Capitolo 54
"Avresti potuto dirmelo prima che saremmo partiti, Harry," borbottai, sistemando le sue magliette nella valigia che avevo trovato nel suo armadio.
La cena della sera prima era andata bene. Dopo aver mangiato, non avevamo più tirato fuori l'argomento del viaggio. Ma poi, si poteva definire 'viaggio'? Probabilmente no, dato che aveva degli affari da risolvere in Italia. Qualunque cosa fosse, preparare le valige era la cosa più stressante da fare, sopratutto perché avrei dovuto prepararle per entrambi, dal momento che Harry si era rifiutato di preparare la sua.
"Te l'ho già detto, è stata una cosa all'ultimo momento," disse, gettando la testa sui cuscini del suo letto.
Aveva lasciato il suo busto scoperto quasi per tutto il giorno, ma non riuscivo a pensare di poter continuare a guardare quella cicatrice sul suo torace ancora per molto, così lo costrinsi a indossare una maglietta. Anche se gli avevo dato un'altra maglietta da indossare, lui credeva ancora che non volessi il suo petto nudo in giro per casa. Il che non era assolutamente vero.
"Beh, chiunque abbia preso questa decisione all'ultimo momento deve smetterla," dissi, colpendolo leggermente sul suo braccio muscoloso. Rimase immobile dalla mia lieve spinta e appoggiò le mani sulla pancia.
"Sì, parlaci tu con i miei capi," disse, mettendo su un sorrisetto presuntuoso.
"Credevo fossi tu il capo della gang. Non credevo avessi un capo." Dissi, continuando a sistemare la sua roba nella valigia.
"Col cavolo che mi comandano, io dico loro cosa fare," disse con la mascella serrata, mostrando il suo portamento autorevole.
"Quindi non hai un capo?" Chiesi e lui scosse il capo.
"Beh, più che 'capi', sono coloro a cui vengono in mente le idee e i piani," disse, sistemandosi i pantaloncini grigi che gli coprivano le gambe.
"Per cui dovrei incontrare le persone che hanno pianificato il mio rapimento?" Chiesi, sperando che venisse fuori più come una cosa ironica.
Il viso di Harry si indurì e serrò la mascella. Nel momento stesso in cui avevo finito di pronunciare quella frase, sapevo già come avrebbe reagito. La mia idea di scherzo doveva essere molto diversa dalla sua. Ringhiò piano, ma abbastanza da farmelo arrivare alle orecchie. L'avevo fatto arrabbiare.
"Harry, sto scherzando," dissi, smettendo immediatamente di preparare le valige.
"Non sembrava," disse irritato e alzando gli occhi al cielo.
"Mi dispiace, credevo fosse divertente," risposi con calma.
"Beh, non fa ridere," disse, alzando un po' la voce. "Nelle ultime settimane ho cercato di creare un'atmosfera confortevole per questa situazione di convivenza, non puoi rinfacciarmi cose del genere, come se niente fosse, Arabella," mi sgridò, come se fossi una bambina.
"Ma credevo che fossimo abbastanza a nostro agio da scherzare anche su questa cosa," dissi calma e lui, seccato, prese un bel respiro.
"Non ci sarà mai una situazione completamente tranquilla tra di noi. Dovresti saperlo ormai," disse, più irritato che incazzato.
Ero un po' più sollevata che non fosse arrabbiato. Era più facile gestire un Harry irritato che un Harry incazzato. Ma aveva ragione, magari scherzare su un argomento del genere sarebbe stato sempre complicato, ma credevo che fosse divertente abbastanza da farlo sorridere un po'.
"Mi dispiace," dissi, guardando attentamente la sua espressione.
"Non importa," borbottò, volgendo lo sguardo lontano da me.
Sospirai e tirai via dal letto la valigia. Cautamente, saltai sul letto e mi avvicinai alle sue gambe così da potermi sistemare tra le sue cosce. La sua testa scattò verso di me, cercando di capire le mie intenzioni con occhi socchiusi.
"Non essere arrabbiato con me," dissi dolcemente, cercando di non farlo agitare di nuovo.
"Non sono arrabbiato, ma, Arabella, sai come la penso su certe cose," disse, mantenendo le mani sulla pancia.
"E allora se non sei arrabbiato, cosa sei? È chiaro che ce l'hai con me in questo momento," dissi, guardandolo sospirare e scuotere il capo.
"Sono solo infastidito che tu la possa pensare in un certo modo," disse, tornando a guardarmi.
"Ma no," dissi con calma e lui mi guardò con occhi tristi.
"Sì invece," disse e iniziò a mettere su un piccolo broncio. "Voglio solo pensare che se aprissi le porte, tu non scapperesti via."
"Non lo farei, Harry," lo persuasi.
"Certo," disse, alzando gli occhi al cielo e mordendosi il labbro.
Mi sollevai dalla mia posizione tra le sue gambe, spostandomi sui suoi fianchi e mettendomi a cavalcioni su di lui, proprio sotto la banda dei pantaloncini. Gli mancò per un attimo il respiro quando posai le mie mani attorno al viso e gli sollevai il mento. I suoi occhi verdi si illuminarono, mentre io mi prendevo un momento per osservarlo.
