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Capitolo 1

Mia nonna mi diceva sempre che ci sono momenti nella vita in cui il passato torna a bussare alla tua porta: non importa quanto ti sia impegnato per cambiare vita ed essere una persona diversa, un giorno il tuo passato tornerà e dovrai farci i conti, volente o nolente.

Le persone che dicono di aver chiuso, di essersi lasciate il passato alle spalle, mentono.

Spudoratamente.

Non puoi lasciarti il passato alle spalle, è parte di te, l'unica cosa che puoi fare è portarlo per mano come un bambino capriccioso e sperare che prima o poi si calmi.

Non capivo per quale motivo mia nonna fosse così disfattista.

Almeno fino ad oggi.

Era un sacco di tempo che non pensavo ai fantasmi del mio passato fino a quando, stamattina, aprendo quella maledetta porta non me li sono trovati davanti in carne ed ossa, con il cappuccio ben calcato in testa e un sorriso che conosco fin troppo bene sulle labbra.

Il mio bambino capriccioso aveva appena iniziato ad urlare.

-Ciao Megan. -

Quel nome che nessuno usa più da anni mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso mentre la figura incappucciata mi procura una fitta allo stomaco soltanto dandomi un semplice bacio sulla guancia, per poi superarmi a grandi passi ed entrare in casa senza che nessuno gli abbia dato il permesso di farlo.

È assurdo come una sola persona possa incasinarti la vita solo esistendo.

-Poi ti spiego tutto, eh-

Eccolo qui.

Il mio passato.

Tornato per distruggermi una volta per tutte.

Sospiro in modo piuttosto rumoroso, passandomi nervosamente le mani tra i capelli mentre fisso imbambolata la porta d'ingresso ancora aperta.

Mi prendo un istante per osservare quella che fino a pochi anni prima era stata una delle persone più importanti della mia vita e con la mente ripercorro tutto il tempo che ci ha separati.

La voce della mia coinquilina, nonché migliore amica, mi risveglia a forza dal flusso di pensieri in cui sono caduta.

-Chi sei? Cosa vuoi? Soldi, gioielli? Prendi quello che vuoi ma non farci niente. Ti prego. -

-Ehi Meg, simpatica la tua amica, è casa tua e mi dice di prendere quello che voglio. Mica è roba sua. -

Alzo gli occhi al cielo e mi appoggio allo stipite della porta per osservare la scena.

-Martha, stai tranquilla, va tutto bene. Non è qui per rubare, è solo un idiota un po' ammaccato. Ah, idiota ammaccato, per la cronaca lei è la mia coinquilina, Martha, quindi tecnicamente è anche casa sua. -

Alle mie parole lo sguardo del ragazzo si fa incuriosito e si fissa definitivamente su Martha ma, siccome la ragazza sembra essere più concentrata sulla macchia bruno rossastra che ricopre parte della felpa del mio amico che al ragazzo di per sé, lui abbassa lo sguardo sulla sua felpa sporca, come a voler capire il motivo di tale reazione.

Non appena realizza cosa incuriosisca tanto la mia coinquilina, si dà una pacca in fronte, come se si fosse appena ricordato il motivo della sua irruzione a casa mia.

-Ah, giusto che idiota che sono, per caso hai un kit di primo soccorso? - mi chiede, senza però distogliere lo sguardo divertito da me e Martha.

Io sbuffo rumorosamente, lui ride.

Quello che Martha non sa è che, purtroppo, non è affatto la prima volta che io e lui ci troviamo in una situazione del genere.

-Sì, in bagno, nell'armadietto sopra allo specchio. Ho paura di chiederti a cosa ti serva ma posso immaginarlo-

Mi gira le spalle e si dirige verso il piccolo bagno per poi fermarsi in mezzo al corridoio buio e aggiungere con un tono di voce inutilmente alto:

-Due cretini hanno provato a spararmi-

-Non lo voglio sapere, ti prego. - lo supplico io, andando a sedermi sul divano accanto a Martha.

Lei mi guarda con gli occhi sgranati, il respiro bloccato a metà e il suo colorito, naturalmente rosaceo, si fa decisamente più slavato.

