Capitolo 21
"Happiness feels a lot like sorrow ( la felicità assomiglia un pò al dolore.) " - The Fray.
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A volte, non importa quanto forti e potenti le persone possano essere, sono comunque degli umani, e ciò non si può cambiare. Io pensavo che Harry, essendo un leader di una gang, credesse di essere più di un semplice umano, ma nel profondo, sapeva che non avrebbe potuto ignorare la sua evidente influenza.
Sapevo che alla fine si sarebbe arreso. Per quanto grave o meno potesse essere ammalato, non poteva curarsi da solo, ma ero davvero curiosa di vedere per quanto tempo avrebbe resistito.
Dopo essere andata in camera mia, di lui più nessuna traccia, non lo avevo neanche sentito salire le scale, prima che mi addormentassi. Ma, come avevo presagito, alla fine si era arreso; sapeva fosse inevitabile.
Nelle prime ore del mattino, era piombato nella mia stanza, con le guance arrossate e il corpo ricoperto di sudore. I pantaloni grigi della tuta a malapena si mantenevano fermi sui suoi fianchi, mentre muco e catarro riempivano la sua sua bocca e il suo naso. Sembrava distrutto, i suoi occhi erano lucidi per i troppi colpi di tosse e il suo naso screpolato per essere stato costantemente sfregato. Per un brevissimo istante, avevo provato un po' di compassione, ma poi mi ricordai di chi stessimo parlando.
Dopo avergli detto di tornare nella sua stanza a dormire, lui aveva protestato. Non mi voleva nella sua camera e sapeva che, se avessi dovuto aiutarlo sarei dovuta entrarci molteplici volte per controllarlo costantemente. Tutto ciò, lo convinse a sistemarsi su uno dei grandi divani del salotto, il volume della TV basso e il riscaldamento al massimo per favorire la sua guarigione. Solitamente, quando si svegliava così presto, era scortese e irritante, ma, ora che era malato, sembrava essere troppo debole per discutere con me. Grazie a Dio.
Se il suo comportamento rude si fosse presentato anche quando era malato, non sarei stata in grado di controllare la mia rabbia. Del resto, ero ancora arrabbiata con lui per ciò che era successo lo scorso fine settimana, ma sapevo che non era neanche giusto continuare a tormentarlo mentre stava male. Molte volte mi aveva detto che fossi io la causa dei suoi mal di testa, magari, dopo che si fosse ripreso, avrei potuto rinfacciargli il suo cattivo comportamento nei miei confronti ma sapevo che, alla fine, avrebbe continuato a fare ciò che faceva ogni qualvolta cercavo di esprimere una mia opinione, ovvero controllarmi.
Entrai in cucina e diedi un'occhiata all'orologio; 9:38, eravamo svegli da quattro ore. Sembrava essere passata un'eternità da quando lui era venuto nella mia stanza, ma era sempre così quando Harry rimaneva a casa. Non c'era davvero nulla da fare, la cucina era già stata pulita e i vestiti erano già nella lavatrice; per una volta, non sapevo davvero cosa fare, ma non era di certo una cosa che avrei detto ad Harry. Con tempismo perfetto, sentii un forte colpo di tosse, accompagnato da una voce debole che chiamava il mio nome.
"Arabella," Harry tossicchiò dal salotto. Mi incamminai nel soggiorno, trovandolo stravaccato sul divano. Era una scena davvero divertente; la sua grande statura accartocciata sul divano mentre i suoi muscoli sembravano essere alla ricerca di un po' di spazio per potersi rilassare. Mi morsi il labbro e mi avvicinai a lui. Alzò lo sguardo per guardarmi mentre si strofinava gli occhi con entrambe le mani. "Ara, ho fame, ma mi fa ancora male lo stomaco. Cosa faccio?" Mi domandò, mentre metteva il broncio.
"Beh, avevo intenzione di prepararti del brodo di pollo per pranzo. Ce la fai ad aspettare o hai davvero tanta fame?" Domandai, nella speranza che decidesse di aspettare l'ora di pranzo, visto che avevo appena finito di pulire la cucina e che di conseguenza non avevo nessuna voglia di rimettermi all'opera. Aggrottò la fronte e scosse la testa.
"Sto morendo di fame. Non mangio da ieri sera," si lamentò, incrociando le braccia al petto. Volevo scoppiare a ridere per il suo comportamento infantile ma mi morsi il labbro per trattenermi; se gli avessi riso in faccia per i suoi modi di fare, non avrei potuto neanche immaginare come avrebbe reagito. Era così diverso quando era malato, si comportava come se finisse il mondo se avesse saltato la colazione.
"Okay, ti preparerò dei toast così lo stomaco non ti farà più male e ti darò una banana che dovrebbe farti abbassare la febbre," dissi, mentre lui annuiva e poggiava nuovamente la testa sul cuscino. "Vuoi un'altra coperta?" Domandai, mentre lui annuiva, senza, però, muoversi di un centimetro. Mi chinai sul suo corpo per afferrare la seconda coperta che era piegata sul divano e la misi su di lui. Un sorriso spuntò sulle sue labbra per il caldo extra appena ricevuto.
Scossi la testa e iniziai ad uscire dal salotto, dove giaceva l'uomo influenzato. Stava davvero male e ciò mi dispiaceva, ma stava anche cominciando a farmi innervosire a causa di tutti i suoi bisogni. Sapevo fosse orribile essere malati e io stessa odiavo il raffreddore, ma lui mi stava davvero irritando. Probabilmente nessuno si era mai preso cura di lui, il che era comprensibile, ma non sapevo perché sarei dovuta essere proprio io a farlo.
Forse perché sei stata tu a offrirgli il tuo aiuto, mi ricordò il mio subconscio, che però cacciai immediatamente via. Certo, ero stata io a proporglielo, ma solo perché, per una volta, volevo essere io quella più forte, anche se, sembrava essere sempre lui quello che comandava e controllava. Dovevo smetterla di pensare così tanto e farmene semplicemente una ragione.
Non appena entrai in cucina, mi recai verso il frigo, afferrando tre fette di pane. Dal momento che avevo fatto la spesa lunedì, la maggior parte degli alimenti era stata esaurita, incluso l'intero pacco di pane. Non vedo l'ora di uscire di casa domenica e di fare shopping. Afferrai i due toast e li misi nel tostapane mentre iniziavo a sbucciare una banana. Una volta sbucciata e tagliata a pezzettini, presi i toast e li imburrai, mettendoli poi in un piatto, assieme ai pezzettini di banana.
Mi diressi verso il frigo e presi una birra fredda dal ripiano superiore. Mia madre mi diceva che la birra servisse per il mal di gola, il che era probabilmente la ragione per cui Seth ed Elliot raramente ne soffrivano. Afferrai il piatto dal bancone e tornai in salotto, dove trovai Harry digitare qualcosa sul suo telefonino.
Non appena si accorse della mia presenza e di quella del cibo, il suo viso si illuminò di felicità ma subito dopo, quest'ultimo si spense, indossando un'espressione confusa nel vedere una delle sue birre, che solitamente beveva con piacere, tra le mie mani. Guardò prima me e poi la sua birra, mentre io la poggiavo sul tavolino per potergli porgere il piatto di cibo tanto atteso. Sistemò il piatto caldo sul suo grembo, tornando poi a guardarmi con confusione.
"Birra? Perché mi hai portato una birra? Sono malato, non dovrei bere molta più acqua?" Mi domandò, prendendo un grande morso dal toast, insieme a un pezzettino di banana. Un suono di apprezzamento sfuggì dalle sue labbra ma, subito dopo aver ingoiato il boccone, alzò nuovamente lo sguardo su di me. "Voglio dire, non mi dispiacerebbe affatto bere una birra, trovo solo strano berla quando sono malato," disse.
