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Capitolo 7

Il silenzio regna in casa mia.

Il mio assistente è in cucina, sta preparando il pranzo.

Io invece sono nel mio studio, ho il mio computer davanti.

Ci ho inserito tutte le informazioni che mi ha dato Adriano.

Mi stupisce il fatto che il computer che ha usato Darren è qui nelle vicinanze: è nel palazzo accanto al mio.

Sapere ciò mi fa paura.
Per quanto tempo era così vicino a me?
Magari qualche volta l'ho incrociato, lui mi osservava, ma io non l'ho mai notato.

Non so se esserne infelice o impaurita.

Chissà com'è cambiato in questi anni.
Di sicuro avrà il volto diverso per via delle bruciature che avrà, oppure si è fatto modificare il volto.
Magari è più alto, più robusto... più adulto.
Neanche mi ricordo l'età che aveva quando l'ho conosciuto, o forse non l'ho mai saputo, ma di sicuro non è molto più grande di me.

Mi alzo dalla sedia e vado verso la finestra, scosto leggermente la tenda e guardo il palazzo accanto al mio.

È un edificio di almeno sette piani, tutto grigio.
È orrendo da vedere, è deprimente.

È lì che dovrebbe trovarsi Darren.

Non ho ancora capito se voglio incontrarlo o no, non ne sono sicura.

Come dovrei reagire quando lo vedrò?
Dovrei sorridere e dirgli "menomale che sei ancora vivo! Scusa se ti volevo uccidere... ma sai... la mia vita era più importante in quel momento"?

Non credo proprio che dovrei fare così...

C'è una domanda che ancora non sono riuscita a capire...

Com'è riuscito a sopravvivere?

Mettiamo il caso che sia sopravvissuto in mezzo a quelle fiamme: come ha fatto a nuotare fino a trovare una spiaggia dove andare?
Come poteva sapere in quale direzione andare?

Il posto più vicino era a circa due ore con l'elicottero, quindi il triplo se uno ci va nuotando.
Sono sicura che non ci sia andato con dei mezzi di trasporto, sono esplosi tutti, me lo ricordo bene.

-Dottoressa Ford, il pranzo è pronto!-

Dottoressa Ford... ha riniziato a chiamarmi come ha sempre fatto, pensavo che da oggi avrebbe iniziato a chiamarmi col mio nome.
La cosa però non mi cambia più di tanto.

Vado nella sala da pranzo, come sempre ha un tavolo pieno di pietanze dall'aspetto e dall'odore irresistibile.
Claudio non conosce minimamente dove sia il limite.
Se continua così ingrasserò e dovrò farmi prescrivere una dieta dimagrante da un dietista.

Entrambi ci sediamo ai nostri posti, quasi contemporaneamente, e iniziamo a mangiare, in silenzio.

Non ci siamo detti altro dopo quel che è successo in macchina, io sono troppo imbarazzata e sicuramente anche lui, forse più di me.

Durante il pranzo qualcuno suona al campanello.
Claudio si alza e va ad aprire, di solito dice sempre qualcosa, come ad esempio "non alzarti, vado io","vado a vedere chi è", ma questa volta niente, nemmeno un sospiro, niente.

Torna poco dopo, si risiede e torna a mangiare, tutto torna come prima, sembra di avere una singola scena ripetuta più e più volte.

-Parla- dico a bassa voce.

Forse non mi ha sentito, lo penso perché lui continua a mangiare come se nulla fosse.

-Parla- dico alzando di poco il tono rispetto all'ultima volta.

Mi sbagliavo.

Mi ha sentito benissimo, mi sta solo ignorando.

-Parla!- dico, quasi urlando.

-Cosa dovrei dire?- chiede guardando il proprio piatto, ha un tono calmo.

-Qualsiasi cosa! Una frase, una notizia carina, una poesia, un testo che hai scritto a scuola, una barzelletta, quello che vuoi. Questo silenzio mi distrugge!-

Claudio fa un grande respiro, poi inizia -è difficile parlare, dottoressa Ford.
Quello che le ho detto prima, in macchina, l'ho detto col cuore e senza pensarci.
È stato imbarazzante, mi sono reso conto dopo che la mia bocca andava per la sua strada senza ascoltare il mio cervello.
Non ho mai osato superare certi limiti di confidenza nei suoi confronti, ma questa volta ho ceduto.
Dottoressa, lei è colei che mi istruisce, con cui passo molte ore della giornata.
Tra me e lei non c'è quel legame tra "dottore e assistente". Secondo me il nostro legame è più "madre e figlio".
Lei mi insegna cose che solo una madre può insegnare, mi insegna a vivere.
E, come ogni figlio, non voglio perdere mia madre.-

Quella imbarazzata adesso sono io.

Lui è più grande di me: come posso io essere una madre per lui?

So bene che sua madre non è mai esistita nel suo passato, ha abbandonato il padre subito dopo aver dato alla luce Claudio, ma dubito che io possa essere una madre per lui.

È il suo concetto di legame "madre e figlio" che è sbagliato, ne sono sicura.
Siccome non ha mai avuto una madre pensa che il nostro sia un legame di quel tipo, è ovvio.

E poi io non gli ho mai "insegnato a vivere", ma soltanto tutto quel che so in campo scientifico.
Nulla di più, nulla di meno.

Per quanto riguarda la confidenza... chissenefrega!
Insomma quello là ci dà troppa importanza, è peggio di un vecchio.

-Senti Claudio... tu puoi chiamarmi Amity quando ti pare e darmi pure del tu, a me non dà fastidio.
E poi capisco il fatto che tu ci tenga a me, anche a me dispiacerebbe se ti succedesse qualcosa.
Quindi non preoccuparti, a me puoi dire tutto quel che ti passa per la testa.
Siamo più che colleghi, siamo amici!-

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