Capitolo 42
La mia bocca si spalancò per lo shock, ma subito la coprii interamente con la mano. Questa era la stanza di Harry. Questa era la stanza in cui andava a rifugiarsi ogni volta che litigavamo. In questo santuario oscuro di pura beatitudine. Riuscii finalmente a capire il motivo per il quale non mi volesse lì dentro. Era ovvio.
La parte destra della stanza, dove c'era la porta, era come qualsiasi altra stanza. Forse leggermente più scura per le pareti in nero ma, per il resto, era normale, c'era un tavolino e un paio di cassettiere qua e là. C'era un'altra porta che probabilmente conduceva alla cabina armadio e un balcone che era molto più grande del mio.
Il lato sinistro della stanza, però, conteneva qualcosa che non poteva essere altro che il suo piccolo segreto. Il suo mondo interiore di meraviglie e isolamento. Questo era il suo rifugio dalla realtà. Questo era ciò che lo occupava quando io e lui litigavamo. Questo era ciò che non voleva farmi vedere.
Arte.
Grandi tele bianche disseminate su tutta la parete sinistra dell'enorme stanza. Alcune solo dipinte per metà, qualcuna poggiata a terra, altre sul tavolino disordinato o ammucchiate contro la parete. C'erano dipinti, disegni, vernice spray e dolore.
Il tavolo di arte in legno era stato rivestito con piccoli schizzi di vernice che si erano asciugati ormai da tempo. Colori, matite, matite colorate e altro materiale artistico erano gettati sul tavolo mentre delle tele bianche erano ammucchiate al di sotto. Era sorprendente, davvero sorprendente.
Guardai Harry e notai che si fosse spostato e seduto nervosamente sul letto. Le ginocchia erano aperte e i gomiti erano poggiati pesantemente su di esse. L'espressione incisa sul suo volto sembrava tranquilla, ma riuscivo a vederlo nei suoi occhi, nella sua testa, che stava impazzendo.
"I-io. . ." Inizia a dire, ma non riuscii a dire nulla. Come avrei potuto dare voce ai miei pensieri?
"Non te l'aspettavi," disse nervosamente, cercando di animare l'atmosfera pesante. Scossi il capo e mi guardai attorno.
"Qualcun'altro sa di questa stanza, delle tue doti artistiche?" Chiesi, mentre lui prendeva a giocherellare con le unghie.
"Luchesi," disse, facendomi ricordare immediatamente del motivo per il quale fossi lì.
Annuii e mi morsi il labbro, girandomi a osservare ancora una volta quei dipinti. Sembrava amasse di più disegnare, considerando l'enorme quantità di abbozzi sparsi in giro. Mi avvicinai a uno dei cavalletti per osservare meglio qualcosa che non era stato ancora finito.
Era una ragazza. Da quel punto di vista, sembrava più piccola rispetto all'osservatore. I suoi occhi nocciola erano ben aperti mentre le labbra, gonfie e rosa, si piegavano in un broncio innocente. I capelli castani incorniciavano il viso pallido e le mani erano sui fianchi. Questa ragazza mi ricordava qualcuno.
"Harry, sono io?" Chiesi, indicando il disegno che stavo osservando.
"Sei perspicace, Ara," disse proprio dietro di me. Mi girai, ritrovandomelo dietro, mentre si sfregava una mano sul collo.
Mi girai di nuovo a osservare il disegno e lo studiai per un momento. Per la prima volta nella mia vita, vedevo la vera me. Non in una foto o in un riflesso allo specchio. Questa ero io, così era come la gente mi vedeva. Mi si contorse lo stomaco e prima ancora che me ne accorgessi, un braccio mi tirò via da quella bellissima opera d'arte.
"Sei qui per scoprire chi è Luchesi, guarda qui," ordinò, conducendomi di fronte un cavalletto cupo.
L'immagine mostrava un ragazzino, un bambino per l'esattezza, probabilmente non più grande di 5 anni. I suoi occhi erano di un verde luminoso e i capelli biondi erano tirati indietro dalla fronte da un uomo molto più grande di lui. L'uomo era raffigurato nella sua ira e nella sua rabbia mentre trascinava in basso il ragazzino. Boccheggiai per quella visione.
"È Luchesi?" Chiesi.
"Quando era più giovane, sì," disse Harry. "E riesci a indovinare chi è questo?" Disse, indicando l'uomo che lo trascinava.
Ansimai e indicai Harry. "Sei tu!" Dissi. Harry spalancò gli occhi e scosse la testa.
"No! No, Luchesi è più grande di me," disse, facendomi prendere un sospiro di sollievo. "Ritenta, qualcosa che possa essere più realistico," disse e io aggrottai la fronte.
"Suo padre?" Chiesi, facendo annuire Harry docilmente. Riguardai il dipinto e scossi il capo. "E questo cosa ha a che fare con te?"
"Questo non ha nulla a che fare con me, ma è solo il primo di una serie di dipinti," disse, indicando col capo altri cavalletti. "Vieni qui," disse, tirandomi verso un altro dipinto.
Questo dipinto raffigurava lo stesso ragazzino biondo, questa volta, però, era più grande, forse di 7 o qualche anno più grande del primo dipinto. Questa volta era lui a dominare. I suoi muscoli erano contratti mentre le sue mani erano attorno a qualcosa, o meglio, a qualcuno.
Nel palmo grande c'era il corpo di un ragazzino, o meglio, il suo collo. La faccia di Luchesi nel dipinto appariva minacciosa e piena di rabbia. Il ragazzino che strangolava aveva un mucchio di ricci castani molto familiari e degli innocenti occhi verdi. La faccia, troppo spaventata e terrorizzata per difendersi, era molto diversa dal ragazzo accanto a me.
"Questo sei tu," dissi a bassa voce, sperando non fosse davvero così.
"Già, Luchesi era un bullo che amava picchiare," disse, facendomi mugolare e prendergli la mano. Afferrai il suo braccio muscoloso in un senso di protezione. "Ora sai da chi ha preso."
Guardai i dettagli del dipinto che raccontavano ciò che Harry non era in grado di raccontare. Era meraviglioso, davvero sorprendente. Guardai Harry e inizia a dirigermi verso il cavalletto successivo, con la sua mano stretta nella mia. Il suo calore mi seguì, prima di fermarsi subito dietro di me.
Il dipinto davanti a noi trasmetteva le emozioni e il dolore provati da Harry. Il dipinto raffigurava un Harry e un Luchesi più grandi, forse di 9 o 10 anni. L'uomo del primo dipinto era ritornato, questa volta più vecchio e più grosso. I due ragazzi gli stavano dietro mentre lui era chino su una figura.
La figura era una donna, forse non più grande di 30 anni. Stava rannicchiata come una palla mentre delle contusioni le ricoprivano il corpo, così come i corpi dei due bambini. La sua espressione era stanca e sofferente, stanca per ciò che aveva dovuto affrontare. L'uomo la sovrastava e le urlava contro. Prima credevo che i ragazzi cercassero di aiutarla, ma non lo stavano facendo.
I ragazzi, in realtà, seguivano le orme dell'uomo. Urlavano alla donna che sedeva in un mucchio di tristezza e disperazione. I tre sovrastavano la donna mentre lei cercava di fare del suo meglio per rimanere calma. Aveva le mani sulla testa per proteggersi. Era spaventata.
Studiai attentamente l'uomo e i tratti del suo profilo, gli occhi erano identici a quelli dei due bambinii, ma ancor più minacciosi. I suoi capelli erano di un colore poco più chiaro del castano e gli cadevano sul viso. Mi ricordava molto più un leader di qualche gang che un padre.
"Quella è la mamma di Luchesi?" Chiesi, ed Harry, triste, fece un cenno col capo.
"Sì, questa è sua madre," disse, portando indietro, con una mano, i suoi ricci.
"Urlavi contro sua mamma?" Chiesi con tono accusatorio, facendolo sospirare. La sua mano si staccò dalla mia, facendomi venir voglia di lamentarmi per quel gesto.
Invece di aggiungere altro, Harry tirò fuori uno dei telai da terra e lo mise nelle mie mani. Il dipinto raffigurava una persona, un uomo per l'esattezza. Dal modo in cui il dipinto era sbiadito ai bordi, constatai che fosse più vecchio degli altri.
"Chi è?" Chiesi ed Harry chiuse gli occhi.
"Mio padre," disse, facendomi boccheggiare.
Poi li notai, i capelli ricci erano proprio come quelli di Harry, così come gli occhi. Il naso dell'uomo non era esattamente lo stesso ma le labbra erano carnose tanto quanto quelle di Harry ed erano ferme in un cipiglio che sembrava quasi permanente. Inclinai un po' il capo mentre continuavo a esaminare il dipinto. Perché me lo stava mostrando?
Cosa aveva fatto quest'uomo, per far arrabbiare così tanto Harry? Cosa avevano fatto questi uomini per corrompere un ragazzino che non aveva fatto nulla per meritarselo? Come erano diventati così importanti da essere ritratti da Harry? Avevo bisogno di risposte, subito.
Tornai a posare lo sguardo sui dipinti che erano sui cavalletti e poi lo spostai sul dipinto che avevo in mano. Cosa c'entravano questi dipinti con Luchesi? Sapevo che raffiguravano i genitori di Luchesi e il padre di Harry, ma ciò non mostrava ciò che Luchesi avesse fatto ad Harry. Oppure sì?
Guardai i dipinti uno per uno prima di realizzare, prima di capire finalmente le somiglianze. L'uomo del dipinto che terrorizzava la moglie era identico a quello che era raffigurato nel dipinto che avevo in mano. Guardai Harry con occhi confusi.
"Harry, questi due uomini sono la stessa persona," dissi, facendolo annuire.
"Lo so," disse, facendomi quasi collassare a terra.
Il respiro sembrò quasi mancarmi nei polmoni, mentre iniziavo a collegare tutti i pezzi. La risposta a tutte le mie domande era lì, rappresentata da quei magnifici dipinti realizzati da un uomo distrutto dal dolore. Ansimai e guardai Harry con occhi spalancati.
"Luchesi, l-lui. . .l-lui è. . ." Iniziai a dire, cercando il viso di Harry con occhi frenetici.
"Mio fratello, Luchesi è mio fratello."
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