Capitolo 35
Harry si era comportato stranamente bene quel giorno. Forse perché si sentiva in colpa per avermi picchiata? Forse perché ero stata la ragazza alla quale aveva dato il suo primo bacio? Forse perché era ancora sotto l'effetto di qualche droga? Tutti questi pensieri mi riempirono la testa mentre preparavo la colazione, in piedi davanti ai fornelli. Fortunatamente, osservare le strisce di bacon nella padella aiutò la mia mente a liberarsi dallo stress e dai problemi che la stavano tormentando. Cucinare aveva sempre avuto questo effetto su di me, anche quando ero a casa mia.
Dal momento che Harry era di buon umore, forse mi avrebbe permesso di chiamare casa o almeno permettere loro di farlo. Mi sentivo sola e annoiata ora che io e Sophia non passavamo più del tempo insieme come prima.
Mentre continuavo a preparare l'abbondante colazione, sentii i passi rumorosi di Harry colpire prima le scale e poi il pavimento del corridoio.
"Hey, stai preparando la colazione?" Mi domandò.
"Sì," dissi, dandogli ancora le spalle.
Afferrai due piatti dal mobiletto e posizionai la mia piccola porzione in uno di essi, quella restante e abbondante in quello di Harry. Andai verso il frigo e presi una birra per Harry e una bottiglia di acqua per me, prima di girarmi a guardarlo.
Boccheggiai quando vidi un bozzo formatosi ai lati del suo mento. Da quanto tempo era lì? Quando ci eravamo baciati quella mattina non avevo notato nulla. Cosa si era fatto? Afferrai i due piatti e porsi uno dei due ad Harry, dandogli anche una forchetta.
"Cosa hai fatto alla tua faccia?" Domandai, scioccata nel vedere che il rossore continuasse ad aumentare.
"Mi sono rasato, entro domani andrà tutto via," disse tranquillamente mentre iniziava a mangiare
"Fa male?" Chiesi a bassa voce.
"Sì, un po'," disse, tra una boccone e l'altro.
"Se non sbaglio, deve esserci una pomata apposita a questo tipo di cose. Te la vado a prendere," dissi, mentre lui annuiva e apriva la sua birra.
Mi incamminai verso la credenza alla fine del bancone e la aprii. Vi era un casino di roba all'interno ma frugando con pazienza riuscii a trovare il tubicino di pomata che avevo visto qualche settimana fa. Dopo averla presa, la aprii e andai da Harry.
"Guardami un attimo," dissi, spruzzando la pomata sulle mie mani, mentre Harry si girava nella mia direzione.
Feci un passo avanti, ferma tra le sue gambe, e gli alzai il mento con la mano libera. Lentamente, spalmai la crema sul viso; sicuramente gli stava facendo un male cane. Lui rimase immobile a fissarmi mentre io finivo di spalmare la pomata.
"È una bella sensazione," disse, chiudendo leggermente gli occhi.
"Serve proprio a questo," dissi, pulendo la mia mano sull'apertura della pomata, prima di prendere il tappo e chiuderla.
Tornai a guardare Harry e lo trovai ancora a fissarmi. Misi la pomata sul tavolo e sospirai, poggiando le mani sui miei fianchi stretti. Harry sorrise e continuò a guardarmi.
"Grazie," disse, guardandomi con occhi oscuri. "So che posso essere eccessivamente maleducato a volte, ma non sono abituato a persone che si prendono cura di me," confessò, facendomi avvertire un dolore al petto.
"È per questo che sei così tollerante oggi?" Domandai, facendolo annuire lievemente.
"Penso che ormai tu abbia capito che fare ciò che ti dico di fare sia la cosa megliore per entrambi e, siccome ti stai comportando bene, proverò a fare altrettanto," mi disse, facendomi sorridere.
"Grazie," dissi, facendolo annuire e sospirare.
Da un lato ero grata che cercasse di essere carino nei miei confronti durante la mia permanenza qui; finalmente non avrei dovuto preoccuparmi di capire se lui fosse irritato, arrabbiato o cose simili. Ma dall'altro, ero nervosa, nervosa che questa tregua avesse potuto far nascere qualcosa tra di noi, qualcosa che nessuno dei due avrebbe voluto.
Pensavo troppo, analizzavo ogni minima cosa, per cui vedere lui impegnarsi a migliorare i suoi modi di fare mi preoccupava realmente; avevo paura che lui si affezionasse a me. Nel profondo sapevo che tutto ciò fosse solo frutto della mia me paranoica, ma un'altra piccola parte di me mi diceva di stare attenta.
Lui non cambiò posizione e neanche io mi allontanai dalle sue gambe ma qualcosa mi diceva che se non l'avessi fatto, sarebbe sorto un problema. Non appena iniziai a muovermi, la sua mano si allungò per afferrarmi il polso. Rieccoci.
"Ara," disse, facendomi chinare ulteriormente per ascoltarlo. Pessima idea.
La sua mano si sollevò per sfiorare il mio viso e fu come se il mondo intero smettesse di girare per un istante. L'altra mano raggiunse il mio fianco e io rimasi lì in piedi, paralizzata. Che stava facendo? Credevo che il bacio fosse una cosa di una volta sola e ora lui era lì a spingermi verso una seconda. O terza? Non sapevo se il bacio dato sul balcone potesse essere considerato un vero e proprio bacio.
