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Sconosciuti

Un suono fastidiosissimo mi rimbombò nelle orecchie e mi fece aprire gli occhi. Non c'era nessuno nella stanza insieme a me ma sembrava che qualcuno mi stesse martellando in fronte.
Con la luce del giorno quel posto sembrava più pulito, come nuovo, mentre la sera prima mi era sembrato solo un buco con un letto dentro. La mia roba era esattamente dove l'avevo lasciata, dentro lo zainetto non mancava niente ma Cameron non c'era. Era stato davvero gentile con me, avrei dovuto ringraziarlo per bene prima di partire per Brooklyn.
Dentro di me cresceva un immensa emozione quando pensavo che da lì a pochissimo sarei stata in viaggio per raggiungere finalmente la felicità.

Sistemai i miei capelli in una coda di cavallo alta e decretai che potessi andare bene per un bar di periferia probabilmente pieno di anziani ubriaconi ed uscii, sempre col mio zaino in spalla.
Un uomo sulla cinquantina quasi mi arrivò addosso non appena misi piede fuori dalla stanza e, visto il suo grembiule bianco con la scritta "Hank" ricamata sopra, capii che quello era il proprietario.
Immaginai la mia faccia diventare di mille colori per la vergogna, chissà cosa pensava. Sicuramente che ero lì perché avevo passato la notte col suo pugile.

<<Mi scusi..>> dissi, imbarazzandomi.

<<Tranquilla cara. Di là c'è Cameron che fa colazione, prendi quello che vuoi.>> la sua reazione fu completamente diversa da quella che mi aspettavo. Il suo sguardo non era accusatorio ma piuttosto dolce e il suo tono tanto quanto.

Gli sorrisi e mi diressi verso l'altro plesso, dove avrei potuto ringraziare Cameron per la sua gentilezza.
Lo trovai seduto al bancone, intento a mangiucchiare un cornetto e a fissare il display del suo cellulare.

<<Buongiorno.>> dissi sedendomi sullo sgabello affianco al suo.

<<Buongiorno.>> rispose.

<<Volevo dirti grazie per avermi ceduto il tuo letto e per avermi fatta riposare stanotte. Il tetto andava bene, ma tu sei stato davvero carino.>>

<<Ok.>>

Solo questo, non alzò nemmeno lo sguardo nella mia direzione un secondo.
Hank, nel frattempo, era tornato con in mano delle bottiglie di birra da posizionare in frigo e guardava Cameron con un'aria alquanto divertita.

<<Non farci caso.>> disse poi vedendomi corrucciare le sopracciglia. <<È fatto così Cameron. Infatti qui nessuno gli rivolge mai la parola.>> rise e tornò a sistemare le sue bottiglie.

Alzai le mani a mo di arresa.

Mentre continuavamo a stare in silenzio seduti a quel bancone mi resi conto di dover fare pipì.

<<Scusi Hank, posso chiederle dov'è il bagno?>> chiesi quasi sussurrando.

Lui, gentilmente, mi indicò la porta mentre Cameron accennò un risolino.

<<È di poche parole ma non se ne perde una!>> cantilenai dirigendomi verso il bagno.

Quando tornai trovai soltanto Hank al bancone, intento a pulire qualche bicchiere. Ritornai a sedermi sullo sgabello e ordinai un cornetto e un caffellatte, il mio stomaco stava brontolando.

<<Tieni dolcezza.>> disse Hank portandomi il tutto. <<Offre la casa.>> aggiunse quando mi vide allungare una banconota da cinque dollari.

<<Oh, no no. Ho già approfittato del suo lettino senza che lei lo sapesse, non posso pure scroccare la colazione.>>

<<Mi ha fatto piacere sapere che invece di restare sul tetto tu sia scesa qui. Quel ragazzo ha fatto una cosa giusta finalmente!>>

Abbassai lo sguardo e sorrisi ringraziandolo, anche se decisamente imbarazzata per lo scrocco.

<<Perché è così taciturno e assente? Cioè, credevo si comportasse in questo modo perché sono un estranea e invece a quanto pare non è così soltanto con me.>>

<<Cameron è un bravo ragazzo, vuole solo evitare che questo si noti più di tanto.>>

<<Mi ha parlato di un combattimento. Esattamente di cosa si tratta?>> chiesi, visto che c'ero.

