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Capitolo 58

Ci sono diversi tipi di confusione; quello più conosciuto è quando non sai cosa diavolo stia succedendo. Ti senti così sperduto e tutti i pezzi del puzzle non hanno un senso perché non hai idea di quale sia l'immagine. Mancano le informazioni a riguardo e niente sembra avere un senso per te, al contrario, per tutti quelli che ti circondano, non potrebbe essere più chiaro di così. E poi, esiste sempre l'opposto.

La confusione che ti colpisce quando l'immagine è già completa. L'immagine è proprio davanti a te, a fissarti; essa è limpida come la luce del giorno, ma non ricordi come si siano incastrati i pezzi del puzzle e soprattutto, non conosci il significato. Penso che Harry si sia sentito così in quel momento.

Sua madre era viva. Io e Luchesi non avremmo mai detto una bugia del genere. Lui capiva che lei fosse ancora su questo pianeta, ma non sapeva come. Non sapeva come fosse riuscita a fuggire dal loro padre, senza lasciare alcuna traccia. Non sapeva come avesse fatto a trovarsi un luogo in cui vivere senza essere importunata per essere la moglie di uno dei membri della gang. Niente aveva senso per lui.

Mi uccideva vederlo così, mentre cercava di trovare un senso a quella situazione. Per un istante, avrei quasi voluto dirgli che lo stessi solo prendendo in giro. Dirgli che tutto ciò che avevo detto fosse uno scherzo, solo per vedere quella sua espressione straziante sul volto, ma non potevo. Non avrei mai osato mettermi in mezzo a una donna e suo figlio.

Il suo corpo indietreggiò leggermente, la sua fronte era aggrottata per la confusione, completamente colto di sorpresa dalla notizia. Riuscivo a vederlo elaborare teorie e ipotesi su come facesse ancora a essere viva. Poi, schiuse le labbra e cominciò a parlare.

"Arabella, entra dentro," mi ordinò Harry, girandosi verso Luchesi e stringendo i pugni. Aggrottai la fronte per la strana richiesta.

Prima che potessi rispondergli, Harry si avvicinò a Luchesi e lo spinse a terra, nel balcone. Iniziò a tirargli dei pugni, mentre i due fratelli iniziavano a picchiarsi. Harry se la cavava abbastanza bene, dal momento che fosse più robusto di Luchesi, il quale cercò di proteggersi con un pugno, ma fu inutile, Harry era molto più forte. Non appena realizzai di essere rimasta lì impalata, a guardare i due fratelli fare a botte, cercai di attirare la loro attenzione.

"Harry, smettila!" Gridai, correndo verso i due uomini a terra. Non avevo mai assistito a una rissa prima d'ora, figuriamoci se fossi in grado di interromperne una.

Tirai Harry dalla maglia, cercando di farlo spostare dal corpo di Luchesi, senza avere successo. Vi era troppa adrenalina nell'aria; vi era sempre stata una strana pressione tra i due, e in quel momento, Harry stava finalmente scaricando tutti i suoi nervi e tutto ciò che io potessi fare, era sperare che ne uscisse fuori solo con qualche graffio e livido.

Il pugno destro di Harry, che sembrava essere quello più dominante, venne sganciato sul naso di Luchesi, provocando un forte crack. Del sangue cominciò a fuoriuscire dal suo ormai naso rotto, ma ciò non intimidì nessuno dei due. Luchesi riuscì ad avere la sua rivincita, colpendo Harry sulla mandibola.

"Figlio di puttana!" Gridò Harry. "Come ti è venuto in mente di dirle una bugia del genere?" Urlò, facendomi paralizzare.

Cosa? Pensava che Luchesi mi avesse mentito? Luchesi mi aveva mentito? No, sicuramente no, dal momento che io stessa avevo incontrato la madre. Harry pensava che Luchesi l'avesse fatto solo per farlo soffrire, ma in quel momento era Harry stesso a farsi del male. Sospirai e tirai nuovamente Harry dalla maglietta.

"Harry! Non sta mentendo! Ti prego, smettila!" Urlai, ma Harry continuò con ancora più forza.

"Ti distruggo, cazzo!" Gridò, avvolgendo le mani attorno al collo di Luchesi e cominciando a soffocarlo. Il povero Luchesi cominciò ad emettere suoni di soffocamento.

"Harry!" Strillai, tirandolo con tutta la forza che avevo.

"Vedi cosa mi hai fatto! Vedi chi mi hai fatto diventare! Dopo tutti quei cazzo di anni di abusi, mi hai rovinato! Non riesco nemmeno a sopportare di guardare un fottuto bastardo come te!" Gridò, mantenendo la presa sul collo.

Il viso di Luchesi stava diventando color porpora, i suoi polmoni si stavano svuotando di ossigeno. Se Harry avesse continuato, lo avrebbe ucciso. Lo afferrai dalle spalle, spingendolo verso di me.

