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Cap 20.Occhi viola

Erik pensò alla Francia del diciassettesimo secolo, quando si chiamava Dayan. Lì aveva trascorso la sua prima infanzia, la sua prima adolescenza. Lì aveva conosciuto i suoi primi amici: Claude e Tristan.

Claude era il bambino più simpatico e divertente che avesse mai conosciuto. Con i suoi capelli ricci e rossi e i suoi occhi azzurri come il cielo. La vita non era stata una passeggiata per lui per molti motivi, ma non aveva mai perso il sorriso. Vederlo sorridere faceva tornare tutti di buon umore, era così contagioso.

Nonostante non avesse molti soldi, i suoi genitori lo incolpassero quotidianamente di essere di troppo, di non avere da mangiare per colpa sua, lui era sempre sereno. Sopportava le difficoltà affrontandole con gioia, umorismo e una forza degna di un leone. Dayan non l'aveva mai e poi mai sentito lamentarsi di niente.

E poi c'era Tristan, che al contrario di Claude, dalla vita aveva avuto tutto: soldi, una famiglia che lo amava e una voce meravigliosa che competeva con il dolce canto dell'usignolo. Era il bambino più bello di tutti, o almeno dicevano così a Parigi. Lo chiamavano "il figlio di Afrodite" per il suo viso armonioso e perfetto. Occhi profondi e verdi, capelli castano scuro e un naso grazioso e proporzionato, lo rendevano uno schianto già a circa dodici anni.

L'unica pecca? Era sempre triste, sempre giù di morale. Non gli mancava niente, eppure passava il tempo a lamentarsi di tutto. Teneva il muso e diceva ai suoi amici,- Dayan e Claude- "Voi non capite. Sono triste perché la tristezza ci rende più belli". Dayan l'aveva sempre reputata una frase stupida.

E poi, inevitabilmente, le venne in mente la sua amica del cuore, quella con cui era cresciuto, quella che l'aveva visto piangere, ridere, arrabbiarsi. Quella che lo conosceva meglio di quanto lui conoscesse se stesso. Lei che era per lui tutto ciò che Dayan non riusciva ad essere per sé.

Era la sua vicina di casa, erano praticamente nati nello stesso mese, quasi nello stesso giorno. Il suo nome era Diadania Lacroix.

Dayan non ricordava il giorno in cui si erano conosciuti, perché si conoscevano da sempre. Diadania, già da piccola, era una bambina stupenda. Aveva dei capelli castani lisci e lunghi che erano una meraviglia, come, pensò lui, li aveva tutt'ora. I suoi intensi occhi viola erano meno accesi quando era solo una bambina, e sembravano soltanto blu, con una sfumatura un po' strana.

Trascorrevano tanto tempo insieme, come fossero fratello e sorella. Giocavano, si rincorrevano, ridevano e stavano meravigliosamente bene quando si trovavano insieme.

E, si disse, mentre Diadania era stata bella da sempre, non era stato lo stesso per lui.

Da piccolo Dayan aveva dei capelli marroni un po' troppo lunghi e sempre disordinati, non amava pettinarli e tanto meno tagliarli. Aveva dei bellissimi occhi verdi smeraldo, ma nessuno se ne accorse, prima che lui si fece tagliare quegli ampi ciuffi che gli ricadevano sulla fronte e glieli nascondevano.

I suoi vestiti erano sempre sporchi- di terra, fiori, foglie e di qualunque cosa riuscisse ad appiccicarsi ad essi- un po' perché la sua famiglia non navigava nell'oro, e un po' perché a lui piacevano così.

Ma a Diadania non importava del suo aspetto, le piaceva così com'era: divertente, generoso e pronto a dare la vita pur di difendere le persone che amava. Per lei era solo un amico, il suo migliore amico, almeno all'inizio.

Poi qualcosa cambiò.

Un giorno, non rammentò quale, Dayan aveva scoperto che Diadania non era una semplice bambina di dieci anni. E lei l'aveva scoperto insieme al suo amico.

Erano in un bosco, il loro preferito, quello che per loro era diventato "il nostro posto segreto", anche se segreto non lo era per niente.

Ad un certo punto, mentre erano distesi su un prato fiorito, lui le aveva domandato -Tu credi alla magia?-. Era stata una domanda spontanea, che gli era venuta in mente perché i suoi genitori l'avevano nominata spesso e lui non sapeva se crederci o no.

Lei aveva alzato le spalle e non gli aveva risposto subito.

Però dopo un po', dopo averci riflettuto, aveva esclamato –No. Io non ci credo alla magia.-

Pochi attimi dopo, i suoi occhi bluastri avevano iniziato a diventare viola, di una tonalità così intensa e rara da non essere una cosa normale. Il cielo sopra di loro era diventato dello stesso colore e tre forti tuoni avevano fatto tremare gli alberi colmi di fiori attorno e il prato.

Era come se la magia che risiedeva dentro Diadania, sentendosi offesa per le sue parole, si fosse finalmente mostrata ai suoi occhi.

Dayan era rimasto senza parole, vedendo gli occhi viola dell'amica e quello che stava accadendo.

Mentre il vento iniziava a soffiare forte e un fulmine illuminava lo sguardo spaventato di Dayan e quello nuovo e viola di Diadania, era accaduto qualcosa di ancora più strano.

Mentre tremava per la paura, una frase iniziò a comparire sul lato sinistro del suo esile collo pallido. Era come se qualcuno la stesse marchiando a fuoco con una mano invisibile. Le lettere si incidevano sulla sua pelle una dopo l'altra, facendola urlare di volta in volta, per ben dieci volte. Quando Dayan osservò la frase completa, lesse "MORS ET VITA".

Non sapeva che lingua fosse, più avanti ,insieme, avrebbero compreso che era latino.

Dopo un po', il cielo tornò limpido e azzurro. Gli occhi di Diadania restarono viola per qualche secondo e poi anche loro tornarono ad essere del solito, strano, blu.

Dayan provò ad abbracciare Diadania, che tremava ancora di paura e di dolore.

Lei lo allontanò, spingendolo via. Poi gli urlò –Devi starmi lontano! Io non voglio farti del male. Mia nonna l'aveva detto che prima o poi sarebbe successo e non volevo crederle. Ora sono una strega a tutti gli effetti, Dayan. Ora tu devi starmi lontano, molto lontano.-

Ma Dayan provò ad abbracciarla di nuovo, e stavolta ci riuscì. Non l'avrebbe mai lasciata, nemmeno se fossero cadute le stelle e tutti i pianeti.

Diadania gli fece promettere di non farne parola con nessuno e lui promise.

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