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Parte 37 - Ricominciare a vivere

Cobra rientrò a casa completamente sfinito.

Realizzò di aver toccato il fondo.

Il suo percorso era stato una lunga discesa, solitaria e triste, di inciampi ed errori. Nessuno era sopraggiunto per alleviare le sue pene, per limitare i suoi sbagli o per guidarlo nel mare in tempesta. Nel momento del bisogno erano spariti tutti, anche quei pochi che avrebbero potuto aiutarlo.

La sua vita era un disastro e la sua mente un tumulto.

La sua realtà ingestibile.

Stanchezza e sconforto amplificavano la sua disperazione. Nessun abbraccio, nessuna tenerezza, nessuna parola di conforto giungeva in suo soccorso. Solo assenze che venivano riempite di pensieri infelici e strazianti. Senza fermare la sua furia il dolore lo colpiva allo stomaco, al cuore, alla testa. Si trovava in un vicolo senza uscita, intrappolato nella sua stessa esistenza, con il peso del passato che lo schiacciava e il futuro che sembrava privo di speranza. Risposte non ne aveva e il silenzio si prendeva tutto ciò che restava.

Si girò attorno guardando nel vuoto, poi si lasciò cadere sul divano. Lo zaino era posato al suo fianco. Lo aprì e prese la pistola. La guardò, la alzò e lentamente se la puntò alla tempia. Pensò che in fondo la sua scomparsa non sarebbe dispiaciuta a nessuno. Così avrebbe risolto imbarazzi e silenzi, frustrazioni e sofferenze. Provò a farsi coraggio. Doveva solo tirare il grilletto e poi tutte le sue angosce sarebbero finite. Sparite come d'incanto.

Mentre stringeva la pistola col dito sul grilletto, un ricordo luccicò nella sua mente: il viso sorridente di Dorina la sera in cui si erano incontrati per la prima volta. Per un momento rimase immobile. Quello sprazzo di felicità gli balenò davanti agli occhi facendolo esitare. Scese la mano, e poi, sopraffatto dall'emotività, scagliò con rabbia la pistola contro il pavimento, distruggendola in mille pezzi.

Era in uno stato confusionale, non capiva cosa fare né dove andare, ma sapeva che non voleva più provare quella sensazione devastante che lo aveva portato a puntarsi la pistola alla testa. Col cuore stretto in un pugno aprì l'armadietto delle medicine, ingoiò parecchie gocce di psicofarmaci dal sapore amaro e uscì di casa. Senza stimoli e obiettivi cominciò a vagare senza meta. Camminò per ore, senza accorgersi del tempo che passava. A notte si fermò in un parco, e si sedette su una panchina cercando di placare la sua mente smarrita e agitata.

Il giardino era tranquillo e silenzioso. Solo il fruscio delle foglie sugli alberi spezzava il silenzio. Un'oasi di pace in mezzo al caos della città. Le luci creavano ombre illuminando il suo viso segnato dalla disperazione. Pose le mani sulle ginocchia incapace di andare avanti. Il mondo intero gli era crollato addosso.

Per calmarsi si sdraiò sulla pietra fredda e, a poco a poco, sotto l'effetto degli ansiolitici, si addormentò.

Si risvegliò che era l'alba del giorno dopo, con gli uccellini che cinguettavano tra gli alberi e la brina che copriva ogni cosa.

Stordito e con la schiena a pezzi tornò a casa che il sole era già alto sopra l'orizzonte. Quando entrò nel suo monolocale notò che la stanza era polverosa e in disordine. Il letto sfatto, i piatti sporchi, i vestiti buttati in giro, i resti della pistola sparsi a terra. Nemmeno ricordava l'ultima volta che aveva fatto le pulizie o messo in ordine.

In quel mentre sentì il suo cellulare squillare, ma non capì. Il suono arrivava da un luogo indistinto. Erano giorni che non lo guardava. Del resto, non lo chiamava mai nessuno. Lo cercò e lo trovò ficcato nell'incavo del divano. Quando lo prese in mano si stupì. Vide parecchie chiamate perse e alcuni messaggi non letti.

Incuriosito e sorpreso, sbloccò il suo cellulare per capire cosa stesse succedendo.

Tralasciò le chiamate e si concentrò sui messaggi.

Il più vecchio era addirittura del giorno prima. Arrivava dal suo avvocato. Strinse i denti. Lo aprì e lesse cosa c'era scritto con i brividi lungo la schiena. «Ciao Cobra! Ho provato a contattarti in tutti i modi ma non sono riuscito a raggiungerti. Ho avvisato pure il tuo amico Ismaele al numero che mi hai lasciato, avvisandolo. Volevo dirti che abbiamo vinto su tutta la linea! L'analisi delle comunicazioni intercorse tra te e Birgitte e registrate dai tuoi dispositivi e dai suoi ha provato in forma chiara che non c'erano le basi per una denuncia per stalking. Le prove raccolte hanno permesso di smontare tutte le accuse. È stato anche riconosciuto che le foto allegate erano un falso e che non vi era nessuna connessione con la pedofilia o la pedopornografia. Cobra non hai fatto nulla di male! Il pubblico ministero ha convenuto che sei stato solo un po' troppo brusco con la ragazza, uno stile che devi sicuramente correggere, ma nulla di più. In definitiva ha deciso di accettare la nostra richiesta di archiviazione e il giudice l'ha approvata in via definitiva. Inoltre, ti è stata riconosciuta un'indennità per ogni giorno che hai passato in carcere e il pagamento di tutte le spese processuali. Non poteva andare meglio! Buona vita!».

Cobra rimase senza parole.

Per l'emozione sentì il cuore esplodergli nel petto.

Le gambe gli si fecero molli e si piegarono fino a metterlo in ginocchio. La commozione prese il sopravvento e Cobra unì le mani in forma di preghiera e di ringraziamento.

Il messaggio risaliva esattamente al momento in cui stava parlando con Birgitte. Forse anche lei era stata informata dell'esito del procedimento e per questo era uscita di casa soffermandosi a parlare per scaricare la tensione.

Non poteva crederci!

Si rese conto dell'assurdità. Se avesse compiuto la sua vendetta l'avrebbe uccisa appena pochi minuti dopo essere stato scagionato da tutte le accuse.

«È pazzesco...», affermò senza darsi pace. «Anche se la storia non si fa con i se e i ma, stavo per fare una cosa tremenda», mormorò con l'espressione sconvolta.

Senza ragionare troppo, riprese il telefono in mano e con trepidazione scorse gli altri messaggi.

Il secondo era di Ismaele: «Ciao amico! Mi ha telefonato il tuo avvocato perché non riusciva a contattarti direttamente. Mi ha detto che sei stato assolto. Sono passato da casa tua per festeggiare, ma non ti ho trovato. Fatti vivo!». Cobra lo riguardò. Era deluso da Ismaele ma, piano piano, la diffidenza nei suoi confronti lasciò il posto a un flebile entusiasmo. Lo gratificò il fatto che aveva preso l'iniziativa.

L'ultimo messaggio era di Dorina.

Questo lo lasciò senza parole: «Ciao Cobra, sono veramente molto dispiaciuta per averti ignorato in questo periodo per te sicuramente difficile. Non avrei dovuto dubitare della tua innocenza, ma lo shock subìto mi ha completamente bloccata. È stata una mancanza che adesso mi duole molto ammettere. Sono affranta. So che le mie scuse possono sembrarti vuote, soprattutto dopo questo lungo silenzio, ma vorrei davvero rimediare alla mia assenza di spirito.

Se accetterai di perdonarmi sarò felice di incontrarti e parlare.

Un abbraccio, Dorina».

Mentre un raggio di sole illuminava il suo viso, gli occhi gli si riempirono di lacrime. Un respiro profondo non fu sufficiente a fornirgli tutto l'ossigeno di cui aveva bisogno.

Piegato e sopraffatto dall'emozione restò in quella posizione per un tempo indefinito piangendo come non aveva mai fatto prima.

«Non può essere vero», continuava a ripetere.

Solo dopo che si fu calmato si rialzò in piedi.

Incredulo rilesse tutti i messaggi affinché ogni parola venisse assorbita e metabolizzata dalla sua testa. Voleva essere certo che non stesse sognando e nel dubbio si diede un pizzicotto sull'avanbraccio, che oltre al dolore gli lasciò un segno rosso evidente.

Rinfrancato, provò a darsi una sistemata andando a sciacquarsi il viso. Guardandosi allo specchio vide i suoi occhi illuminati da una luce diversa. Dal profondo della sua anima un barlume di speranza era tornato a riaccendersi.

L'universo tornava ad accoglierlo.

La strada davanti era ancora incerta, ma il desiderio di amare ed essere amato bruciava nel suo cuore come una fiamma ardente.

Seduta stante decise di dare un taglio netto al suo passato, di mettere da parte rancori, rimpianti e amarezze. Di perdonarsi e perdonare, di non pensare più a niente che non fosse il suo futuro.

Ora aveva una nuova missione da affrontare.

Ricominciare a vivere.

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