Ed è a questo punto che il ragazzo fa la sua apparizione con un bordo della felpa in bocca mentre si disinfetta il fianco tranquillamente come se, per lui, prendersi una pallottola fosse la cosa più normale del mondo.

-Dio mio, da queste parti avete il proiettile rapido eh, avevo solo chiesto ad un tizio quanto volesse per la sua macchina-

Scuoto energicamente la testa, come se una parte di me non volesse credere alle sue parole, il problema è che, purtroppo, l'altra parte ci crede eccome.

Martha lo guarda allibita.

-Gli hanno sparato. - Ripete la ragazza con voce sfocata.

-Sì ma di striscio eh. La rassicura il ragazzo senza togliersi la felpa dalla bocca. Vedi? Non c'è il buco! -

-Ah, beh. Se non c'è il buco allora va tutto bene. -Ribatte la mia amica osservando con la coda degli occhi il leggero solco lasciato dal proiettile.

Sulla faccia del ragazzo si dipinge una leggera smorfia di dolore.

-Meg, ti dispiacerebbe darmi una mano? Sai com'è, brucia. -

-No, non lo so, non mi hanno mai sparato- dico guardando Martha e senza sapere cosa fare.

Quel ragazzo, in casa mia, non porta niente di buono.

Mi dirigo verso di lui e gli strappo di mano il flacone del disinfettante, le bende e i cerotti.

-Eh no, pena! E quella volta al...- il contenuto della boccetta finisce piuttosto violentemente sul fianco del ragazzo e le garze sterili fanno la stessa fine.

Le parole escono dalla mia bocca sotto forma di ringhio sommesso, nella speranza che non arrivino alle orecchie della mia amica.

-Al Saint Louis? Era un coltello, non una pistola. Cretino. -

Nonostante l'impegno da parte sua di mostrarsi forte, un gemito di dolore gli sfugge dalla bocca.

-Delicata come sempre, eh. -

-Stai zitto. -

-Ah, non lo sa? -

Per un secondo ringrazio che Martha sia un po' stordita per lo spavento, il secondo dopo mi rendo conto che forse, sfortunatamente, non lo è poi così tanto.

-Voi vi conoscete! -

-NO-

-Sì, eravamo...-

-Ma tu non hai ancora imparato a stare zitto? -urlo io, spingendolo via dal bracciolo del divano.

Il ragazzo si indica la ferita con entrambe le mani con gli occhi spalancati, come se potessi dimenticarmi del fatto che gli abbiano appena sparato.

Di nuovo.

Martha si alza in piedi inizia a girare in tondo, con le mani nei lunghi capelli castani.

Bisbiglia parole senza un apparente filo logico, il suo tono è talmente basso che anche se avessero un senso non le capirei comunque.

Mi guarda di sbieco, continua a girare per il salotto e gesticolare nervosamente fino a quando non si blocca al centro della stanza per indicare prima me e poi l'intruso che, ancora seduto sul pavimento a gambe incrociate, si gode la scena con lo stesso livello di coinvolgimento che ha quando gioca ad uno dei suoi videogame.

-Siete patetici. - Le prime parole di senso compiuto e a un tono di voce accettabile che la mia migliore amica pronuncia non sono certo quelle che mi aspettavo.

-Nicole Morris, credo che tu debba spiegarmi qualcosa, tipo perché conosci questo tizio, questo criminale. - Dice lei con aria schifata.

Il ragazzo scatta in piedi come se gli fosse esplosa una molla sotto al sedere.

-Oh, vacci piano con le parole. Perché dovrei essere un criminale? Lo sono stato, forse. In passato. Ma ora faccio il bravo. - Esclama puntando un dito contro Martha, e proprio mentre lei sta per ribattere si gira nuovamente dalla mia parte, come se tutto ad un tratto avesse appena realizzato che nellaffermazione di Martha ci fosse qualcosa di strano.

-Quindi, Megan, ti fai chiamare Nicole Morris ora? Perché? Il tuo nome non ti piace più? -

Vedo con la coda dell'occhio che Martha continua a passarsi le mani tra i capelli, lo fa sempre quando è nervosa ma in questo momento sembra quasi che stia per strapparseli tutti, uno per uno, fino a voler rimanere pelata.

