Parte 36 - Errori ne ho fatti
Cobra, intimorito, si voltò di scatto con un sussulto.
Una ragazza dagli occhi scuri e il sorriso accennato lo stava fissando da dietro a un paio di occhiali da vista. «Scusa non volevo spaventarti».
«Tranquilla», replicò Cobra preso in contropiede.
La tipa indossava un paio di leggings e una canotta leggera, con una stampa che rifletteva la sua passione per gli animali. In testa portava un cappellino che lasciava liberi i lunghi capelli. «È che negli ultimi giorni dalla mia finestra ti vedo spesso seduto su questa panchina e mi stavo facendo delle domande. Posso aiutarti in qualche modo?», continuò la ragazza.
Cobra la guardò bene e la riconobbe.
Era lei: Birgitte!
Non poteva crederci. Da dove era spuntata?
Lei non lo aveva riconosciuto. La barba lunga, i capelli arruffati e il viso scavato eclissavano completamente la sua fisionomia di un tempo. Almeno quella che lei, forse, aveva memorizzato prima della denuncia.
Cobra fu spiazzato.
Non se lo sarebbe mai aspettato di vedersela davanti così, in carne e ossa, a parlare con lui. Portò di scatto la mano sotto la felpa e l'appoggiò sulla pistola, ma si bloccò esitante. La sua mente era dominata da ansia e paura, sentimenti che gli stringevano il petto e gli faceva venire i brividi lungo la schiena. In quel momento non ebbe l'ardire di tirarla fuori e fare fuoco. D'impulso invece rispose: «No, grazie. Apprezzo la tua offerta. È solo un momento così. Passerà», replicò disorientato.
Birgitte teneva il suo cane al guinzaglio e non si allontanò. «Ti capisco. Ogni tanto me lo ripeto anch'io. "Passerà" è una parola che ultimamente ripeto spesso», fece lei.
I suoi demoni spingevano affinché passasse all'azione, ma Cobra provò a tenerli a bada. Era dibattuto. Le sue mani tremavano mentre cercava di raccogliere le sue forze per prepararsi. In mano, sotto la felpa, teneva la pistola. Poteva tirare il grilletto e freddarla al momento. Non avrebbe nemmeno avuto bisogno di estrarla. La guardò, cercando di leggere le emozioni che si nascondevano dietro le sue parole. Era chiaro che qualcosa la stava tormentando. «Anche te? Che ti è successo?», domandò di rimando, desideroso di capire con quale scopo si fosse avvicinata.
Birgitte, prima di rispondere, fece un respiro profondo. «Discorso lungo. Spesso si fanno degli errori e le conseguenze non sempre sono prevedibili. Conosci la storia della farfalla?», chiese passandosi la mano tra i capelli come di solito faceva nei suoi video.
Cobra, smarrito, fece di no con la testa.
«Allora te la racconto io», disse Birgitte con un tono vivace. Era aperta e garbata. «L'effetto farfalla sostanzialmente dice che una piccola variazione nelle condizioni iniziali, come il battito d'ali di una farfalla, può causare grandi effetti a lungo termine, come l'insorgere di un uragano dall'altra parte del mondo».
Cobra si sentiva paralizzato, con la mente alla deriva. «Ah, sì...», la informò. «Qualcosa ho sentito...». Quella situazione gli sembrava surreale. Stava parlando di quisquilie con la persona che voleva ammazzare. Da una parte, c'era la consapevolezza dei suoi intenti, dall'altro l'innocente benevolenza che lei mostrava nei suoi confronti.
«Questo per dire che non bisogna mai sottovalutare l'ampiezza e la portata delle nostre azioni. Anche la più insignificante può avere un impatto negativo sulla nostra vita e sul mondo intorno a noi», ammise Birgitte con franchezza.
Cobra ascoltava rimanendo confuso. Le sue certezze venivano ribaltate. Non erano quelle le parole che si sarebbe aspettato da lei. Era convinto che lei fosse completamene stupida, come nei suoi video appariva, e invece, dal vivo sembrava tutta un'altra persona. Più intelligente e più cordiale di quanto si sarebbe mai aspettato. Era davanti a uno scenario che gli appariva irrealistico. Del resto, ogni volta che in chat si erano parlati erano volati solamente insulti e questo suo lato giudizioso lo ignorava. «Già», affermò con una certa condiscendenza, rimanendo immobile sulla panchina, incapace di reagire.
«Ci sono delle volte in cui si fanno delle cose senza sapere il perché e io ne ho fatte, e probabilmente fra non molto ne pagherò le conseguenze. Almeno questo è quello che mi è stato detto», ammise Birgitte con dispiacere.
«Ah...», fece Cobra ancora imbambolato. Il suo cervello stava entrando in stallo. Da un lato capiva che se avesse voluto completare la sua vendetta quello era il momento giusto per agire, dall'altro iniziava a realizzare l'assurdità del suo gesto. Una cosa era pianificare, un'altra era l'azione.
«Scusa, non ti ho nemmeno chiesto se avessi voglia di parlare? Io sono così. A volte mi lascio andare senza pensare. Tu magari volevi stare da solo e io sono venuta a romperti», disse lei con un mezzo sorriso.
Birgitte si mostrava affabile. Era bella e affascinante. Cobra allentò la morsa sul grilletto. Ascoltando le sue riflessioni cominciò a provare rimorso. Qualcosa non quadrava. Si rese conto di aver sbagliato completamente la sua valutazione su di lei. «No, hai fatto bene. Sono io che sono una persona poco socievole. Delle volte costruisco castelli in aria pensando a chissà che cosa e poi magari scopro che è tutto diverso da come l'avevo immaginato», asserì considerando le possibili conseguenze di quello che stava per fare.
La ragazza lo ascoltò e continuò: «La vita è così. La realtà spesso ci illude e ci delude... conviene comunque guardare avanti con fiducia e spirito positivo. Del resto, non possiamo fare altrimenti».
«Sì, forse è così», confermò Cobra. «Cosa fai nella vita?», chiese ancora, facendo finta di non conoscerla. Tutte quelle domande allentarono sempre di più la presa sul suo desiderio di annientarla.
Lei fu pronta a rispondere. «Studio e recito, o meglio, faccio la stupida in dei video che posto sul mio canale social», ammise con poco entusiasmo.
«Veramente? Fai la stupida?», chiese Cobra sempre più meravigliato.
«Sì. L'intelligenza non sempre premia. Una persona che fa la sciocca attira molto più pubblico di una che dice cose serie e sensate. Alla gente questo piace... la superficialità», continuò Birgitte con tono disincantato.
Birgitte non era stupida, faceva la stupida, e lui era stato tratto in inganno dalla sua recitazione come chiunque altro. O forse lo sapeva, ma non lo aveva mai voluto ammettere. In quell'istante si sentì lui lo stupido. Il suo piano di vendetta non poteva funzionare come previsto. Era una follia. Ondate di sensazioni laceranti si impadronirono del suo corpo, avvolgendolo. Sentì il peso delle sue emozioni opprimerlo. Indeciso sulla strada da seguire cominciò a perdersi in un labirinto di pensieri discordanti. Capì che dare sfogo alla sua collera e alla sua frustrazione, con un gesto plateale, non avrebbe mai portato alla soluzione dei suoi problemi e men che meno la morte di quella ragazza. «Io credo che la superficialità e la mancanza di conoscenza alla lunga uccidano», sostenne con una vena di autocommiserazione.
Birgitte non afferrò molto bene quella frase, ma non indagò oltre. Il suo cane, piccolo e dal manto morbido e bianco, dopo aver annusato la sua gamba, iniziò a essere irrequieto e la strattonava per andare a correre libero nel parco. «Scusa. Ti saluto. Il cane...», disse prima di allontanarsi velocemente. «Ah... in bocca al lupo per i tuoi problemi», aggiunse girandosi mentre era ormai lontana.
Cobra la seguì con lo sguardo fisso fino a quando non la vide girare l'angolo e sparire alla vista. «Grazie», disse sottovoce. Era la prima volta che una persona estranea si era preoccupata di chiedergli come stava e di dargli forza. Prima di allora non lo aveva mai fatto nessuno. E l'unica volta che qualcuno l'aveva fatto era la persona che più odiava al mondo. Birgitte. «Come è strana la vita. Ti sorprende e ti ribalta», considerò amaramente.
Era sconvolto e scombussolato. Si sentiva come se il suo mondo interiore fosse stato frantumato in mille pezzi, così come il suo cervello che sembrava incapace di organizzare i suoi pensieri. Poche parole erano state sufficienti per fargli cambiare i suoi piani.
Lo shock lo aveva riportato alla realtà, scuotendolo fin nelle fondamenta. Dopo quella breve conversazione, pur sapendo che non sarebbe mai stato in grado di perdonare il dolore e la rabbia che per causa sua aveva provato, rinunciò alla sua ritorsione. «Stavo per uccidere una persona. Se non fosse venuta a parlarmi l'avrei ammazzata senza esitazione», affermò senza darsi pace. Era stato così concentrato nel suo obiettivo da non rendersi conto di ciò che stava per fare.
Incapace di metabolizzare cosa fosse successo in quegli ultimi cinque minuti rimase seduto ancora qualche istante. «Forse doveva andare così», si confortò. Mentre la mente era turbata da una moltitudine di emozioni contrastanti, un'onda di disgusto lo prese alla gola.
Nauseato da sé stesso, ripose la pistola nello zaino e si avviò, annichilito, sulla strada verso casa.
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