Un Natale
La testa mi pulsa ai lati delle tempie. PUM ― PUM ― PUM
È così forte il rumore che mi chiedo come non facciano a sentirlo anche gli altri. Ah, già... Gli altri hanno sparato nelle orecchie l'acuto di Mariah Carey che esprime il suo desiderio di ricevere per Natale una sola cosa... Lo so io quale sarebbe l'unica cosa che fa al caso suo! Ma è meglio che censuri i miei pensieri.
Come ogni anno, il 25 dicembre mi vede rapita e portata a casa dei miei nonni, vestita a festa neanche avessi cinque anni, e obbligata a elargire sorrisi, che neanche Julia Roberts appena uscita da un appuntamento con un igienista dentale è in grado di fare.
Come ogni anno, sono terrorizzata dalla quantità di cibo presente su una tavola chilometrica, addobbata di rosso, circondata da decine, centinaia, migliaia (giuro che a me sembrano così tante) di sedie. D'altro canto, per una volta che si riunisce tutto il clan, l'eccesso risulta la cosa più naturale a questo mondo: mia nonna prepara qualcosa, mia madre prepara qualcosa, mia zia prepara qualcosa, l'altra mia zia prepara qualcosa... Ho finito le zie, eppure, ora che anche un paio di mie cugine si sono spostate, anche loro preparano qualcosa! Non hanno ancora capito che "qualcosa" elevato alla n fa "troppo"!
Guardo il Bambinello nel presepe, beatamente spaparanzato nella mangiatoia di paglia, e per un momento lo invidio, nella sua placida serenità. Ma poi mi rendo conto che anche queste statuine non devono passare una bella esistenza: li tengono chiusi per undici mesi l'anno in uno scatolone impolverato, per poi tirarli fuori per meno di un mese, li obbligano a essere esposti, e a dover sentire a ripetizione "Jingle bells" e "Silent night", e non possono nemmeno coprirsi le orecchie per difendersi! Io almeno, come adesso, posso infilarmi gli auricolari e cercare di isolarmi da questa baraonda.
Sento bussarmi sulla spalla e salto per lo spavento. Mi volto e vedo uno che non ho la più pallida idea di chi sia: alto, occhi verdi e... rosso! Oh Dio, vedo rosso dappertutto in questo periodo! Pure sulla testa delle persone! Allora sbatto le palpebre un paio di volte, ma i suoi capelli non cambiano colore, continuando a far pendant con gli addobbi sparsi per casa.
«Ciao! Tu sei Mary, giusto?» mi porge una mano per presentarsi.
Rimango stralunata a fissarlo, mi guardo intorno, ma nessuno sembra essersi accorto di un imbucato alla festa di Natale di famiglia.
«Sono Lucas, un amico di tuo cugino James» continua avvicinando di più la sua mano al mio torace.
Io indietreggio leggermente, ma mi rendo conto che non posso ignorarlo, perché mi continua a guardare negli occhi e mi sorride come un tenero agnellino... Non sa che potrei sbranarlo, se solo volessi.
Così decido di fare la persona matura: «Ciao». Lo so, forse ho esagerato.
Ma lui non si abbatte: prende l'iniziativa e la mia mano destra insieme e me la scuote, come se fossimo due bambini dell'asilo che sanciscono un patto di amicizia eterna.
«Che ascolti? Bublè?» mi chiede indicando le cuffie, che non ho ancora tolto.
Io trattengo un conato di vomito e scuoto la testa.
Lui lancia un gridolino che potrebbe fare da coretto alla Carey e continua imperterrito: «Gli Wham!» e mi sfila un cuffietta per metterla nel suo orecchio.
Quando si accorge che quella che sente non è la sensuale voce di George Michael che racconta il suo ultimo Natale, ma quella graffiante e cupa di Marylin Manson che augura dolci sogni, il suo sorriso sparisce. E succede una cosa strana, perché io invece ho una strana paresi alla faccia che lascia scoperti i miei denti... Ah, no, ora sto sorridendo io! O forse è un ghigno?
