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Capitolo 64

"Quando riuscirò a ritornare alla normalità?" Chiesi a Luchesi, mentre faceva del suo meglio per finire di prepararmi i pancake. Borbottò e si girò con le sue labbra tra i denti.

"Fisicamente o mentalmente?" Domandò. Grugnii e nascosi la testa tra le braccia.

Ormai erano passate 12 ore dall'ultima volta in cui l'avevo visto e non riuscivo a pensare bene. Mi mancava il modo in cui era prima che partissimo per l'Italia; quando era sfacciato, divertente e rideva. Lo sguardo torvo che mi aveva rivolto quella mattina mi aveva scioccata e terrorizzata. Non mi aveva mai guardata in quel modo, sinistro e cattivo. Era come se per lui non fossi neanche umana, come se fossi quasi un fantasma.

Luchesi aveva fatto del suo meglio per tenere la questione fuori dalla nostra conversazione, ma entrambi eravamo consapevoli che fosse un argomento ancora fresco. Avevo lasciato solo il mio sequestratore e me ne stavo qui seduta con suo fratello, che una volta abusava di lui. Era una questione difficile da dimenticare per chiunque ma davo credito a Luchesi per la sua volontà di provare a superarla. Non era così male come faceva credere Harry, probabilmente era cambiato proprio per lui.

Prima pensavo anche io che fosse una cattivissima persona, ma, dopo aver trascorso del tempo con lui e dopo aver avuto modo di conoscerlo un po', mi ero resa conto che fosse ferito tanto quanto Harry, se non di più. Voleva riallacciare i rapporti con suo fratello dopo anni e anni trascorsi ad evitarlo e degradarlo. Voleva una famiglia e amore come ogni altro essere umano.

Lo guardavo muoversi nella sua cucina. Era muscoloso quanto suo fratello e altrettanto alto, non alto quanto Harry, ma quasi. Aveva un po' più di muscoli alle braccia rispetto ad Harry. Era rigido e teso come Harry quando si trovava in una situazione scomoda o quando voleva nascondere qualcosa. Mi chiedevo se Luchesi stesse facendo la stessa cosa.

"Che hai, Luchesi?" Chiesi e la sua testa scattò nella mia direzione. Fissò il suo sguardo su di me.

"N-niente, è tutto okay," affermò, scuotendo velocemente la testa, troppo velocemente.

"Sei uno Styles, so riconoscere i vostri manierismi meglio di chiunque altro," dissi. Lui sospirò e tirò via i pancake dalla padella. "Che hai?" Domandai di nuovo subito dopo che lui ebbe impiattato i pancake.

"È solo che. . ." iniziò a dire mentre mi metteva il piatto davanti. ". . .in tutta la mia vita ho sempre visto Harry pronto a rendere miserabile la vita di chiunque odiasse. Sono sicuramente uno di questi. Poteva uccidermi tranquillamente su quel balcone, sapevo che quelle fossero le sue intenzioni," disse, mandandomi un po' in confusione.

"Che cosa mi stai chiedendo?" Domandai. Lui poggiò le mani sul bancone da cucina e si tirò indietro verso lo schienale della sedia.

"Perché si è fermato quando tu hai ordinato di farlo?" Mi chiese, con un sopracciglio sollevato. "So per certo che se uno degli altri ragazzi fosse arrivato e gli avesse detto di fermarsi, lo avrebbe soltanto incoraggiato, ma tu come hai fatto a fermarlo?"

"Che cosa stai insinuando?" Domandai. E lui scrollò le spalle.

"Sto dicendo che forse ho ragione, che forse Harry prova qualcosa di forte per te," affermò e io scossi la testa. "Probabilmente ti ama."

"No, se mi avesse 'amata' davvero, sarebbe subito venuto a riprendermi nell'istante stesso in cui me ne fossi andata dall'ufficio," dissi e Luchesi scrollò le spalle.

"Beh, stavo solo supponendo," disse, passandosi una mano tra i capelli.

"Non è in grado di amare," affermai, facendolo ridacchiare e scuotere la testa.

Harry non ne sarebbe mai stato capace. Era troppo ferito e freddo per pronunciare la parola, figuriamoci a provarla. Indietreggiava ogni volta che Sophia e Liam si baciavano, potevo solo immaginare come sarebbe stato come fidanzato. Non sarebbe mai stato possibile che un uomo, che non aveva mai ricevuto quel tipo di sguardo, fosse capace di guardare in quel modo qualcuno. Se fosse stato capace di guardare la bellezza dell'amore, la sua vita sarebbe stata completamente diversa.

Questo mi riportava all'uomo seduto di fronte a me. Era stato uno di quelli a mostrare ad Harry le sofferenze della vita, troppo presto per un bambino di quell'età. Aveva visto morte, bugie, abusi, più lui da bambino di qualsiasi altra persona nella sua intera esistenza e tutto questo per colpa dell'uomo di fronte a me. Tuttavia non avrei mai riposto tutta la colpa su Luchesi Styles.

L'altro grande fattore di turbamento per Harry era rappresentato da suo padre. Il loro papà aveva mostrato a Luchesi come dominare tutto e intimidire tutti, incluso Harry. Da piccolissimo Harry era stato costretto a crescere e provvedere a se stesso per proteggersi non solo da una, ma da due potenti minacce, per di più era stato abbandonato dalla mamma. Riuscivo solo a immaginare quanto dolore avesse provato, ma al tempo stesso disprezzavo ciò che aveva fatto.

"Ti dispiace se ti faccio una domanda abbastanza personale?" Mi domandò, masticando lentamente il suo pasto.

"Dipende, di che si tratta?" Chiesi, facendolo sospirare.

"Cosa è accaduto nell'ufficio che ti ha scioccata così tanto?" Mi chiese e io rimasi di stucco.


"Mi rendi una persona migliore!"

"Non abbastanza da farmi rimanere."

"Per favore."

"Arabella."

"No."

"Addio."


Le sue parole si ripetevano continuamente e intensamente nella mia mente, insieme al suo viso distrutto e ai suoi occhi pieni di emozioni trattenute, tuttavia, dalla sua bocca che si rifiutava di dar loro voce. Queste immagini mi avrebbero tormentata per il resto della vita. . .sembrava come se io l'avessi distrutto. L'avevo fatto?

"È troppo presto," dissi, mentre Luchesi annuiva e si strofinava gli occhi.

"Capisco," rispose, venendomi incontro sullo sgabello, dove mi ero seduta. "So benissimo come ti senti in questo momento, anche io ci sono passato," mi confessò, lasciandomi sorpresa.

"Davvero?" Chiesi, facendolo annuire.

"È una storia lunga che ti racconterò un'altra volta ma per darti solo un'idea, in questa storia c'entra una ragazza che mi ha rubato il cuore senza mai aver avuto l'intenzione di tenerlo al sicuro," disse, mentre io iniziavo a compatirlo.

Era un essere umano, come tutti noi. Anche lui aveva avuto il cuore spezzato, nonostante la vita agonizzante trascorsa da bambino. Qualcuno aveva preso il suo cuore e lo aveva fatto a pezzi più di quanto non lo fosse già. Mi dispiaceva davvero per lui. Aveva subito abusi e poi aveva dovuto abusare di suo fratello e sua madre solo per proteggersi.

"Mi dispiace," dissi, avvolgendo le mie braccia attorno al suo collo, mentre le sue si posavano sulla mia schiena.

"Anche a me," rispose. Si distaccò dall'abbraccio e fece un passo indietro, sorridendomi. "Io vado a letto, scegli qualsiasi camera tu voglia. Buona notte," disse, facendo sorridere anche me.

"Notte," sussurrai, mentre lui usciva dalla cucina. Rimasi lì seduta con il piatto, ora vuoto, di pancake dinanzi a me.

Cosa avrei fatto? Non sapevo come mettermi in contatto con i miei fratelli, dal momento che pensavano io fossi morta. Non sarei tornata in Inghilterra ad aspettare Harry, ciò avrebbe creato solo più problemi. Non sapevo come tornare a casa. Dovevo trovare una soluzione, ma il cognome Casper, in Europa, non era molto d'aiuto.

Avrei voluto che niente di tutto ciò fosse successo; venire in Europa, incontrare Harry, affezionarmici. Se avessi potuto tornare indietro lo avrei fatto, anche se il mio cuore non sarebbe stato d'accordo. Le volte in cui avevo visto Harry felice erano alcuni dei momenti più belli della mia vita. Vedere un uomo così freddo, ridere e scherzare, era come vedere un doppio arcobaleno.

Mi mancava parlare con lui; parlare delle nostre famiglie, dei nostri ricordi e di tutto ciò che ci passasse per la mente, senza la presenza costante di mia madre. Non lo aveva mai detto, ma sapevo che volesse che io diventassi come lei, ma io non ero più sicura di voler la stessa cosa.

Poggiai la testa sulle mie braccia e mi domandai cosa ne sarebbe stato della mia vita. Mentre mi strofinavo gli occhi, sentii la porta principale aprirsi bruscamente; mi paralizzai sul posto.

Sentii diversi passi provenire dal salotto, ma non riuscivo a muovermi dal mio posto. Udii anche delle imprecazioni dette a bassa voce. Afferrai la forchetta con la quale avevo mangiato i miei pancake e mi alzai dallo sgabello. Mi diressi verso la porta in punta di piedi, cercando di non fare rumore.

Aprii la porta con una mano, mentre con l'altra stringevo con forza la forchetta. Una volta che la porta fu abbastanza aperta da permettermi di passarci, uscii lentamente dalla cucina. Mi guardai attorno nel salotto, trovandolo del tutto vuoto. Poi, sorpassai l'enorme pianta che divideva in due lo spazio, scoprendo finalmente chi fossero gli intrusi.

Gridai acutamente prima di lasciar cadere la forchetta a terra.

Seduto sul divano, c'era un Harry a torso nudo, con la cinta e la cerniera del pantalone sbottonate, ma non fu ciò a farmi reagire in quel modo. Sulle sue gambe c'erano due bionde tettone, a malapena vestite con dei tacchi a spillo, mentre gli mordevano e baciavano il collo.

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