Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

2- La gazza ladra

Credo che il caffè migliore lo facciano al "Varnish" sulla 118 Evenue, con parcheggio annesso, ma vista l'ora pomeridiana e la propensione nel servire con spettacolo dal vivo compreso e musica ad alto volume ho scartato l'idea, optando invece per una proficua conversazione nonostante la rossa, al mio fianco, non abbia osato farsi sfuggire nemmeno una parola nel corso della nostra tratta.

Quindi siamo venuti qui, all' "Urth Caffè" nella DownTown, dove non avrei mai pensato di tornare, unico centro cittadino di Los Angeles. Ci siamo accomodati all'esterno del bar, sedendoci alle sedie di un tavolino pericolante in alluminio, ed ora, di fronte a questa tazzina servitaci con gran puntualità dal cameriere, ci fissiamo negli occhi, decidendo a chi possa toccare di fare la prima mossa.

Credo di essermi sbilanciato fin troppo con l'ultimo discorso, e che ora il turno spetti tutto a lei, ma Katrina non si lascia mettere fretta. Recupera il cucchiaino dal piccolo e decorato piatto al fianco della tazza e gira lo scottante liquido nero, nonostante non ci abbia versato nemmeno una bustina di zucchero.

Dunque ci sono davvero donne che lo prendono amaro?

«Allora?» La sollecito, convinto che altrimenti potremmo restare tutto il giorno avvolti nel silenzio. Non che la cosa mi dispiacerebbe, percepisco un'insolita calma stando in sua presenza, ma sento come il bisogno di ascoltare nuovamente la sua voce, e che questa mi confermi ciò che ho già avuto modo di capire.

Per congratularmi con me stesso forse?
Forse.
Non sono un tipo modesto.
Mentre lei è una tipa stranamente riservata, se lo vuole.

«Allora?» Mi rimbecca.

«Non parli più? Non vuoi dirmi niente?»

«E tu, non vuoi chiedermi niente?»

Sorrido, pensando al fatto di aver sempre odiato chi risponde a una domanda con un'altra domanda, ma con lei lascio correre, liberando la mia curiosità.

Ci sono un sacco di cose che vorrei chiederle. Per prima da chi ha ereditato la bellezza, tanto provocante da appartenere a un diavolo, tanto pura da essere di un angelo. Donna, semplicemente donna, in ogni sua parte, nel profondo degli occhi, nelle curve dei fianchi, in quelle pericolose che detta il seno, tra le gambe.
L'ho fissata attentamente per più di una volta, e non posso negare di non sentirmi attratto da lei, ma cos'è che mi stuzzica di più, il suo corpo o la sua testa? Bel dilemma al quale vorrei dare pace, quindi forza, rossa, apriti con me, parlami così che insieme riusciamo a capire.

È più bella la tua bocca o il tuo cuore?

«Solo una cosa per il momento.»

È di vitale importanza che risponda. Ho bisogno di capire.

«Porgimi la tua domanda, allora.»

«Chi sei delle due, la bambina ... o la donna?» Ripeto.

Sei ingenua e sincera, pura, oppure distaccata e sensuale, distante?

«Preferiresti una delle due, in particolare?»

«Mi piacerebbe ritrovare la bambina che ho conosciuto in biblioteca. Con lei mi sono divertito molto» confesso, in attesa di una sua risposta, e passa un'interminabile istante.

Il cameriere di poco prima procede al nostro fianco, ma la donna francese sulla cinquantina, poco più indietro di noi, ha lasciato la borsa ad ostruire il passaggio e questi è destinato a perdere l'equilibrio, rimanendo fortunatamente in piedi e rovesciando, di nuovo baciati dalla fortuna, semplicemente i condimenti che aveva tolto dai tavoli sopra il nostro.

Velocemente sono riuscito ad afferrarlo al di sotto delle costole. Non che ce ne sia stato bisogno ma gli ho dato la giusta stabilità per rimettersi in piedi. Il suo volto comunque si è fatto pallido.

«Va tutto bene?» Domando attento, e Steve, come riporta il cartellino, annuisce rivolgendo a entrambi un sorriso.

«Certo, scusate per l'interruzione e il disagio», ci risponde con educazione, prendendo velocemente i contenitori in vetro rimasti integri dell'olio e dell'aceto.