<<Capita che i ragazzi che di solito suonano qui la sera organizzino degli incontri. La gente scommette parecchi soldi.>>

Annuii e lo salutai, dicendogli che sarei tornata di sera per incontrare Adam e gli altri, ringraziandolo ancora per tutto.
Avevo un giorno davanti a me e non conoscevo quella città, pensai persino di lasciare delle molliche di pane per strada per ritrovare il bar più tardi, ma risi da sola all'idea.
Lì l'unico che avrebbe potuto accompagnarmi da qualche parte era Cameron ma si era dileguato, così andai da sola.
Le strade erano colorate e semivuote, eppure quella cittadina sembrava essere un posto felice. Sembrava immensa, ma accogliente e la gente non sembrava avere problemi. Mi piacque!

Mentre camminavo a zonzo per le stradine del Queens, venni attratta da un insegna rosa piena di brillantini con la scritta "Roxen" e vi entrai.
Era una boutique carinissima, piena di abiti rosa per lo più. Io preferivo il nero, ma diedi un'occhiata lo stesso.

<<Salve bella signorina, come va?>> si avvicinò una donna, anch'essa tutta rosa, con delle unghia lunghissime alle mani, rosa, e i capelli biondo platino raccolti in uno chignon alto.

<<Salve. Va tutto bene, grazie.>> risposi cordialmente. <<Mi chiedevo, avete qualcosa di nero?>>

<<Devi andare ad un funerale?>> cambiò tono di voce, da cordiale e simpatico a deluso e semi sarcastico.

<<N-no ma non ho mai usato il rosa e col nero mi sentirei decisamente più a mio agio.>>  Dovevo comprare per forza un po' di vestiti, almeno fino a quando non avrei trovato una lavanderia a gettoni dove poter lavare quelli che avevo portato per il viaggio.

<<Perché non provi questo completo?>> disse prendendo una t-shirt bianca, una salopette rosa cipria col pantalone strappato e un cappellino dello stesso colore.

Lo guardai bene e sorrisi, sicuramente non era male.
Presi la roba e mi diressi in uno dei camerini, dove mi cambiai.
La maglietta lasciava scoperto l'ombelico ma poi la salopette sistemava il tutto, lasciando la nudità dei fianchi in mostra. Provai anche il cappello e decretai, dopo essermi rigirata più volte davanti allo specchio, che quel look era il top per presentarmi a Brooklyn.

<<Lo prendo!>> dissi uscendo senza cambiarmi.

<<Sei magnifica tesoro! Il rosa ti dona!>> Roxen applaudì e corse alla cassa per finire la transazione, poi mi salutò con un caldo abbraccio. Questo mi fece sorridere, di solito nei negozi a stento ti chiedono se hai bisogno di una mano.

Col mio nuovo guardaroba mi decisi a cercare questa benedetta lavanderia, avevo ancora una giornata davanti a me e dovevo pur passarla in qualche modo.
Chiesi ad un gentile signore che incontrai per strada e lui mi diede delle indicazioni precise, gliene fui grata. Impiegai qualche minuto a trovare la lavanderia in questione.

Svuotai il mio zainetto e infilai tutta la mia roba super nera nella lavatrice, quindi la feci partire e mi sedetti di fronte ad essa. Intorno a me c'era gente di ogni tipo, mamme contornate da cinque figli, uomini soli, ragazze annoiate col pancione e poi c'ero io, forse l'unica davvero contenta di aver trovato un modo per lavare i miei vestiti in questo posto.

Dopo circa due ore avevo già lavato e piegato tutti i miei vestiti. Lo stomaco iniziava a brontolarmi così decisi di tornare al bar per pranzare insieme ad Hank, per fargli anche un po' di compagnia visto che Cameron non sembrava proprio un tipo da chiacchierata.
Ci misi un po' a ricordarmi da dove ero venuta ma alla fine riuscii a tornare sana e salva.

Quando entrai Hank mi fece un gran sorriso e io lo ricambiai.

<<Ti sta bene quel colore! Sei andata a fare un po' di Shopping?>> chiese gentilmente.

<<Proprio così. Ho conosciuto una signora davvero stramba ma super simpatica.>>

<<Immagino tu stia parlando di Roxen. Qui la conosciamo tutti, è una specie di Queen nel Queens.>> rise e sciacquò l'ennesimo bicchiere.

Ricambiai ridendo anch'io, anche perché l'avevo proprio immaginato che fosse una specie di Regina del posto. Mi guardai intorno, notando che Cameron non c'era nemmeno al mio ritorno e mi chiesi dove mai si fosse cacciato.

<<È nella sua stanza. Sta riposando un po'.>> sembrò leggermi nella mente Hank.

<<Ha detto che non riesce a dormire nei letti altrui...>> sospirai <<L'ha detto solo per far riposare me giusto?>>

<<Credo proprio di sì.>> sorrise lui.

Hank posò sotto il mio naso un bel piatto di patatine fritte con un Cheesburger al centro. Lì dentro c'era gente di ogni genere, dall'abitudinario al contabile che ha poco tempo per mangiare al volo e tornare a lavoro. Hank sembrava amare il suo lavoro e trattava la gente sempre con dolcezza e cordialità, infatti tutti si comportano nello stesso modo con lui e sembravano essere tutti amici suoi.

Mentre io e lui chiacchieravamo del più e del meno, dei ragazzi entrarono nel bar e si sedettero accanto a me.
Uno di questi aveva un enorme orecchino e degli occhiali da sole scurissimi, mentre gli altri due continuavano a guardarsi intorno. Sentivo puzza di guai.

<<Salve ragazzi.>> disse Hank <<Cosa vi porto?>>

Il ragazzo col brillante enorme sul lobo dell'orecchio a questo punto si alzò in piedi, mi guardò fisso e poi guardò di nuovo Hank.

<<Voglio tutti i soldi che hai!>>

I ragazzi che erano con lui uscirono da sotto la felpa due mazze da baseball mentre lui fuoriuscì dal taschino del giubbotto un coltellino e lo puntò verso Hank.

<<Cassie allontanati.>> disse con molta calma, pur avendo un'arma puntata addosso.

Io guardai entrambi terrorizzata e mi alzai, ma uno di loro mi prese da dietro immobilizzandomi completamente. Era il doppio di me e questo non mi aiutava, visto che a stento mi permetteva di respirare regolarmente.

<<Lasciate stare la ragazza e vi darò tutti i soldi che volete.>> replicò a questo punto Hank.

Quello che sembrava essere il capo banda a questo punto si girò verso di me e mi si avvicinò lentamente.
Nel frattempo nel locale si era creato un certo trambusto e la gente non smetteva di urlare, ma l'altro ragazzo non permetteva a nessuno di uscire da lì.

<<È tuo padre?>> mi chiese accarezzandomi il viso, mentre l'altro ancora mi teneva ferma.

Ritrassi più che potei la faccia, mostrandogli l'espressione più disgustata che potessi fare.

<<No.>> risposi seccamente.

Lui non sembrò gradire la mia risposta e tornò da Hank, che stava togliendo dalla cassa tutti i soldi che c'erano.

<<Avanti vecchio, sono sicuro che non sono gli unici soldi che hai!>>

<<E invece sono tutti.>>

<<Non costringermi ad usare questo.>> sibilò facendo dondolare il suo coltellino per aria.

Inutile nascondere che avevo paura, più per Hank che per me. Quelli erano i suoi risparmi, non potevano portarglieli via in questo modo meschino.

<<Va bene.>> si arrese <<Aspetta.>> si girò per andare nello stanzino dietro al bancone ma il teppista lo bloccò.

<<Ti sembro così stupido?>> rise <<Tu!>> disse indicando il tizio che mi stava tenendo ferma <<Va con lui e assicurati che non faccia brutti scherzi.>>

Improvvisamente sentii di nuovo la circolazione del sangue nelle braccia e mi toccai i polsi doloranti, continuando a guardare Hank fino a quando non scomparì dietro la porta dello sgabuzzino.

Non mi soffermai a guardare quel tizio negli occhi, anche se sentivo i suoi perennemente su di me. Avrei voluto dirgli di smetterla, di andare via ma non avrei saputo difendermi se avesse provato a farmi del male.

<<Hai paura di me?>> chiese avvicinandosi di nuovo.

<<Non mi fai né caldo né freddo.>>

<<Stai mentendo.>>

<<Cosa vuoi? Dei soldi anche da me?>>

Sul suo volto spuntò un sorrisino bastardo, ma io decisi di ignorarlo.

<<No, ma magari potresti darmi il tuo numer..>> il tizio cadde a terra all'improvviso, solo dopo notai Cameron alle sua spalle. L'aveva colpito in testa con un vassoio per le birre.

<<Ma che cazzo fai?>> urlò l'altro ragazzo rimasto lì.

Cameron non rispose ma gli si avvicinò, sempre col vassoio in mano. Il ragazzo non si tirò indietro, anzi avanzò per andargli incontro.
La gente iniziò ad uscire dal locale e io rimasi impietrita a guardare Cameron picchiare quel tipo.
Quando mi venne in mente Hank corsi verso lo sgabuzzino, avrebbero già dovuti essere fuori.
Quando entrai vidi solo lui però, l'altro scagnozzo non c'era.

<<Hank! Stai bene?>> chiesi incredula.

<<C'è Cameron di là vero?>> disse, col respiro affannato.

<<Si.>>

<<So difendermi anch'io.>> spiegò alzando le braccia per indicare l'altro tizio sdraiato inerme a terra.

Sorrisi nel vederlo tutto intero.
<<Chiamiamo la polizia?>>

<<Non possiamo. Passerebbe guai anche Cameron.>>

<<Lui ci ha difesi, perché dovrebbe?.>>

<<Niente Polizia.>> entrò Cameron nella stanza. <<Tu stai bene?>> mi chiese.

<<Si.>> risposi guardandolo per vedere se anche lui stesse bene.

Aveva appena steso due ragazzi e sembrava completamente illeso.

<<Ho risistemato i soldi nella cassa e buttato quei due tizi fuori, adesso mi libero anche di quello lì. La prossima volta non ti arrendere subito Hank, non è da te.>> disse caricandosi in spalla il tizio svenuto.

<<Guarda che mi sono difeso bene con questo tizio!>>

<<Sei invecchiato Hank! Non rinnegare il vero.>> 

Quando uscimmo di lì guardai Hank con aria divertita. Erano riusciti a far diventare la cosa più che esilarante.

<<Sicura di stare bene?>> mi chiese poi lui.

<<Sicura. Mi tremano ancora un po' le gambe, ma sto bene.>> gli sorrisi.

Il pomeriggio lo passammo a sistemare il locale per bene, dare una mano mi sembrò il minimo. Cameron non fece ritorno al bar prima delle otto di sera, fra qualche ora ci sarebbe stato l'incontro e sarebbe pure arrivato Adam con la sua band. Ormai ero agli sgoccioli.

Seduto al solito posto, sorpresi Cameron a fissarmi mentre aspettavo che il locale si riempisse.

<<Che hai da guardare?>> dissi seriamente, ma poi accennai un sorriso.

<<Carina quella salopette.>> ridacchiò senza esagerare.

Mi guardai in basso e poi sorrisi senza entusiasmo, alzando gli occhi al cielo.

<<Stai aspettando qualcuno?>> chiese poi, notando che continuavo a fissare la gente che entrava.

<<Si, ho appuntamento qui con Adam.>>

<<Adam?>> corrucciò le sopracciglia.

<<Oh, no non è come pensi, mi sono espressa male.>> ridacchiai imbarazzata <<Ieri sera gli ho chiesto un passaggio per Brooklyn ma la sua ragazza ha detto che erano al completo quindi lui mi ha promesso che oggi mi avrebbe dato uno strappo fino a lì.>>

<<Ma lo conosci almeno?>> fece una faccia disgustata.

<<Beh..>> non capivo perché mi stava guardando con quell'aria di superiorità. <<Sai di essere un tipo molto lunatico?>>

<<Perché devi andare a Brooklyn?>>

<<Non sono affari tuoi.>> misi il broncio. Mi stava mandando in pappa il cervello.

<<E perché?>>

<<Perché dovrei dirti i miei fatti? Nemmeno ti conosco.>>

<<Non vuoi raccontare i tuoi fatti a me, ma accetti di salire in auto con uno sconosciuto?>> il suo volto si rilassò, poi sorrise come a prendermi in giro.

<<Non so in che altro modo arrivarci.>> ammisi poi <<E poi mi è sembrato un tipo a posto.>>

<<Fa come ti pare.>> detto questo si alzò e sparì, ancora una volta, nel retro.

Guardai Hank quasi con gli occhi di fuori e lui rise ancora, sembrava divertirlo molto. Risi anch'io, senza nemmeno capire perché. In due giorni avevo conosciuto persone al quanto strambe, ma anche persone buone come Hank. Mi era piaciuto stare lì ma era arrivato il momento e lo capii quando vidi Adam, Sam e il resto della band entrare nel bar.

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