II.
"La Madre Divina osserva esaudita,
Il suo crudel figliastro con la sciabola in pugno,
In guisa di tigre assalta e divora il pelago oscuro,
Veste di rosso sanguigno il servo del monarca.
Nove lustri eretici prima del fragore immortale,
Dio dei Cieli avrà forse pietà di fanciulli non suoi?
Succhia feroce dal collo fino a non lasciargli più alcun male,
Cerca di sfuggire e grida col medesimo fiato, finché ancora puoi.
Magia mai nata avrà forse una causa,
E lo schiavo al padrone darà adito a maledizioni,
Giunone e Venere inchinate, dentro il fuoco la pausa,
Superba eroina per una stirpe di dragoni.
Sentore di morte all'impero della porpora
Il vicario di Cristo coltiva le sue armi benedette,
Galeoni crociati con le fiamme nell'ancora,
Mai credere di poter scampare alle accette."
Miquèl de Nostradama,
meglio noto con il nome di Nostradamus.
Il padiglione del cardinale si trovava a pochi passi dalla riva, e soltanto la barricata di legno avrebbe potuto impedire alle onde dell'Atlantico di spazzare via la tenda.
Dopo averla strappata dalle mani del duca di Buckingham, Richelieu aveva deciso di elevare senza alcuna remora l'isola di Ré al rango di base operativa ufficiale dell'esercito francese. Dopotutto, quella sottile lingua di terra si trovava in un'ottima posizione strategica, e solamente una misera insenatura di appena dieci metri di ampiezza la separava dalla rocca di La Rochelle. Il cardinale non avrebbe davvero saputo sperare di meglio.
«Venite, Sire. Siamo quasi arrivati.»
Incespicando nelle buche lasciate dalle esplosioni, Luigi affrettò il passo per rimettersi in pari col suo primo ministro. Davanti alle palpebre socchiuse, moschettieri, fanti e ammiragli s'inchinavano con gli elmi sottobraccio, nascondendo i volti sporchi di fuliggine.
«Fate attenzione!»
Luigi fece appena in tempo a scansare il barile di polvere incendiaria.
Dopo alcuni secondi, l'operaio ricominciò lentamente a tirare la corda verso il terreno, e gli argani si rimisero in moto cigolando. Sollevata la testa, il re vide sopra di sé le centinaia e centinaia di botti che venivano caricate a forza di funi e verricelli sulle navi pronte per l'assalto.
Richelieu parlò non interrogato: «L'offensiva è prevista per domani all'alba, Sire.»
Luigi si schermì gli occhi con la mano per continuare a seguire le manovre oltre i raggi del sole. Le vele triangolari che svettavano oltre gli spuntoni delle barricate parevano i cappucci bianchi dei certosini della Chartreuse. «Allora riavremo il nostro Grimorio, cardinale?»
«Ma certo, Sire. Ma certo.» Richelieu staccò per un istante la mano dal pomo dorato dell'elsa che ad ogni passo urtava contro i fianchi della corazza. «E non solo il Grimorio, ma anche l'intera roccaforte.» Poi, in un soffio: «Sempre che ne rimanga ancora qualcosa, quando avrò finito.»
Il re parve non udire. Con gli occhi spalancati in direzione dei tredici galeoni del cardinale, sillabò, come perso in un ricordo: «Mio padre...» Si conficcò i denti nel labbro per arrestarne il fremito. «È stato lui a concedere la città a quegli eretici, Richelieu. È stata tutta colpa sua. Sua e di quel maledetto editto...»
«Non dite così, Sire. La colpa non è stata di vostro padre.» Richelieu dovette compiere uno sforzo mostruoso per sorridere e mentire nello stesso momento, nonostante ormai ci fosse più che abituato. Era stata una vera fortuna che papa Gregorio XV – pace all'anima sua – gli avesse fornito l'indulgenza plenaria ad aeternum nel giorno della sua nomina a cardinale. «Vostra Altezza sa bene che non fu suo padre ad elargire la rocca agli ugonotti, ma piuttosto il demonio attraverso di lui.»
Luigi annuì corrugando la fronte. «È davvero un sollievo sentirselo dire.»
Il cardinale si aggrappò alla balaustra di legno obbligando la scorta ad arrestarsi alle sue spalle per attendere il passaggio del carro.
Saint-Bonnet represse una bestemmia, quando una manciata di polvere incendiaria gli sporcò accidentalmente la punta degli stivali.
«Vive le roi!» Servi e soldati continuavano imperterriti ad inneggiare a Luigi sventolando in aria i cappelli. «Vive la Gracieuse Majesté catholique!»