«Non si preoccupi, basta che non si sia fatto niente lei», risponde con cortesia Katrina, aiutandolo, per poi iniziare a recuperare il poco sale rimasto sul tavolo così da crearne una piccola montagnina in un angolo, che Steve nemmeno nota.

«Tutto bene, tolgo il disturbo» gli sentiamo dire di fretta, una volta sgomberata la nostra postazione. Poco dopo scompare, lasciandomi a osservarla accatastare ancora granelli di sale, creando un piccolo avvallamento alto la larghezza di un dito, e poi, come se fosse normale, farlo scorrere lungo il restate tratto del tavolo, recuperarlo da sotto con l'altra mano, e in un gesto veloce tirarlo dietro sé, oltre la spalla sinistra.

Per poco non scoppio a ridere.

«Sei superstiziosa?» Ed è quasi scontato da chiedere.

Ecco però che i suoi occhi sono tornati puri, mentre mi fissa con lo sguardo di chi è stato sorpreso con le mani nel sacco.

Bambina.

«Almeno che tu non mi abbia preso per una pazza, penso che con questo gesto si sia abbastanza capito, purtroppo.»

«Un po' pazza sei» la beffeggio, e alla mia risposta aggrotta appena la fronte, giustamente offesa. «A cos'altro credi?»

«Sono atea se proprio vuoi saperlo.»

Quello anche io.

«No, intendevo a livello di superstizioni.»

«Beh, a tutto» ammette tranquilla, come se avessi detto una fesseria, ma sorrido nonostante sia io quello a poter venire deriso.

«Un altro lato di te che non conoscevo, prima di questa uscita.»

«Michael?»

«Sì?»

«Credo di essere la bambina.»

Scoppio a ridere, tanto da scoprire i denti e far trasparire la mia felicità. Tanto da contagiarla.

«Sì, lo credo anche io.»

«Preferivi la sensuale donna in verità, basta che tu lo ammetta. Lo capirei, sei uomo in fondo.»

Quanto può essere sciocca.

«Sei sensuale pure tu, Katrina. Non l'avrei preferita a te» confesso schietto, e devo averla destabilizzata.
Le servono alcuni attimi per tornare a parlare.

«Divento così solo quando partecipo a una delle mie mostre. Stare in quei posti ... mi soffoca. È come hai detto tu, l'arte la considero privata.»

Non era difficile pensare che una bambina tanto esuberante potesse chiedere qualcosa solamente per sé.

«Allora perché vendi le tue opere?»

«Ho bisogno di soldi per pagarmi la retta universitaria. Lo so, è una scusa parecchio scontata, ma non riesco a fare altro. Non ho tempo, con lo studio, di lavorare part time e dipingere mi fa stare bene, quindi sono costretta a questo per continuare. Alle volte lo affianco ad altri lavori quando i soldi non bastano. Tutto qui.»

«Se vuoi che diventi la tua professione devi affrontare questa sensazione che provi e cercare di perderla.»

«È quello che sto tentando di fare.»

«Per questo ti sei messa tutta quell'armatura d'oro?» Chiedo, facendo inevitabilmente riferimento ai gioielli che aveva indosso, e la vedo sorridere, priva di una qualsiasi difesa.

«Erano una provocazione verso l'uomo per cui lavoro. Lui mi considera una merce e così... lo sono diventata. "Diamonds are a girl's best friend", non trovi?»

"'Cause we are living in a material world
And I am a material girl".

«Ma ora parliamo di te Michael, chi sei realmente, cosa fai nel tuo tempo libero?»

«Io sono un attore. Studio e recito all'interno dell'università, ho fatto teatro. In verità è da anni che mi esibisco ma solo da due sono riuscito a far parte di una compagnia, capitolata dall'insegnante del corso, Miranda, e con loro lavoro, quasi tutti i pomeriggi.»

Katrina mi osserva piacevolmente stupita, con le labbra appena discusse e il cucchiaino ancora immerso in una tazzina ormai vuota.

«Sei un attore...», ripete, rielaborando, «... quindi non saprò mai chi sei davvero.»

Scoperto, lascio sfuggire un sorriso. Non può che aver detto la pura verità.

«Accetteresti il rischio?»

«Solo se guidata da un giusto scopo.»

«E potresti ottenerlo?»

Socchiude gli occhi, arricciando le labbra e volendomelo nascondere. «Forse. Forse si. Forse no.»

Un forse non è un no.

«Dove è di preciso che reciti?»

«All'Orpheum.»

«Però... è bello grande.»

«Sì, ma l'acustica è delle migliori.»

«Non c'è altro di te che dovrei sapere?»

«Per esempio?»

«Quali sono i tuoi suoni preferiti?»

Per la seconda volta da che sono con lei la sorpresa mi prende in contro piede.

«I miei suoni preferiti?»

«Sì, cosa ti piace ascoltare? E dimmelo senza pensarci troppo, veloce, veloce!»

«Okay, okay, allora il morso dato ad una mela, il suono del violino, lo scoppiettio del fuoco e l'applauso. A te?»

«Il rumore che fanno le foglie secche dopo che le hai calpestate, quello di un tappo stappato, il suono dei poc-corn mentre vengono fatti e il verso dei gabbiani.»

Stupito, sollevo le sopracciglia. «Spiegameli.»

«Hai capito che c'è una psicologia dietro, a quanto pare.»

«Immagino che la velocità ti porti a rivelare la persona che realmente sei.»

«È proprio così.»

«Allora, se mi permetti, provo a indovinare.»

Il suo silenzio è un assenso e così, per la seconda volta nella giornata, mi avvicino sempre di più a leggere nella sua mente per carpirne i segreti. Ognuno di noi ne ha qualcuno, e forse i suoi sono profondi quanto i miei.

«Parto dal tappo stappato: felicità? Mi da modo di ricordare momenti di festa passati in compagnia, qualche compleanno o semplicemente una cena. Questo vorrebbe dire che in fondo sei davvero una persona allegra, e questo vale anche per i poc-corn, non mi dai che modo di confermarlo. Direi che possono essere paragonati alla spensieratezza, e al tempo stesso alla forza, di quella bambina che ho conosciuto in biblioteca, piena di curiosità mentre analizza il mondo e l'autunno di cui a un tratto questi si veste, con il suo mantello di foglie secche. Ma resta il volo dei gabbiani il mistero più grande: simboleggiano la libertà, vuoi fuggire da qualcosa che ancora non mi vuoi rivelare, e che hai nascosto dietro le rime di una filastrocca dentro quel dipinto.»

«Te l'ho detto ... è ancora troppo presto per rivelarti il mio cuore.»

«Ma sto imparando a conoscerlo, giusto?»

A dispetto di tutto il galateo impartito alla società nel corso degli anni, la rossa a me davanti posa entrambi i gomiti sopra al tavolo, ed è solo l'eleganza del gesto che la salva dalla maleducazione, una cosa a cui io punto molto, le formalità, allo stesso modo con cui mi piace che vengano infrante.

«Oggi è già la seconda volta che mi sottoponi alla tua indagine, quindi adesso, se permetti, vorrei ricambiare il favore. Che cosa è che nascondi, uomo del mistero? Che persona sei realmente?»

Osservo attentamente quegli occhi trasparenti, pronto a porgerle quella sfida.

«Prova a dirmelo tu.»

Indaga. Con gli occhi, con i gesti, per pochi istanti.
Quando torna a me la risoluzione le macchia lo sguardo.

«Con le tue parole non mi hai detto niente che già non avessi capito: sei un uomo passionale. Lo scoppiettio del fuoco, il suono del violino... mostrano un animo estremamente romantico, ma ecco che poi si affaccia l'erotismo e il peccato, dato da quel gusto di mela, forse mi sbaglio?»

Arriccio il labbro e non le rispondo, ma credo che possa benissimo farlo il mio sguardo. Fisso su di lei e sicuro, come sono sempre stato.

«Quello che non mi spiego... è l'applauso.»

«Come ti ho detto sono un attore.»

«Si ma cosa cerchi su quel palco? Riconoscimenti? Meriti? Attenzioni?»

La maschera cala sul mio viso, impedendole di leggermi dentro.

Forse ... cerco tutti e tre.

Era veramente lei che, fino a pochi minuti prima, aveva affermato con assoluta certezza di non poter mai venire a conoscenza dell'uomo che sono davvero? Eppure... quante ne ha indovinate?

«Non vuoi dirmelo? Ancora non lo sai?»

