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29- Il velo

Pesanti dipinti barocchi ci fissano dall'alto del loro strabismo mentre soggiornano in affascinanti cupole a bacino, con tanto di tamburo e lanterna per quanto riguarda la volta absidale, ed io li fisso di rimando, reggendo il loro gioco di menzogne e trucchi pittorici. Illusioni di sfondi e tridimensioni che sfidano, con affronto, la realtà, piegando al loro volere tempo e spazio quasi ne facessero da padroni.

Sotto gli occhi degli Arcangeli vedo il biasimo per il mio sconsacrale ritorno, lontano anni luce dalla fede di mia madre, e soprattutto una sfida che vuole mettermi alla prova sul tempo che sono in grado di trascorrere in questo luogo di culto, dai soffitti troppo alti e aggettanti, aggressivi nel loro modo di porsi nei confronti dei cattolici, ma rappresentativi di un volere divino che è in grado di sottomettere. Non importa l'assenza di aria in questa aula, sono venuto per un motivo più che serio e, mentre Cat si fissa attorno lodandosi della magnificenza di architettura e arte, vedo di ricordarmelo.

Quasi per caso i miei occhi finiscono su di un piccolo angelo, che assomiglia a un Putto in sbalzo, avente il compito di suonare una tromba mentre sorregge il drappo di una donna. Per lunghi istanti resto immobile ad analizzare la contrapposizione data dalla nudità del bambino e dall'accennato tentativo di veste, con quei veli trasparenti, della donna che lo affianca.

«Per te si tratta di semplice censura?» Domando a Cat, che segue il mio sguardo e arriva sulla donna appena coperta da quei veli trasparenti.

«Può essere», commenta ma io sento che c'è di più. Prima di approfondire un simile ragionamento, che pare suggerito dai suoi occhi non appena si soffermano su di me, il prete che da tempo aspettiamo ci raggiunge con una fila di passi concitati quanto stanchi, e un respiro a dir poco affrettato. Tenta un sorriso, mentre tiene una Bibbia tra le mani e ostenta una capigliatura alquanto disordinata, al confronto dell'abito lungo e nero, impeccabile.

«Scusate se vi ho fatto attendere, siete qui da molto?» Chiede con un tono di voce particolarmente caldo, che si presta bene al viso che porta.

«Sì figuri, siamo qui da pochi minuti», si fa carico di riferire Cat, mentendo palesemente in una Chiesa e come inizio non è male.
Sorrido dell'ironia ma lascio che i suoi modi garbati l'abbiano vinta.

«Siete la coppia che si prepara ad essere padrino e madrina del battesimo, non è vero?»

«Esattamente, siamo noi.»

«Perfetto, allora seguitemi. Raggiungiamo la Canonica.»

Lasciamo che il pastore, come si conviene al suo mestiere, faccia strada, e ci conduca fino a una piccola stanza arredata semplicemente con un tavolo, uno scaffale in legno e due sedie. Appeso a una parete, si palesa l'immaginetta del Papa in carica, decorato unicamente con un bastoncino sottile d'ulivo, oscillante dallo stesso chiodo.

Una simile essenzialità mi disorienta al confronto dello lussurioso sfoggio della chiesa, ma faccio finta di non prestarci attenzione e mi accomodo, seguendo l'esempio di Cat. Il buon prete, di cui ancora non conosciamo il nome, si procura a mettere apposto alcune carte, tra sorrisi e richieste di piccole attese, e quindi ritorna tra noi, dedicandoci una piena attenzione.

«Sono molto felice che una coppia tanto giovane si sia resa disponibile a un impegno simile. Io sono Padre Carl, ad ogni modo, molto piacere.»

«Piacere, io sono Caitlin e lui Michael.»

Nessuna finzione. Caitlin. Cat l'ha presa davvero sul serio e non so se esserne soddisfatto. Io non so niente di queste cose.

«Come vi ho detto, sono felice che abbiate aderito a un simile impegno, ma anche questo, come tutte le cose, comporta una propria formazione, e prima mi piacerebbe conoscervi.»

«Volentieri.»

«Partiamo da lei, signorina? Da dove viene? Ha già ricevuto i sacramenti?»

«Sono irlandese, e sì, ho fatto tutti i passaggi», rivela sorridendo, lasciando un pizzico di buon umore a tutti all'interno di questa stanza.

«Molto bene, quindi è cattolica.»

«Nella mia famiglia tutti lo sono.»

«E siete in molti?» Domanda lui, con interesse e gentilezza.

«Quattro. Oltre ai miei genitori ho un fratello maggiore, ma la mia famiglia non sarà presente per la funzione.»

«Non è necessario che lo sia», afferma, tranquillizzandola, e posso quasi vederla sgonfiarsi come un palloncino dalla tensione. Il suo imbarazzo mi strega e noto che anche il prete ne rimane affascinato. «Immagino non sia un argomento delicato da affrontare.»

«Abbiamo litigato, molti anni fa. Mi ha spinto a fuggire di casa.»

«Il perdono è un dono molto difficile da offrire, che si scopre con gli anni.»

«Niente di più vero.»

«Spero che si renda conto dell'importanza che, però, ha una famiglia. State per diventare i tutori di una bambina molto piccola, che sta per ricevere l'accoglienza nella nostra religione, e ne sarete i diretti responsabili, al seguito del padre e della madre. Della sua educazione così come della sua crescita.»

«Ma certo...» mormora Cat, sbiadendo sempre di più, al pari di un ricordo o della conclusione di una vignetta di fumetto, fino a divenire come una pagina bianca.

«Per quanto riguarda lei, invece?» Arriva a rivolgermisi l'uomo in toga, fissandomi con interesse.

«Stessa cosa, ho già ricevuto i sacramenti.»

«Mi sembra di conoscerti, il tuo viso mi è già noto, ci siamo per caso rivisti?»

Tento di recuperare i suoi tratti dall'archivio dei ricordi, ma non riesco a ricongiungerlo a una soluzione.

«Non credo, no.»

«Per caso il tuo cognome è Flint?»

Annuisco, ed ecco che è Padre Carl ad avere trovato la soluzione per noi, e con malinconia decide di rendermene partecipe.

«Sposai tuo padre e tua madre, ai tempi del loro matrimonio, e battezzai persino te. Credo che il tuo nome sia su diversi di questi registri, e di sicuro lo era quello di tua madre. Non posso non ricordarla come una cristiana molto devota. Mi dispiaccio della sua prematura perdita.»

«La ringrazio.»

Per alcuni secondi sembra perdersi in ricordi capaci di far nascere sul suo volto un sorriso ma, inconsciamente, non ce ne rende partecipi e così è Cat a prendersi l'incarico di tornare a parlare, con un rispettoso approccio.

«Quindi, Padre Carl, noi abbiamo una procedura da seguire?»

«Dovrete compilare dei moduli che riportino le vostre credenziali, seguire un incontro di gruppo con altri padrini e madrine, da me presenziato. Vi ricorderò alcuni capisaldi della fede, in una specie di grosso ripasso che mi auguro che possa essere utile alla vostra bambina.»

Il finale della frase suscita in me un doppio senso piacevole ma non mi lascio conquistare dalle fantasie.

«E poi sarete pronti per partecipare, con fede, al battesimo della piccola. Sfortunatamente non sarà facile organizzare una Messa in tal senso, per il sempre più ravvicinato appuntamento con il Natale, che cadrà tra pochi giorni, ma sono più che certo di poter riservare uno spazio esclusivo per un tale incontro, se per i genitori e per voi non è un problema.»

«Affatto.»

«Molto bene allora.»

Mi ero dimenticato l'imminente vicinanza al Natale. Il cuore velocizza i propri battiti al pensiero di trascorrerlo insieme a Cat, per la prima volta, nella nostra casa condivisa. È un piccolo passo avanti per quando ci compreremo un appartamento tutto nostro o una piccola villetta, lontana dalla città e vicina al mare, in modo che lei possa dipingere ed io possa respirare una salsedine in grado di riportare in vita le sinapsi e cancellare i brutti ricordi, una volta per tutte.

Non ho neanche pensato a compare un abete o un regalo adeguato. Che cosa le potrebbe piacere? Lei ha già provveduto?

Due anni, e due tentativi di indovinare i suoi gusti, a mio avviso ben riusciti. Il primo anno le feci una collana che ancora tiene appesa al collo, assieme alle altre, in oro, forgiata in modo tale che il pendolo a cuore potesse ospitare in sé due perle: un Opale di Fuoco e uno dei cristalli Waterford dell'Irlanda. In risposta, lei mi aveva regalato un cd in vinile particolarmente prezioso, essendo una delle prime incisioni del cantante con tanto di difetto di fabbrica, che lo rende caratteristico e inestimabile.

L'anno successivo mi ero sbilanciato in un'opera di falegnameria per poter realizzare un contenitore alle sue tele, che le permettesse al tempo stesso di passarle in rassegna, proprio come desiderava e non trovava da tempo. Di nuovo la risposta, azzeccatissima da parte sua, di ricambiare la premura con un altro oggetto di arredo che aveva preso posto in casa mia, ritenuto da lei essenziale: delle tende di color perlato perché dalle finestre con vista sul piazzale del treno, e appartenenti agli altri edifici considerabili mio vicinato, un uomo sulla sessantina non faceva altro che spiarci mentre facevamo l'amore e, che dire?, la cosa la faceva sentire non poco a disagio.
Una simile situazione, invece, mi faceva incazzare e ridere al tempo stesso, vista la bocca spalancata che aveva il tizio alla vista del corpo di lei. Rabbia e ironia. I baci di lei, però, spazzavano via la prima e non rimaneva altro che un dolce calore.

