Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

11

Quella notte, Frank dormì poco. Rimase sveglio a pensare alle anime, a Gerard e a tutti gli altri traghettatori che dovevano esistere, alla destinazione verso cui era diretta. Immaginò che il suo corpo si stesse abituando a non aver bisogno di dormire, ma in realtà aveva talmente tanti pensieri che si rincorrevano nella sua testa che il sonno l'avrebbe evitato in ogni caso.
Sospirò, cambiando posizione su una poltrona logora e bitorzoluta.
«Sei sveglio». Nella semioscurità, alla sua sinistra, la voce di Gerard risuonò sommessa.
«Già» borbottò Frank. «Troppe cose per la testa».
Ci fu un momento di silenzio.
«Ti va di parlarne?».
Il corvino si rigirò in modo da poterlo guardare. Gerard era seduto su una sedia e scrutava fuori, nella notte, ma quando avvertì il suo sguardo si voltò.
«Potrebbe esserti d'aiuto» gli disse.
Frank si morse un labbro, mentre rifletteva. Non voleva lamentarsi per la sua cattiva sorte, non quando quella di Gerard era stata decisamente peggiore. Ma aveva un milione di incertezze che le ronzavano nel cervello e Gerard, magari, poteva chiarirne almeno qualcuna.
Lui gli sorrise per incoraggiarlo.
«Mi stavo chiedendo che cosa ci fosse al di là della terra perduta», cominciò Frank.
«Ah..» Gerard mostrò di aver capito. Fece una smorfia. «Non posso proprio aiutarti in questo».
«Lo so» sussurrò lui. Tentò di non mostrarsi deluso, ma era una cosa che lo stava angosciando sempre di più. Dopo aver visto i demoni che si aggiravano nel buio, pronti a tirarlo giù, non pensava che fosse un brutto posto. Doveva essere bello; altrimenti perché i demoni avrebbero voluto impedirgli di andarci?
E poi doveva pur essere da qualche parte se una volta arrivata a destinazione l'aspettava l'oblio, che senso aveva attraversare la terra perduta?
«È solo questa la tua preoccupazione?».
Quasi. Frank fece una risatina. Ma non durò a lungo. Guardò in basso, dove le lingue guizzanti delle fiamme giocavano sul vecchio pavimento di pietra screpolata. Danzavano in un modo misteriosamente familiare.
«Quei demoni...»
«Non devi preoccuparti di loro» rispose Gerard con decisione. «Non gli permetterò di farti del male».
Sembrava assolutamente sicuro del fatto suo, e quando Frank alzò gli occhi vide che i suoi erano spalancati e ardenti, e la mascella contratta. Gli credette.
«Okay» rispose soltanto.
Il silenzio fra di loro si protrasse, ma altri pensieri ribollivano nella mente di Frank.
«Sai cos'è che proprio non riesco ad afferrare?».
«Cosa?».
«Il fatto che tu non abbia davvero il tuo aspetto. Voglio dire» continuò, rendendosi conto che la sua frase non aveva un senso compiuto. «Io posso vederti. Posso toccarti» Sollevò una mano, le dita tese verso di lui, ma non ebbe il coraggio di allungare il braccio e sfiorarlo. «Ma quello che vedo, quello che sento, non sei davvero tu».
«Mi dispiace». Impossibile non cogliere la tristezza nella voce del ragazzo.
Frank si morse la lingua, rendendosi conto di essere stato indelicato. Volendo rimediare, aggiunse: «Ma non importa quale aspetto tu abbia. Sul serio. Quello che sei è nella tua testa e nel tuo cuore, no? Nella tua anima».
Gerard lo fissò con un'espressione indecifrabile. «Pensi che io abbia un'anima?» gli chiese, a voce bassa.
«Certo che ce l'hai». Rispose Frank in fretta, con sincerità. Gerard lo vide nel suo viso e sorrise, un sorriso che Frank ricambiò, ma che poi si trasformò in uno sbadiglio. Si mise subito la mano sulla bocca.
«Credo che il mio corpo pensi ancora di aver bisogno di dormire» disse, ridacchiando.
Gerard annuì. «Probabilmente domani ti sentirai malissimo, molto stanco. Ma è tutta una questione psicologica.». Lasciò cadere il resto.