«Io mi conosco, ma ho deciso di non volermi rivelare completamente al primo appuntamento. Sai, un uomo deve crearsi un pretesto per poter essere rivisto.»

«Il primo appuntamento?»

«Beh, come lo definiresti?» Apro appena le braccia con un sorriso, e lo vedo, l'ho sorpresa, ma anche contagiata di un dolce divertimento.

«Nessuno uomo mi aveva mai portata in un bar per il primo appuntamento.»

«Immagino che la freddezza di un tavolo lussuoso, del ristorante da loro scelto, fosse il giusto incentivo a permetterti di scioglierti e imparare realmente a conoscerti», la beffeggio, e lei colpita apre appena la bocca giocando con la lingua, portandola contro i denti e le labbra, allontanando lo sguardo.

E non si riteneva sensuale?

«Colpita... e affondata.»

«Sono sempre stato bravo a battaglia navale.»

«Si vede, sei uno stratega. Immagino che tu sia un asso anche nel poker...»

Beccato.

«... e immagino anche tu abbia avuto molte ragazze...»

Ormai mi sono abituato alla sua schiettezza, dal momento che probabilmente può non rivelarsi vera forza ma semplice scudo alla sua fragilità. Glielo lascio ancora in piedi, rimanendo sulle mie distanze.

«E tu? Quanti uomini hai avuto?»

«Meno amanti dei tuoi, mi viene da pensare. Con quegli occhi che ti ritrovi posso esserne quasi certa.»

Eccola dinanzi alla fragilità. Abbassa i suoi, di occhi, e quindi decido di darle un piccolo colpo di grazia. Afferro il mio pacchetto di sigarette, estraendone una che constato essere quella voltata, destinata al mio giorno fortunato, e me la faccio passare sulle labbra abbassando il tono di voce.

«Stiamo ancora parlando di donne... o di uomini?»

Corre di nuovo a me con lo sguardo ed io rafforzo la presa della sigaretta tra le labbra, recuperando l'accendino dalla tasca della giacca e accendendone la fiamma.

Un mezzo sorriso le increspa le labbra, ed io rimango stregato da quel riccio creato all'angolo.

«Visto? Come avevo detto, puro peccato. Potresti essere un diavolo Michael... », afferma, e non posso darle torto conoscendo il mio passato, «... ed io ho già molti demoni contro cui combattere», termina il suo discorso mentre devio da un lato la traiettoria del fumo.

Nel linguaggio degli accaniti consumatori di questi pacchetti di morte, soffiare quella nebbia di respiro sul volto di un altra avrebbe lasciato intendere la chiara intenzione di volerci andare a letto ed io dopo aver visto quei seni, quei fianchi, quella bocca, dopo essere caduto nella trappola di quegli occhi, devo dire di essere realmente tentato nel vedere se anche lei sappia ciò che significa, e se la risposta fosse sì... allora cosa farebbe? È attratta da me?
Provo ad analizzarla, scoprendo con piacere che, messa da parte la sua possibile ingenuità, anche lei sarebbe una perfetta giocatrice di poker.

Purezza e sensualità. Esiste forse un connubio migliore?

«Non puoi saperlo, se prima non provi», le rispondo prestando la massima attenzione ad ogni sua possibile mossa o particolare. «Solitamente usi la scusa del non conoscere per evitare?»

«Solitamente uso il mio istinto.»

«E che cosa ti sta suggerendo, al momento?»

Sono divenuto io la tela da esposizione ed ora è lei a tentare di decifrare il mio messaggio.

«Mi sta dicendo che solitamente non ti apri mai così tanto con una donna, ma per qualche motivo con me ti sei trovato a farlo. Dice la verità?»

«Sì.»

«Perché?»

«Perché tu? Vuoi la sincerità, Katrina?»

Annuisce lentamente, senza allontanare gli occhi, ed è così che sono io stesso a rivelare il mistero dietro al mio quadro. Sono io ad essermi trovato in questa soleggiata giornata, su di una sedia di un cittadino bar, ad aprire il mio cuore ad una persona appena conosciuta tre settimane prima, ma che nella mia testa ha albergato giorno e notte. Nelle mie pause in biblioteca, mentre passeggiavo in cortile, mentre passavo dinanzi alla sua sede di ritorno verso casa, mentre sfogliavo "il trionfo della morte" tante di quelle volte da rovinarne le pagine. Mentre recitavo di fronte a una donna, che altro non faceva che ripetere a mente dialoghi e riflessioni offerti da un asettico copione, completamente privo della magia con la quale ci eravamo avvinti, io e lei, dando vita a una complicità unica per persone normali come noi.

Persone vere, di tutti giorni, che non hanno mai vissuto la storia di una favola, ma che possono trovarsi insieme forse a scriverla, basta prendere in mano la penna.
Cosa ci separa adesso, Katrina, dal firmare quel contratto? Poche e semplici parole che tra poco sto per dirti, in grado di portarci a stringere, in una sola, le nostre separate mani e stipulare con una firma quell'accordo che probabilmente ci legherà per sempre.

Fa paura a molti congiungersi così, ma a noi? Noi veramente abbiamo paura dell'amore, di provare qualsiasi tipo di sfumatura, emozione e paura in grado di farci battere il cuore? Davvero siamo come gli altri, nati per spaventarsi con questo soltanto?

«Mi hai stregato, Katrina, dalla prima volta che ti ho vista, mi hai stregato, ed oggi, con quel quadro, con queste parole che non dici stai cucendo le tue fila intorno al mio corpo. Non so come altro spiegarlo, può sembrarti una pazzia... ma da quella corsa in biblioteca non ti ho mai dimenticata.»

E spero solo che lei non sia come tutti gli altri, che si fermano dinanzi alle apparenze, ai dogmi, alle formalità. Spero che le sue paure non si nutrano di queste insicurezze che ci sono state imposte, ma che, anzi, vengano abbeverante dalla fonte della sua pura sorgente, in cui qualcuno ha osato versare del veleno, per marchiarla. Potrei berlo, ed estinguerlo del tutto. Poi lei, con le sue mani di fata, mi riporterebbe in vita dando inizio al nostro nuovo mondo. Possiamo farlo, Katrina se solo tu ci credi.

Queste cose non avvengono solo nei film. Anche nella vita vera può accadere il colpo di fulmine.
Sono stato folgorato, intrappolato in una rete fitta di misteri, e adesso mi avvince confusione ed emozione.

Insicurezza, grinta, fragilità, passione, desiderio, gioia... tutto in un pacchetto unico offertomi e che voglio scartare, per poterlo stringere e rendere parte di me.

La pensa anche lei allo stesso modo? Cupido può avere fatto il suo compito, attraverso quelle sue mortali frecce?

Per pochi istanti gli occhi di lei si staccano, questione di un secondo per farsi vincere dalla sorpresa e da una strana allegria, e tornare quindi verso i miei.
Sento le sue mani posarsi su entrambi i lati del mio viso, e vedo il suo farsi più vicino.

«Non voltarti.»

«Perché?»

«Non farlo. Per nessuna ragione.»

«Che significa?»

«C'è una gazza ladra, alle tue spalle.»

Resto immobile come mi ha ordinato, tanto vicino alle sue labbra da percepirne il respiro.

«Si tratta di una superstizione, non è vero?»

«Non devi voltarti!»

«Cosa succederebbe se lo facessi?»

«Avresti poche possibilità di rivedermi... e di innamorarti di me»

Le sue dita nude, prive ormai di decori, sono gelide contro le mie guance ma non provo ad allontanarle minimamente, lasciandomi sfuggire nient'altro che un piccolo sorriso, al suono di quelle parole.
Il cuore in petto, invece, chiede pietà.

«Vuoi rivedermi, dunque?»

«Non mi hai ancora rivelato veramente la persona che sei, giusto?»

«Giusto» confermo a voce bassa, lo stesso tono con cui mi si sta rivolgendo, essendo tanto vicini.

«È volata via?» Le domando, e lei con un solo movimento dello sguardo riesce a costatarlo.

«Si, è andata via. Potresti avere ancora qualche chance.»

Ma io non ho bisogno di nessun aiuto da parte del destino per innamorarmi di lei. Vedendo quel quadro l'ho già fatto. L'ho fatto ascoltando la sua risata e il candore della sua anima.
E presto, se non le è bastato questo bar, lei potrà dire lo stesso ... e rimarrà solo ed esclusivamente al tempo l'arduo compito di confermarlo.




Orpheum Theater, LA

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro