3. Hurricane
" No matter how many nights that you lie wide awake to the sound of poison rain
Where did you go? Where did you go? Where did you go?"
30 SECONDS TO MARS - HURRICANE
Note: Questo capitolo si colloca cinque mesi prima degli eventi accaduti agli inizi di Overcome.
Le strade caotiche di Los Angeles sfrecciavano davanti a me in una scia di rosso sangue e luci confuse, alla fine il dolce e nostalgico richiamo della California mi aveva attratto a sé ancora una volta, stuzzicandomi come la melodia di una sirena che promette soltanto cose belle, erano passati giorni, poi mesi durante i quali avevo cercato di aggrapparmi alla nuova realtà new yorkese, era stato tutto inutile, il malessere era tornato, avevo fallito.
Avevo sognato Chris la notte precedente, non era la prima volta che succedeva e purtroppo neanche l'ultima, immaginavo. Eravamo a South Gate, al vecchio parco giochi distrutto che frequentavamo sempre ed era estate. Chris era felice, quel sogno era così vivido che potevo perfettamente percepire il calore delle sue mani che si posavano sul mio petto nudo, mi accarezzava come non gli avevo mai permesso di fare e forse adesso me ne pentivo. Che senso aveva avuto trattenersi così duramente? Perché mi ero negato cose che in realtà desideravo? Ero sparito, qualsiasi cosa avessimo fatto insieme era morta insieme alla mia fuga dalla città ... e allora perché non sbagliare fino in fondo?
Alla fine stavo strisciando di nuovo fino alla California, lo avevo fatto senza preavviso, da un momento all'altro mi ero diretto in aeroporto, non ero in me o forse lo ero più che mai nel momento in cui avevo preso quella decisione. Avevo trascorso delle ore su quel bus, ma avevo portato con me una tempesta, il meteo non faceva che parlarne ed io stavo iniziando a chiedermi se Chris avrebbe approfittato dell'uragano per cavalcare qualche onda, giù alla spiaggia. Pensavo a lui, alla sua vita, ogni giorno mi chiedevo cosa facesse, se occupasse ancora il secondo banco accanto alla finestra, se continuasse a fare ancora così schifo a football e a far incazzare Tompson a lezione di Storia. Da chi sarebbe scappato via adesso che io non c'ero più? I corridoi gli sarebbero sembrati più vuoti? Più sicuri? Quante volte, a casa sua, osservava la finestra che dava sulla mia stanza? E soprattutto: Mi pensava ancora? Quanto spesso? Ogni giorno o ogni ora? Doveva odiarmi, erano trascorsi sette mesi da Settembre. Sette lunghi mesi durante i quali non avevo fatto nulla per mettermi in contatto con lui, eccetto quella dannata chiamata a capodanno. La cosa più stupida che avessi potuto fare. Che diritto avevo di irrompere di nuovo nella sua vita in quel modo? Ma non avevo parlato ... neanche una sola parola.
- South Gate -
L'autobus rallentò, ero talmente perso nei ricordi da aver quasi mancato la mia fermata. Mi incamminai verso l'uscita posteriore, poi tirai fuori il mio borsone dalla stiva, l'aria calda e familiare della notte mi avvolse subito nonostante ci fosse già un sentore di tempesta ... tutto era rimasto esattamente come ricordavo, il mio quartiere snob, con le sue villette perfette e tutte piuttosto simili, ma non quella dei Wayright, quella si ergeva con prepotenza in fondo alla strada; era immersa nel buio, la serranda della sua finestra era tirata giù, cosa mi aspettavo?
Era una strana sensazione quella, un groppo alla gola che non riuscivo a mandare giù, pensare che Chris fosse soltanto a pochi metri da me rendeva tutto terribilmente nuovo. Ma non ero tornato per rovinargli la vita, mi ero detto ... allora cosa ci facevo di nuovo a South Gate?
- T-tyler? -
In condizioni normali avrei sentito dei passi avvicinarsi, ma non quella volta, mi voltai indietro e Rachel apparve nel mio campo visivo. Restammo entrambi immobili per qualche secondo, il suo viso era seminascosto dall'oscurità, l'altra metà era sfigurata in una strana espressione di sorpresa e shock.
- Ehi -
- S-sei veramente tu ... non sono impazzita -
Le mie braccia si mossero in automatico mentre Rachel annientava la distanza che ci separava con due lunghe falcate che la portarono dritta davanti a me, ci fu un attimo di esitazione, alla fine abbozzai un sorriso.
