la morte per riscaldamento globale, io e te non ci saremo più cara Mia." Scherza.

Ma non c'è niente da ridere. "Spero che questa cazzata che ho appena sentito non sia ciò che pensi veramente." Tolgo gli occhiali alzando le sopracciglia.

Si avvicina a me e mi lascia un piccolo bacio sulla guancia. "Ovvio che no. La prossima volta terrò conto delle tue parole, ambientalista." Mi spettina i capelli e si allontana salutandomi.

Scuoto la testa e apro la porta. Arthur corre verso di me, abbaiando e scodinzolando tra le mie gambe.

"Dove eri?" Chiede mia madre. Perfetto!

Okay... e lei cosa ci fa in casa a quest'ora?

"A mangiare fuori. "Rispondo. "Ti sei scordata di lasciarmi il pranzo nel microonde." Le faccio notare.

"Non mi sono scordata di niente, sapevo di tornare prima ma non ti ho trovata in casa. Mia, ti abbiamo detto mille volte che prima di uscire devi informarci." Si avvicina.

"Dove sei stata?" Chiede nuovamente.

"A mangiare, te l'ho detto."

"Da sola?" Indaga.

"Con Harry. Ammetto, infine.

"Mmh... uscite spesso tu e Harry?" Mi chiede.

Sospira. "So dove vuoi arrivare mamma. Siamo solo amici." La informo, prima che possa capire male.

"Io non sto pensando a niente, sei tu che hai la coda di paglia." Si difende e so che si sta trattenendo dal ridere.

"Pensa a quello che vuoi." La ignoro e mi dirigo verso la mia stanza.

Harry e io non potremmo mai essere qualcosa che va oltre all'amicizia anche se a volte ho notato che gli importa di quello che penso e di quello che faccio.

Il giorno dopo sono più fresca e calma del solito. Ho molta più voglia di andare a scuola e mi fermo pure a fare colazione con i miei.

Papà ancora non mi rivolge la parola ma per ora preferisco limitarmi a non farlo incazzare. So che a volte mi comporto in maniera molto infantile e quando si saranno calmate le acque, gli chiederò scusa com'è giusto che sia.

Non appena suona il citofono, mi affretto per prendere la mia borsa, gli occhiali da sole e il bastone. Faccio un saluto generale per non far sembrare ancora più strana la situazione e apro la porta.

"Buongiorno." Saluta Savannah.

"Buongiorno." Rispondo educatamente con un sorriso.

"Non puoi capire! Oggi ho un test su storia dell'arte e non so niente." Mi racconta mentre ci avviamo verso la scuola.

"Ah sì? Su quali argomenti?" Le domando.

"L'impressionismo in Italia, Francia e Olanda. " Mi dice in tono disperato.

"Che ore sono? Ti potrei dare una mano." Suggerisco.

Ne so abbastanza sull'impressionismo; nella vecchia scuola ho fatto un'approfondita relazione sui vari componenti di questa corrente e le differenze di percezione tra i paesi, tanto da prenderci un voto eccellente.

"Davvero? Abbiamo circa mezz'ora prima del suono della campanella."

Non sarà abbastanza da imparare bene l'argomento ma potrei farle un quadro generale per puntare almeno alla sufficienza, considerando che è tabula rasa.

Nel tragitto inizio a snocciolare tutte le informazioni di mia conoscenza. Le parlo di Monet, Pissarro, Renoir e Degas nel modo più elementare possibile considerando che sono tra i miei artisti preferiti di questa corrente. All'arrivo dell'impressionismo in Italia con Antonio Mancini e Armando Spadini.

"I nomi dei tipi non me li ricorderò mai, ma mi hai salvato la vita."

"Buona fortuna, allora." Le auguro, prima che possa lasciarmi di fronte alla classe di matematica.

Attivo il registratore e resto seduta sulla sedia ad ascoltare l'insegnate.  Onestamente, questa è la materia che mi è più inutile fra tutte, alla fine dovrò fare un test orale sulle regole senza doverle applicare;  non ne trovo il senso.

La Prof chiama il povero Andrew alla lavagna che di solito non spiccica una sola parola quando si tratta di dover risolvere un'equazione e lo rimanda a posto con una F sul registro. Si sente un silenzio tomba e posso giurare che tutti si stanno nascondendo dietro il quaderno e fanno finta di cercare qualcosa dello zaino per non essere chiamati. La solita tattica dello studente: non guardarla negli occhi, non ti chiama.

Alla fine dell'ora, Sav mi viene a riprendere e non appena mi vede caccia un urlo di gioia.

"Ho due notizie bomba." Mi informa.  "La prima è che sono quasi sicura di aver fatto da A il compito di storia dell'arte e tutto grazie a te. Sei un genio." Mi abbraccia prendendomi alla sprovvista.

"Sono contenta per te, e la seconda?" Chiedo avviandomi con lei alla prossima lezione.

"Hai presente Harry? Il tuo amico? Mi ha appena chiesto di uscire a prendere un caffè dopo scuola e io ho risposto di sì." Confessa facendomi bloccare sui miei passi.

Il suo tono è euforico e pieno di felicità ma dentro il mio stomaco sta succedendo qualcosa a me incomprensibile.

Le ha chiesto di uscire...

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Dopo mesi di assenza rieccomi ad aggiornare questa storia LOL.

Perdonatemi, ma sono piena di cose da fare e devo in ogni modo focalizzarmi sull'altra storia, dato che uscirà in cartaceo :)

Ma tranquilli, perché riprenderò il ritmo e tornerò ad aggiornare in modo costante anche questa.

Grazie per il vostro continuo supporto! ❤







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