Capitolo 61
"Hai visto? Non è andata poi così male," dissi, ritornando nel suo ufficio e poggiando i fogli che mi aveva precedentemente messo in mano.
"Sì, perché tutti quegli uomini sapevano cosa dire e sopratutto quando, e cioè quando non ci sei tu," ringhiò, gettando i fogli sulla scrivania. "Non abbiamo fatto un cazzo oggi," disse, scuotendo il capo.
"Ma per favore," alzai gli occhi al cielo e mi sedetti, mentre lui faceva scattare il suo sguardo verso di me.
"Arabella, giuro su Dio, cazzo, so che mi stai mettendo alla prova, ciononostante sei tenuta a seguire le regole che ti ho imposto," scattò, serrando la mascella. "Capisci?"
Annuii piano, confusa dal modo in cui aveva cambiato così velocemente il suo atteggiamento nei miei confronti. Si sedette anche lui e iniziò a scribacchiare qualcosa sui pochi fogli che aveva davanti. Era strano vedere Harry così impegnato e serio, a lavorare in un ufficio così bello e pulito con uomini in abiti costosi. Anche se era ovvio che Harry non avrebbe mai e poi mai indossato giacca e cravatta, era bello sognare che magari un giorno li avrebbe indossati anche lui.
Mentre i minuti passavano, iniziavo ad annoiarmi e a diventare sempre più impaziente. L'ufficio era sicuramente costoso, ma elegante e basilare allo stesso tempo. Era principalmente bianco con qualche mobile in mogano a dare un tocco di colore. C'erano degli schedari che erano stati spinti agli angoli, ad accumulare polvere. Probabilmente Harry non era stato molto presente per pulirli, oppure non li puliva proprio. Prima ancora che realizzassi ciò che stavo facendo, mi ritrovai a girovagare e curiosare per l'ufficio.
C'era una singola cornice sulla cima dell'armadietto con un telaio metallico attorno ai lati. La foto raffigurava tutti i ragazzi, con addosso le loro giacche di pelle de I Selvaggi. I loro occhi erano completamente iniettati di sangue e nessuno di loro aveva messo su un sorriso, solo volti freddi. Harry era quello più facilmente individuabile per la sua altezza e per i capelli ricci. E come al solito aveva la mascella serrata.
"Questa è una delle poche foto che ho di me e i ragazzi," sentii dire dalla voce rauca dietro di me. Mi girai e vidi lo stesso viso della foto, seduto di fronte a me.
"Quando l'avete scattata?" Chiesi, afferrando la cornice e stringendo il metallo freddo.
"Un paio di anni fa. Eravamo fottutamente ubriachi e fatti, ricordo a malapena di aver acconsentito a scattare questa foto," disse, scuotendo il capo al ricordo. "Che notte folle," sussurrò, massaggiandosi le tempie.
"Ti fai ancora di erba?" Chiesi, e lui mise su un sorriso. Si morse un labbro prima di scoppiare in una risata veloce.
"Sono canne, piccola. Non ti fai di erba, te la fumi," scherzò, scuotendo il capo e facendo spuntare le fossette. Ecco che cambiava ancora umore. "E per la cronaca, sì, la fumo ancora. Non come prima, ma ogni tanto sì," disse. Misi su una faccia infastidita e osservai la fotografia.
"Dove la prendi?" Chiesi. Lui fece spallucce e si appoggiò allo schienale della sedia.
"Spetta a me saperlo e a te scoprirlo," affermò, incrociando le mani dietro la testa.
"Mai," replicai, guardandolo con espressione seria. Non avrei mai preso droghe o cose simili. Anche se avevo fumato una sigaretta da Harry, non mi era piaciuta affatto e non l'avrei fatto di nuovo.
"Che brava ragazza," sussurrò sottovoce prima di concentrarsi nuovamente sul lavoro.
Io ritornai a guardare la fotografia e iniziai a immaginare Harry a 20 anni. Doveva essere spietato considerando il fatto che avesse messo su un'intera gang con l'aiuto dei ragazzi, ma doveva esserci qualcosa in lui che terrorizzava gli altri, anche quelli che erano all'interno della sua gang. I membri de I Feroci non erano mai spaventati dai miei fratelli e riuscivano ad avere sempre una conversazione civile con loro, senza timori.