"Ti prego, Harry! Smettila, lo ucciderai!" Gridai, incoraggiandolo ulteriormente.

"È così che mi sono sentito! Intrappolato e solo! Ma tu non hai fatto un cazzo per aiutarmi!" Disse, premendo le sue dita sul collo di Luchesi.

"Harry, mi stai spaventando! Ti scongiuro, fermati!" Urlai.

Mi sorprese completamente e interamente quando lasciò andare la presa su di lui.

Le mani si allontanarono dal collo di Luchesi, mentre lo guardava riacquistare colore. Era impietrito. Si trovava ancora sopra di lui, mentre io ero dietro a osservare le sue azioni. Ci fu silenzio, troppo silenzio. Successivamente, Luchesi cominciò a tossire e a respirare profondamente, cercando di riempire i polmoni d'aria il più velocemente possibile e, senza neanche rendermene conto, Harry si era alzato dal corpo del fratello ed era tornato in stanza.


HARRY STYLES

Non ero mai stato un bambino felice. Non che avessi potuto scegliere di esserlo. Mio fratello non era l'unico ad abusare di me, nonostante adorasse torturarmi, era stato principalmente mio padre ad avermene fatte passare di tutti i colori. Non aveva mai voluto assumersi la responsabità per noi due bambini, aveva sempre voluto che fossimo subito uomini. Non eravamo mai stati dei bambini per lui, né tantomeno suoi figli. Eravamo semplicemente i ragazzi.

A un certo punto, finimmo entrambi per seguire il suo esempio. Forse per evitare di essere picchiati o forse solo per essere come nostro padre, fatto sta che lo seguimmo. Lui tirava pugni al muro, noi tiravamo pugni al muro. Lui sgridava la mamma, noi sgridavamo la mamma. Lui beveva, noi bevevamo. Ricordo di aver bevuto la mia prima birra all'età di undici anni, mentre a dodici mi feci la mia prima canna. Ho passato una delle infanzie più incasinate al mondo e non posso neanche dire che non fosse sempre stata così terribile.

Mia madre e mio padre stavano insieme solo per noi due, ma ciò non bastava. Mio padre torturava la mia povera madre e io e Luchesi cominciammo a fare lo stesso. Mi ricordo di quando mio fratello alzava tutto volume della TV, quando litigavano più del dovuto. A volte pensavo lo facesse per evitare di farmi ascoltare tutte quelle cattiverie ma, nel profondo del cuore, sapevo lo facesse solo perché volesse dormire.

Mia madre era l'unica della famiglia a mostrare compassione. Augurava sempre il meglio a tutti e diceva sempre di volerci bene prima che andassimo a lavoro, nonostante in cambio ottenesse solo un alzata di occhi al cielo o un 'sta' zitta'; lei lo diceva comunque. Una volta le risposi, dicendole che anche io la volessi bene, in cambio ottenni uno schiaffo, uno da mio padre e uno da mia fratello e, per il resto di quel giorno, non mi fu permesso guardare mia madre. I ricordi su di lei erano ancora freschi nella mia mente, nonostante fosse morta anni fa.

Mi rifiutavo di credere che fosse ancora viva. Luchesi era un fottuto bastardo, che aveva fatto il lavaggio del cervello alla mia ragazza, solo per provocarmi. Sapeva quanto lei fosse ingenua, per cui usare la carta del 'prova pietà nei miei confronti perché mio padre abusava di me' era stata una carta intelligente da usare. Ancora non riuscivo a credere che lei non mi avesse mai detto che lui fosse venuto a trovarla. Pensavo che ormai mi dicesse tutto.

Proprio quando i pensieri su di lei cominciarono ad attraversarmi la mente, la sentii rientrare. Le sue guance e labbra erano rosate, i suoi occhi spalancati e innocenti, facendomi venir la fottuta voglia di rovinarla e renderla mia. Cercai di contenere la mia compostezza, nascondendo le mie debolezze; ah, se solo mio padre mi vedesse in questo momento.

"Stai bene?" Mi chiese con quella vocina che mi portava sempre a uno stato di trance mista a serenità.

Sospirai e mi sedetti sul coperchio del water. Sapevo bene quanto Arabella Casper odiasse vedermi in disordine, pieno di sudore o, come in questo caso, tutto sporco di sangue. Sapevo per certo che avrebbe voluto pulirmi prima ancora che potessi dire qualcosa. Si avvicinò lentamente a me, cercando di valutare il mio livello di pazienza. Oh piccola, la mia pazienza è andata a farsi fottere dal primo giorno in cui sei arrivata, quando hai provato a intrufolarti nella mia camera.

"Vado a prendere il kit di pronto soccorso per ripulire quei tagli," disse, controllando il mio viso e poi abbassando lo sguardo per osservare i miei vestiti. "Ti porto anche dei vestiti puliti," continuò con voce cauta, prima di uscire dalla stanza.

