Parte 31 - Ce la farai!
La vita sociale di Cobra era ormai inesistente.
Il suo appartamento rifletteva il suo stato d'animo: trascurato, sporco e caotico. L'aria viziata era pervasa da un odore stantio. Sul tavolo si accumulavano scatolette vuote di cibo e bottiglie di birra, i piatti erano sporchi e il frigorifero vuoto. Ormai mangiava a casaccio, nutrendosi esclusivamente di cibo spazzatura. Per sfuggire alla monotonia si rifugiava nel mondo virtuale, trascorrendo le sue giornate davanti alla televisione o al computer.
Concentrarsi su qualcosa di diverso era diventato impossibile. Sebbene il mondo virtuale gli offrisse un rifugio con cui contrastare la deludente realtà, Cobra avvertiva il bisogno di parlare con qualcuno. L'unico che gli aveva dato sempre supporto era il suo amico Ismaele, ma questi, dopo l'ultima conversazione avuta, non lo aveva più contattato.
Cobra fissò a lungo il suo numero di telefono, ma nauseato dal suo atteggiamento non trovò la forza per chiamarlo. Temendo di metterlo in imbarazzo, o di disturbarlo, desistette. Fu allora che si ricordò del ragazzo incontrato in prigione: Luca, la guardia carceraria. Nonostante il suo ruolo, quell'uomo aveva dimostrato di avere un cuore e un'empatia fuori dal comune. Grazie a lui, aveva scoperto che c'erano persone disposte ad ascoltare e a offrire il loro aiuto senza chiedere nulla in cambio.
Facendosi coraggio, decise di chiamarlo e di invitarlo a bere qualcosa. All'idea di scambiare due chiacchiere e di socializzare Luca acconsentì.
Decisero giorno e ora, e fissarono l'appuntamento davanti a un pub del centro. Quella sera una pioggerellina sottile scendeva lieve sulla città. Le luci si riflettevano sulla strada bagnata, donando quiete e sospesa magia al panorama. Il traffico era quasi inesistente, solo il rumore ovattato degli pneumatici sull'asfalto umido spezzava di tanto in tanto il silenzio della sera.
Cobra si avvicinò al locale e si sedette a un tavolo sotto al dehors. Quando lo vide arrivare si alzò per abbracciarlo. «Che bello vederti di nuovo!», disse con forza. I suoi occhi vacui per un attimo tornarono a brillare.
«Anche per me è un piacere rivederti, amico mio», rispose Luca rispondendo con affetto al suo caloroso abbraccio. A Cobra sembrò strano di vederlo vestito con abiti comodi e informali. Lo aveva sempre associato alla divisa d'ordinanza che lo stringeva stretto come un salume. La sua figura era robusta, ma la sua natura era cordiale. Aveva il viso rotondo e simpatico, con guance paffute che sembrano sempre pronte a sorridere.
Ordinarono una birra e si sedettero a un tavolo loro riservato. Dopo vari convenevoli Cobra incominciò a raccontare la sua storia recente, la sua alienazione e la sua rabbia per quello che gli era successo. Fu uno sfogo liberatorio che nasceva dal bisogno di scaricare la pressione a cui era sottoposto. Mentre Cobra raccontava, Luca lo ascoltava con attenzione, cercando di comprendere la sofferenza che stava attraversando e da cui si capiva che non era ancora uscito.
«Mi sembra tutto così difficile... non so proprio come sistemare le cose», fece Cobra dopo aver tirato fuori tutto quello che poteva.
Luca lo guardò con empatia, riconoscendo il peso che portava sulle sue spalle. Prese un momento per riflettere cercando di trovare le parole giuste per rispondere. «Davvero mi dispiace tato sentirti così abbattuto, Cobra. Posso solo immaginare quanto sia difficile per te affrontare tutto questo», disse con sincerità. «Ma vorrei che tu sapessi che non sei da solo e che ci sono tanti modi per affrontare le difficoltà che incontri».
Cobra guardò Luca, cercando di trovare un barlume di speranza nelle sue parole. «Grazie. Ma come faccio? Sembra che tutto mi vada contro», rispose con un misto di frustrazione e tristezza.
Luca prese un sorso di birra. «Serve fiducia, devi credere di più in te stesso. Sei una persona forte e determinata, e sono certo che sei in grado di superare questi momenti difficili», ribatté l'amico comprensivo.
«Grazie dell'incoraggiamento. Il fatto è che non è facile. È come se davanti a me ci fosse un muro alto e dietro il vuoto. Mi sento chiuso come quando ero in prigione, e senza nessuna possibilità di fuga».
«Invece sei libero, e secondo me ci sono molte attività che potresti fare», insistette Luca con i gomiti poggiati sul tavolo. «Ad esempio, potresti cominciare con lo scrivere una lista di cose che ti piacerebbe fare. E provare a sperimentarle iniziando magari da quelle più semplici. Cose banali come un corso di pittura o un'attività di volontariato».
«Già... il volontariato potrebbe essere un'idea», replicò Cobra disilluso. Quelle di Luca erano belle parole ma in quel momento non lo rasserenavano. Tutto gli scivolava addosso senza lasciare traccia. Anche perché quelle cose lui le aveva già pensate mille volte. Il problema vero era che non aveva proprio la forza di metterle in pratica. Oltretutto, gli sembrava un'inutile perdita di tempo, un palliativo, che di certo non avrebbe migliorato la sua situazione.
«Capisco perfettamente come ti senti, anche io nella mia vita ho passato momenti difficili. E so che è un compito arduo reagire... anzi, ti dirò di più, ora come ora ho accettato il fatto di non poter cambiare nulla nell'ottica che vorrei. Quindi se qualcosa viene, bene, altrimenti va bene lo stesso. A un certo punto anche arrendersi è un'opzione», affermò Luca con quella vena di saggezza che lo contraddistingueva.
«Certo. Posso chiederti cosa ti è successo?», domandò Cobra con discrezione.
Luca per un momento esitò, poi decise di raccontare la sua storia. «Guarda... anche se mi vedi sorridere il mio è solo un sorriso di facciata. La verità è che ho sempre sofferto di depressione, e ti confesso che spesso ho pensato pure di farla finita. Già... proprio così».
«Addirittura!? Come mai?», fece Cobra stupito.
«Per colpa di genitori inadeguati, pesanti e paranoici. Mio padre non so quante volte mi ha urlato contro che era stato uno sbaglio, un errore della natura, un figlio non voluto. Era alcolizzato e violento. Mi picchiava per niente o comunque per cose che per me erano niente. Renditi conto che mi era proibito giocare, guardare la tv o frequentare altri bambini. Non ho avuto un'infanzia felice... anzi, ti confesso che ho sempre pensato di scappare da quella casa. Il mio unico sfogo era mangiare e questo peggiorava il contesto in cui mi muovevo, anche perché mi portava a essere bullizzato. Adesso che sono cresciuto, in tutti i sensi, faccio un lavoro che non mi piace e, a peggiorare la situazione, non trovo nessuna ragazza che mi degni della sua attenzione. Ecco, in sintesi, la mia storia», disse Luca con un sospiro.
Cobra assentì, comprendendo la sua condizione. In tanti aspetti era molto simile alla sua. «Sì, capisco perfettamente. Una vita di sofferenza e apparentemente senza nessun futuro davanti».
Luca gli mise una mano sulla spalla. «Ma non è così, Cobra. Bisogna solo trovare la strada giusta e la motivazione. Spesso non la vediamo perché è avvolta nella nebbia. Serve tempo e poi tutto sarà più chiaro», sottolineò lui, cercando di confortarlo.
«Forse hai ragione. Serve tempo. È che quando hai visto la luce non riesci più ad accettare di tornare a vivere al buio», affermò Cobra con realismo.
«Ce la farai!», affermò l'amico con convinzione.
Luca era una brava persona. Gli offrì la sua amicizia, la sua disponibilità e il suo aiuto, e di questo Cobra gliene fu grato.
«Devo andare adesso. Domani mi aspetta il turno della mattina», disse infine Luca con rammarico, «ma è stato un piacere rivederti».
«Anche per me», rispose Cobra, «dobbiamo ripetere questa serata».
«Certo!».
Si abbracciarono e si salutarono con la promessa di rivedersi e di raccontarsi storie più belle la volta dopo.
La serata era stata piacevole, tuttavia, Cobra, quando tornò a casa e chiuse il portoncino del suo monolocale sentì di nuovo tutta la solitudine piovergli addosso e il suo orizzonte farsi di nuovo buio. Il vuoto e la sensazione che l'universo gli fosse ostile lo annichiliva.
Accese il computer e per distrarsi si immerse di nuovo nel mondo dei videogiochi. Mentre giocava sentì che la sua vita stava diventando sempre più vuota e priva di senso. Si rese conto che, per quanto si sforzasse di evadere dalla realtà, non avrebbe mai trovato la pace e la felicità di cui aveva bisogno. La sua anima era in subbuglio, si sentiva come un naufrago in balia delle onde.
Nel silenzio delle notti solitarie, Cobra incominciò ad aggrapparsi al cuscino, stringendolo con forza come se fosse l'unica cosa che gli desse conforto. Il mondo gli sembrava così distante e incomprensibile, al punto che le lacrime gli scivolavano silenziose come cascate di tristezza. Era un vortice di sogni infranti e di speranze disperse in una vita che sembrava priva di senso.
Strinse la testa tra le mani e sibilò: «Non ce la faccio più. Non so proprio come uscire da questa situazione». Era sopraffatto e agitato. Si alzò dal letto e, dopo un paio di giri a vuoto per la stanza, aprì l'armadietto delle medicine, cercò la boccetta con gli psicofarmaci e versò in un bicchiere diverse gocce di ansiolitico, bevendole tutte d'un sorso.
Il cerchio si chiudeva.
Era tornato al punto di partenza
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