Forse li minacciava, l'aveva fatto un sacco di volte con me per cui forse lo faceva anche con gli altri, per tenerli in riga. Sebbene sembrassero molto più che semplici minacce. Mi chiedevo cosa li rendesse così timorosi e intimiditi da lui. Forse in Europa funzionava così, forse i Selvaggi tenevano in pugno la loro gente più de I Feroci.
Sospirai e posai la foto sull'armadietto impolverato. Non c'era nient'altro in quel grande ufficio noioso e non sarei di certo ritornata a sedermi per circa un'ora senza far nulla, per cui decisi di andare a vedere cosa stesse facendo Harry, per irritarlo un po', giusto per divertimento. Prima che potessi muovermi di un solo millimetro, la porta si spalancò e ovviamente non poteva che essere il ragazzo Irlandese.
"Hanno accettato!" Gridò attraverso tutto l'ufficio, senza controllare chi ci fosse dentro. Si fece avanti, guardando dritto verso Harry e urlando di nuovo "Hanno detto sì, cazzo! Stanno arrivando, Harry!" Urlò, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria.
Harry mi guardò con occhi spalancati, mentre Niall ballava dalla felicità, "Niall," borbottò piano, stringendo la mascella.
"Perché cazzo non sei felice anche tu?" Gridò, guardando Harry con sguardo sorpreso. "Per mesi abbiamo aspettato che accettassero questo piano e tutto ciò che riesci a fare è questo sguardo torvo?! Ma che cazzo, Harry!" Urlò Niall, chiaramente deluso dalla reazione di Harry.
"Chi è che ha accettato?" Domandai piano ed Harry trattenne il fiato.
"Seth ed Elli-" Niall iniziò a dire, ma immediatamente si fermò una volta realizzato con chi stesse parlando. Spalancò gli occhi e la sua mascella quasi cadde a terra.
"Cosa?" Chiesi, il mio cervello non riusciva a formulare pensieri coerenti. Niall guardò Harry con bocca spalancata e iniziò a balbettare delle scuse.
"H, mi dispiace. Pensavo di aver sentito da qualcuno che stessi tenendo d'occhio Soph per Liam, oggi," si giustificò Niall, guardando verso Harry che era rimasto immobile sulla sedia.
"Niall, per favore, va' via," ordinò Harry, sospirando e scuotendo il capo.
"Mi dispiace così tanto, non avevo intenzione di dirglielo," disse con la fronte aggrottata dall'irritazione.
Subito dopo, smisi di ascoltare qualsiasi cosa stessero dicendo. Il mio cervello aveva smesso di funzionare completamente e il pensiero dei miei fratelli era l'unico a passarmi per la testa. Cosa avevano potuto concordare con I Selvaggi e, qualsiasi cosa fosse, perché erano così entusiasti? Forse era qualcosa che aveva a che fare con me, anche se non credevo che ne sarebbero stati così eccitati se si fosse trattato di me.
I miei fratelli avevano deciso di unirsi a loro? Altamente improbabile ma possibile. Forse per loro era l'unica possibilità per riavermi indietro. Facendo un accordo con I Selvaggi su Dio solo sa cosa, mi avrebbero riportata a casa e via da Harry. Però Sophia mi aveva detto che l'unico modo per uscirne sarebbe stata solo la morte, ma chissà cosa intendeva, se via dall'Europa o via da Harry.
Forse questo sarebbe stato il colpo di grazia per me. Anche se volevo scoprire quale accordo avessero accettato i miei fratelli, avevo la sensazione che questa sarebbe stata la mia fine. Sapevo quanto Harry fosse velenoso e non si sarebbe fermato davanti a niente pur di ottenere ciò che voleva. Qualsiasi accordo avesse presentato ai miei fratelli, sapevo senza dubbio che non portava a niente di buono.
Spinsi tutti quei pensieri in fondo alla mia testa, e sentii la porta chiudersi, lasciandomi ancora una volta sola con Harry nel suo ufficio. Il suo respiro irregolare era l'unico suono udibile all'interno della stanza, mentre le sue mani erano premute contro la scrivania e, con capo chino, fissava il pavimento. Iniziai lentamente a camminare verso di lui, con il timore di superare i miei limiti.
"Non farlo," la sua voce rauca rimbombò per tutta la stanza, fermando immediatamente i miei passi.
"Che cosa vuol dire?" Chiesi piano, cercando di tenermi quanto più calma possibile.