Il silenzio si fece più profondo e divenne quasi tangibile.
Frank si abbracciò le ginocchia, si rannicchiò nella poltrona e fissò un punto al di là di Gerard, verso il fuoco. Si chiese se non dovesse dire qualcosa, ma non riusciva a pensare a niente che non sembrasse stupido. Oltretutto, pensò fra sé e sé, magari lui potrebbe voler riflettere. Questo momento potrebbe essere quanto di più vicino alla solitudine lui abbia mai sperimentato.
«Immagino che sia più facile all'inizio» rifletté.
«Che cosa vuoi dire?». Gerard si girò per guardarlo.
Frank non incontrò il suo sguardo, ma tenne gli occhi fissi sul fuoco, lasciandosi ipnotizzare dalle fiamme. «All'inizio» disse, «quando le anime dormono. Scommetto che è bello avere un po' di pace e silenzio. Devi essere stanco di dover parlare sempre con loro».
Si impappinò proprio sul finale perché, all'improvviso, gli venne in mente quello che era lei: uno di loro.
Per un attimo Gerard non rispose e Frank si fece piccolo per l'imbarazzo, leggendo nel suo silenzio il peggiore dei significati possibili. Lui non era altro che l'ennesima anima, per Gerard, era ovvio. Si sentì profondamente mortificato e si contorse, a disagio, sulla sedia.
«Smetterò di parlare» promise.
Il labbro di Gerard fremette. «Non devi».
Però aveva ragione. Era vero che preferiva cominciare il viaggio quando le anime scivolavano nell'incoscienza e lui poteva stare quasi da solo. Il silenzio era come un sipario: lo proteggeva, anche se soltanto per poche ore, dal loro egoismo, dalla loro ignoranza. Lo sbalordiva il fatto che quel ragazzo fosse capace di provare compassione, che fosse tanto altruista da pensare ai suoi sentimenti, alle sue necessità. Gerard gli lanciò un'occhiata, mentre era raggomitolato sulla poltrona come se volesse soltanto scomparire dentro vecchi cuscini. Sentì il desiderio di togliergli il rossore imbarazzato dalle guance.
«Ti va di sentire un'altra storia?» gli chiese.
«Se vuoi...»
A Gerard venne un'idea.
«Prima mi hai chiesto quale sia l'anima peggiore che abbia mai traghettato» cominciò, «ma ti ho mentito. Non sei stata tu». Si fermò il tempo necessario per lanciargli una rapida occhiata.
«No?». Frank appoggiò la testa sulle ginocchia, lo sguardo divertito mentre lo guardava.
«No» gli assicurò. Poi il tono scherzoso svanì dalla sua voce. «È stato un bambino».
«Un bambino?»
Il ragazzo dai capelli bianco cenere annuì.
«Com'è morto?».
«Malattia» mormorò Gerard, intenzionato a raccontare tutta la storia con poco più di un sussurro. «Avresti dovuto vederlo, sdraiato lì. Era straziante. Era minuscolo e fragile...».
«Chi sei stato per lui?» gli domandò Frank, con dolcezza.
«Un medico. Gli dissi.». Gerard si bloccò. Non era sicuro che avrebbe osato ammetterlo. «Gli dissi che potevo fargli sparire il dolore, che potevo farlo stare di nuovo bene. Il suo visetto si illuminò. Saltò fuori dal letto e disse che si sentiva già meglio».
Gerard detestava accompagnare i bambini. Nonostante fossero quelli più docili, più fiduciosi, erano anche i più difficili. Non si lamentavano, sebbene lui sentisse che meritavano il meglio. Che razza di ingiustizia morire prima di essere cresciuti, aver vissuto, aver fatto esperienza.
«Gerard» la voce di Frank gli fece alzare di scatto la testa da dove l'aveva lasciata ciondolare, sul petto. «Non sei costretto a dirmelo, se non vuoi».
Ma lui voleva eccome. Non sapeva perché; non era un racconto piacevole e non aveva un lieto fine. Voleva condividere con Frank qualcosa di sé. Qualcosa di significativo.