Una volta tornata, riuscivo a percepire quanto fosse impaurita dal modo in cui le sue mani tremavano in mia presenza. Mi piaceva la sensazione che provavo nel sapere che qualcuno fosse spaventato da me, ma era diverso quando si trattava di lei. Sì, godevo nel vederla obbedire, ma non mi piaceva affatto l'idea di saperla spaventata per il timore che le facessi del male. Una cosa che avevo imparato da mia madre e mio padre era che nessuno meritava di essere trattato come era stata trattata mia madre. Forse avrei dovuto lavorarci su.

Aprì il kit di pronto soccorso e iniziò a tirare fuori del tessuto caldo e lentamente iniziò a togliere via il sangue dal mio viso. Aprii le gambe, nella speranza che lei si mettesse proprio lì in mezzo, davanti a me, come faceva di solito, ma quando non lo fece, sentii una scarica di tristezza addosso. Mi stavo comportando proprio come un fottuto bambino, ma non riuscivo a fare altrimenti, lei aveva quell'effetto su di me, era bello vedere qualcuno preoccuparsi almeno un po' per te.

"Mi dispiace," sussurrai, facendola indietreggiare.

"D-di cosa?" Chiese, guardandomi confusa.

"Mi dispiace che lui ti abbia fatto il lavaggio del cervello. Riesce a essere molto persuasivo e-" Iniziai a dire, ma lei sospirò e chiuse gli occhi. Avevo detto qualcosa di sbagliato?

"Harry, non mi ha fatto il lavaggio del cervello. Tua madre è viva per davvero, lui non ti sta mentendo e neanche io. Ci siamo incontrate, io ho visto tua madre," disse. Non capivo.

"Cosa?" Chiesi, alzandomi dal water e guardandola. Spalancò gli occhi e mi spinse di nuovo giù per farmi sedere, e fu ciò che feci, proprio come un cane ubbidiente.

"Non sapevo fosse lei, quando l'ho incontrata, lo giuro. Prima che arrivassi qui, ero al supermercato per comprare un po' di latte e lei deve lavorare lì e deve avermi riconosciuta perché mi ha pagato la spesa," disse, facendomi mordere il labbro. Mia madre era viva.

"Come ti conosce?" Domandai e lei fece spallucce.

"Luchesi mi ha detto che lei sapeva che dovessi venire qui e che forse era il suo modo per augurarmi buona fortuna," sostenne con un sorriso, mostrando i denti leggermente storti.

"Ovviamente Luchesi sapeva che saresti venuta qui," dissi. Lei sospirò e versò un po' di disinfettante sulla ferita aperta. Sussultai e, proprio come mi aspettavo, lei trasalì.

"Mi dispiace!" Si scusò, soffiando sulla ferita per attutire il bruciore.

"Tranquilla, vieni qui," dissi, tirandola verso di me.

Mentre mi ripuliva tutta la faccia, cercai di dare un senso a tutta quella situazione. Mia madre era viva, la donna che avevo trattato per anni in quel fottuto modo di merda era lì fuori, da qualche parte. Era in contatto con Luchesi. Speravo davvero non tornasse, non credevo sarei riuscito a sopportare che un altro individuo della mia famiglia si rifacesse vivo e incasinasse ancor di più la mia vita. Luchesi era già troppo da sopportare, sicuramente anche mia madre lo sarebbe stata.

Finì di disinfettare l'ultima ferita vicino il labbro, cercando di fare attenzione per evitare che mi entrasse in bocca. Gettò via la garza piena di sangue e rimise a posto le creme. Mi sistemò sulle gambe i vestiti puliti e perfettamente ripiegati e si avvicinò al lavandino per lavare via il sangue secco che aveva tra le dita.

"Harry. . ." disse dopo aver lavato le mani e dopo avermi visto senza la maglia che avevo appena sfilato.

"Sì?" Chiesi, guardandola dallo specchio.

"Credo che dovrei andare via," disse a bassa voce. Io ridacchiai e scossi il capo.

"Beh se proprio vuoi. . .Io però non ho problemi a farmi vedere nudo,  ma se è qualcosa che ti mette in imbarazzo allora puoi aspettare fuori dal bagno fino a quando non finisco di cambiarmi," la rassicurai con un sorriso.

Si girò per guardarmi con un'espressione seria e l'atmosfera nel bagno cambiò immediatamente. Si irrigidì, spalancando gli occhi. Era la stessa espressione che aveva il primo giorno che era arrivata qui, lo stesso giorno in cui era così spaventata da non riuscire a dire neanche il suo nome. Era spaventata, riuscivo a percepire la sua paura.

"Devo andarmene da qui, devo andarmene dall'Italia. Devo andare via. . .da te."

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