Capitolo 33
Dato che avete dovuto aspettare due settimane per il capitolo precedente, vi chiediamo scusa aggiornando di nuovo. . .enjoy, xx
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Quella notte non riuscivo a dormire, il mio cervello non me lo permetteva. Ogni volta che i miei occhi si chiudevano per alleviare il dolore, la mia testa me li faceva aprire di colpo. Avevo le palpebre pesanti ma non ero in grado di raggiungere lo stato di incoscienza tipico del sonno e di cui il mio corpo aveva disperatamente bisogno.
Il sedere mi bruciava ancora dalle sculacciate che Harry mi aveva dato poco prima. Proprio come mi aveva detto, c'era della crema sotto il mobiletto per alleviare il bruciore, ma non mi aveva aiutata molto. Era il dolore emotivo ad alimentare sempre più quello fisico.
Credevo, dopo il bacio, di aver finalmente abbattuto una piccola barriera con Harry. Sapere che fosse il primo per lui, aveva aperto una piccola porta per la speranza. Ma dopo avermi fatto del male, era come se questa porta fosse stata sbattuta e serrata, proprio come quella in fondo al corridoio.
Mi chiedevo ancora cosa ci potesse essere nascosto lì dentro, o anche se ci fosse davvero qualcosa. Ma che cosa stavo dicendo? Ovviamente c'era qualcosa lì, altrimenti perché avrebbe dovuto serrarla in quel modo? Forse c'era della droga oppure c'erano delle armi, o, peggio ancora, cadaveri. Scossi il capo, cercando di schiarirmi la testa da quei pensieri folli.
Il mio corpo si girava e rigirava, cercando di trovare la posizione giusta. Non mi ero presa neanche la briga di indossare i pantaloncini abbinati alla maglia. Le mie mutandine mi davano ancora una sensazione di bruciore, per cui, indossare i pantaloncini, fu abbastanza inutile.
Alla fine, avevo trovato la posizione più comoda dall'altro lato del letto. Mi girai da un lato in modo tale da non dover toccare il materasso con il sedere. Sospirai di sollievo, speranzosa di poter finalmente riuscire a dormire in santa pace. Portai le ginocchia al petto e chiusi con forza gli occhi.
Ma dato che la fortuna non era mai stata a mio favore e dato che l'ironia aveva deciso di non aver ancora finito con me, sentii dei passi, lungo il corridoio, avvicinarsi alla mia stanza. Gemetti, sapendo che Harry stesse per irrompere in camera, consapevole che non avrei avuto le forze per litigare con lui a quell'ora.
Chiusi con forza gli occhi e finsi di dormire mentre il rumore della maniglia della porta riempiva la stanza. Il mio respiro si regolarizzò mentre il rumore della porta, seguito da respiri pesanti, mi riempiva le orecchie. Lui era lì. Il suo respiro riempiva la stanza mentre rimaneva in piedi davanti la porta.
Rimase in silenzio per un po' mentre io continuavo a fingere di dormire e lui a stare lì in piedi. Sentii i suoi passi dirigersi verso il letto. L'altro lato del letto sprofondò per il peso e in quel momento mi accorsi di quanto fossero vicini i nostri corpo. Cosa voleva?
"Arabella," sussurrò. Riuscii a percepire il suo respiro mentre io continuavo a tenere gli occhi chiusi. "Per favore Ara, so che sei sveglia," disse, cogliendomi di sorpresa.
Rimasi immobile per un minuto, valutando le diverse opzioni. Avrei potuto aprire gli occhi e affrontarlo subito, o avrei potuto continuare a ignorarlo, affrontando poi la sua rabbia. Ma, ripensando all'ultima opzione, sapevo che non sarebbe andata a finire bene, per cui optai per la prima.
Aprii gli occhi e fissai il suo viso. Era sudato, tanto sudato. Perché era sudato? Il suo petto era ancora nudo, eccetto per la collana, e invece del paio di jeans che portava prima, indossava dei pantaloncini da basket con la banda dei suoi boxer in vista. Se non l'avessi conosciuto abbastanza bene, avrei pensato fosse figo, ma non era il momento di pensarla in quel modo.
Gli mancò per un po' il respiro mentre mi guardava, cercando di leggermi il viso ma mi rifiutai. Mantenni un'espressione vuota e fredda e lui rinunciò a cercare di capire quali emozioni provassi. Era strano vederlo in quel modo, così nervoso e impreparato. Di solito sapeva esattamente cosa stessi pensando ancor prima di me, ma non in quel momento.
"Perché sei così sudato?" Gli chiesi. Lui abbassò gli occhi, verso il suo petto, per poi rialzarli su di me.
"Mi sono allenato," disse mentre strizzavo gli occhi per osservare il suo viso imperlato di sudore e la piccola ricrescita di peli sopra le sue labbra.
"Hai una palestra qui dentro?" Chiesi scettica.
"N-No, ho fatto flessioni e roba del genere," disse, giocherellando con le cordicelle che pendevano dal mio piumino. "Possiamo parlare?" Chiese.
"Non lo stiamo già facendo?" Chiesi ironicamente. Lui sollevò leggermente le sue labbra prima di ritornare ad accigliarsi.
"Sai ciò che intendo," disse.
"Okay," dissi, facendolo sospirare. "Allora discutiamo delle meravigliose botte che ho ricevuto oggi!" Dissi, facendolo rabbuiare.
"Non erano botte Ara, te l'ho già detto," disse con tono leggermente irritato. "Mi sento in colpa."
"Ti senti in colpa?" Domandai, facendolo annuire. "Ti senti in colpa per ciò che hai fatto o per come ho reagito?" Domandai.
"Non mi sento in colpa per ciò che ho fatto, te lo sei meritato dopo avermi chiesto di comportarmi in modo autoritario," disse, mentre io scuotevo il capo. "Mi sento in colpa per non essere rimasto con te subito dopo," aggiunse.
"Non avrebbe fatto differenza se tu fossi rimasto o meno, sarei comunque incazzata con te per avermi colpita con quella cinta," dissi. "E comunque l'hai dimenticata qui, è sulla sedia," aggiunsi. Annuì prima di ritornare a guardarmi.
"L'ho fatto per una ragione Arabella, quando realizzerai che sei un mio riflesso? Quando le persone mi guardano, immediatamente guardano te per vedere se sei ben educata. Se ti comporti male, nessuno mi prenderà seriamente e potranno pensare di potermi mettere i piedi in testa e, per il lavoro che svolgo, non posso permetterti di comportarti in quel modo," disse.
"Ma da quando sarei diventata un tuo riflesso? Non mi ricordo di aver mai firmato. Stai dimenticando di avermi forzata a vivere qui contro la mia volontà," mi difesi, sollevandomi dal letto e reggendomi con la mano.
"Sì, ma tu sei qui da almeno un mese. Ti ho avvertita dal primo giorno che hai messo piede in questa casa che ci sarebbero state conseguenze alle tue azioni ma immagino che tutto ciò ti sia entrato da un orecchio e ti sia uscito dall'altro," disse, strofinandosi gli occhi.
"Non è giusto per me. Credevo che a questo punto qualcuno sarebbe venuto a prendermi," dissi e lui sospirò, irritato.
"E ora perché pensi questo, Arabella? Per un po' non andrai da nessuna parte. Non capisco perché tu possa pensare di farlo, ma ti sbagli. Devi solo stare qui, buona," dichiarò.
Rimasi seduta, in silenzio, per un momento. Cosa voleva dire che non sarei andata da nessuna parte? Ma cosa più importante, quanto tempo sarei dovuta rimanere ancora lì secondo lui? Non credevo di poterlo sopportare ancora per molto. Sapevo di avere la capacità di ascoltarlo, ma non volevo. Mi rifiutavo di consentirgli di rivendicare la sua vittoria su di me.
"Te l'ho detto così tante volte, più ti comporti bene, più facile sarà per te vivere con me," disse, facendomi borbottare.
"Non mi piace che mi venga detto cosa fare," dissi.
"I tuoi fratelli non l'hanno mai fatto? Difficile da credere," insinuò, facendomi sospirare.
"Sì, lo facevano, ma non avevo altra scelta se non dar loro ascolto," dissi. Sollevò le sopracciglia e si leccò il labbro superiore.
"Beh, allora non hai altra scelta se non darmi ascolto," disse. Quella singola frase riuscì a farmi irritare ancor più.
"Perché?" Mi lamentai. Il suo sorrisetto crebbe mentre le sue mani si spostavano sulle ginocchia.
"Ti ho già risposto, Ara. Se non mi dai ascolto e non ti comporti correttamente, mi farai apparire debole," continuò a dire. Alzai gli occhi al cielo, cosa che lo mandò su di giri. "Non alzare gli occhi al cielo con me," scattò.
Seppellii il mio volto tra le mani e mi strofinai le tempie, cercando di liberarle dallo stress. Perché doveva essere tutto così complicato? Perché doveva essere così autoritario? E sopratutto, perché era capitato a me?
"Voglio dormire adesso. Ho mal di testa e l'ultima cosa di cui entrambi abbiamo bisogno è un'altra sfuriata a quest'ora della notte," affermai, sospirando.
"Okay, anche io," disse, alzandosi finalmente dal letto e concedendomi lo spazio per respirare liberamente. Mi risistemai a letto, solo per essere di nuovo disturbata dalle azioni di Harry.
Invece di andare verso la porta come mi aspettavo, si spostò verso la sediolina e il poggia piedi di fronte al mio letto. Posò a terra la cinta che aveva usato per colpirmi e si sdraiò sulla sedia. Grugnii prima di lamentarmi e strofinarmi le tempie.
"Perché? Perché devi dormire qui?" Mi lamentai, facendolo ridacchiare per il mio comportamento infantile.
"La mia stanza è un casino e non cambio le lenzuola da un po', per cui sono sporche," disse, come se fosse completamente normale dormire nella mia stanza.
"Non hai altre camere per gli ospiti dove andare a dormire? Perché non vai a dormire in quelle?" Domandai. Lui sorrise e mi guardò.
"Oltre a questa ne ho solo un'altra e neanche lì ho cambiato le lenzuola," disse. "E neanche per sogno dormirò sulla mia sborra asciutta e il sudore di qualche puttana," disse, facendomi coprire la bocca per quel linguaggio così volgare.
"Non parlare con me in quel modo!" Sibilai, mentre lui sorrideva e incrociava le braccia dietro la testa. Le gambe le aveva comodamente aperte e il suo stomaco era più esteso a causa della portata delle sue braccia.
"Mettiti a dormire Arabella, è tardi per te," mi stuzzicò. Io scossi il capo e cercai di non mettere su quel sorriso divertito che minacciava di impastarmi il volto.
Come ci riusciva? Un minuto prima ci urlavamo contro a vicenda e quello dopo mi faceva venir voglia di farmi ridere alle sue battute volgari e inappropiate.
Mentre scivolavo in un sonno leggero, sentii di nuovo affondare l'altra metà del letto. Quando girai la testa, vidi Harry steso, che mi dava le spalle. Volevo cacciarlo a calci e prenderlo a schiaffi per averlo fatto, ma ero persino troppo stanca per cercare di tenere gli occhi aperti.
Me ne sarei occupata domani.
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