- P-perché non me lo hai detto? Quando sei arrivato? Credevo di essere uscita di testa, ho visto questa sagoma in mezza alla strada ... ma sapevo che eri tu, Dio ... sei tornato! La mamma ... dobbiamo svegliarla - Disse con un filo di voce, ma la interruppi subito
- No, lei non deve saperlo -
- Cosa? Perché? - Poi comprese, il suo viso si incupì di nuovo - non rimani, ecco perché ... -
-Già, non mi fermerò per molto, non voglio che si sappia che sono tornato -
- E che cosa saresti venuto a fare allora? -
Rachel aveva assunto un tono duro, aveva le braccia conserte come se avesse voluto proteggersi da qualcosa, cercai di avvicinarmi a lei, non volevo rimanere lì in strada, era parecchio buio ma non abbastanza, dovevo evitare ogni possibile danno collaterale.
-Andiamo da qualche altra parte -
- No, credo che sia esattamente qui che devi rimanere, Tyler - La sua risposta era stata secca, per un attimo la vidi guardare lontano, in direzione di quella casa - ti prego, non farlo di nuovo, hai la possibilità di rivederlo ... -
- Non voglio parlare di questo - Precisai immediatamente, sentivo già la nausea arrampicarsi lungo il mio esofago, era tardi per lasciarmi trascinare alla deriva dalla vergogna, Rachel sapeva, Luis sapeva ... che altro c'era da nascondere?
Una folata di vento ci riscosse, portò con sé alcune foglie che turbinarono per un attimo davanti ai miei piedi, mi sentivo allo scoperto, nonostante sapessi quanto era tardi, Chris stava dormendo, l'intero quartiere era immerso nel sonno
- Io me ne vado da qui, tu fai come vuoi -
Rachel sospirò, sembrava stanca e sconfitta, alla fine mi seguì. I miei piedi si mossero automaticamente verso il parchetto sopra casa, non sapevo esattamente perché stessi andando lì, che gusto ci provassi nel farmi prendere da quei ricordi che facevano male. Forse, invece, non vedevo l'ora di tornarci, volevo crogiolarmi in quel dolore.
Le altalene fatiscenti erano scosse dal vento feroce di quella notte, afferrai le catene tra le mani per fermarle. Quante volte ci eravamo seduti lì, uno accanto all'altro, a provocarci o soltanto a parlare di stronzate ... e poi c'erano quelle panchine, le poche rimaste ancora in piedi, non erano particolarmente comode, lo sapevamo, eppure eravamo riuscite a farcele andare bene per tutta l'estate.
- Tyler? - L'ombra di Rachel si stagliò su di me, mi stava accanto - so perché sei qui, prendere un aereo a notte fonda non è da te, sembra quasi che tu voglia dimostrare qualcosa e sarebbe l'ora. Ma continui a dire che non sei tornato per rimanere. S-so che sei qui per lui e dannazione, sono tua sorella ... se c'è qualcuno con cui puoi parlare sono io. -
- Dove stavi andando? -
- Cosa? - Rachel era confusa - stiamo parlando di me? Davvero? -
- Sono le cinque del mattino -
Mia sorella portò gli occhi al cielo nella sua solita espressione esasperata - Sono andata ad una festa di alcuni amici, c'era anche Lex, domani iniziano le vacanze di primavera. Non è la prima volta che esco di soppiatto, a volte lo faccio, da quando non ci sei tu a casa ... beh, è tutto diverso. E' tutto troppo silenzioso e vuoto - Ammise poi, nascondendo il volto tra le mani - vorrei soltanto che tu ti rendessi conto dell'errore che stai facendo -
- Il mio unico errore è stato tornare qui, Rachel - Ammisi, amareggiato.
- Non dire stronzate, puoi risolvere le cose! Lui è lì, dall'altra parte della strada, cazzo.
- Questo non cambia niente - Dissi subito, secco - che sia qui o dall'altra parte del mondo, non cambia proprio un cazzo. -
- Allora perché diavolo sei venuto? -
- Non lo so, va bene? Non lo so! Non ragiono lucidamente - Dissi, esasperato.
Avrei voluto incazzarmi, ma non ne avevo le forze, mi sentivo soltanto troppo stanco - Io ... volevo solo tornare, avevo bisogno di farlo ... ho preso quel biglietto senza pensarci, dovevo tornare perché non sto riuscendo ad andare avanti come vorrei -
- E' ovvio! E sai perché non sei più andato avanti? Perché Chris non è stata una sbandata estiva e lo sai bene anche tu! -
Sentire quelle parole faceva male, capire quanto i miei sentimenti fossero palesi perfino per Rachel mi distruggeva dentro. Si vedeva così tanto? Era davvero così impossibile tornare indietro e far finta che niente di tutto quello fosse mai accaduto?
- Perché ti stai facendo questo? Perché gli stai facendo questo? Se solo lo incontrassi ... sono sicura che sarebbe diverso, Tyler! Posso aiutarti io! Non siamo in ottimi rapporti, ma mi starà a sentire -
- No, non devi neanche dirlo per scherzo - La interruppi - non è possibile e tu devi starne fuori, promettimelo -
- Ma perché? - Rachel stava tremando per la frustrazione mentre tornava a fronteggiarmi - E' finita male, hai ragione. E' tutta colpa tua, hai ragione anche stavolta, ma adesso sei qui. Sei tornato e se provaste a parlarvi sono certa che le cose si sistemerebbero con il tempo -
- Non è questo il punto -
Detestavo le mie mani, guardarle scatenava i soliti ricordi che mi atterrivano, erano flash taglienti come lame pronti ad abbattersi contro il mio petto, uno dopo l'altro. La stazione vuota, i pugni, Chris che cadeva a terra, le sue lacrime, quelle parole ... il sangue, poi quel bacio. Non mi ero più guardato indietro, ma sapevo che lui era rimasto lì per chissà quanto tempo, piegato a terra, ferito, distrutto ...
- Il modo in cui l'ho lasciato ... è stato brutale ... era l'unico modo che avevo, n-non riuscivo a staccarmi da quella situazione, Rachel. Dovevo andare via, ma lui non me lo avrebbe permesso. I-io ho dovuto farlo e non è il suo perdono che cerco. Non voglio essere perdonato, perché so che tanto sarebbe tutto inutile, rovinerei tutto di nuovo. Io non voglio stare con Chris, non posso. Pensare a me con un uomo ... mi distrugge. Io non sono così! -
Il mio stomaco si torse in una morsa dolorosa, quel groppo in gola non mi lasciava, non volevo guardare Rachel, non volevo sostenere anche il suo sguardo disgustato.
- Tyler ... -
- E non voglio la tua pietà! - Aggiunsi rabbiosamente - non voglio che tu mi dica che non c'è niente di male nell'essere un frocio di merda, perché so che forse tu lo pensi davvero, ma io ... io come potrei guardarmi allo specchio? -
Rachel era rimasta in silenzio, il suo viso non tradiva alcuna emozione, nonostante le mie parole l'avessero scossa
- Sai Tyler, se davvero la pensi ancora così faresti bene a lasciarlo andare per sempre. Credevo che questi mesi lontano da tutto e tutti avrebbero potuto aiutarti a superare i tuoi problemi, evidentemente non è così. C'è soltanto una cosa che non riesco ancora a spiegarmi: La tua presenza qui. -
Non me la spiegavo neanch'io, ecco tutto.
- E' cambiato, non volevo dirtelo, però adesso capisco che è giusto che tu lo sappia -
La guardai, tra il confuso e l'angosciato - Chris? -
Rachel annuì - Già, è irriconoscibile. Ha tagliato i ponti con tutti a scuola, perfino con Brian. Non esce più, è davvero raro vederlo in giro e di certo non ha l'aria spensierata che ha sempre avuto. A scuola è ancora più determinato di prima, credo che non veda l'ora di lasciarsi South Gate alle spalle sinceramente. -
Lo sapevo, perché ero tornato lì se poi non ero disposto a sentirmi dire quelle cose? Dentro di me l'avevo sempre saputo, l'avevo rovinato proprio come avevo distrutto ogni altra cosa su cui avevo messo gli occhi o le mani o entrambe le cose. Quel dolore che sentivo era giusto, lasciai che mi avvelenasse del tutto, che si arrampicasse su ogni centimetro della mia pelle, perché lo meritavo.
- Era quello che volevi sentire, no? Sei venuto qui per informarti, per capire quanti danni collaterali ti eri lasciato alle spalle. Non ti è mai importato niente della gente, non credo che tu abbia mai avuto dei sensi di colpa per tutte le ragazze che hai usato e poi buttato via -
- Vorrei che fosse come tutte le altre ... -
- Ma non lo è - Disse Rachel con tono duro - o forse invece è proprio così, dal momento che non sei disposto neanche a parlarci. Se non riesci a superare i tuoi problemi personali probabilmente lui non conta abbastanza. Sappi che presto o tardi smetterà di soffrire -
- E' quello che voglio ... - Dissi con un filo di voce
- Davvero? - Era scettica - non credo proprio. Perché se mai dovesse arrivare quel giorno sapresti che lui ti ha dimenticato, che è riuscito ad andare avanti. Il mondo è pieno di gente che si farebbe in quattro per uno come Chris ... dannazione, anch'io avevo una cotta assurda per lui fino a qualche mese fa! -
- Non ti ho mai chiesto scusa per questo -
- Scusa per cosa? Perché ci siamo entrambi innamorati della stessa persona? - Rachel rise, ma non c'era divertimento in quel gesto - sarò sempre dalla vostra parte, Tyler. Ho sbagliato e me ne pento ogni giorno per quello che vi ho fatto, credimi! Eppure le mie speranze non contano nulla, l'unica cosa che avrebbe senso è un gesto da parte tua, ma tu non vuoi -
- Non posso -
- Non vuoi - Continuò lei con tono duro - ed io non ho alcun potere. Ciondola qua in giro quanto ti pare, disperati se vuoi, lascia che l'occasione passi ... non hai idea di quanto tu sia stupido, Tyler Bradbury -
- Invece potrei averla -
- Non credo proprio. Beh, si è fatto tardi per me. Devo tornare prima che mamma si svegli e capisca che non ho mai dormito nel mio letto. - Poi si mise in piedi, davanti a me, ci guardammo per qualche attimo, il vento stava crescendo intorno a noi, le altalene venivano spinte in avanti - faresti meglio a trovarti un posto dove stare se hai intenzione di passare la giornata qui. -
Stava per andare via quando improvvisamente si fermò un'altra volta, a pochi passi dal cancello che dava sulla strada - Anche se ci sono le vacanze di primavera lui sarà a scuola domani, fa da tutor ad alcuni studenti ... deve presentarsi -
Sapevo perché me lo stava dicendo, non aveva ancora perso le speranze.
- Stammi bene, Rachel -
- Anche tu. E fatti sentire più spesso, anche con la mamma -
Calai la testa, sfinito. Avevo troppi pensieri per la mente, Chris era cambiato diceva Rachel, e non potevo fingere che quel cambiamento non fosse avvenuto a causa mia. Mi odiava, con che coraggio avrei potuto incontrarlo? O soltanto pensare di presentarmi a lui come se niente fosse? E a che pro? Non volevo parlargli, non avrei saputo cosa dirgli, eppure ... eppure ero lì.
Erano trascorse delle ore, il clima lì fuori era cambiato bruscamente, la tempesta era arrivata, sferzava le ampie vetrate del locale in cui mi ero rifugiato, uno di quelli aperti ventiquattro ore su ventiquattro, dove servivano del pessimo caffè. Avevo passato la mattina lì, ad osservare la gente che andava e veniva, avrei dovuto prendere un autobus da lì a qualche ora, dovevo farlo, non aveva senso rimanere in città. Ma prima c'era un passaggio obbligatorio, non mi premurai di comprare un ombrello, tirai su il cappuccio della mia felpa nera e uscii dal locale. Le strade erano quasi deserte, la pioggia era battente e le sferzate di vento scuotevano gli alberi nei dintorni, ma non mi importava più di tanto, ero come se fossi del tutto insensibile a quello che stava succedendo nel mondo reale. Camminavo in fretta, ma ad ogni passo che facevo mi sentivo sempre più incerto, vedere il grosso profilo della mia vecchia scuola, con il suo parcheggio immenso e le panchine, mi fece immobilizzare. Gli studenti erano pochi, mi appoggiai contro un muro, potevo vedere le uscite ma nessuno avrebbe fatto caso a me, non con quel cappuccio calato sulla testa. Ero fradicio, il mio cuore sembrava sul punto di esplodere ogni volta che una nuova sagoma entrava nel mio campo visivo, ero un pazzo ad essere là, qualcuno avrebbe potuto vedermi e riconoscermi ... che cosa avrei fatto in quel caso?
Erano passati dei minuti, poi ne erano trascorsi altri, da quanto tempo ero fermo contro quel muro? Forse un'ora ormai, il mio corpo era gelido, stavo battendo i denti. Forse Chris non era andato a scuola, ma io non osavo muovermi da lì, i miei piedi erano come bloccati a terra. La tempesta stava infuriando intorno a me, trovare riparo sotto un impalcatura non aiutava molto, il vento sferzante spingeva la pioggia dritta su di me. Poi avevo osservato la facciata della scuola una seconda volta e l'avevo visto, il mio cuore aveva mancato un battito, avevo trattenuto il respiro in un riflesso incondizionato ... lui era lì, all'ingresso, immobile di fronte a quel temporale. Non era così vicino da poterlo vedere quanto avrei voluto, ma stava camminando adesso, l'ombrello scuro gli nascondeva il volto, io ero rimasto lì, con le spalle contro il muro, a fissare Chris che mi veniva incontro, seppure inconsapevolmente.
Non potevo rimanere lì, era troppo rischioso, c'erano altri ragazzi adesso, la pioggia continuava a cadere in modo incessante e violento, Chris non avrebbe alzato gli occhi da terra. Dentro di me, una minuscola parte sperava che lo facesse, mi morsi le labbra. Era lì, a soli due metri da me, così vicino che se avessi voluto pronunciare il suo nome lui mi avrebbe sentito. Così vicino da poter semplicemente allungare un braccio per afferrare la manica della sua felpa.
Non lo feci. Né lui sollevò lo sguardo dalla strada. Lo lasciai andare via, tutto ciò che feci fu guardarlo fino a quando non scomparve dalla mia vista.
Ero rimasto lì per chissà quanto altro tempo, quando mi ero riscosso era tardi, mi diressi alla stazione degli autobus sotto quella stessa pioggia sferzante che batteva su South Gate da quella mattina. Quando fui entrato nei bagni ebbi soltanto il tempo di togliermi i vestiti fradici di dosso per sostituirli con un cambio asciutto e pulito. Lo specchio era scheggiato e macchiato di ruggine, una perfetta rappresentazione di quella che doveva essere la mia anima, ammesso che ce l'avessi avuta. Decisi di non guardarmi più, andai via in fretta e presi il primo autobus per San Francisco. Niente New York, niente freddo gelido, avrei scelto ancora la California, avevo bisogno di stare lì, non troppo lontano da casa, avevo bisogno della certezza che se avessi voluto avrei sempre potuto rivederlo, anche soltanto di sfuggita.
Ero stanco, mi stavo facendo del male da solo, lo sapevo bene, mesi fa avevo deciso di chiudere quella porta sul passato salvo per poi riaprirla ancora e ancora, ripetutamente ... adesso era così, dischiusa, pronta a farsi varcare ogni volta che ne avessi avuto bisogno. Ero un debole. Non mi nascondevo più dietro un'idea distorta di me stesso.
Io ero un debole.
- Scusami, è occupato? -
Mi voltai verso il corridoio dell'autobus, c'era una ragazza - Cosa? -
- Volevo solo sapere se posso sedermi ... è tutto occupato -
Mi riscossi, senza rendermene conto avevo lasciato lo zaino sull'altro sedile - Fa pure -
- Che tempaccio, eh? E poi dicono che il riscaldamento globale è solo una balla ... -
- Già - Non la stavo neanche ad ascoltare, volevo solo dormire e svegliarmi lontano da quella città.
- Sei di qui tu? -
Annuì, non avevo voglia di parlare, ma quella tipa non sembrava intenzionata a mollare la presa, anzi la sua allegria mi stava dando il voltastomaco
- Mi chiamo Christine -
Non ero riuscito a controllare l'espressione sul mio viso, lo capì dalla sua occhiata sorpresa. Christine. Quel nome mi tormentava, non era possibile.
- Io sono Tyler ... -
- Devi avere conosciuto un'altra Christine che ti ha rovinato la vita a giudicare dalla tua occhiataccia - Disse quella
- Forse è più l'opposto -
- Beh, il passato è passato! Piacere Tyler - La ragazza rise, uno di quei sorrisi veri e spontanei, troppo rari per poter passare inosservati.
ANGOLO DELL'AUTORE: Eccoci nel pieno del periodo peggiore della loro storia. Quanto succede in questo capitolo non è mai stato menzionato in Overcome, quindi Chris non conosce questa parte della loro storia. Non ho voluto che lo sapesse perché immagino che Tyler non sia orgoglioso di essere tornato e poi ripartito nel silenzio più totale, senza aver trovato il coraggio di incontrare Chris. Però è successo, forse quindi il fatto stesso che fosse tornato era un'ammissione di colpe per quei sentimenti che non era mai riuscito a soffocare.
Vi ringrazio per continuare ad apprezzare così tanto questa coppia e spero che il prossimo capitolo regali qualche gioia in più perché da ora in poi saremo soltanto proiettati verso il loro futuro!
Baci e alla prossima
- STEEL -
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