«Siamo usciti dall'ospedale insieme e lui non vedeva il sole da talmente tanto tempo che non riusciva a staccare gli occhi dalla luce. Il primo giorno andò bene, raggiungemmo la casa sicura senza problemi e io lo feci divertire per tutto il tempo con dei trucchetti magici: creare un fuoco dal nulla, far muovere gli oggetti senza toccarli. Qualsiasi cosa pur di catturare la sua attenzione. Il giorno dopo era stanco. La sua mente si sentiva ancora malata, ma lui voleva camminare. Non gli era stato consentito per mesi a causa della malattia... non potevo rifiutarglielo. Ma avrei dovuto».
Gerard chinò la testa per la vergogna.
«Eravamo troppo lenti. Lo portai per mano finché il sole non calò, ma non fu abbastanza. Corsi. Corsi più forte che potei e quel povero bimbo fu sballottato da una parte all'altra. Piangeva. Sentiva la mia ansia e udiva gli ululati dei demoni. Si fidava di me. E io l'ho tradito».
Frank aveva quasi paura di chiedere. Ma non poteva lasciare così quella storia. «Che cosa accadde?».
«Inciampai» disse Gerard, con la voce roca e gli occhi lucidi nella luce smorzata delle fiamme. «Inciampai e lo lasciai. Lo lasciai, per non cadere. Solo per un secondo. Una frazione di secondo. Ma fu sufficiente. Loro lo presero e lo trascinarono giù».
La sua voce si spense, ma il silenzio rimase ancora interrotto dal suo respiro agitato, irregolare e ansimante come se stesse piangendo, anche se aveva le guance asciutte. Gerard lo osservò. Senza che Frank lo volesse, le sue mani si tesero verso quelle del ragazzo e le strinsero. La stanza era calda, ma Gerard aveva la pelle fredda. Frank fece scorrere la punta delle dita sul dorso della sua mano.
Lui lo guardò per un istante, l'espressione sempre tetra, poi rigirò la mano e gli prese le dita fra le sue. Rimase così, con il pollice che tracciava cerchi lenti al centro del palmo di Frank. Gli faceva solletico, ma il corvino si sarebbe fatto staccare la mano piuttosto che ritrarla.
Gerard lo guardò negli occhi, mentre le ombre del camino gli danzavano sul viso.
«Domani sarà una giornata pericolosa» mormorò. «I demoni si stanno riunendo, qui fuori».
«Ma non mi avevi detto che non possono entrare?». La voce di Frank fu strozzata dall'improvvisa ansia. Il fatto che la stesse mettendo in guardia significava sicuramente che era preoccupato. E se Gerard era preoccupato, allora il pericolo doveva essere reale. Lo stomaco del corvino si strinse.
«Non possono» lo rassicurò, parlando seriamente. «Ma sanno che alla fine dovremo uscire».
«Saremo al sicuro?»
«Dovremmo esserlo al mattino, finché il sole è alto» gli disse, «ma nel pomeriggio dovremo passare in una valle e là sotto è sempre buio. È lì che prepareranno il loro agguato».
«Come lo sai? Non avevi detto che sono io a creare il paesaggio?».
«Ed è così, ma c'è un substrato territoriale che resta sempre lo stesso e tu vi proietti sopra la tua creazione. Ecco perché le case sicure sono sempre negli stessi posti. E la valle sarà lì. È sempre lì».
Frank si morse il labbro, incuriosito ma sospettoso, e decise di porre comunque la sua domanda. «Hai... hai mai perso qualcuno nella valle?».
Geeard lo guardò. «Non ti perderò».
Frank udì la risposta implicita alla sua domanda e strinse le labbra per non mostrare la propria ansia.
«Non aver paura» aggiunse Gerard, avvertendo il cambiamento nell'atmosfera. Le sue dita gli strinsero dolcemente la mano e Frank arrossì.
«Sono tranquillo» ribatté, troppo in fretta.
Gerard vide al di là del suo diniego. Si alzò dalla sedia e si accoccolò davanti a lui, tenendogli sempre la mano. Lo guardò dritta negli occhi quando le parlò. Frank voleva disperatamente distogliere lo sguardo, ma era ipnotizzato.
«Non ti perderò» ripeté. «Credimi».
«Ti credo» gli rispose, e questa volta era sincero.