Allungò un po' il collo e avvicinò il mio al suo. Le mie mani poggiate goffamente sulle sue spalle e le mie braccia tremanti nella sua presa. Mi tenne così per un minuto, i suoi occhi guardavano fissi nei miei e il suo respiro era quasi del tutto in sincronia col mio.
Avvicinò la mia testa alla sua. Ero spaventata, terrorizzata. Sapevo che se avesse finito per fare ciò che aveva in mente, quella a rimetterci sarei stata io. Le nostre labbra si toccarono appena, quasi si sfiorarono prima di essere interrotti.
Il campanello suonò e per qualche ragione mi sentii sgonfiare quasi come un palloncino. Ero davvero triste che non ci fossimo baciati? Lui mi guardò con fronte aggrottata e riuscii quasi a percepire la tensione che presto sarebbe arrivata, ma invece non accadde, rimase calmo.
"Salvati dal campanello," disse ridacchiando.
Sorrisi e lo guardai, "Vuoi che vada io? Probabilmente è il postino," dissi timidamente e lui annuì con un sorrisetto.
Per qualche ragione ero sollevata, sollevata di non averlo dovuto baciare e di non esserci spinti troppo oltre. Ero felice di essere stata interrotta perché sapevo che se fosse successo, sarebbe ricaduto tutto su di me, sarebbe stata la prima cosa che avrebbe usato contro di me.
Ma nel profondo, speravo che accadesse. Speravo almeno che le nostre labbra si toccassero un po', oltre il semplice sfiorarsi. Era un pensiero egoista, ma non riuscivo a controllarlo, quando lo avevo attorno, la mia mente andava in confusione.
Non appena uscii dalla cucina, riuscii a sentire finalmente l'aria di cui avevo disperatamente bisogno dopo essere stata così vicina a lui. Mi diressi verso la porta principale e sbloccai la serratura superiore. Quando spalancai la porta, mi aspettai di vedere il postino come ogni sabato mattina, ma non era lui, non era nessuno.
Non c'era nessuno lì, l'unica cosa che c'era era la piccola veranda e le scale che conducevano al giardino. Corrugai la fronte e feci un passo avanti. Era strano. Non appena feci un altro passo, sentii qualcosa incresparsi sotto i piedi.
Quando abbassai lo sguardo, vidi un piccola busta sullo zerbino. Mi chinai per afferrarla e lessi il nome del destinatario. Non avevo mai ricevuto la posta, se non da Sophia, per cui quando vi lessi il mio nome, mi aspettai arrivasse da parte sua. Ma mi sbagliavo.
Quando lessi l'indirizzo da cui era stato spedito, realizzai non fosse quello di Liam, e neanche di Londra. Pensai subito che arrivasse da casa mia, ma l'indirizzo non era quello. 55 Primrose Ave. Di chi era? Non c'era il nome dell'emittente, solo una singola lettera; A.
Corrugai la fronte e guardai verso casa. Sarei dovuta rientrare, Harry sarebbe uscito fuori e mi avrebbe vista, e se avessi letto la nota, avrebbe voluto leggerla anche lui. Ripiegai la busta e la misi in tasca, coprii il tutto con la maglia e mi diressi verso il piano superiore.
"Harry! Il postino ha detto che per oggi non c'è posta. Vado al bagno," dissi velocemente. Sentii la sua risposta, che fu un semplice 'Va bene', prima di catapultarmi su per le scale.
Chiunque fosse, era a conoscenza del fatto che fossi a casa di Harry o perlomeno, sapeva chi fossi. Forse erano i miei fratelli con un indirizzo segreto o forse la mia mamma. Indipendentemente da chi fosse, ero curiosa di sapere chi altro, oltre alla mia famiglia, sapesse dove fossi.
Non appena chiusi la porta del bagno, tirai fuori la busta dai pantaloni e feci altrettanto con il contenuto. Era increspata e sembrava avesse dovuto affrontare un bel po' di disavventure per arrivare fin qui. Sospirai e aprii la lettera con mani tremanti prima di iniziare a leggere.
'Cara Arabella Casper,
Tu non mi conosci, anche se io so un po' di cose sul tuo conto. So che ora vivi con Harlan Styles, o dovrei forse chiamarlo Harry Styles?! È un uomo piacevole, molto piacevole, ma è altrettanto manipolatore. Conosco abbastanza bene Harry, ci conosciamo da anni e anni, anche prima di quanto io e lui possiamo ricordare. Ricordo che ama avere il controllo su tutto e osservandovi al club, ho notato che non è cambiato molto dopo tutti questi anni. Probabilmente non mi vedrai, probabilmente neanche sospetti chi io sia, ma non sarò io a dirtelo, Harry saprà chi sono. È una sua scelta parlartene oppure no, anche se per te è meglio non sapere. Simpatici i tuoi fratelli, Seth ed Elliot, eh? Si chiamano così, vero? Conosco anche tuo padre, davvero un grande uomo. Ci ha sempre saputo fare con le donne, anche dopo aver sposato tua madre. Ricordo quando lui è morto e quando io stesso l'ho visto morire. È stato triste, specialmente per quelli che lo conoscevano. Ma non voglio andare troppo oltre quest'argomento ora. Mi farò sentire spesso e forse, e dico forse, un giorno Harry ci presenterà. Fino a quel momento, tutto ciò che posso fare è scriverti e dirti che accadrà.
Sinceramente tuo, Sconosciuto.'
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