Capitolo 20
"I have loved you since we were eighteen, long before we both thought the same thing. . ."
~
Il resto del weekend sembrava essere volato, così come i giorni seguenti. Harry era al lavoro tutto il giorno, e talvolta anche la notte, quindi passavo molto tempo da sola. Sophia non poteva chiamarmi o venire a trovarmi per ciò che era successo la scorsa volta, quindi potevo vederla solo una volta ogni tanto; avrei dovuto farmene una ragione.
Quel giorno, era Mercoledì sera ed Harry sarebbe arrivato a casa da un momento all'altro. La cena che avevo preparato era sui fornelli mentre finivo di piegare i suoi vestiti appena lavati. Dal momento che non potevo entrare nella sua camera, li misi in un cesto e lo lasciai in cima alle scale così che lui, dopo aver cenato, potesse vederlo e portarlo nella sua camera.
Mentre scendevo al piano di sotto, vidi Harry togliersi gli stivali vicino al tappeto, davanti la porta. Mi si chiuse lo stomaco dal terrore che lui fosse tornato, insieme al cuore che cominciava a battere più velocemente. Questo era il nostro primo vero incontro dopo l'incidente di domenica e speravo di non doverci parlare molto, anzi di poterci semplicemente ignorare. Speravo più per la seconda.
Alzò lo sguardo dai suoi stivali e lo spostò sul mio corpo, in cima alle scale. Scalciò via lo stivale destro, posizionando accanto a quello sinistro mentre entrava completamente in casa e chiudeva il portone. Si chinò ad accarezzare i cani che si erano obbedientemente seduti davanti a lui. Mentre continuavo a scendere, lui aggrottò la fronte. Fece scorrere una mano tra i suoi capelli prima di mordersi il labbro.
"Cosa stavi facendo di sopra?" Mi domandò, la sua voce rauca e intontita, sintomi che mi fecero pensare a un raffreddore. Sperai non si stesse ammalando, non avrei saputo cosa fare mentre lui si sarebbe lamentato per i dolori e per la stanchezza. Continuò a guardarmi mentre io scendevo gli ultimi gradini, ritrovandomi nella sala principale della casa. Lo guardai e incrociai le dita dietro la schiena.
"Stavo sistemando il tuo cesto di vestiti sulle scale, non ce n'erano molti da lavare oggi," affermai, mordendomi il labbro mentre lui annuiva e alzava lo sguardo per dare un'occhiata veloce al cesto. Poi, ritornò a guardami mentre il silenzio scendeva su di noi.
"La cena è già sui fornelli quindi dovrebbe essere pronta, sicuramente sei molto occupato e, se vuoi, puoi mangiarla nel tuo officio," proposi.
"No, posso cenare con te questa sera," disse, mentre il mio stomaco sprofondava. Non volevo mangiare con lui, ogni volta che mangiavamo insieme ero sempre nervosa che a lui non piacesse ciò che avevo preparato e che di conseguenza si arrabbiasse e mi urlasse contro. Tuttavia, delle volte, quando mangiavamo, era più piacevole del solito, ma questo solo quando gradiva ciò che avevo cucinato o quando si fumava una sigaretta. "Andiamo," disse, invitandomi a dirigermi in cucina.
Osservai i suoi movimenti eleganti, i muscoli della sua schiena si rilassarono mentre il calore della casa lo riscaldava. Sembrava più muscoloso rispetto ad alcune settimane fa, forse si era allenato di più o forse era semplicemente dovuto alla nuova dieta e alle cose che gli preparavo io; in ogni caso, era molto più muscoloso di prima.
Mentre entravamo in cucina, entrambi i cani si posizionarono al loro solito posto, sotto la finestra. Harry si diresse verso la tavola, prima di accomodarsi e tirare fuori il suo telefono dalla tasca, venendo immediatamente ipnotizzato da qualsiasi cosa stesse guardando. Scossi la testa e presi due piatti.