Quegli stessi occhi che avevano visto così tante cose, che probabilmente erano riusciti a versare qualche lacrima solo quando era piccolo e solo nella sua camera. Quegli stessi occhi che ne avevano passate così tante. Quegli stessi occhi che non sarebbero riusciti mai a trovare la vera felicità. Quei bellissimi occhi color smeraldo.
"Se la pensassi in questo modo, non credi che sarei scappata subito dopo aver scoperto che non chiudi più la porta d'ingresso?" Chiesi con sopracciglia sollevate, facendolo boccheggiare.
Capivo che fosse difficile per lui, in quel momento, non toccarmi, a giudicare dalle sue mani incrociate e strette sulla banda dei pantaloncini. Aveva preso nervosamente un labbro tra i denti, mentre i suoi occhi brillavano di adorazione. Era felice nel sapere che non me ne sarei andata.
"Non te ne andrai?" Chiese timidamente, guardandomi con occhi imploranti.
"Mai," dissi silenziosamente, afferrando piano i suoi polsi e liberandogli le mani. Gli misi le mani sui miei fianchi e lasciai che la mia mano si posasse sul suo petto. "Te lo prometto," dissi con un sussurro.
Mi chinai e lasciai che le nostre labbra si toccassero, accendendo del fuoco nel mio stomaco.
Niall Horan
Cazzo. Questo era tutto ciò che avevo da dire. Cazzo. Cazzo. Cazzo. E oh. . .Cazzo.
Harry era un idiota del cazzo. Era ovvio che quando avevamo parlato del viaggio, nessuno aveva pensato che Harry avesse voluto portare anche Arabella, ma no, quel ragazzo era pieno di sorprese del cazzo. Avevamo sei biglietti del cazzo per quel volo in prima classe e dal momento che Harry era diventato un coglione per via di Arabella, aveva insistito che lei prendesse un posto in prima classe. Il mio posto.
Certo, avremmo potuto facilmente intimidire un altro passeggero di prima classe, ma ultimamente eravamo stati troppo invadenti con quei veicoli e l'ultima cosa che volevamo era che qualcuno dei Feroci o di qualsiasi altra gang del cazzo ci desse problemi.
Ora, ero costretto a starmene seduto in un posto del cazzo in seconda classe, accanto a un bambino del cazzo che, ci avrei giurato, non si lavava dal giorno della sua nascita. E siccome c'erano così tanti bambini del cazzo su questo dannato aereo, era proibito servire alcool nella seconda classe. Fanculo a questa vita del cazzo.
Speravo proprio che Harry si stesse godendo il suo pranzo del cazzo da cinque stelle, con drink del cazzo illimitati e quella fottuta Arabella, perché era solo per colpa sua se in quel momento ero costretto a starmene seduto in quel posto del cazzo con questi coglioni che erano troppo poveri per assumere una bambinaia del cazzo per i loro bambini di merda. Era meglio che realizzasse quanto cazzo mi stessi 'sacrificando per la squadra'.
"Mi scusi, signore? Potrebbe cambiare posto con mio figlio? Vorrebbe guardare fuori dal finestrino" disse la donna che sedeva due posti lontana da me.
Una mamma del cazzo stava cercando di farmi spostare dal mio posto del cazzo quando suo figlio puzzava di merda e mi stava davvero irritando. Ma che cazzo! Mi feci più avanti e notai che quella donna avesse ben tre bambini del cazzo. Due erano seduti nei posti accanto al suo e l'altro era seduto accanto a me. Ma quanti cazzo di figli aveva questa donna?
"Certo," sussurrai, slacciando la disgustosa cintura di sicurezza e alzandomi dal mio posto per cambiarlo con quello del bambino irritante.
"Grazie," squittì come un irritante uccello del cazzo prima di girarsi verso gli altri bambini. "Menomale che questo aereo è così grande, altrimenti ci saremmo dovuti dividere tutti," disse. Stava parlando con me? Mi guardai attorno e realizzai che fossi l'unico coglione del cazzo a cui potesse rivolgersi, oltre che a quei tre diavoletti.
"Dov'è il loro papà?" Domandai, guardando i tre marmocchi. La donna abbassò lo sguardo, prima di guardarmi con occhi pieni di lacrime. Cosa cazzo avevo fatto adesso?
"È morto," sussurrò a bassa voce.
Nel profondo, sentii una sorta di compassione per la donna. Era rimasta sola con tre piccole merde irritanti del cazzo e non aveva neanche l'aiuto del padre. Guardò verso sua figlia, che si era addormentata accanto a lei, e sospirò prima di ritornare a guardarmi.
"Mi dispiace," dissi, cercando di non risultare troppo imbarazzato.
"Anche a me," rispose.
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L'autrice, dopo questo capitolo, scrive: 'I capitoli successivi saranno pazzeschi! Ci saranno molti colpi di scena e ciò che pensavate fossero solo degli inutili dettagli diventeranno alcune delle parti più importanti della storia.'
. . .
A prestissimo, xx
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