Gerard annuì, soddisfatto, e si alzò, abbandonando gli occhi e le dita di Frank. Il ragazzo infilò le mani fra le ginocchia, tentando di non mostrare che stava tremando e che sentiva la pelle formicolare. Tentò di placare il respiro mentre guardava Gerard avvicinarsi a una delle finestre e perdersi a osservare la notte. Avrebbe voluto richiamarlo, tirarlo via dal vetro e dai demoni che erano in agguato lì dietro ma, quanto a loro, Gerard ne sapeva molto più di lui. Eppure, per niente al mondo si sarebbe mai avvicinato così tanto a quelle cose. Si accucciò ancora di più nella poltrona, con un leggero brivido.
«È sempre uguale» disse Gerard d'un tratto. Non si voltò, però, e Frank si chiese se non stesse parlando a se stesso. Lui sollevò una mano e la premette sul vetro. Immediatamente, il rumore proveniente dagli spettri che li accerchiavano raddoppiò.
«Che cosa è sempre uguale?» gli domandò, sperando di attirare la sua attenzione - e la sua mano - lontano dalla finestra. Le urla stridule lo stavano facendo agitare. Con suo grande sollievo, il ragazzo si girò e mise giù la mano.
«I demoni... sono sempre più affamati e voraci, quando c'è un'anima.». Fece una pausa, «Un'anima come te».
Frank aggrottò la fronte. Il modo in cui l'aveva detto, era come se in lui vi fosse qualcosa di sbagliato.
«Che cosa vuoi dire con "un'anima come me"?».
Gerard ci pensò su per un breve istante. «Gli spettri sono ben felici di prendersi qualsiasi anima. Ma le anime pure, per loro, sono dei veri e propri banchetti».
Anime pure? Frank rigirò per un attimo nella mente quel pensiero, aspettando che assumesse un senso. "Puro", non era esattamente l'aggettivo che avrebbe usato per descriversi.
«Io non sono puro», disse.
«Sì, lo sei» gli assicurò Gerard.
«No, non-» insistette lui.
«Non intendo dire che tu sia perfetto» lo interruppe il ragazzo. «Un'anima pura è un'anima innocente». Frank scosse la testa, pronto a negare ancora quella parola. Ma poi Gerard la pronunciò, una parola che fece letteralmente incendiare la stanza. «Vergine».
La bocca di Frank si aprì e chiuse alcune volte, ma non ne uscì nessun suono. Gerard lo stava osservando con attenzione, ma sembrava che lui non avesse più il controllo dei suoi muscoli facciali, o del sangue, mentre gli affluiva alle guance rendendole color cremisi.
«Che cosa?» riuscì a balbettare alla fine.
«Vergine» ripeté Gerard.
Frank si sforzò di non guardare altrove per nascondere l'imbarazzo. Non c'era davvero bisogno che lui ripetesse quella parola.
«Ogni volta che una giovane anima vergine arriva nella terra perduta, gli spettri sono più aggressivi e pericolosi». Lo guardò, accertandosi di avere tutta la sua attenzione. «Loro ti vogliono - vogliono te, in particolare. Per loro la tua anima sarebbe un boccone prelibato. Più desiderabile, più piacevole del sapore amaro di un'anima che ha vissuto troppo a lungo».
Le parole che stava dicendo non riuscivano a superare la nebbia che Frank aveva nel cervello. Era rimasto ferma a quell'unica parola. Vergine. Come diavolo faceva a saperlo? Ma poi ricordò che le aveva detto come lui conoscesse ogni anima. Dentro e fuori. Frank si fece piccolo, e il modo in cui le labbra di Gerard continuavano a fremere mentre lo guardava agitarsi gli fece capire che stava ridendo di lui. Era questo che aveva pensato quando gli aveva tenuto la mano: che era puro e innocente? Un vergine?
Era mortificato, e ancora intrappolato sotto il suo sguardo. Si alzò e fece alcuni passi finché non fu di fronte alla finestra attraverso la quale Gerard stava guardando fino a pochi istanti prima. Vi si avvicinò, evitando di proposito il suo riflesso, e premette la fronte sul vetro fresco, tentando di raffreddare il calore del suo imbarazzo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro