12
Quando uscirono dal cottage, degli spettri non c'era traccia. Frank si guardò intorno con gli occhi attento, poi sospirò di sollievo, anche se sapeva che c'era ancora da attraversare la valle.
Era una mattinata uggiosa. I raggi del sole non riuscivano a penetrare la foschia fitta e agitata dal vento. Gerard osservò con calma e a lungo i dintorni, poi diede un'occhiata a Frank e gli sorrise.
«Sei nervoso». Non era una domanda.
Frank guardò la nebbia e comprese. «Opera mia?».
Lui annuì. Poi gli si avvicinò e le prese entrambe le mani. «Guardami» ordinò. «Non devi avere paura. Io ti proteggerò. Te lo prometto». Piegò un poco le gambe per poterlo guardare bene negli occhi. Frank tentò di sostenere il suo sguardo e sentì le guance formicolare di calore.
«Sei carino quando arrossisci» gli disse ridendo, cosa che aumentò a dismisura il suo rossore. «Andiamo». Gli lasciò una mano mentre si girava, ma tenne l'altra che tirò con dolcezza, per invitarlo a camminare.
Il corvino si avviò incespicando dietro di lui, accorgendosi vagamente che la foschia si stava diradando e i raggi del sole stavano lottando per farsi strada. Pensò di capire il perché, perciò il suo rossore fu lento a scomparire. Due minuti dopo si era convinto che quelle parole non erano altro che una strategia - per alleggerirgli l'umore, far evaporare la foschia e diminuire il rischio rappresentato dai demoni. Eppure, la mano di Gerard restava stretta intorno alla sua, mentre la guidava.
In cima alla prima collina, il ragazzo si fermò ed esaminò il paesaggio. Fissò lo sguardo su un punto a sinistra e lo indicò.
«Vedi quelle colline laggiù?».
Frank annuì.
«La valle che dobbiamo attraversare passa lì sotto».
«È un lungo viaggio» constatò Frank, un po' scettico. Era già mattino inoltrato e le colline sembravano piuttosto distanti.
«È un'illusione ottica, sono molto più vicine di quanto non sembri. Arriveremo nel giro di un'ora. Saremo al sicuro finché durerà il tuo buonumore». Gli sorrise e strinse la sua mano.
Frank ebbe l'impressione che il sole brillasse più intensamente. Quant'era umiliante rendere così palesi le proprie emozioni, pensò.
Uno stretto sentiero scendeva serpeggiando lungo il fianco della collina, abbastanza largo da far passare uno di loro alla volta. Alla fine, Gerard andò avanti per primo lasciandogli la mano mentre sceglieva il percorso sopra piccoli sassi e ciuffi d'erbacce. Frank camminava cauto e lento dietro di lui, leggermente inclinato all'indietro per compensare la pendenza in discesa, facendo scivolare i piedi per cercare un appoggio sicuro. Teneva le mani in fuori per mantenere l'equilibrio e non cadere.
Ci volle una mezz'ora per arrivare in fondo alla collina e Frank sospirò di sollievo quando il terreno si fece pianeggiante e lui poté distendere le gambe e fare passi più lunghi e saltellanti. Da lì le due colline che sorvegliavano la valle sembravano torreggiare sopra di loro. Gerard aveva ragione, adesso apparivano molto più vicine. Davanti alle colline si estendeva soltanto una vasta e piatta distesa di terreno paludoso. Grosse pozzanghere luccicavano qua e là e i canneti crescevano in macchie sparse. Frank imprecò fra sé e sé, immaginando l'acqua fredda e fangosa che ben presto le avrebbe inzuppato i calzini. Lanciò un'occhiata a Gerard.
«Immagino che il trasporto a cavalluccio non rientri fra i tuoi doveri di guida, vero?», gli chiese speranzoso.
Lui gli rispose con uno sguardo raggelante e Frank sospirò. Ficcandosi le mani nelle tasche, si dondolò sui talloni, riluttante a fare il primo passo.
«Non potremmo fermarci qui e riposare un po'?», suggerì.
«Un'idea magnifica, davvero». Lo guardò con freddezza. «Possiamo aspettare fino a metà pomeriggio e poi imboccare la valle al crepuscolo. Vivere pericolosamente, perché no?».
«Okay, era solo una proposta» borbottò Frank, mentre faceva il primo passo nella palude.