"Fa bene alla gola e guarirai prima," risposi, mentre i suoi occhi brillavano di felicità. Con una delle sue mani, tolse espertamente il tappo e prese un grande sorso dalla bottiglia. Lasciò che i suoi occhi si chiudessero per la sensazione mentre i suoi bisogni venivano immediatamente soddisfatti. Proprio mentre stavo per girarmi per andare in cucina, una grande mano mi strinse il polso, riportandomi sul divano.
"Resta qui, Ara. Potrei aver bisogno di te e non penso di avere l'energia necessaria per chiamarti di nuovo," disse, raddrizzando il suo corpo debole sul divano e dando dei colpetti al posto accanto al suo. Mi guardai intorno, cercando un altro posto in cui sedermi. Prima ancora che potessi protestare, un braccio mi avvolse la vita e mi tirò sul divano. Strillai, prima di sistemarmi il più lontano possibile dal corpo di Harry.
Lui mangiò in un batter d'occhio; in tutta la mia vita, non avevo mai mangiato con una tale velocità. Una volta finito, mi porse il piatto vuoto, cosparso di briciole, e lo misi sul tavolino di fronte a noi, mentre la televisione riempiva il silenzio delle nostre voci. Ma Harry, con la maleducazione che tanto lo caratterizzava, afferrò il telecomando e pigiò il tasto 'muto', lasciando che il silenzio indugiasse attraverso la stanza.
"Ho mal di testa," si lamentò, coprendosi il volto con entrambe le mani e facendo cadere la testa sul mio grembo; rimasi pietrificata e non osai muovere neanche un muscolo. Lo guardai e mi chiesi cosa dovessi fare, se cercare in casa un termometro. . .ma chi volevo prendere in giro? Non avrebbe sicuramente avuto un termometro, stavamo parlando di Harry Styles, lo stesso uomo che si era rifiutato di essere aiutato anche da ammalato. Corrugai la fronte, pensierosa, e mi leccai le labbra, che erano diventate screpolate dal freddo.
Sapevo fosse rischioso, ma andai contro il mio subconscio, che mi stava gridando di non farlo e mossi la mia piccola e tremante mano verso di lui. Le mie mani afferrarono le sue dita, scostandogli le mani dalla faccia. Una volta che il suo viso fu liberato, mi guardò con sorpresa e seguì i miei movimenti mentre il mio cuore batteva senza pietà contro il petto.
La mia mano andò a posarsi sulla sua fronte per cercare di vedere se avesse la febbre. Non appena la mia mano toccò la pelle liscia, si scaldò immediatamente; stava bruciando. Trasalii per quanto fosse calda la sua fronte, probabilmente la banana non aveva funzionato affatto. Mentre la mia mano restava sulla sua fronte, la mia mente vagava al pensiero dei suoi ricci; sembravano così morbidi, come un cuscino soffice.
Prima ancora che potessi fermarmi, la mia mano si spostò dalla sua fronte per andare a toccare i suoi ricci castani che, proprio come avevo pensato, erano soffici al tocco. Lasciai che le mie dita si muovessero tra quella folta chioma disordinata mentre le mie labbra si piegavano in un sorriso. Il mio cervello mi urlava di fermarmi, solo qualche giorno prima questo uomo avrebbe potuto strangolarmi a morte, solo pochi giorni prima ci stavamo urlando contro, ma ora eccomi qua, con le mie dita tra i suoi capelli.
Abbassai lo sguardo verso il suo viso, ritrovandomi i suoi occhi luminosi e spalancati e le sue rosee labbra carnose socchiuse. Deglutì, chiudendo gli occhi mentre le sue labbra si stringevano e si increspavano in un sorriso soddisfatto. Gli stava piacendo? Il mio cuore iniziò a battere velocemente dalla paura mentre cercavo di schiarirmi un po' la mente per ciò che stava succedendo. Avrebbe potuto capovolgere il tavolo e cambiare umore in un battito di ciglia, glielo avevo visto fare così tante volte, avrebbe potuto fare lo stesso in quel momento, mi ricordò il mio subconscio, ma ancora una volta, fu spazzato via.
Le mie dita assunsero il pieno controllo della situazione mentre iniziavo a fargli dei grattini; lui, nel frattempo, iniziò rilasciare respiri profondi; quasi ansimava con quelle labbra socchiuse. Il mio cuore continuava a martellare contro il petto, e immediatamente ritrassi le dita dai suoi capelli nel timore che si arrabbiasse. Rimasi a dir poco sorpresa quando lui aprì gli occhi di scatto, guardandomi confuso mentre tenevo le mani congiunte. La sua testa si sollevò dal mio grembo e si sedette accanto a me.
"Perché ti sei fermata?" Chiese, mentre metteva su il broncio. I miei occhi guardarono il suo viso, confusi; che gli stava prendendo? Capivo che stesse male e che le persone, quando stavano male, si comportassero diversamente ma questo era molto, molto più che 'diversamente'. Se l'avessi fatto quando lui non era ammalato, mi avrebbe strangolata fino alla morte. Rabbrividii al pensiero e tornai a guardarlo.
"C-credevo ti s-stessi i-iniziando ad arrabbiare con me per. . .per. . .credevo ti stessi iniziando ad arrabbiare con me," dissi, facendo sì che lui spalancasse gli occhi e che il suo respiro iniziasse a diventare più rumoroso. Scosse il capo e si avvicinò a me, afferrandomi la mano. Sussultai alla sua prossimità mentre il suo sguardo si muoveva su una delle mie mani. L'afferrò, guidandola verso i suoi capelli e posandola su i suoi ricci. Lasciai che le mie dita riprendessero a muoversi come prima mentre i suoi occhi incontravano nuovamente i miei.
Lasciò che un piccolo sorriso increspasse le sue labbra, mentre i miei occhi si dilatavano. Stava per baciarmi? Scossi silenziosamente il capo e aprii la bocca cercando di mettere a voce i miei pensieri ma, invece delle parole, un piccolo sussulto uscì fuori dalla mie labbra per la paura. Abbassai lo sguardo per constatare che le nostre teste fossero a qualche centimetro l'una dall'altra. No, per favore non farlo, pregai dentro di me.
Presi un lungo respiro e iniziai ad allontanarmi lentamente, e lui si mosse come me ma, con mio grande dispiacere, facendo l'opposto di ciò che speravo, ovvero avvicinandosi a me. Scossi il capo mentre lui continuava a sorridere. Il mio respiro cominciava a diventare irregolare mentre il suo corpo iniziava a sovrastare il mio. Per favore, fermati, per favore, non baciarmi. I miei occhi si chiusero per la paura mentre l'intorpidimento iniziava a sopraffarmi. Oh, quanto vorrei essere a casa in questo momento con la mia famiglia.
Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu il suo viso a pochi centimetri dal mio, il mio corpo premuto al bracciolo del divano; ero completamente in trappola. Il sorrisetto ambiguo la diceva lunga su ciò che gli stesse frullando in testa, mentre, con l'avanzare del tempo, il mio terrore peggiorava. Lo sta per fare, sta per baciarmi. Il mio stomaco affondò al pensiero mentre la bile iniziava a risalirmi su per la gola.
Ma prima che potesse succedere, prima che potesse passare anche un solo altro istante di quella misera situazione, ci fu un forte rumore proveniente dall'entrata della casa. La porta era stata spalancata così velocemente che aveva colpito la parete, facendo eco per tutta la casa. Prima ancora che potessi respirare di sollievo, un forte accento irlandese riecheggiò attraverso tutta la casa, arrivando in salotto.
"Styles! Cazzone, perché non sei venuto al lavoro oggi?"
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Happy Valentine's Day, xx
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