Lucas rimane in silenzio ancora qualche minuto, e io mi chiedo perché accidenti non mi abbia ancora restituito il filo, quando finalmente torna a parlarmi: «Bella! Sai che non avevo mai sentito questa versione?»
Eh? Che diavolo ha detto? Perché non è ancora scappato a gambe levate?
«Chi sei?» mi ritrovo a chiedergli.
«Lucas! Te l'ho detto: conosco...» fa per riprendere, ma lo interrompo subito.
«Sì, sì, ho capito. Volevo sapere...» ma da quale pianeta viene? «... Come mai sei qui?»
«Oh...» sono costretta a corrucciare la fronte, perché quella singola sillaba gli ha fatto arricciare le labbra in un modo che non posso evitare di osservare. Così, inaspettatamente, penso che le sue siano proprio delle belle labbra... Così, conseguentemente, arrossisco e mi do della stupida.
«Sono il compagno di stanza di James. Quest'anno i miei hanno deciso di passare le vacanze in montagna, soli soletti...» ride, e una cosa alla base del mio stomaco si rivolta... Sarà stata la tartina che ho mangiato a tradimento. «Una specie di seconda luna di miele. Così tuo cugino mi ha invitato a festeggiare con voi. Devo dire che siete davvero tanti! Quando mi ha parlato di un grande pranzo non volevo crederci, pensavo mi stesse prendendo in giro, perché io adoro queste riunioni di famiglia, e quest'anno ne avrei sentito la mancanza...»
Oh Dio, ma quanto parla? E ride. Di nuovo. E io sento, di nuovo, quella cosa nella pancia e giuro che oggi non toccherò più una cosa con la maionese sopra.
«Scusami» si gratta la nuca, sembra imbarazzato. «In realtà ero venuto per chiederti un favore. James mi ha detto che mi avresti aiutato».
Lancio uno sguardo alla sala in cerca di mio cugino, perché, conoscendomi, non capisco come gli sia venuta in mente questa idea bizzarra.
«Visto che ci sono i tuoi cuginetti, mi hanno chiesto di interpretare Babbo Natale per portare loro i doni. Potresti aiutarmi col costume e i pacchi?»
Ok, adesso ammazzo James. Come cavolo si permette di tirarmi dentro a questa storia?
«No, guarda, non credo sia il caso...» cerco di defilarmi, ma lui mi afferra il polso per trattenermi. Mi volto nuovamente verso di lui, sperando che non scorga il rossore sulle mie guance.
«Per favore...»
Due parole. Solo due, dette in quel modo così dolce, quasi supplichevole, ma non lagnoso.
Chiudo gli occhi e sospiro rassegnata. «Vieni con me». Quando li riapro, la prima cosa che noto è il suo sorriso genuino.
Lo conduco nella camera dei miei nonni, apro l'armadio e tiro giù la scatola in cui so che conservano il costume da Babbo Natale, compreso di sacco, e gliela passo.
Tira fuori i pantaloni e, per un momento, temo si spogli davanti a me... O forse ci sto sperando?... Cavolo, ma che vado a pensare?
Mi volto per distogliere lo sguardo, ma vedo il suo riflesso attraverso lo specchio del comò, e ogni mio timore (speranza?) viene fugato, perché Lucas se li infila sui jeans, così come fa con la giubba rossa, andando a coprire quel suo eccentrico maglione di lana verde con ricamati i fiocchi di neve.
Recupero la barba finta dalla confezione e gliela porgo; lui affonda le dita in quell'ammasso di peli sintetici e sfiora le mie. Mi accorgo che sta trattenendo il fiato.
Mi sta accarezzando il dorso della mano, con lenti movimenti circolari, e pian piano si avvicina a me, al mio viso, che nel frattempo sta avvampando, perché mi sento messa a nudo dal suo sguardo.
