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13

Avrebbe dovuto essere una passeggiata piuttosto piacevole. Il sentiero era piano e ampio, composto da piccoli ciottoli che a Frank facevano pensare a passeggiate di campagna lungo interminabili linee ferroviarie abbandonate. Si snodava in curve graziose attraverso lo spazio fra le due colline, i cui fianchi ondulati salivano dolcemente verso l'alto, ricoperti d'erba bassa e fiori selvatici. Era un quadro perfetto. O avrebbe potuto esserlo, se non fosse stato per le pareti rocciose a strapiombo che si ergevano dai pendii erbosi e si curvavano verso l'interno, stringendo il cielo fino a farlo diventare poco più di una sottile striscia di luce. Quel luogo era avvolto dall'oscurità. Quando l'ombra fredda la strinse nel suo abbraccio, Frank rabbrividì.
Accanto a lui, Gerard era silenzioso e teso, si muoveva rapidamente e si guardava intorno in continuazione. La sua agitazione scatenò anche quella di Frank. Il corvino non osava scrutare i dintorni, ma guardava dritto davanti a sé e desiderava soltanto che uscissero da quel posto senza incidenti. Con la coda dell'occhio, poteva distinguere al massimo le picchiate indistinte dei pipistrelli. No, non pipistrelli. Spettri. Calavano come colpi di falce dalla superficie rocciosa, poi volavano in cerchi bassi sopra le loro teste. Frank strinse ancora di più le dita di Gerard, tentando di non guardarli.
Ma non poteva ignorarli. Si ritrovò ad ascoltare il familiare ma ossessivo ululato che ormai associava ai demoni, ma nell'aria non c'era l'eco delle urla stridule. C'erano, tuttavia, altri rumori.
«Li senti?» domandò, bruscamente.
Gerard annuì, con espressione cupa.
Sembrava il sommesso brontolio di un migliaio di sussurri. Sebbene non vi fossero parole distinguibili, il suono era comunque minaccioso.
«Cos'è?» chiese Frank. La sua testa scattò in tutte le direzioni mentre scrutava il cielo e le pareti di roccia, cercando l'origine del rumore.
«Non dall'alto» gli disse Gerard. «È sotto di noi».
All'inizio, l'unico suono che Frank riuscì a sentire fu lo scricchiolio dei loro piedi che calpestavano ghiaia e ciottoli sparsi sul sentiero, ma ora che si era messo in ascolto, si rese conto che quel sibilo inquietante, in effetti, veniva dal terreno.
«Gerard, che succede?» la sua voce era un filo, appena udibile anche per lui.
«I demoni. Si stanno radunando sotto di noi. Non appena individueranno un'occasione per attaccarci, saliranno in massa in superficie. È quello che fanno in questo luogo. Sempre».
«Perché?»
«Ci troviamo nel cuore della terra perduta». Gli spiegò Gerard. «È qui che sono appostati, a migliaia. Qui le ombre non spariscono quasi mai. Sanno che avranno la loro opportunità».
«Qual è l'opportunità di cui hanno bisogno?»
«Non appena ci saremo addentrati a sufficienza nell'ombra, loro colpiranno». Gerard aveva un tono sbrigativo, ma in sottofondo si avvertiva una nota di panico che spaventò Frank più delle parole.
«Che cosa possiamo fare?».
Lui scoppiò in una risata priva di allegria. «Niente».
«Non dovremmo correre?».
«Non finché non saremo costretti. Conserva le energie per quando ne avrai davvero bisogno», gli rispose Geeard, con un leggero sorriso. Che non durò a lungo.
«Tieniti a me, Frank. Non lasciare la mia mano. E quando ti dirò di correre: corri. Segui il sentiero, e quando sarai uscito dalla valle troverai un altro cottage. Corri in quella direzione e non voltarti indietro. Una volta dentro, sarai al sicuro».
«E tu dove sarai?» mormorò lui, ansioso.
«Proprio dietro di te»
Frank tentò di concentrarsi sul sentiero che aveva di fronte. Aveva la mano talmente stretta a quella di Gerard che sentiva le dita pulsare. Il rumore sotterraneo parve aumentare e sembrò quasi che la terra stesse bollendo, che si sciogliesse per liberare i demoni. Gli ci volle un momento per distinguere il disegno tracciato sul terreno, poi si rese conto che erano ombre. Ombre nere. Frank cominciò ad avere il respiro corto e ansimante mentre, intorno a loro, la valle si stava rabbuiando e le pareti di roccia si stringevano ancora di più. Si trovavano esattamente nel cuore di tutto ciò.
Quanto mancava prima che i demoni si liberassero?
L'aria parve raggelarsi all'istante. Un colpo di vento salì dalla valle e sollevò i capelli di Frank. La brezza gli mormorava nelle orecchie portando l'eco dei rumori sotterranei e lui riconobbe il distinto ululato di altri demoni che si lamentavano da qualche parte, sopra di loro. Si stavano radunando da ogni lato.
Per un istante, il corvino ebbe l'impressione che il tempo si fosse fermato, sospeso sull'orlo del caos. Ogni nervo del suo corpo era teso all'inverosimile, muscoli sembravano formicolare, pronti a rispondere ai suoi ordini. Frank prese un lungo, profondo respiro e l'aria che entrò nei polmoni gli rimbombò nelle orecchie.
Prima che potesse espirare, o anche solo battere le palpebre, il tempo tornò improvvisamente a scorrere e tutto parve accadere in un istante. La terra emise fumo mentre innumerevoli demoni emergevano in superficie come neri serpenti di vapore, contorcendosi e sibilando nell'aria. Gli ululati provenienti dall'alto calarono dal cielo tuffandosi e intrecciandosi intorno a lui. A centinaia. Migliaia. L'aria era nera di spettri. Frank rimase a bocca aperta, senza poter fare altro; era qualcosa che non aveva paragoni. Il suo cuore si fece di ghiaccio quando un demone andò dritto verso di lui, gli trapassò il petto e lo agguantò dentro prima di uscirgli dalla schiena. Cose senza volto gli afferravano i capelli e li tiravano provocandogli dolore. Artigli che gli arpionavano spalle e braccia, tirandolo con violenza.
«Frank, corri!». La voce di Gerard lacerò la confusione di suoni e movimenti, arrivandogli dritta nel cervello.
Corri, ripeté a se stesso. Corri. Ma non riusciva a muoversi. Aveva le gambe paralizzate, come se avessero dimenticato la propria funzione.
Uno strattone alla mano lo fece incespicare, ma costrinse le sue gambe a muoversi. Gli arti si misero in pari prima di farlo cadere e cominciarono a spingerlo in avanti. Corri, corri, corri. Pensò, lanciandosi il più velocemente possibile sul sentiero, la mano incollata a quella di Gerard. I demoni urlanti continuavano a girargli intorno, ma non riuscivano ad avere una presa decisa su di lui.
Il sentiero si allungava davanti a Frank e, sebbene lui non riuscisse a vedere il cottage, sapeva che non poteva essere molto lontano. Ormai doveva quasi esserci. Stava correndo a tutta velocità e sapeva che non sarebbe riuscita a mantenerla ancora per molto. Le gambe stavano già bruciando e protestavano a ogni passo. Ogni volta che sollevava un piede, era sempre più pesante. Aveva il respiro affrettato e irregolare e ogni boccata d'aria era una coltellata fredda e dolorosa in mezzo al petto. Le braccia spingevano in avanti ritmicamente tentando di mantenerlo in corsa, ma Frank stava rallentando a ogni passo. Gli artigli dei demoni cominciavano a trovare una presa e lo tiravano indietro, rallentandola sempre di più. Il corvino sapeva che non sarebbe stato in grado di resistere, a meno che il cottage non fosse molto vicino.
Qualcosa gli tirò la mano rischiando di farlo cadere all'indietro. Frank lanciò un urlo mentre la spalla gli veniva quasi lussata. Poi, in un battito di ciglia, capì cos'era accaduto. Le sue mani erano chiuse in due pugni. Pugni vuoti.
«Ger-Gerard, Aiuto!». Tossì, ansimando.
«Frank, corri!». Lo udì gridare. Ma non era più accanto a lui. Dov'era finito? Non osò girarsi per cercarlo, temendo di cadere. Al contrario, si concentrò nel fare ciò che le aveva detto lui: correre. Correre più forte e veloce possibile.
Che cos'era quello? Proprio dritto davanti a lui, a qualche metro di distanza, c'era una forma scura appena distinguibile. Doveva essere il cottage. Frank tentò di spronare i suoi muscoli esausti a compiere un ultimo sforzo.
«Forza, forza, forza, forza» ripetè sottovoce, ordinando al suo corpo di continuare a correre. Ignorando il dolore, mosse le gambe persino più velocemente costringendogli a fare uno scatto sugli ultimi metri. La porta era già aperta.
«Gerard, lo vedo!». Ma l'ultimo pensiero gli si strozzò in gola quando parecchi demoni si tuffarono tutti insieme su di lui e, all'improvviso, entrarono con violenza nel suo corpo. Sembrava fossero inconsistenti, eppure lui li sentì afferrarle il cuore. Incespicò, scoprendo quanto fosse difficile mantenere il controllo sugli arti.
«No» gemette. «No, no. Ci sono!».
Muoversi era impossibile. Delle mani gelide l'agguantarono dentro e lo torsero, ghiacciandolo fino alle ossa e togliendogli il respiro. Ogni molecola di se stesso desiderava disperatamente fermarsi. Sdraiarsi per terra e farsi tirare dolcemente sottoterra dai demoni, dove sarebbe stato buio e lui avrebbe potuto dormire. Un luogo dove avrebbe potuto smettere di lottare ed essere in pace.
D'un tratto, nella testa le esplosero le parole di Gerars. Corri e non voltarti indietro. Una volta dentro, sarai al sicuro. Con le parole, arrivò un'immagine del suo viso.
L'improvvisa forza di volontà lo fece avanzare, un passo dopo l'altro, verso la porta aperta. Ogni movimento era sofferenza, ogni respiro una fitta di dolore. Il suo corpo gli urlava di fermarsi, arrendersi, ma lui continuò a spingere con disperata ostinazione. A ogni centimetro guadagnato, le urla, i sibili e gli ululati aumentavano d'intensità. I demoni raddoppiarono gli attacchi, tirandolo e lacerandolo. Gli turbinavano intorno al viso tentando di accecarlo. Ad appena qualche metro, Frank cadde in ginocchio, esausto. Chiudendo gli occhi con forza, costrinse i suoi polmoni doloranti a incamerare aria e cominciò a strisciare. Sotto le sue dita la terra era fredda, i sassolini gli scorticavano le mani e perforavano le ginocchia. Muoviti, pensava lui disperato. Muoviti e basta.
Capì all'istante quando varcò la soglia. Il rumore scomparve immediatamente e il freddo dentro di lui si dissolse in un vago indolenzimento. Estenuato, si accasciò sul pavimento, ansimando.
«Gerard, ce l'abbiamo fatta...», proferì con voce rotta, incapace di sollevare la testa dal pavimento.
Lui non rispose. E Frank non udiva alcun respiro dietro di sé, nessun movimento nel cottage. Il ghiaccio tornò a morderle il cuore, cento volte più forte. Aveva paura di voltarsi.
«Gerard?», mormorò.
Frank rotolò sulla schiena. Rimase così, sdraiato, per un istante, troppo spaventato per aprire gli occhi, terrorizzato da quello che avrebbe potuto vedere. Ma il bisogno di sapere ebbe la meglio. Si costrinse ad aprire gli occhi ed esaminò la scena che aveva davanti.
No.
Incapace di parlare, si lasciò sfuggire un pietoso gemito. La soglia era vuota; fuori, la notte, era nera.
Gerard non ce l'aveva fatta.

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