Ad oggi, però, non saprei davvero che cosa regalarle e ho bisogno di tempo per poterci riflettere. Inoltre, il prete limiterà il poco spazio che potevo concedermi per poter uscire da solo senza suscitarle sospetti, quindi dovrò essere cauto.

L'albero, però, ci tengo a comprarlo in modo da addobbarlo insieme.

Quali pensieri commerciali per un uomo che ormai ha perso la fede.

«Se potete compilare già i moduli lasciandomi il vostro numero di telefono provvederò a contattarvi per il giorno dell'incontro di gruppo. Avverrà tra poco, dovendo essere precedente al Natale.»

«Certo, non ci sono problemi», intervengo, afferrando il foglio che mi porge e lanciando un'occhiata a Cat in modo da esortarla, al seguito, a fare lo stesso e reagire.

La osservo compilare il modulo fin tanto che non sono costretto a dover estrarre la carta di identità, per poter confrontare un dato dal portafoglio, ed è così che assieme ad essa sporge anche la fotografia che mi ritrae insieme a mio padre e mia madre. La stessa che aveva analizzato Cat a Recanati.

Padre Carl la nota e non dice niente.
Non gli sarò mai grato abbastanza per non aver nominato mio padre di fronte a Cat e non aver così esternato, in pubblica piazza, il cattivo genitore che potrei essere, visto l'esempio che porto appresso.

Non sono il sangue che porto ma temo che mi muti, in un declino predestinato che non metterà nessuno in salvo. Né me né chiunque io possa amare.

Il materasso del nostro letto mi ospita facendosi carico dei miei pensieri, mentre continuo a fissare la mia fotografia di famiglia, componendo nella mente riflessioni che ad alta voce non vorrei esprimere, per non cadere vittima del loro carico.

Fortuna vuole che Cat decida di raggiungermi proprio nell'istante in cui la mente sta per perdersi nei più neri abissi, abbandonandomi a un silenzioso coma. Con se, la mia gatta, ha portato un fantastico sorriso e anche un libro che sembra essere un atlante, e mi suscita non poca curiosità.

La fisso con uno sguardo che è interprete di una domanda e lei decide di rispondergli.

«Oggi, in chiesa, mi hai chiesto che significato può avere il velo. Per la verità, nell'arte, ne ha molti di significati, e dei più disparati.»

Con un sorriso decido di appoggiarmi su di un fianco, scaricando il mio peso sul gomito sinistro che è posato sul materasso, mettendo da parte la foto di famiglia, assieme al portafoglio, e osteggiando un comportamento abbastanza da "macho" che vorrebbe prenderla in giro per la sua idea. Perché ho capito che Cat tenta di distrarmi, forse già a conoscenza come è del filo rosso dei miei pensieri, e provi con tutta se stessa a cambiarvi di marcia, introducendo un argomento all'apparenza poco interessante ma accattivante, se enunciato da lei.

«Sono tutto orecchie.»

«Questo libro mi è molto caro, sono riuscita a conseguire la laurea grazie a lui quindi vedi di trattarlo bene.»

«Giuro di non stropicciare le pagine.»

«Come ti dicevo ci sono molti significati nei veli rappresentati in pittura.»

Partendo nello spiegare, ha già assunto una posa che più si confà alla comodità che alla severità di una delucidazione: stesa a pancia in giù, ha lasciato che le braccia conserte appoggiassero alla copertina marrone del libro, in modo da posare nel loro incastro il proprio mento, fissandomi così dritto negli occhi. Questa visione di lei, molto tenera nella sua fragilità, fa uscire un sospiro leggero dalla mia cassa toracica che le smuove appena pochi capelli.

«D'accordo, e per esempio?»

«In alcuni casi si parla di "diaframma", o "quinta" se più aggrada.»

«"Quinta"?» Domando, incuriosito. «Come quella del teatro?»

«Proprio così, nel senso che serve a parare il corpo in modo che sia sfuggente, ed in parte ambiguo. Censurato, per capirci. Si parla quindi di erotismo, di sessualità ma c'è anche la lettura di un ritorno al passato, al ricordo dei costumi greci e romani fermati sulle spalle o sulla vita con delle spille. Queste sono delle due letture principali ma se ne accavalla anche una terza: il velo ci accompagna dalla vita alla morte, è il manufatto che ci accoglie in fasce, ci accompagna all'altare e ci veste di lutto, dentro la bara, in una distinzione tra bianco e nero a seconda della finalità.»

Assorbo le sue parole ed inevitabilmente si accavallano immagini di noi, di quello che è il nostro passato.

