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6.I suoi occhi

La ragazza non aveva davvero un impegno, e in quel momento, neppure un'amica , dato che Candy era in Messico.
Gli aveva mentito, anche se odiava se stessa per averlo fatto.
Aveva voluto trovare una scusa per andarsene, perché con lui si sentiva strana, pazza e di nuovo strana: anche in questo secondo incontro infatti, nonostante lui avesse negato di averla già conosciuta in passato, Olivia aveva provato di nuovo quella sensazione di familiarità, di già visto, di già conosciuto.
Iniziava a non sopportare quella sensazione così priva di un qualche senso logico. E quindi, aveva deciso che era meglio non trascorrere un attimo di più con la compagnia di quegli occhi marrone scuro, molto simili al colore del caffè.

Ma nonostante la facesse sentire così stralunata, era stato difficile per lei trascinarsi via da Erik. Era come se una parte di sé avesse voluto restare con lui e non andarsene mai più.
Chissà cos'aveva quel ragazzo di così magnetico, chissà cos'è che rendeva così arduo allontanarsi da lui. 
Forse, pensò Olivia, erano i suoi occhi.

Quegli occhi così veri che conducevano direttamente alla sua anima. Perché nonostante fossero scuri, sembravano trasparenti, così trasparenti da poter vederci attraverso le sue emozioni e tutti i suoi pensieri.
Erano due specchi che riflettevano le sfumature della sua mente.

In questi aveva potuto osservare con facilità la sua agitazione, il suo imbarazzo e la sua strana felicità di conoscere persone nuove.
Smise di pensare ad Erik e tornò alla realtà, molto probabilmente per il freddo.
Nonostante fosse l'una passata e il sole colpisse con i suoi raggi New York, si gelava. Il cielo stava pian piano divenendo sempre più pallido e smunto e sembrava fosse fatto di carta bianca: era pronto ad imbiancare nuovamente il labirinto di strade e palazzi che riempivano la città.

La ragazza si rimise il cappello rosso, che aveva perso cadendo poco prima e rifugiò le mani fredde nelle tasche della giacca.
Aveva una fame allucinante e una voglia incredibile di tornare a casa, al caldo.
Mentre passeggiava per tornarci, molta gente la guardò esterrefatta.

Aveva parecchia terra e fiori addosso da sembrare una serra ambulante, e non si meravigliò affatto della loro reazione, anzi.
Finalmente giunse davanti al suo palazzo, cercò, come al solito, le chiavi nella borsa rossa e dopo qualche minuto di ricerca in quel profondo buco nero, le trovò.
Una volta nel suo appartamento, si sentì rinascere. Sentì la sua pelle riacquistare un po' di colore e i brividi di freddo, che l'avevano accompagnata durante il ritorno, cessare.

Diede da mangiare ad Amber, mentre addentava voracemente un pezzo di pizza.
Non mangiava solo la pizza, a volte le capitava  anche di osservare della frutta al supermercato, di pensare di comprarla e poi di rinunciarci. La pizza la rendeva felice, e lei non voleva certamente rattristarsi mangiando una mela.

Il suo appartamento era piccolo, ma aveva tutto il necessario per poterci vivere bene. Del resto ci viveva da sola, con la sua piccola e bianca cagnolina e molto spazio non le serviva. C'era un'unica camera da letto, un bagno, e una sala da pranzo, in cui aveva incastrato un piccolo divano blu notte e una tv.
Era l'appartamento perfetto secondo lei, perché l'aveva reso unico e suo.

Si buttò sul divano e Amber si accoccolò nella sua cuccia rotonda e nera, con una scritta dorata di lato che diceva "Princess".  Quello era il suo soprannome, perché era una cagnolina riservata e un po' snob, ma anche a vivace e pronta a donare amore senza chiedere nulla in cambio.
Grazie a lei, Olivia non si sentiva mai sola. Grazie a lei, poteva sfogarsi quando non aveva nessuno a cui raccontare le sue disavventure. Perché, ne era certa, anche se non poteva risponderle, Amber la ascoltava attentamente.

Sentì all'improvviso il suo telefono squillare e sorrise leggendo il nome apparso sullo schermo.

-Ciao nonna!- esclamò-Come stai, ti avrei chiamata io, ma mi hai preceduta!-

-Tesoro  mio, come va lì?-  rispose la nonna, con voce squillante.

-Non mi lamento. Fa freddo e spesso nevica, ma sai che adoro l'inverno. Sto studiando per il prossimo esame e tutto fino ad ora scorre liscio. La mia amica americana è partita per il Messico e tornerà tra qualche giorno. Ah, quasi dimenticavo, ho finalmente terminato il ritratto della tua amica. Quella che a Natale ci regalava quei buonissimi biscotti allo zenzero. So di averci messo un mese, ma avevo da fare. Te lo spedisco appena posso, fammi sapere che ne pensa!-

-Sai Olly, Non mi piace affatto quando fai così.- la voce della nonna si fece sospettosa.

-Così? Così come?-

- Quando mi racconti tutto subito, per evitare che io ti faccia delle domande.-

-Ma di che parli nonna? – disse, mentre un sorriso le comparve tra le guance. Poi aggiunse-Ho solo agevolato il tuo solito e preoccupato interrogatorio settimanale!-

-Ti conosco abbastanza bene da capire che l'hai fatto perché mi nascondi qualcosa.- replicò. Sembrava assolutamente sicura di  ciò che affermava.- Qualcosa di importante.-

-No nonna, - disse Olivia-il tuo fiuto da segugio in cerca di novità, stavolta si sbaglia. Non c'è niente che ti nascondo. E poi, non è nulla di importante.-

-Ecco! – esultò l'anziana dall'altro capo del telefono-Allora qualcosa c'è, lo sapevo.-

-Riesci sempre a trarmi in inganno, nonna.- ammise Olivia.- Ma non ho voglia di parlarne in questo momento.-

-E va bene, me lo racconterai quando ne avrai voglia. Lascia che ti dica solo un'altra cosa: quando nulla intorno a te ha un senso, prova a cercarlo dentro al tuo cuore.
Lì c'è la risposta a molte delle domande che ci poniamo.
Se lo troverai, niente di ciò che ti accade sembrerà più strano.-

-Grazie nonna, ci proverò. Grazie per essere il mio personale biscotto cinese colmo di frasi utili.-
Riattaccò e chiuse gli occhi.
Per addormentarsi si ripeté le parole della nonna. Prima le disse voce alta, poi iniziò a balbettarle e alla fine le  sussurrò mentalmente.

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