Richelieu si voltò, il solito, gelido sorriso sulla punta delle labbra. «Vedete, Sire? Non ha più alcuna importanza di chi siete figlio,ormai.» Rivolse un cenno a Saint-Bonnet per intimargli di procedere. «La Francia non ha memoria del suo passato.»
«Vive Sa Majesté Louis XIII!»
Re e cardinale ripresero lentamente il cammino seguiti a ruota dalla scorta. In lontananza, appena sopra il tetto candido del padiglione, l'orifiamma di Saint-Denis garriva a ridosso dell'asta.
Il cordone di ufficiali si separò in due parti distinte per salutare l'arrivo del re. «Vive Sa Majesté! Vive le cardinal!»
Victor Dubois, scuotendo il grande cappello piumato, corse incontro a Richelieu come un cagnolino obbediente. «Maestà!» Il protocollo gli suggerì di inginocchiarsi di fronte a Luigi scoprendo una massa di capelli arruffati, per poi agguantare la mano di Richelieu e stampare un bacio sul rubino dell'anello. «Cardinale.»
«Siete in ritardo, tenente.» Richelieu ritrasse la mano senza degnarlo di uno sguardo. «Vi attendevamo in prossimità della diga, dieci minuti fa.»
Dubois sollevò ansante la testa. «Supplico il misericordioso perdono di Vostra Eminenza. Sono stato trattenuto da vicende al quanto inaspettate...»
«Perdono concesso per l'ultima volta, tenente» asserì Richelieu. «A che vicende vi state riferendo, di grazia?» Gli parve di avvertire un sussulto da parte del re, ma non dette alcun peso alle sue percezioni.
«Vogliate seguirmi dentro, Eminenza...» Rialzatosi in piedi, Dubois percorse i restanti metri che lo separavano dalla porta del padiglione facendo strada a Luigi e al cardinale.
Scostò il drappo con il dorso della mano e lasciò che Richelieu saggiasse per primo l'oscurità della tenda. Nella penombra dell'alloggio di fortuna, ogni contorno giaceva come sull'orlo di un baratro senza fondo.
Richelieu lasciò che gli occhi si riabituassero al nero, prima di iniziare a scrutare l'interno della sua dimora. Riconobbe, abbandonate mollemente sulla seggiola di vimini, le vesti talari che ormai non era più avvezzo ad indossare e i tomi rilegati delle Sacre Scritture.
«Eminenza.»
Richelieu si voltò di scatto in direzione di Luigi, una smorfia confusa sul volto.
«Forse...» mormorò il re, chinando prontamente la testa. «Forse avrei dovuto avvertirvi...»
«Avvertirvi di cosa, Sire?» Richelieu scoccò a Dubois un'occhiata interrogativa. «Di cosa state parlando?»
Una calda, suadente voce di donna rispose al posto del re di Francia: «Di me, Eminenza.»
Richelieu strinse le palpebre verso il fondo del padiglione, dove una sagoma assai differente da quella degli ufficiali cattolici aveva iniziato a proiettare la sua ombra. Con la gola improvvisamente riarsa, il cardinale affondò le unghie nel palmo e serrò le labbra tremanti.
«Anzi...» L'ombra avanzò fino allo spiraglio di luce proiettato dal pertugio del soffitto, scoprendosi nuovamente umana. Una danza di boccoli biondi e di pizzi perlacei preannunciò ciò che Richelieu aveva temuto fin dall'inizio. «Di noi, non è vero, Luigi?»
Richelieu cadde meccanicamente in ginocchio abbandonando la presa sull'elsa della spada. «Mia Regina...»
Cinque sottili dita ingioiellate sfiorarono gli spallacci d'acciaio del cardinale. «Alzatevi, Richelieu. Sappiamo entrambi che non merito tanta cortesia da parte vostra.»
Il cardinale non fece in tempo a sollevare la testa verso la regina Anna, che subito un paio di mani di bimba gli circondarono il collo. «Armand!» Gli occhi cerulei della piccola Veronique si spalancarono davanti al suo viso. «Ti sono mancata?»
«Come sempre, principessa...» sospirò il cardinale, sciogliendosi dolce dalla stretta. «Come sempre.» Si rialzò in piedi, senza fermarsi un istante a fissare i volti di Anna e del piccolo delfino Louis, seminascosto dietro la gonna della madre. Si voltò di scatto verso il re e lo trapassò con i suoi occhi color antracite. «Perché l'avete fatto?»
Luigi finse di non aver compreso la domanda del suo primo ministro. «Che cosa, Richelieu?»
La voce del cardinale sgorgò fuori in un sibilo irato: «Perché li avete portati qui?»
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