«Volendo rimanere nel tema dell'amore per l'arte italiana c'è un dipinto, ad opera di Tiziano, che si intitola "Amore sacro e amor profano"», prosegue aprendo il libro a una pagina che aveva già segnalato, e mostrandomi il dipinto che è in procinto di raccontarmi.

«Le due figure femminili, interrotte dalla presenza del bambino al centro, rappresentano questi due tipi di amore. Come si può analizzare già da una prima lettura del quadro, l'amore profano viene esaltato nella sua felicità, nella sincerità visibile anche attraverso le sue vesti, che sono unicamente due veli, uno rosso e l'altro bianco. Il rosso gira attorno alle spalle e mette in risalto il seno scoperto, indicatore della femminilità. L'amore terreno, invece, è vestito di tutto punto, e nella sua barriera mostra anche lo sfoggio di guanti e scarpe, dando un completo distacco dall'altro.»

Si ferma solo perché mi vede sorridere, tacendo di fronte alle parole che non sono in grado di esprimere.

La volta in cui ho presenziato mezzo nudo alla sua lezione con quel drappo di seta bianca in vita, quando siamo andati al cinema insieme e lei era vestita di tutto punto, quando abbiamo fatto l'amore per la prima volta e subito dopo lei si era tappata con un lenzuolo, celandomi la sua nudità.

Il cuore galoppa nell'analizzare il nostro tipo di amore, il mutamento da terreno a profano, quel distacco celestiale che ci ha permesso di ricongiungerci con una sincerità che il mondo ci aveva fatto perdere.

Senza pronunciare, a mia volta, una sola parola mi accosto a lei, spingendola a sdraiarsi sulla schiena. Braccandola dall'alto la trovo che mi fissa, poco più in basso, e addosso non ha che una canotta da casa, dei pantaloncini corti e nulla di più. Nulla che mi impedisca di far passare le mani sul suo corpo e, privarla di questi pochi stracci, lasciarla solo con gli slip, dal momento che non indossava il reggiseno.

Afferro il bordo del lenzuolo sulla cima del letto e lo poso leggero sul suo corpo. La trasparenza del materiale lascia intravedere la sua pelle e anche il piccolo capezzolo che era stato volutamente coperto. Dal freddo si è irrigidito, e forse i riscaldamenti non sono molto forti in questa casa da far fronte all'inverno, ma non mi importa se una mancanza simile spinge a una somiglianza con l'eccitazione. Non mi interessa.

La fisso dall'alto e mi perdo all'interno del suo celeste cielo.

«Che cosa vuoi dirmi, Cat? Lasci sempre delle spiegazioni tu ma non trai mai conclusioni» espiro a pochi centimetri dalla sua bocca, vedendo i suoi occhi che si chiudono solo per leggeri istanti prima di tornare ai miei.

Non mi delizia di una risposta e lascia che le mie mani le percorrano la pelle, perlustrando alla ricerca della soluzione.
L'epidermide si increspa di brividi ma le sue pupille non si distanziano dalle mie, nonostante seguano il tragitto del suo splendido viso, soffermandosi sulla morbidezza delle sue labbra.

«Sei "l'amor profano"? Sei una donna intrappolata, e libera, dentro dei veli?»

Poso la bocca sulla sua in un bacio leggero, puro quanto pieno di peccato.

«Sono una donna innamorata, che sta provando a maturare tramite un rapporto sfiancante, con un uomo tanto affascinante quanto impossibile.»

«Non male.»

«Una donna che ha imparato ad amare la sua prigionia quanto la sua libertà, o almeno sta provando a farlo.»

«Cat... tu sei troppo. Dico sul serio», confesso appoggiando la mia fronte sulla sua, respirando il suo profumo, ad occhi chiudi. «Sei troppo per me, sei troppo per chiunque.»

Le sue braccia mi uniscono, mi tengono insieme, ed io mi abbandono al piacevole calore della loro stretta, al conforto che può darmi questa donna, questa Dea che nemmeno un quadro del millequattrocento saprebbe rappresentare.

Non parla, decidendo di lasciarmi solo piccoli baci in viso, lungo il collo, che tanto sembrano voler smentirmi ma non mi curo di loro.

Ricambio la sua stretta godendomi il suo calore ed è solo in questo istante, accostato al suo petto nudo in una sincerità assoluta, in questa confessione diretta, che mi accorgo verso quale meta si siano desiderate spingere tutte le parole che non mi ha voluto dire, e che si sono rivelate briciole di un percorso costellato da indizi.

Solo adesso, solo stretto a lei mi rendo conto della verità che ci è stata posta dinanzi. Il velo rosso dipinto in quel quadro di Tiziano, quella promiscuità, quella sincerità profana, quell'amore, tutto questo... sono io.

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