La palude si estendeva per circa tre chilometri, ma loro procedevano lentamente. Ricavarsi un sentiero in mezzo alle vaste pozze d'acqua e camminare nel fango in cui, a volte, si affondava fino alle caviglie, non era certo un'impresa facile. Gerard sembrava avere molti meno problemi. I suoi piedi trovavano il terreno solido più facilmente e persino quando Frank calpestava lo stesso punto, era certo che sarebbe affondato.
A circa metà del percorso incontrarono una macchia più acquitrinosa del resto della palude. Frank sprofondò con il piede fino al ginocchio e, quando tentò di tirarlo via per liberarsi, non accadde niente. Si sbilanciò all'indietro e poi proiettò il peso in avanti diverse volte. Ancora niente.
«Gerard!» alzò la voce, anche se lui era a pochi metri di distanza.
Il ragazzo si girò e lo guardò. «Che cosa c'è?».
Frank alzò le braccia in un gesto di disperazione. «Sono incastrato».
Un'espressione maligna passò sul viso di Gerard. «E che cosa vorresti che facessi?».
«Non scherzare, tirami fuori!».
Gerard sorrise e scosse la testa.
Frank allora decise di tentare un approccio diverso. Lasciò cadere le braccia, chinò la testa e lo guardò da sotto in su, languido.
«Per favore?»piagnucolò.
Gerard scoppiò in una fragorosa risata, ma tornò verso di lui sguazzando nel fango. «Sei patetico», scherzò. Gli prese entrambe le braccia, si mise in posizione, poi si chinò all'indietro e tirò. Frank udì il rumore di un risucchio acquoso, ma i suoi piedi rimasero incastrati.
«Per la miseria» ansimò Gerard. «Come diavolo hai fatto?».
«Ho camminato» sbottò Frank, leggermente irritato dal suo atteggiamento beffardo.
Gerard lasciò la presa e fece un passo in avanti. Gli circondò la vita con le braccia e lo strinse forte, aderendo completamente al suo corpo. Frank si irrigidì un po' a quel contatto, e sentì il cuore accelerare il battito. Sperò che lui non lo udisse. Stringendolo forte, Gerard tirò all'indietro. Il corvino sentì il fango allentare la presa sulle gambe. Con un viscido rumore, il pantano lo lasciò libero, ma senza la palude a trattenerlo, lo strattone di Gerard lo spinse in avanti.
A Frank venne da ridere mentre Gerard incespicava per mantenere l'equilibrio e sollevava schizzi di fango che macchiarono viso e capelli di entrambi.
Le braccia di lui lo strinsero ancora di più mentre tentava di non cadere e trascinare tutti e due nell'acquitrino. Con qualche passo incerto all'indietro, finalmente riuscì a ritrovare l'equilibrio. Gerard abbassò lo sguardo e vide il viso di Frank sporco di fango che lo fissava e, per un attimo, venne catturato dal colore abbagliante dei suoi occhi, mentre rideva.
Stretto nell'abbraccio del ragazzo, Frank ondeggiò, incerto sull'appoggio dei piedi e ancora un po' frastornato. Alzò il viso e gli sorrise apertamente, dimenticando la sua timidezza. Gerard lo stava guardando. Fu un momento intenso e la risata gli morì in gola. D'un tratto, fu difficile anche respirare.
Un istante dopo, lui si era sciolto dall'abbraccio. Si allontanò e guardò verso le colline.
Frank lo osservò confuso. Che cos'era successo?
«Dovremmo andare» gli disse Gerard. Aveva la voce stranamente roca.
«D'accordo» mormorò lui, ancora un po' disorientato. Gerard si voltò e riprese a camminare nel fango. Frank lo seguì controvoglia.