Il piatto di Harry era pieno, accompagnato da tutti i contorni che avevo preparato per lui, a differenza della mia porzione, che era molto più piccola. Posizionai il piatto davanti a lui, poi mi diressi verso il frigo per prendere una birra per lui e una bottiglia di the freddo per me, che avevo preso da Sophia. Afferrai il mio piatto e mi andai a sedere, nella speranza che il silenzio ci accompagnasse per tutta la cena ma, ovviamente, la fortuna non era mai a mio favore.
"Cosa hai fatto oggi?" Mi chiese, alzando per un attimo lo sguardo dal suo piatto. Odiavo ammetterlo, ma vederlo mangiare mi faceva ricordare Seth ed Elliot, sempre desiderosi e impazienti di mangiare. I maschi sono tutti uguali, suppongo. Beh, non solo i maschi, anche io avevo questo vizio di mangiare velocemente, ed era difficile controllarmi.
"Il solito, dovremmo saperlo entrambi ormai, no?" Risposi, mentre Harry si schiariva la gola. Dal modo in cui i suoi occhi si erano immediatamente oscurati, capii che la risposta non gli fosse piaciuta. Continuò a masticare bruscamente, prendendo un sorso di birra prima di rispondere.
"Stai cercando di dirmi che ciò che ti faccio fare durante il giorno è noioso?" Mi domandò minacciosamente, facendomi venir voglia di scappare via dalla paura. Mi guardò con occhi socchiusi prima di continuare a parlare. "Perché sai, ho una lista di cose da fare che potresti tranquillamente svolgere insieme alle altre, se è ciò che desideri," disse, facendomi quasi alzare gli occhi al cielo; quasi.
"No, non ho detto fosse noioso. Stavo solo dicendo che tu sai esattamente cosa faccio ogni giorno ma, nonostante ciò, mi fai sempre la stessa domanda," affermai, cercando di apparire sicura di me, ma fallendo miserabilmente mentre la mia voce si affievoliva durante la frase. Harry si innervosì, e le sue mani strinsero violentemente le posate costose.
"Beh, magari cerco solo di fare conversazione, Arabella," disse, mentre io sospiravo di sollievo per il fatto che non dovessi fare altre faccende. Mantenne il suo sguardo duro su di me, mentre sbattevo velocemente le mie palpebre per l'ansia. "Non sempre voglio ferirti con le mie parole. La maggior parte delle volte sì, ma altre volte, tipo questa, voglio solo mangiare serenamente insieme a te, ma non posso perché tu mi accusi costantemente di cose non vere," disse, prendendo un respiro profondo.
"Cerco solo di difendermi, puoi biasimarmi?" Chiesi, alzando gli occhi al cielo. Lui borbottò e scosse la testa mentre prendeva un grande sorso di birra. I miei occhi lo scrutarono mentre la rabbia scorreva in lui. Sapevo di dover chiudere la discussione subito dopo avermi detto che avesse altre faccende da farmi svolgere, ma la mia mente non stava pensando lucidamente in quel momento. Ormai era troppo tardi.
"Ora stai solo cercando di iniziare una discussione con me, Arabella," disse, facendomi spalancare la bocca. Ero pronta a protestare, ma venni interrotta dalla sua voce profonda. "Io penso che tu sia consapevole di star peggiorando le cose ma non vuoi fermarti perché sai che ho ragione e sarebbe un insulto al tuo ego," disse, prendendo un altro sorso di birra.
Una parte di me era desiderosa di sputargli in faccia tutti gli insulti che meritava, ma il mio cervello li stava trattenendo, sapendo che sarebbe finita con una me in lacrime. Per tutto questo tempo, avevo sempre pensato di aver vinto io qualsiasi discussione, ma pensandoci meglio, era sempre lui quello che rideva dopo ognuna di esse. Glielo lasciavo fare, lui sapeva che io avrei abboccato e ciò mi faceva apparire come una persona debole.
Alzai gli occhi al cielo e tornai a guardare il piatto davanti a me. Prima che potessi accorgermene, la sua mano mi strinse il braccio, non violentemente, ma abbastanza da attirare la mia attenzione. La mia testa si alzò di scatto mentre la sua mano possente avvolgeva l'osso che si trovava sotto la mia pelle. "Smettila," la sua voce fece accelerare il battito del mio cuore. Come ci ero finita in questa situazione?
Il resto della cena trascorse in silenzio, persino i nostri respiri erano udibili, insieme ai suoni delle nostre posate. Dopo essersi alzato dalla tavola, una volta finito, iniziai a pulire e a lavare i piatti e la cucina. Dopo aver finito di sistemare tutto, andai in salotto dove vi trovai Harry, seduto sul divano, mentre tossiva violentemente.
Mi sedetti su uno dei tanti divani della stanza e vidi Harry tossire come se i suoi polmoni da fumatore volessero uscir fuori. Dopo che la tosse cessò, mi guardò con un'espressione stanca e, per un piccolissimo istante, i suoi occhi mi trasmisero innocenza, come quelli di un bambino, e forse anche un pizzico di dolore ma, troppo presto, i suoi occhi ritornarono a essere di quel solito verde scuro e cupo.
"Ti senti bene, Harry? Sembri malato," gli domandai, mentre osservavo il suo viso pallido. Non stava così male quando era arrivato a casa; inizialmente, avevo pensavo che la voce intontita e i colpi di tosse fossero semplicemente dovuti alla fredda temperatura di fuori, e non che si stesse ammalando davvero.
"Sto bene," sbuffò duramente, facendomi leggermente sobbalzare prima di raddrizzarmi per cercare di scegliere correttamente le mie parole.
"Harry, non stai bene. È da quando sei arrivato a casa che tossisci e la tua voce è gracchiante e ruvida," dissi, mentre lui si massaggiava le tempie per la frustrazione. "Se ammetti di sentirti male, posso aiutarti e farti stare meglio." Sospirò pesantemente e guardò l'orlo della bottiglia di birra prima di parlare.
"Non so, mi fa male la testa e anche la gola, e ho il naso chiuso," disse, strofinandosi gli occhi con le mani. Guardò la mia espressione dispiaciuta prima di scuotere velocemente il capo. "Sai cosa? Mi sto comportando da femminuccia, non importa, sto bene," disse, sbuffando, prima di ritornare a guardare la tv, con la birra fredda in mano.
Scossi la testa e lo osservai mentre cercava di nascondere i sintomi dell'influenza. Nonostante non avessi la minima voglia di aiutarlo, sapevo che le sue condizioni sarebbero peggiorate e che sarebbe diventato ancora più scontroso e poco collaborativo. Sospirai e feci spallucce, sconfitta.
"Non stai bene," dissi, facendolo girare nella mia direzione. Mi guardò e poi tossì un po'. "Si vede che stai male, ho molti fratelli e questi erano i sintomi che avevano prima di ammalarsi. Lasciati aiutare, per favore, le tue condizioni peggioreranno se non fai nulla a riguardo," dissi, sperando di guadagnare la sua attenzione.
"No, sto bene, e non è un mio problema se i deboli membri della tua famiglia non siano forti abbastanza da prendersi cura di se stessi," disse, serrando la mascella e scuotendo la testa. Sapevo che non avrebbe voluto nessuno aiuto, era testardo e rifiutava qualsiasi cosa andasse contro la sua indipendenza. Era davvero irritante.
"Perfetto, ma domattina starai peggio," sbuffai, mentre lui alzava gli occhi al cielo. "Non venire a lamentarti quando starai male perché io starò serenamente dormendo nel mio lettino, al caldo, mentre tu starai struggendo dai dolori," dissi, alzandomi e uscendo dalla stanza.
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