Come darle torto d'altronde.

Questo non è il suo mondo, non è abituata a gente con ferite da armi da fuoco, criminali e falsi nomi ed è giusto così.

Martha si alza in piedi di scatto e temo possa svenire da un momento all'altro considerando il colorito cadaverico che ha in volto.

-Non ci sto capendo niente. Perché ti chiama Megan? Perché vi conoscete? Perché non mi hai mai detto nulla? Nicole ho bisogno di sapere. -

-Martha non preoccuparti, non è niente di che, solo una storia lunga vecchia e noiosa-

Nessuna via di fuga.

-Ma tu sarai lunga, vecchia e noiosa, piccola stronzetta ingrata. Davvero non le hai detto nulla? Quindi io sarei solo parte del tuo scomodo passato? -

-Nicole. Parla. Raccontami di questo scomodo passato. -

-Ok, io e lui ci siamo conosciuti quasi dieci anni fa, dopo la scuola, in un momento non particolarmente bello per nessuno dei due, siamo presto diventati molto amici, vivevamo nello stesso posto, poi io mi sono trasferita e abbiamo perso i contatti. Ora siete contenti? -

-No, affatto. Le cose sono effettivamente andate così? - chiede Martha rivolgendosi direttamente al ragazzo, inarcando il sopracciglio come fa tutte le volte che è scettica su qualcosa.

Lui fa una smorfia che ho avuto modo di conoscere bene nel corso degli anni e che ha sempre indicato qualche fregatura.

-Tecnicamente sì, almeno il primo pezzo è sicuramente vero, certamente la nostra cara Megan ha saltato qualche pezzo di fondamentale importanza ma ti posso assicurare che le cose sono andate realmente così. -

-Non credo che basti sai, ho bisogno di sapere anche i pezzi di fondamentale importanza, quelli che mi hai omesso per anni. Non ci credo, ti reputavo la mia migliore amica e invece non so nemmeno il tuo nome. - urla la ragazza, incazzata come una iena. -Ho come l'impressione che tu non mi stia dicendo tutto. Anzi, mi sembra quasi che tu non mi abbia detto assolutamente nulla. Non mi bastano più un paio di scuse accampante, Nicole, o come diamine ti chiami. Voglio sapere tutto, dall'inizio alla fine. Voglio sapere chi eri prima di trasferirti qui. Voglio sapere perché sai fare una medicazione così bene. Voglio sapere per quale motivo non mi hai mai parlato del tuo passato. Sono stufa delle tue bugie. -

-Non sono bugie Martha, il fatto che io non ti abbia detto il mio vero nome o che non ti abbia mai raccontato del mio passato è stato sicuramente un grandissimo errore ma l'ho fatto per te, per proteggerti da tutto quello che ha macchiato la mia vita per anni. Il fatto che io non mi chiami Nicole Morris non significa che non sia la persona che tu reputi la tua migliore amica. Sai, certe volte, per quelli come noi, il nome è un accessorio che si può cambiare quando non serve più. Non è il tuo nome a determinare chi sei. Non è il tuo nome a fare di te una brava o una cattiva persona. E io non sono una persona cattiva, Martha. Ho solo avuto una vita di merda. -

Rimango a bocca aperta quando a rispondermi non è la mia amica ma bensì colui che per parecchio tempo è stato il motivo per cui mi alzavo al mattino, nonostante non ne avessi la forza.

-Megan, può sembrare assurdo ma ho bisogno di fare chiarezza anche io. Ci conosciamo da quanto? Dieci anni? Eppure, nonostante tu sia una delle persone più importanti della mia vita, io non so chi tu sia. Non so come sei diventata la donna che ho davanti. È così difficile starti vicino che avevo quasi rinunciato a farlo. Capisco che tu non mi voglia più nella tua vita, probabilmente ti ricordo troppe cose che non vuoi ricordare, o forse è per quel tuo stupido, irrealizzabile, sogno di avere una vita normale. L'ultima volta che ci siamo visti mi hai urlato in faccia di sparire dalla tua vita almeno che non si trattasse di una cosa di vita o di morte. Ed eccomi qui, mi sono quasi fatto ammazzare per poter tornare da te. Ora però ti prego, non mi chiedere mai più di andarmene. -

La situazione sfiora il tragicomico: il mio passato ed il mio presente sono entrambi seduti accanto a me e pretendono spiegazioni che non sono in grado di dare.