"Arabella, per favore," disse, chiudendo gli occhi e pizzicandosi il naso.
"Oh no, non rimarrai lì seduto e non andrai via senza dirmi nulla. Non questa volta, sopratutto non questa volta. Stiamo parlando della mia famiglia e tutto ciò che sta succedendo tra te e la mia famiglia è affar mio," ringhiai, facendolo sospirare.
"È una questione seria, Arabella, e non ha niente a che fare con te. A malapena i tuoi fratelli ci sono dentro e non ha niente a che fare neanche con loro," sputò a denti stretti, con mascella e pugni serrati.
"Non mi importa! Sono ancora i miei fratelli e se hanno dovuto accettare, allora ci sono dentro sicuro!" Dichiarai, alzando la mia voce di qualche ottava.
"Non è affar tuo!" Replicò, sovrastando la mia voce con la sua, più forte e fredda.
"Sì che lo è! C'è di mezzo la mia famiglia e io merito di sapere! Ti ho detto di tua madre perché fa parte della tua famiglia e tu meritavi di saperlo! Non credi che io meriti di sapere cosa stia succedendo con la mia?" Domandai. Lui colpi la scrivania con un pugno e si alzò.
"Sai dannatamente bene che non avevo alcun interesse nel sapere se mia madre fosse ancora viva o no! Tu l'hai detto semplicemente perché non volevi che Luchesi mi dicesse qualcosa! Tu l'hai detto soltanto perché credevi che non ti avrei fatto del male come invece avrei fatto con Luchesi!" Urlò di rimando. Io ansimai e mi coprii la bocca.
"Non ti permetteresti mai ad alzare le mani su una donna!" Sostenni, puntandogli il mio piccolo dito contro.
"Certo che no! Ma fidati, tesoro, ci sono altri mille modi per far del male a qualcuno senza poggiargli un solo dito addosso!" Insinuò, poggiando i pugni sulla scrivania.
"Oh, tipo dire alla mia famiglia che la loro piccolina è morta quando invece è ostaggio di un assassino? O tipo tenermi all'oscuro di qualcosa che riguarda la mia famiglia? Perché a quanto pare, è ciò che hai già fatto!" Gridai. Ed Harry mi ringhiò contro a denti stretti, come un animale in gabbia.
"Perché pensi che io debba dirti ogni singola e fottuta cosa dei tuoi fratelli?" Ringhiò, guardandomi come se fossi la sua prossima preda.
"Perché è ciò che farebbe una brava persona!" Urlai, stringendo i pugni.
"Beh, da quello che hai potuto vedere, Arabella, non sono una brava persona!" Urlò di rimando. Io ritornai a posare il mio sguardo su di lui e lo guardai con fronte corrugata.
Sospirai. Dal primo giorno in cui l'avevo incontrato, sapevo bene che sarebbe stata una forza con cui avrei dovuto fare i conti. Sapevo esattamente di cosa fosse capace e sapevo cosa mi avrebbe fatto se gliel'avessi lasciato fare. Tuttavia non mi aveva completamente contagiata dalla follia, ero felice di essere riuscita a controllarmi e di essere riuscita a controllare anche le sue azioni prima che diventassero sempre più gravi.
Era una causa persa. Un ragazzo distrutto che non poteva essere aiutato in alcun modo. Era un ragazzo arrabbiato che aveva dato vita a una bestia. Aveva sì dei momenti di beatitudine dove si poteva notare il suo lato compassionevole ma i suoi sbalzi d'umore avevano la meglio fino al punto che invece di sperare nella felicità, ne temevi l'ira. Facilmente ne uscivo fuori, ma sapevo di non poter continuare così.
"A posto allora," dissi calma. E lui aggrottò la fronte.
"Cos'è a posto?" Chiese, abbassando un po' la voce e guardandomi con occhi severi.
"Mi rifiuto di restare con qualcuno che ha un'opinione così negativa di sé. L'hai detto tu stesso, non sei una brava persona per cui non voglio una persona così cattiva vicino a me," dissi e lui spalancò la bocca.
"Cazzo! Arabella non è ciò che intendevo!" Disse, portando le mani ai capelli per tirarli forte.
"Sì, è quello che intendevi e lo so bene," ribadii piano, con tono a malapena udibile.
"Tu non mi lascerai, cazzo! Non lo permetterò!" Urlò, tirando ancor di più i capelli dalla radice. Feci qualche passo indietro, avevo quasi raggiunto la porta e la mia mano era sulla maniglia.