Ho paura del modo in cui rimbomba il mio cuore e mi allontano da questo strano Babbo Natale, che quindi si dedica a camuffare la sua rossa capigliatura con parrucca e cappello.
Gli tengo aperto il sacco mentre infila un pacchetto dopo l'altro per i bambini, finché non se lo calca in spalla e dichiara soddisfatto: «Pronto!»
«Ok, aspetta qui un momento: vedo com'è la situazione di là». Torno in sala e faccio la conta dei miei cuginetti: sono tutti e cinque presenti e si rincorrono attorno al tavolo e all'albero, che credo ribalteranno da un momento all'altro.
Guardo alle mie spalle e scorgo Lucas affacciato alla porta della camera, in attesa di un mio segnale. Sorrido: è così buffo camuffato in quel modo... Cosa? No, un momento: che mi sta succedendo? Faccio tornare immediatamente la linea della mia bocca dritta orizzontale: ho una reputazione da mantenere, io!
Gli faccio cenno di farsi avanti e lui comincia a camminare come un camionista appena approdato in un'aria di servizio dopo due ore sul suo tir: «Oh! Oh! Oh! Buon Natale!» esclama con voce profonda.
Guardo immediatamente la reazione dei bambini, che si sono bloccati al centro della sala e lo fissano ammaliati, estasiati e affascinati.
«Babbo Natale!» urlano felici.
Gli corrono incontro e lo assalgono letteralmente, circondandogli le gambe, e lui si lascia abbracciare. Se si fosse trattato di me, avrei già urlato per l'esasperazione.
Lucas invece gli dà teneri buffetti sulle guance e dolci carezze sulla testa: «Tranquilli, bambini» cerca di calmarli, mantenendosi nella parte: «Allora, siete stati bravi quest'anno?»
«Sì!» urlano in coro loro.
Lui ride: «Bene, bene! Allora credo che questi siano vostri». Comincia a tirar fuori un pacchetto dopo l'altro, mentre attorno a loro il resto della mia famiglia ride e si abbraccia.
Sono tutti così... felici. E stranamente mi accorgo di avere io stessa di nuovo quella paresi sulla faccia. Possibile che questo ragazzo ne sia la causa?
Quando ha finito il suo lavoro, tira su la schiena «Bene, bambini, ora devo andare. Devo portare i doni agli altri bimbi buoni».
«E dove hai lasciato la slitta?» gli chiede Betty, la più piccola dei miei cugini: ha solo tre anni, ma sa già porre le domande giuste.
Sghignazzo, pregustando il momento in cui cadrà vittima dell'imbarazzo. E invece mi sorprende ancora, dicendole di averla parcheggiata sul tetto.
«Davvero?!» La piccola è incredula, ma allo stesso tempo completamente rapita dal suo idolo barbuto.
Lucas annuisce e comincia a ritrarsi, appropinquandosi all'ingresso; dispensa saluti a tutto il parentado ed esce, chiudendosi la porta alle spalle.
Rimango un attimo interdetta, perché è uscito in mezzo alla neve, con quello stupido costume addosso. I bambini corrono alla finestra, sperando di vedergli fare qualcosa di magico, magari di scorgere la sua slitta prendere il volo, trainata da un mucchio di renne magiche. E invece niente: è sparito completamente e, a questo punto, non so neanche io che fine abbia fatto.
Possibile che mi sia immaginata tutto perfino io? Mi rifiuto di crederlo! Così mi viene un'idea e corro in camera dei miei nonni: accucciato fuori dalla finestra c'è Lucas, tremante e intirizzito, che bussa piano contro il vetro.
Davanti a quella scena non posso fare altro che sorridere. Corro ad aprire la finestra per farlo entrare, ma lui non sembra intenzionato a farlo.
«Avanti, vieni!» lo esorto.
Scuote la testa, mentre i suoi occhi brillano attraverso quella stupida parrucca.
Mi sporgo per cercare di tirarlo dentro, forse non riesce a muoversi agilmente a causa del costume; invece lui mi afferra per la vita e mi trattiene a pochi centimetri dal suo viso. Sorride ancora ed è tornato a guardarmi come pochi minuti fa, mentre si vestiva. «C'è ancora un regalo che devo consegnare».
Aggrotto la fronte, ricordando che tutti i bambini hanno ricevuto i loro regali. «Di che parli? Non c'è più niente lì dentro» gli faccio notare indicando il sacco sulle sue spalle.
Ma lui non è d'accordo con me: «Di questo». Solleva la testa quel tanto che basta per raggiungere le mie labbra e mi bacia.
Il suo gesto è così inaspettato che a mala pena riesco a sentire mischiarsi il freddo proveniente dall'esterno a causa della neve con il caldo all'interno della sua bocca; le sue mani, ferme sui miei fianchi, sono due sostegni ai quali mi affido, perché la testa comincia a girarmi vorticosamente. Quella stupida barba sintetica mi solletica il volto, e un dolce sapore di cannella pervade il mio olfatto.
Non posso far altro che posare le mani sulle sue spalle, larghe e forti, e desiderare che non mi lasci mai andare, che mi avvolga nel suo abbraccio e che il suo calore diventi il mio.
«Hiii!» Un urletto alle nostre spalle ci fa saltare e io per poco non vado a sbattere contro lo stipite della finestra. Quando mi volto, vedo Betty sulla porta che ci addita con la faccia sconvolta: «Mary è la fidanzata di Babbo Natale!»
«Cosa?!» urlo incredula... Anzi no, terrorizzata: «No! Non sono la fidanzata di Ba...»
«Mi hai scoperto, Betty» mi interrompe il magico buffone. Poi mette un dito sulle labbra, per suggerirle di far silenzio: «Tu però non svelare il nostro segreto, per favore».
«Il nostro... cosa?» cerco di recuperare le redini della situazione. Inutilmente.
Betty imita Babbo ― Lucas ― Natale, mettendosi un ditino sulle labbra: «Non lo dirò a nessuno, lo prometto!» afferma, fiera di sé. Poi viene verso di me e mi abbraccia forte: «Ora so perché fingi che non ti piace il Natale. Però stai tranquilla, Mary, io non lo dico a nessuno che in realtà lo ami!» E con questa promessa corre via, si ferma un momento sulla soglia per sorriderci e infine chiude la porta dietro di sé con fare cospiratorio.
Quella piccola peste... Ma qui ce n'è un'altra molto più grande!
Mi volto verso il ragazzo che sta ridendo allegramente, mentre si spoglia del suo alter ego, in cerca di una spiegazione.
«Che c'è?» ha il coraggio di chiedermi: «Avresti preferito distruggere la fantasia di una bambina di tre anni?»
«Prima o poi dovrà imparare che la magia non esiste» metto le mani sui fianchi per cercare di sembrare più minacciosa, ma quando lui mi torna vicino, il fiato mi si accorcia di nuovo e i miei occhi sono nuovamente inchiodati nei suoi.
Si toglie il cappello, la parrucca e la barba, lasciandosi i capelli scompigliati e leggermente inumiditi dal sudore: «Davvero non esiste? Perché devo ammettere che questo...» si china lasciandomi un morbido, lieve quanto breve, bacio sulle labbra «questo, per me... è pura magia».
Il cuore ha accelerato il suo battere nel petto, il respiro ha un ritmo altalenante, il profumo di biscotti che emana la sua pelle mi manda in tilt il cervello, e le mie mani non resistono all'impulso di infilarsi tra i suoi capelli.
Lo accarezzo e torno ad abbandonarmi alle sue braccia, al suo sorriso e a tutto quel suo essere "gioia e amore in ogni cuore" che in meno di un'ora mi ha riversato addosso. E, mandando all'aria la mia reputazione, mi arrendo alle parole della piccola Betty: sono diventata la fidanzata di Babbo Natale.
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Il prompt era questo:
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