Questa volta sono io a passarmi nervosamente le mani trai capelli e a girare in tondo.

-Ti prego, raccontami la tua vita, lasciami decidere da sola se la persona che ho davanti sia effettivamente degna di fiducia o meno. Ne ho bisogno. -

-Da dove inizio? Non so nemmeno cosa vogliate sentirvi dire. -

-La verità Nicole, tutta la verità. -

-Allora partirò dal principio, ho però un favore da chiedervi: niente commenti fino alla fine del racconto e soprattutto nessuno dovrà mai sapere niente di questa storia. Qualsiasi cosa io dica la vostra bocca dovrà restare cucita. Ah, Martha, sappi che il passato è passato. Io ho chiuso con queste cose. -

-Lo so, ho solo bisogno di sapere la verità. Mi è sempre bastato quel poco che mi hai raccontato ma ora non so più cosa sia vero e cosa no. -

Martha mi guarda, mi afferra una mano e inizia a tracciare tanti piccoli cerchi invisibili su di essa, come se stesse cercando di tranquillizzare entrambe contemporaneamente. Più i suoi occhi si allontanano dai miei e più i miei muri si infrangono come un castello di carte durante una tromba d'aria.

Sono più che sicura che dopo questa storia non mi guarderà più allo stesso modo e quindi cerco di godermi il più possibile questi ultimi gesti daffetto.

-Mi sembra fattibile. - Afferma lei, senza mollare la mia mano nemmeno per un secondo.

Il ragazzo torna a sedersi sul pavimento con le gambe incrociate, senza maglietta e con le mani strette intorno ai piedi, in attesa di quella storia che lui conosceva già fin troppo bene.

-A me non troppo ma ci proverò. - Mi dice dopo avermi rivolto uno dei suoi soliti sorrisi -Però non parlare troppo male di me, potrei offendermi-

Un respiro profondo esce dai miei polmoni e io inizio a parlare e per una volta mi impegno a non omettere nulla su quel passato che è stato per tanto tempo il mio segreto meglio custodito.

-Ci sono alcune storie che iniziano da sole, senza chiedere il permesso a nessuno, certe storie scoppiano con talmente tanta irruenza da lasciarti a bocca aperta, senza fiato, senza energie e soprattutto senza che nessuno abbia modo di avvisarti.

Sarebbe comodo, no? Qualcuno che ti prenda per un braccio e, come quando si attraversa la strada senza guardare, ti faccia notare quella macchina che stava per investirti senza che tu te ne fossi minimamente accorto.

E invece no.

Sono dell'idea che il 90% delle volte le situazioni ti travolgano con la stessa violenza di un tir che si schianta a 180 km/h, contro un muro di cemento armato.

Non lascia scampo, nessuna via di fuga, l'unica possibilità è lo schianto.

E che sia chiaro, io in tutto ciò sono il muro, non il tir.

Tienilo bene a mente mentre ti racconto della scelta più stupida, masochista e autodistruttiva che io abbia mai preso in ventotto anni di vita e giuro che di decisioni stupide, masochiste e autodistruttive ne ho prese tantissime.

Ricordati che, a volte, l'unica opzione possibile è lo schianto e questa è una di quelle volte.

Hai mai sentito dire che per risalire bisogna prima toccare il fondo? Nessuno però ti dice che, al fondo, ci arrivi senza più aria nei polmoni e sicuramente senza le energie necessarie per darti una bella spinta e risalire perché, se no, sul fondo non ci saresti mai arrivato.

Questa è la storia di una ragazza che, pur di scappare da una situazione scomoda, si è buttata a capofitto in una serie infinita di casini grossi quanto una casa.

Questa è banalmente la mia storia.

Ricordati, cara Martha, che a volte le cose non vanno come dovrebbero allora ti rimangono due possibilità: o nuoti o affoghi.

A volte galleggiare non è contemplato. -

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