"Non ti sto chiedendo il permesso," dissi, guardandolo perdere fisicamente il controllo.
"Tu non te ne andrai! Forse non potrò trattenerti ma non riuscirai a starmi lontano! Sai cosa mi fai, Arabella!" Gridò, portando i pugni sulla scrivania.
"Cosa ti faccio?" Domandai mentre lui respirava affannosamente.
"Mi rendi una persona migliore!" Gridò, facendomi ritrarre per quelle parole così importanti. Era vero? Lo rendevo davvero una persona migliore? Ai miei occhi non sembrava. No, dissi a me stessa, smettila di cascarci.
"Non abbastanza da farmi rimanere," affermai, tirando giù la maniglia e aprendo la porta.
"Per favore," lo sentii pregare un'ultima volta prima di uscire dalla stanza.
"Addio," sussurrai, prima di chiudere la porta e lasciandoci dentro l'uomo distrutto.
Tutto il resto fu sfocato. I miei occhi erano pieni di lacrime mentre camminavo sola attraverso il grande e confuso ufficio. Nessuno si permetteva di guardarmi, probabilmente avevano capito che stessi piangendo. Probabilmente credevano che Harry mi avesse punita e che ora stessi pagando il prezzo, ma quanto si sbagliavano. Ero stata io a punire Harry e allo stesso tempo avevo punito me stessa.
L'ascensore era sempre in una confusione continua dato che c'era gente che entrava e usciva ininterrottamente. Ogni volta che le porte si aprivano, una persona nuova entrava e la mia compostezza veniva sempre meno. Gente che conversava e gente che sbraitava al telefono. Cosa avevo fatto?
Anche se avevo messo in chiaro di voler uscire da quello stile di vita che faceva Harry, in qualche modo speravo corresse a riprendermi e mi venisse a dire che sarebbe andato tutto bene e che il piano coi miei fratelli non fosse niente di così importante. Ma sapevo non sarebbe mai successo. Avrebbe potuto solo dire di essere irritato e sapevo bene che non era il tipo di uomo che correva dietro le donne, specialmente dietro una come me. Faceva male riconoscere di aver perso tempo cercando di aiutarlo, quando tutto ciò che aveva fatto era stato ferirmi fino alla fine.
Non mi ero neanche accorta di essere uscita dall'edificio. Non sapevo come tornare a casa, non avevo idea di dove mi trovassi e non conoscevo neanche una parola in italiano. Le mie possibilità di tornare a casa erano vicine allo zero. Mentre mi stavo pentendo di quella decisione, una figura dall'altro lato della strada catturò la mia attenzione.
C'era un bar dall'altro lato della strada e un uomo era in piedi sul patio esterno. Era alto, quella figura familiare mi diede quasi un senso di sollievo. Guardò il mio corpo nervoso mentre mi raggiungeva, attraversando la strada. Tutte le auto si fermano di colpo per lasciarlo passare. Una volta salito sul marciapiede, mi ritrovai a raggiungerlo.
"Sapevo non saresti durata lì dentro," disse Luchesi, abbracciandomi. Non mi tirai indietro dall'abbraccio ma neanche lo ricambiai.
"Questo è il vero lui," affermai, ribadendo le parole che continuavo a ripetere a me stessa.
Luchesi mi tenne per un po' stretta a lui. Sapevo che probabilmente la gente ci stesse guardando e chiedendo cosa stessimo facendo, ma a quel punto neanche mi importava più. Tutto ciò che riuscivo a pensare era di andar via dall'Europa e via da tutto questo. I miei fratelli, Harry, I Selvaggi, I Feroci, semplicemente via da tutto questo.
"Questo non è il vero lui, posso assicurartelo, piccola," sussurrò Luchesi, accarezzandomi la schiena.
"Sì che lo è," replicai, tendendo il mio viso nascosto nella sua camicia.
Sospirò e mi allontanò dal suo petto. Mi guardò e scosse il capo, chiudendo gli occhi e riaprendoli subito dopo. Avvolse il suo braccio forte attorno alle mie spalle e iniziò a camminare verso la direzione opposta a quella che quella mattina avevamo percorso io ed Harry.
"Vieni con me e ti racconterò del vero Harry Styles," disse Luchesi, portandomi via con lui.
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🎄 Merry Christmas darlings, xx 🎄
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