Gerard attraversava a guado la palude senza esitare, tentando di mettere un po' di distanza fra sé e lui per avere il tempo di pensare. Era perplesso. Per decenni, forse secoli - era difficile misurare il tempo con precisione nella terra perduta - aveva protetto e guidato le anime mentre compivano il loro viaggio. All'inizio aveva dato attenzioni a ognuna di esse, aveva ascoltato le loro storie e tentato di confortarle mentre piangevano per le proprie vite e il futuro e, ovviamente, soffrivano per aver lasciato i propri cari. Ogni anima che, al termine del viaggio, lo aveva salutato, si era portata via un pezzetto di lui, gli aveva strappato un minuscolo brandello di cuore. Dopo un po' di tempo, Gerard si era indurito. Ormai non si apriva più al dialogo con loro, perciò loro non potevano entrare dentro di lui. Negli ultimi anni, accompagnare le anime era stato poco più di una commissione da sbrigare. Aveva parlato il meno possibile e tentato di nascondere la verità più a lungo che poteva. Era stato una macchina insensibile. Un navigatore satellitare per le anime.
Ma quel ragazzo, Frank, era riuscito in qualche modo a raggiungere la sua antica personalità, che sentiva riemergere. Aveva scoperto la verità sorprendentemente presto e l'aveva accettata con maggiore maturità di tanti altri che avevano trascorso sulla Terra una vita intera. Frank lo trattava come una persona. Lì, nella terra perduta, era una cosa rara. Di solito le anime erano troppo prese dalla propria morte per contemplare anche solo il pensiero che la loro guida fosse qualcuno. Lui, invece, era un'anima che meritava protezione e meritava di essere trattata con cura. Un'anima in cui voleva lasciare una parte di sé.
C'era anche di più. Non sapeva definire che tipo di sentimento fosse. Tenerlo tra le braccia lo aveva messo in subbuglio. Sentimenti strani, sentimenti che lo facevano pensare a lui invece che al sole che si stava abbassando pericolosamente nel cielo. Si sentì quasi... umano. Non poteva essere corretto, ma Gerard non aveva altra parola per definire quello stato. Umano.
Solo che lui non lo era. Si scosse per risvegliarsi da quelle riflessioni. Sentimenti del genere erano pericolosi; potevano fargli perdere la concentrazione. Esponevano Frank al rischio; dovevano essere soffocati.
«Gerard». La voce di Frank interruppe i suoi pensieri. «Gerard, si sta facendo buio. Forse dovremmo aspettare e attraversare la valle domani?».
Lui scosse la testa e continuò a camminare. «Non si può» gli rispose. «Da questa parte della valle non ci sono case sicure. Dobbiamo soltanto andare più velocemente possibile».
Frank udì il panico represso nella sua voce e sentì un nodo allo stomaco. Sapeva che esternare la sua paura non sarebbe stato d'aiuto - anzi, avrebbe potuto soltanto peggiorare di molto la situazione, ma non poteva reprimere quell'emozione.
Dopo altri dieci minuti di faticoso tragitto, il terreno sotto i loro piedi cominciò a diventare più solido. Quando Frank vi metteva sopra il piede, l'erba lo sosteneva. Tentò di grattare via un po' del fango che gli ricopriva le scarpe. Non osò fermarsi per fare un lavoro accurato; percepiva nettamente l'impazienza di Gerard. Alla fine le pozze divennero meno frequenti e, quando alzò lo sguardo, il corvino si stupì nel vedere che si trovavano all'ombra delle due colline. Davanti a lui si apriva la valle sulla quale Gerard lo aveva messo in guardia.
Sembrava un luogo anonimo. Un sentiero piuttosto grande e tortuoso lo attraversava e i versanti salivano verso l'alto con una pendenza dolce. Frank si era aspettato una gola stretta, claustrofobica e soffocante. Si sentì sollevato, ma uno sguardo alla postura tesa di Gerard gli fece di nuovo annodare lo stomaco. Ricordò a se stesso lui sapeva giudicare molto meglio dove si nascondesse il pericolo. Con una smorfia, tentò di accelerare il passo, accorciando la distanza che li separava.
Frank era ansioso di cominciare, voleva correre e uscirne il più velocemente possibile, ma Gerard si fermò. Sembrava che si stesse mettendo in allerta. Frank lo guardò furtivamente. Stava forse pensando alle altre anime che aveva portato in quel luogo, a qualcuna che aveva perduto? Quante? Sentendosi nervosa, Frank allungo le dita e le chiuse intorno alla sua mano sinistra. Gli sorrise timidamente e strinse. Geeard le rispose con un sorriso sicuro, poi tornò a osservare la valle con un'espressione quasi spavalda.
«Ci siamo quasi» mormorò, a voce talmente bassa che Frank si chiese persino se si fosse rivolto a lui.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro