Tu devi perché devi
Michael non ne poteva più: voleva che tacesse. Non chiedeva poi così tanto: un po' di silenzio, anche solo un secondo, giusto il tempo per asciugarsi le lacrime e avere un po' di tregua da quel continuo senso d'oppressione. Ma non c'era rumore abbastanza forte da coprire quella voce assillante: la musica risuonava a tutto volume nelle sue cuffie, eppure lei era ancora lì a tormentarlo.
Ormai non riusciva più a dormire la notte, riempiva il buio con tazze di caffè nero bollente e schemi colorati, sotto l'occhio vigile della sua lampada scarlatta. Non ricordava nemmeno quando fosse stata l'ultima volta che aveva raggiunto sei ore di sonno, probabilmente qualche settimana prima. Si sentiva in colpa solo a immaginare una prospettiva del genere, perché le tenebre non facevano altro che amplificare quel dannato promemoria.
Tu devi perché devi. Tu devi perché devi.
Tu devi studiare perché devi. Tu devi finire il saggio stanotte perché devi. Tu devi eccellere perché devi.
Tu devi perché devi.
Ed era sempre così, ancora e ancora, in una cantilena di cui aveva imparato il contenuto a memoria, ma non come sfuggirle. Quel devi incombeva sulla sua testa come una spada di Damocle e lə tormentava qualsiasi cosa facesse, lə faceva sentire in colpa per quanto fosse tremendamente incapace di andare oltre la mediocrità.
Non riusciva a tenere il passo con l'università. La sessione era alle porte, ormai si trattava solo di giorni prima che le lezioni terminassero e i suoi amici sembravano avere tutto sotto controllo.
Tutti, tranne Michael. Michael che non sapeva dove trovare il tempo per leggere tutti i libri che doveva leggere. Michael che era rimastə indietro con lo studio perché c'erano troppe cose da ricordare. Michael che ci provava davvero ad eccellere, ma non ci riusciva. E doveva, doveva eccellere. Doveva eccellere perché doveva.
Così come doveva mangiare: doveva avere una dieta equilibrata, doveva fare cinque pasti al giorno, doveva evitare le schifezze e mangiare sano. Ma Michael non voleva, non se la sentiva proprio di sedersi a tavola e mandare giù un boccone dopo l'altro. Non voleva ritrovarsi di fronte ad un piatto quasi pieno, non voleva nemmeno vederlo il cibo. Ma doveva mangiare: doveva mangiare perché doveva.
Ma si sentiva in colpa a farlo, come se fosse sbagliato preoccuparsi di cose del genere. Quindi faceva chilometri a piedi al posto di prendere l'autobus, prendeva gli snack meno calorici alle macchinette, saltava i pasti quando poteva e poi si sentiva in colpa.
Si sentiva in colpa quando mangiava e si sentiva in colpa quando non lo faceva: tu devi mangiare perché devi, ma Michael in fondo avvertiva che non doveva, che c'era qualcosa di sbagliato in tutto questo.
Tu devi amare tua madre perché devi. Tu devi raggiungere la perfezione perché devi. Tu devi stare bene perché devi. Tu non devi causare problemi perché non devi.
Eppure chiunque avesse intorno sosteneva il contrario: non doveva amare sua madre, anche se non riusciva ad odiarla; la perfezione non è umana, quindi non doveva puntare così in alto e rovinarsi per questo; nessuno pretendeva che stesse sempre bene, perché la sofferenza è un sentimento come tutti gli altri; i problemi che credeva di causare non erano affatto problemi.
Michael questo lo sapeva, ma non riusciva ad accettarlo: per quanto fosse perfettamente consapevole che la voce stesse mentendo e che fosse solamente il risultato di qualche trauma infantile represso, per quanto ne fosse cosciente tuttavia non aveva né la forza né la più pallida idea di come silenziarla.
O meglio, un'idea ce l'aveva, ma era troppo ripugnante per metterla in pratica ogni singola volta, quindi si ritrovava ogni giorno a ripetersi ancora e ancora che non doveva dare retta a quel tu devi perché devi, a sforzarsi di opporre un minimo di resistenza a quella voce infernale.
Eppure non ce la faceva: per quanto provasse a fuggire, la sua mente lo riportava sempre al punto di partenza, al cospetto di quelli che erano i suoi doveri.
Quella volta, però, Michael ne aveva davvero abbastanza: era più di una settimana che non dormiva per più di tre ore, esaurendosi su tomi troppo grandi per essere riassunti e studiati in poco tempo, senza uscire di casa se non per andare in facoltà. Era arrivatə al limite e se ne rendeva perfettamente conto: o si sfogava o avrebbe fatto qualche cazzata madornale.
Per questo si era infilatə le cuffie ed era andatə al supermercato. Chiamarlo supermercato, in realtà, era davvero un complimento, visto che in quel buco vendevano solo pane, frutta e alcol. L'alcol, il suo amatissimo alcol, la soluzione al suo grande Problema.
Sì, lo so bene cosa state pensando in questo momento: l'alcol non è mai la soluzione, i problemi vanno affrontati e blablabla. Parole molto belle, ma non parole da disperati. E Michael era disperatə sul serio.
Pertanto, come dicevo, aveva fatto un salto al supermercato e si era compratə una bella bottiglia di vodka, la più economica che aveva trovato. Si era sentitə in colpa a vederla lì, a scorrere da sola sul rullo della cassa, e la vecchietta in coda aveva guardato Michael con occhi indignati, ma l'unica cosa importante in quel momento era zittire quella voce.
Tu non devi bere alcol perché non devi. Tu devi studiare perché devi. Tu non devi scappare dai tuoi problemi perché non devi. Tu non devi spendere soldi in cazzate perché non devi.
Presa la vodka, si diresse a passo svelto verso il parcheggio e si sedette sul bordo di un'aiuola dissestata. Non perse tempo in convenevoli: strappò via il sigillo di garanzia e svitò velocemente il tappo. L'odore dell'alcol gli pizzicò piacevolmente il naso, facendolə sentire già un po' meglio. Ma fu solo un attimo prima che la voce ricominciasse.
Tu non devi bere alcol perché non devi. Tu non devi bere alcol perché non devi.
Michael bevve due lunghi sorsi direttamente dalla bottiglia e fece un respiro profondo.
Tu non devi bere alcol perché non devi. Tu non devi bere alcol perché non devi.
Un altro sorso e poi un altro ancora. Una vampata di calore tinse le sue guance di rosso e sciolse le dita intorpidite dal freddo. La vodka era pessima e lasciava uno strano retrogusto in bocca, ma poco importava se facesse schifo o meno: sentiva già che stava funzionando.
Tu non devi bere alcol perché non devi! Hai capito! Se mi diventi un'alcolizzata del cazzo io ti ammazzo! Ti ammazzo, hai capito!
Michael si sdraiò sull'erba ghiacciata e chiuse gli occhi. La testa aveva preso a girare, ma era tutto nella norma, nulla che non fosse già capitato prima. Fece un respiro profondo e bevve un altro sorso.
Non ti fai schifo? Tu non devi comportarti in questo modo, hai capito! Sei una grandissima delusione! Non è così che ti ho cresciuto!
Cominciò a piangere silenziosamente, lasciando che le lacrime corressero libere sulle guance. Andava sempre così: la voce diventava sempre più crudele e spietata, sottolineando quanto facesse schifo come persona. Sarebbe andata sempre più affondo, rigirando il coltello nella piaga, infliggendo una quantità di dolore terrificante. Ma Michael sapeva ne che valeva la pena.
Tu devi metterti la gonna! Tutte le ragazze se la metteranno, tranne tu! Perché devi fare così? Perché vuoi farmi soffrire così? Tu devi metterti la gonna perché sei una ragazza: è solo per un giorno, cazzo!
Tu devi eccellere, hai capito? Tu devi essere la migliore! E adesso come facciamo? Hai preso 9 a latino: ti rendi conto che ti sei rovinata la media? E per cosa? Perché la signorina qui voleva andare al cinema! Voleva andare a pranzo con quelli di classe sua! 9 a latino non lo accetto: devi recuperarlo subito! Tu devi eccellere! Tu non devi deludermi perché sono tua madre!
Tu non devi stare male! Non hai alcun motivo per stare male! Sei solo una piccola egoista! Io e tuo padre abbiamo fatto così tanti sacrifici e tu così ci ripaghi? Devi apprezzare quello che hai perché nulla è dato per scontato! Avremmo potuto lasciarti da sola e abbandonarti, ma non lo abbiamo fatto: devi esserci grata per questo! Tu non devi farti del male, chiaro? E non devi farne parola con nessuno perché non devi! Se lo fai sei ancora più cattiva di quanto tu già non sia!
Michael si tirò su a sedere e si asciugò come meglio poteva le lacrime. Si portò la bottiglia davanti agli occhi e osservò il liquido trasparente ondeggiare da una parte all'altra: era quasi a metà, era molto più di quello che serviva. Allungò la mano libera verso lo zaino e sfilò dalla tasca laterale la borraccia.
"Okay, idiota: vedi di non fare un casino" sbiascicò a sé stessə mentre svitava il tappo.
Posò sia la borraccia sia la bottiglia per terra davanti a sé. Chiuse gli occhi e fece un bel respiro profondo. Quando li riaprì ebbe la sensazione che tutto vorticasse più di prima: le macchine, gli edifici, il lampione, ogni cosa intorno non faceva altro che girare ancora e ancora, sempre più veloce. Ma Michael ormai era abituatə anche a quella turbolenza e cominciò a travasare la vodka, almeno non avrebbe dovuto buttarla via.
Poi si sdraiò di nuovo sull'aiuola, abbandonando la bottiglia vicino ad un cespuglio.
Non devi inquinare, hai capito? Tu non devi lasciare la tua roba in giro per il mondo! Tu non...
"Statte zitta, a ma'", sussurrò avvicinando le labbra alla borraccia, "Statte zitta, cazzo".
Sei una grandissima delusione! Che cosa ti ho fatto di male? Perché devi darmi questo dolore? "Onora il padre e la madre": te lo ricordi, sì? Hai così poca cura della tua anima? Tu devi rendermi fiera perché io sono tua madre!
Tu non devi sparire perché io sono tua madre: sarò sempre parte della tua vita, che tu lo voglia o no! Finché non muoio, io sarò sempre qui!
Tu devi essere una brava figlia perché devi! Me lo devi, cazzo! Ho sacrificato la mia vita per crescerti in un certo modo e guarda ora che cosa sei diventata! Tu devi...
"Io non ti devo un cazzo!" urlò Michael puntando il dito contro il cielo.
Tu me lo devi! Io sono tua madre! Io ti ho messo al mondo! Ho fatto molti sacrifici per te! Mi sono annullata per te! E tu così mi ripaghi? Facendoti del male? Ubriacandoti? Buttando al cesso il tuo futuro per una cazzata? Sei un'ingrata! Che cosa è successo alla bambina che ho cresciuto? Tu devi comportarti da ragazza! Tu devi stare bene! Tu devi eccellere! Tu non devi bere alcol! Tu non devi stare con Lei! Tu non devi uscire da sola! Tu devi amarmi perché io sono tua madre!
"Statte zitta!".
Michael si sentì la gola in fiamme, il cuore scalpitava nel petto. Gli occhi non volevano saperne di smettere di piangere. Aveva caldo, molto caldo, anche se era pieno inverno ed era uscitə solo con la felpa. Non riusciva a muovere i piedi, probabilmente sarebbe stato difficile tornare a casa in quelle condizioni. Però aveva raggiunto il suo obiettivo e poteva finalmente respirare.
Michael sorrise: nella sua testa c'era finalmente assoluto silenzio.
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